Sentenza Sentenza Cassazione Civile n. 26471 del 20/11/2020

Cassazione civile sez. trib., 20/11/2020, (ud. 23/07/2020, dep. 20/11/2020), n.26471

LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE

SEZIONE TRIBUTARIA

Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:

Dott. SORRENTINO Federico – Presidente –

Dott. D’ANGIOLELLA Rosita – Consigliere –

Dott. CONDELLO Pasqualina A.P. – Consigliere –

Dott. FEDERICI Francesco – rel. Consigliere –

Dott. CENICCOLA Aldo – Consigliere –

ha pronunciato la seguente:

ORDINANZA

sul ricorso 5084 – 2014 proposto da:

AGENZIA DELLE ENTRATE, in persona del Direttore pro tempore,

elettivamente domiciliato in ROMA, VIA DEI PORTOGHESI 12, presso

l’AVVOCATURA GENERALE DELLO STATO, che lo rappresenta e difende;

– ricorrente –

contro

C.L., elettivamente domiciliato in ROMA, via Calabria n.

56, presso lo studio dell’avvocato VINCENZO M. CESARO, che lo

rappresenta e difende unitamente all’avvocato BRUNO CANTONE;

– controricorrente –

avverso la sentenza n. 19/2013 della COMMISSIONE TRIBUTARIA REGIONALE

della CAMPANIA, depositata il 07/01/2013;

udita la relazione della causa svolta nella camera di consiglio del

23/07/2020 dal Consigliere Dott. FRANCESCO FEDERICI.

 

Fatto

RILEVATO

che:

L’Agenzia delle Entrate ha proposto ricorso per la cassazione della sentenza n. 19/07/13, depositata dalla Commissione tributaria regionale della Campania il 7.01.2013.

Ha rappresentato di aver accertato nei confronti di C.L. per l’anno d’imposta 2005 un maggior reddito, pari ad Euro 152.061,00, derivante dalla sua partecipazione sociale nella “L’Uovo Doc di C.L. & C. s.a.s.”, di cui deteneva la quota pari all’80% del capitale. Per il medesimo anno la società era stata sottoposta a verifica fiscale, cui era seguito l’atto impositivo con cui ne era stato rideterminato l’imponibile per costi non di competenza e per ricavi non contabilizzati.

La società e il socio avevano impugnato i rispettivi avvisi di accertamento dinanzi alla Commissione tributaria provinciale, la quale, previa riunione dei procedimenti, aveva parzialmente accolto il ricorso con sentenza n. 159/24/2011. La pronuncia era stata appellata da entrambe le parti, ciascuna per quanto soccombente. A seguito della definizione della lite fiscale ai sensi del D.L. 6 luglio 2011, n. 98, convertito con modificazioni in L. 15 luglio 2011, n. 111, presentata dalla sola società e ritualmente comunicata dall’Agenzia delle entrate, il giudice d’appello aveva dichiarato la definizione della lite D.L. n. 98 del 2011, ex art. 39, nei confronti di tutte le parti.

La ricorrente censura la decisione con due motivi:

con il primo per violazione e falsa applicazione del D.L. n. 98 del 2011, art. 39, comma 12, e del D.Lgs. 31 dicembre 1992, n. 546, art. 46, comma 1, in relazione all’art. 360 c.p.c., comma 1, n. 3, per non aver considerato efficace nei confronti del socio, destinatario di un avviso di accertamento ai fini Irpef per maggior reddito di partecipazione, la richiesta di definizione ai sensi del D.L. n. 98 del 2011, presentata dalla sola società di persona, a sua volta attinta da diverso avviso di accertamento, con conseguente definizione del giudizio anche nei confronti del C.;

con il secondo per violazione e falsa applicazione del D.L. n. 98 del 2011, art. 39, comma 12, e del D.Lgs. n. 546 del 1992, art. 46, comma 1, in relazione all’art. 360 c.p.c., comma 1, n. 4, per le medesime ragioni del primo motivo.

Ha dunque chiesto la cassazione della sentenza, con ogni conseguente statuizione. Si è costituito il C., che ha resistito chiedendo il rigetto del ricorso.

Diritto

CONSIDERATO

che:

Con i due motivi, che possono essere trattati congiuntamente perchè tra di loro connessi, l’Agenzia si duole, sotto il profilo dell’errore di diritto e dell’error in procedendo, dell’erronea definizione delle posizioni fiscali di entrambi i contribuenti, la società e il socio, nonostante la domanda di definizione della lite pendente, disciplinata dal D.L. n. 98 del 2011, fosse stata presentata solo dalla società.

