Sentenza Sentenza Cassazione Civile n. 26463 del 09/12/2011

Cassazione civile sez. VI, 09/12/2011, (ud. 15/11/2011, dep. 09/12/2011), n.26463

LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE

SEZIONE SESTA CIVILE

SOTTOSEZIONE 3

Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:

Dott. PREDEN Roberto – Presidente –

Dott. AMENDOLA Adelaide – Consigliere –

Dott. GIACALONE Giovanni – Consigliere –

Dott. DE STEFANO Franco – rel. Consigliere –

Dott. SCARANO Luigi Alessandro – Consigliere –

ha pronunciato la seguente:

ordinanza

sul ricorso 23159-2010 proposto da:

LITTLE WOOD DI GUGLIELMO MARA & C. SAS (OMISSIS), in persona del

legale rappresentante pro tempore, elettivamente domiciliata in ROMA,

VIA L. MANTEGAZZA 24, presso il dott. MARCO GARDIN, rappresentato e

difeso dall’avvocato MARCHELLO GIANFRANCESCO giusta mandato a margine

del ricorso;

– ricorrente –

contro

M.I. (OMISSIS), elettivamente domiciliato in ROMA,

VIA SCANDRIGLIA 7, presso lo studio dell’avvocato BUCCARELLI MARIA

PIA, che lo rappresenta e difende unitamente all’avvocato CHIESA

CARLO ANDREA giusta procura speciale a margine del controricorso;

– controricorrente –

avverso la sentenza n. 818/2009 della CORTE D’APPELLO di TORINO del

4/06/09, depositata il 30/09/2009;

udita la relazione della causa svolta nella camera di consiglio del

15/11/2011 dal Consigliere Relatore Dott. FRANCO DE STEFANO;

è presente il P.G. in persona del Dott. ROSARIO GIOVANNI RUSSO.

Fatto

SVOLGIMENTO DEL PROCESSO

1. E stata depositata in cancelleria la seguente relazione ai sensi dell’art. 380-bis cod. proc. civ., regolarmente comunicata al pubblico ministero e notificata ai difensori delle parti:

“1. – La Little Wood s.a.s. di Guglielmo Mara & C. ricorre per la cassazione della sentenza n. 818 della Corte di appello di Torino, pubbl. il 30.9.09, con cui sono stati rigettati gli appelli avverso la sentenza del Tribunale di Acqui Terme, di declaratoria di risoluzione, per morosità di quella, del contratto di locazione di immobile destinato ad uso non abitativo in (OMISSIS), in corso con M.I.. Questi resiste con controricorso.

2. – Il ricorso può essere trattato in camera di consiglio – ai sensi degli artt. 375, 376 e 380-bis cod. proc. civ., essendo oltretutto soggetto alla disciplina dell’art. 360-bis cod. proc. civ. (inserito dall’art. 47, comma 1, lett. a); della L. 18 giugno 2009, n. 69) – per essere ivi rigettato per manifesta infondatezza, alla stregua delle considerazioni che seguono.

3. – La ricorrente deduce tre motivi di ricorso: un primo, di violazione o falsa applicazione della L. n. 392 del 1978, artt. 32 e 79 lamentando l’illegittimità dell’aumento del canone dovuto preteso dal locatore e posto a base del riscontrato inadempimento; un secondo, di violazione o falsa applicazione dell’art. 818 cod. civ. in tema di pertinenze, dovendo l’ulteriore area, oggetto del patto aggiunto comportante l’incremento del canone, considerarsi pertinenza ab origine del bene locato; un terzo, di vizio di motivazione, per l’esclusione di tale ulteriore area dal contenuto originario del contratto di locazione.

4. – La peculiarità della fattispecie sta in ciò, che, iniziato il rapporto locatizio tra le parti con riguardo ad un complesso immobiliare di circa mq 98 in forza di contratto in data 1.3.01, con successivo contratto in data 1.10.05 è stato compreso nella locazione un ulteriore bene, consistente in un’area esterna contigua, a fronte della previsione di un ulteriore canone di Euro 400 mensili.

5. – Con apprezzamento di fatto incensurabile in sede di legittimità, in quanto logicamente e congruamente motivato, i giudici del merito hanno interpretato la volontà negoziale ed escluso che tale secondo contratto integrasse un negozio nuovo, risolvendolo anzi in una consentita modifica ampliativa dell’oggetto originario della locazione; ed hanno rilevato, da un lato, la mancanza di prova sull’estensione di quest’ultimo anche all’area esterna pure in quanto pertinenza e, dall’altro, la presenza di elementi contrari, sia pure presuntivi, quali la diffida, nei confronti proprio della conduttrice e da parte del locatore, dall’occupazione dell’area esterna, in tempo di poco anteriore alla stipula del nuovo patto.

6. – Al riguardo:

– per un verso, non basta l’oggettiva contiguità dell’area per affermarne la natura di pertinenza, occorrendo invece anche il requisito soggettivo (per tutte e tra le più recenti, v. Cass. 13 novembre 2009, n. 24104): sul quale la ricorrente nemmeno argomenta e nulla documenta in riferimento al momento della stipula del primo contratto, essendo irrilevante che proprietario dell’area fosse il dante causa del locatore, per ciò stesso con diversità evidente di titolarità dei due beni;

– per altro verso, neppure può dirsi carente la motivazione fondata sulla valutazione della diffida del locatore che, sebbene unilaterale, è riferita alla mancanza di valida prova proprio di entrambi i requisiti per la sussistenza del vincolo invocato dalla locataria.

7. – Ne consegue che, infondati il secondo e il terzo motivo, neppure il primo può trovare alcuna considerazione, visto che il maggior canone previsto col contratto del 2005 trova adeguata e valida giustificazione nell’ampliamento dell’oggetto del contratto originario, come correttamente ritenuto dai giudici del merito.

8. – In conclusione, si propone il rigetto del ricorso”.

Diritto

MOTIVI DELLA DECISIONE

2. Non sono state presentate conclusioni scritte, nè memorie, nè alcuna delle parti ha chiesto di essere ascoltata in camera di consiglio.

3. A seguito della discussione sul ricorso, tenuta nella camera di consiglio, ritiene il Collegio di condividere i motivi in fatto e in diritto esposti nella sopra trascritta relazione, il cui contenuto fa quindi proprio, del resto nessuna obiezione avendo alla stessa mosso le parti.

4. Pertanto, ai sensi degli artt. 380-bis e 385 cod. proc. civ., il ricorso va rigettato e le spese del giudizio di legittimità poste a carico della soccombente ricorrente.

P.Q.M.

La Corte rigetta il ricorso; condanna la Litde Wood di Guglielmo Mara & C sas, in pers. del leg. rappr.nte p.t., al pagamento delle spese del giudizio di legittimità in favore di M.I., liquidate in Euro 1.200,00, di cui Euro 200,00 per esborsi, oltre CPA ed IVA nella misura di legge.

Così deciso in Roma, nella Camera di consiglio della sesta sezione civile, il 15 novembre 2011.

Depositato in Cancelleria il 9 dicembre 2011

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