Sentenza Sentenza Cassazione Civile n. 26471 del 26/11/2013


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Civile Sent. Sez. 6 Num. 26471 Anno 2013
Presidente: GOLDONI UMBERTO
Relatore: SAN GIORGIO MARIA ROSARIA

SENTENZA
sul ricorso 22058-2012 proposto da:
CAGNES GIACOMO (CGNGCM64H18D960 , elettivamente domiciliato in ROMA,
PIAZZA CAVOUR presso la CASSAZIONE, rappresentato e difeso dall’avvocato
SANTAGATI ANTONIO giusta procura speciale a margine del ricorso;

– ricorrente –

Contro
MINISTERO DELLA GIUSTIZ 8018440587) in persona del Ministro pro tempore,
elettivamente domiciliato in ROMA, VIA DEI PORTOGHESI 12, presso
l’AVVOCATURA GENERALE DELLO STATO, che lo rappresenta e difende, ope
legis;

– controricorrente –

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Data pubblicazione: 26/11/2013

avverso il decreto n. 214/2010 della CORTE D’APPELLO di CALTANISSETTA del
3/11/11, depositato il 02/03/2012;
udita la relazione della causa svolta nella pubblica udienza del 12/03/2013 dal
Consigliere Relatore Dott. MARIA ROSARIA SAN GIORGIO;
è presente il P.G. in persona del Dott. LUCIO CAPASSO che ha concluso per

RITENUTO IN FATTO
La Corte d’appello di Caltanissetta, con decreto depositato il 2 marzo 2012, in
accoglimento, per quanto di ragione, del ricorso proposto da Giacomo Cagnes, ha
condannato il Ministero della Giustizia al pagamento, a titolo di equa riparazione del
danno non patrimoniale da irragionevole durata del processo, della somma complessiva
di euro 2100,00 in favore dello stesso.
La Corte di merito ha rilevato che il processo presupposto era iniziato innanzi al giudice
di pace di Gela con atti di citazione del 16 febbraio 1999, ed era stato definito con
sentenza del 6 dicembre 1999, impugnata innanzi al Tribunale di Gela il 18 dicembre
2000; il giudi7io di secondo grado era stato definito con sentenza depositata il 7 aprile
2003; questa Corte, a seguito di ricorso, aveva definito il giudizio con sentenza depositata
il 21 maggio 2007. Quindi, riassunto dinanzi al Tribunale di Gela, il giudizio era stato
abbandonato dal 6 novembre 2008.
Il procedimento presupposto aveva avuto, dunque — ha osservato la Corte di merito una durata di nove anni e nove mesi, a fronte di un periodo ragionevole di sette anni,
con conseguente diritto del ricorrente ad un equo indennizzo per la durata di due anni e
nove mesi, liquidato in euro 2100,00, importo commisurato alla somma di 750,00 per
ognuno dei primi tre anni di ritardo.
La Corte ha compensato le spese del giudizio in ragione di due terzi, e le ha poste a
carico del Ministero della Giustizia per la parte restante.
Per la cassazione di tale decreto ricorre il Cagnes sulla base di tre motivi illustrati anche
da successiva memoria. Resiste il Ministero della Giustizia con controricorso.

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l’accoglimento del I e II motivo del ricorso e per il rigetto del III motivo.

CONSIDERATO IN DIRITTO
Il Collegio ha deliberato l’adozione della motivazione semplificata nella redazione della
sentenza.
Con il primo motivo si deduce violazione e falsa applicazione degli artt. 91 cod.proc.civ.,
24 e 111 Cost., 24 della legge n. 794 del 1942, 4 del d.m. 22 giugno 1982, ed omessa
motivazione per la errata ed immotivata liquidazione delle spese del giudizio di merito, in