La controricorrente, che perora la correttezza della sentenza del giudice d’appello, fonda sostanzialmente la sua difesa sulla necessità del rispetto del litisconsorzio necessario tra società di persone e soci, traendone la conclusione che la controversia poteva essere decisa solo nei confronti di tutti. Sennonchè, è pur vero che in materia tributaria l’unitarietà dell’accertamento, che è alla base della rettifica delle dichiarazioni dei redditi delle società di persone e delle associazioni di cui al D.P.R. 22 dicembre 1986, n. 917, art. 5, e dei soci delle stesse e la conseguente automatica imputazione dei redditi a ciascun socio, comporta che il ricorso tributario proposto da uno dei soci o dalla società, riguarda inscindibilmente sia la società che tutti i soci salvo la prospettazione di questioni personali – sicchè tutti questi soggetti devono essere parte dello stesso procedimento e la controversia non può essere decisa, a pena di nullità assoluta rilevabile anche d’ufficio in ogni stato e grado del procedimento, limitatamente ad alcuni soltanto di essi (Sez. U, 04/06/2008, n. 14815; inoltre, tra le pronunce delle sezioni semplici, si segnala Cass., 14/12/2012, n. 23096; 28/11/2014, n. 25300; 20/04/2016, n. 7789; 25/06/2018, n. 16730).

Tuttavia, con riferimento al condono fiscale ottenuto dalla società, ai sensi della L. 31 dicembre 1991, n. 413, questa Corte ha affermato che esso non estende automaticamente i propri effetti ai singoli soci, nei confronti dei quali l’Amministrazione finanziaria conserva il potere di procedere ad accertamento, e che devono pertanto presentare autonoma istanza per potersi avvalere del beneficio (Cass., 04/08/2006, n. 17731). E con riguardo alla definizione della lite pendente prevista dalla L. 27 dicembre 2002, n. 282, art. 16, si è affermato che la definizione della lite pendente da parte di una società di persone non estende automaticamente i suoi effetti nei confronti dei singoli soci, trattandosi di beneficio lasciato al libero e personale apprezzamento di ciascun contribuente, che non comporta pertanto alcuna preclusione all’esercizio del potere – dovere di accertamento dell’Amministrazione finanziaria (Cass., 26/03/2014, n. 7134; 20/07/2016, n. 14858).

Proprio a riguardo del D.L. n. 98 del 2011, si è altresì ritenuto che non sussista litisconsorzio necessario qualora i soci di una società di persone impugnino distinti avvisi di accertamento, che traggano origine dalla medesima rettifica operata nei confronti della società, invocando gli effetti del condono operato dalla società citato ex art. 39, comma 12, (Cass., 06/07/2016, n. 13746).

Ciò chiarito è d’obbligo considerare che il citato art. 39, comma 12, oltre a cadenzare modalità e tempi dell’attività finalizzata alla definizione delle controversie pendenti, prevede che essa sia applicabile alle sole liti fiscali di valore non superiore ad Euro 20.000,00.

Ebbene, nel caso di specie, al C. era stato contestato un maggior reddito da partecipazione pari ad Euro 152.060,00, ed il suo imponibile, dichiarato in Euro 25.415,00 era stato rideterminato nella maggior misura di Euro 146.867,00. Emerge con evidenza che la lite avesse un valore ben superiore al limite posto dal citato art. 39, con conseguente esclusione, in ogni caso, dell’odierno ricorrente dalla facoltà di definizione del contenzioso fiscale ai sensi della predetta disciplina.

In conclusione la decisione è errata, ed affetta da nullità per vizio processuale, avendo il giudice d’appello dichiarato la definizione della lite pendente nei confronti del socio C.L., nonostante l’istanza di definizione fosse stata presentata ai sensi del D.L. n. 98 del 2011, art. 39, dalla sola società di persone “L’Uovo Doc di C.L. & C.. s.a.s.”.

Il ricorso va dunque accolto e la sentenza va cassata, con rimessione del processo alla Commissione tributaria regionale della Campania, che in diversa composizione deciderà della lite tra l’Agenzia delle entrate e C.L., provvedendo altresì alla liquidazione delle spese del giudizio di legittimità.

P.Q.M.

Accoglie il ricorso; cassa la sentenza impugnata e rinvia alla Commissione tributaria regionale della Campania, che deciderà in diversa composizione anche sulle spese del giudizio di legittimità.

Così deciso in Roma, il 23 luglio 2020.

Depositato in Cancelleria il 20 novembre 2020

 

 

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