somma liquidata.
La censura merita accoglimento.
La Corte di merito ha immotivatamente obliterato, nella liquidazione delle spese del
giudizio, la specifica nota delle spese prodotta dalla parte.
Con il secondo motivo si deduce violazione degli artt. 21 e 111 Cost., 91, 92, secondo
comma, cod.proc.civ. nuovo testo per avere la Corte di merito arbitrariamente, e con
motivazione criptica, compensato per due terzi le spese del giudizio.
La censura è fondata.
Nel decreto la compensazione per metà delle spese del grado è giustificata soltanto dal
dal fatto che e dal ridimensionamento della
domanda. Ma la prima motivazione risulta insufficiente, ove si consideri che la parte è
stata costretta ad adire il giudice per ottenere il riconoscimento del diritto. Quanto
all’asserito ridimensionamento della domanda, posto che il ricorrente aveva chiesto un
indennizzo da determinare in una somma da 1000,00 a 2000,00 euro per anno di ritardo,
la liquidazione dell’equa riparazione da parte della Corte non si discosta
complessivamente in misura eccessiva da detta richiesta.
Con il terzo motivo si denuncia la violazione degli artt. 2 e segg. della legge n. 89 del
2001, e degli artt. 1223, 1226, 1227 e 2056 cod.civ., 24 e 111 della Costituzione, nonché
dell’art. 6, par. 1, e 13, della CEDU, e vizio di motivazione per la errata determinazione
del danno da irragionevole durata del processo.
La doglianza è infondata.
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misura notevolmente inferiore a quelle dovute, secondo il valore della causa e della

Secondo il consolidato orientamento della giurisprudenza di legittimità, i criteri di
liquidazione applicati dalla Corte Europea dei Diritti dell’Uomo non possono essere
ignorati dal giudice nazionale, il quale può tuttavia apportare le deroghe giustificate dalle
circostanze concrete della singola vicenda, purché motivate e non irragionevoli. Peraltro,
ove non emergano elementi concreti in grado di far apprezzare la peculiare rilevanza del
danno non patrimoniale, l’esigenza di garantire che la liquidazione sia satisfattiva di un

patrimoniale dev’essere, di regola, non inferiore a euro 750,00 per ogni anno di ritardo,
in relazione ai primi tre anni eccedenti la durata ragionevole, e non inferiore a euro
1000,00 per quelli successivi, in quanto l’irragionevole durata eccedente tale periodo da
ultimo indicato comporta un evidente aggravamento del danno (v., ex plurimis, Cass.,
sent. n. 8471 del 2012, ord. n. 17922 del 2010).
Nella specie, dunque, il giudice di merito ha fatto corretta applicazione dei richiamati
criteri elaborati dalla giurisprudenza in tema di liquidazione del danno da equa
riparazione.
Conclusivamente, vanno accolti il primo e il secondo motivo di ricorso, rigettato il
terzo. Il decreto impugnato va cassato in relazione ai motivi accolti, e, non essendo
necessari ulteriori accertamenti di fatto, la causa può essere decisa nel merito,
riliquidando come da dispositivo, secondo i criteri abitualmente seguiti da questa Corte
per analoghi ricorsi, le spese del giudizio di merito, da porre per due terzi a carico del
Ministero della Giustizia e compensare per il terzo restante, e distrarre a favore dell’
Avvocato Antonio Santagati, dichiaratosene antistatario.
Le spese del presente giudizio — da distrarre a favore dello stesso Avv. Santagati,
antistatario – seguono la soccombenza e vengono liquidate come da dispositivo.
P. Q .M.
La Corte accoglie il primo ed il secondo motivo, rigetta il terzo. Cassa il decreto
impugnato in relazione ai motivi accolti, e, decidendo nel merito, condanna il Ministero
della Giustizia al pagamento dei due terzi delle spese del giudizio di merito, compensate
per il terzo residuo, e che riliquida per l’intero in complessivi euro 1.154,00, di cui euro
604,00 per diritti ed euro 500,00 per onorari, oltre alle spese generali ed agli accessori
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danno e non indebitamente lucrativa comporta che la quantificazione del danno non

come per legge, da distrarsi in favore dell’Avvocato Antonio Santagati, dichiaratosene
antistatario, nonché al pagamento delle spese del giudizio di legittimità, che liquida in
complessivi euro 505,75, di cui euro 100.00 per rimborsi, oltre agli accessori come per
legge, da distrarsi in favore dell’Avv. Santagati, difensore dichiaratosene antistatario.
Così deciso in Roma, nella camera di consiglio della Sesta Sezione civile, Sottosezione

Seconda, il 12 marzo 2013.

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