Sentenza Sentenza Cassazione Civile n. 26460 del 20/12/2016
Cassazione civile, sez. VI, 20/12/2016, (ud. 19/10/2016, dep.20/12/2016), n. 26460
LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE
SEZIONE SESTA CIVILE
SOTTOSEZIONE T
Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:
Dott. CIRILLO Ettore – Presidente –
Dott. MANZON Enrico – Consigliere –
Dott. NAPOLITANO Lucio – Consigliere –
Dott. FEDERICO Guido – Consigliere –
Dott. VELLA Paola – rel. Consigliere –
ha pronunciato la seguente:
ORDINANZA
sul ricorso 22385-2015 proposto da:
EQUITALIA SUD SPA, (OMISSIS), in persona del Responsabile del
Contenzioso Esattoriale Regione Campania, elettivamente domiciliata
in ROMA, ARCHIMEDE 143, presso lo studio dell’avvocato FEDERICA
PATELMO, rappresentata e difesa dall’avvocato MARIA ROSARIA MERLINO
giusta procura in calce al ricorso;
– ricorrente –
contro
G.G., elettivamente domiciliato in ROMA, VIA ILLIRIA,
19, presso lo studio dell’avvocato ANTONELLA ZAINA, rappresentato e
difeso dall’avvocato MAURIZIO BARBATELLI giusta procura speciale in
calce al controricorso;
– controricorrente –
e contro
AGENZIA DELLE ENTRATE DIREZIONE PROVINCIALE 1 NAPOLI;
– intimata –
avverso la sentenza n. 2940/18/2015 della COMMISSIONE TRIBUTARIA
REGIONALE di NAPOLI del 20/01/2015, depositata il 24/03/2015;
udita la relazione della causa svolta nella camera di consiglio del
19/10/2016 dal Consigliere Relatore Dott. PAOLA VELLA.
Fatto
FATTO E DIRITTO
La Corte, costituito il contraddittorio camerale sulla relazione prevista dall’art. 380 bis c.p.c., osserva quanto segue.
1. In fattispecie relativa ad impugnazione delle cartelle di pagamento Irpef-Iva-Add.Reg. dell’anno d’imposta 2006, con il primo motivo di ricorso Equitalia Sud s.p.a. deduce la “violazione e falsa aplicazione del D.Lgs. n. 546 del 1992, art. 19 – omessa, insufficiente e contraddittoria motivazione circa un fatto controverso e decisivo per il giudizio in relazione all’art. 360 c.p.c., comma 1, nn. 3 e 5”.
2. Con il secondo mezzo censura altresì la “violazione e falsa applicazione del D.P.R. n. 602 del 1973, art. 26 e dell’art. 140 c.p.c. in relazione all’art. 360 c.p.c., comma 1, n. 3”.
3. Entrambi i motivi sono manifestamente inammissibili.4. Ed invero, quanto al primo: 1) esso veicola cumulativamente e inestricabilmente due mezzi di impugnazione eterogenei, in contrasto con la tassatività dei motivi di ricorso ed il consolidato orientamento per cui una simile tecnica espositiva riversa impropriamente sul giudice di legittimità il compito di isolare le singole censure (ex Cass. 5471/08, 9470/08, 19443/11, 21611/13, 19959/14, 22404/14, 25982/14, 26018/14, 5964/15); 2) il vizio motivazionale viene dedotto secondo la vecchia formulazione dell’art. 360 c.p.c., comma 1, n. 5), – inapplicabile alle sentenze pubblicate, come quella impugnata, dopo l’11/9/2012 – e peraltro con l’illogica prospettazione di una “omessa, insufficiente e/o contraddittoria motivazione”, quando l’insufficienza e contraddittorietà della motivazione postulano che essa non sia stata omessa; 3) la censura è altresì incongrua poichè muove da un presupposto – fatto che il contribuente avesse regolarmente ricevuto la cartella di pagamento” – che costituiva invece materia del contendere (ed è stato accertato in modo difforme dal giudice d’appello).
4.1. In ogni caso, l’affermazione per cui l’estratto di ruolo, in quanto atto interno, non sarebbe impugnabile, contrasta con la sentenza delle Sezioni Unite di questa Corte n. 19704 del 2/10/2015 con cui detta impugnabilità è stata affermata proprio in relazione a fattispecie in cui la notifica della cartella sia inesistente o irregolare ed il contribuente ne venga a conoscenza attraverso l’estratto di ruolo, senza che a ciò sia di ostacolo il disposto dell’ultima parte del D.Lgs. n. 546 del 1992, art. 19, comma 3.
5. Quanto al secondo motivo, esso è inammissibile poichè, sotto l’apparenza di una censura in diritto, ripropone in questa sede una questione afferente la valutazione dei fatti, con riguardo alla regolarità della notifica della cartella effettuata ai sensi dell’art. 140 c.p.c., peraltro trascurando di contestare la specifica motivazione resa al riguardo dal giudice d’appello il quale, esaminata tutta la “documenta ione allegata da Equitalia”, ha rilevato “che sull’elenco delle raccomandate non vi è apposto alcun timbro attestante l’avvenuta spedizione e che la relata di notifica dell’avviso di ricevimento è completamente in bianco”.
6. Al rigetto del ricorso segue la condanna alla rifusione delle spese del giudizio di legittimità, liquidate in dispositivo, nei confronti del solo controricorrente, non anche nei confronti dell’Agenzia delle entrate che, seppure intimata, non ha svolto difese.
PQM
La Corte rigetta il ricorso e condanna parte ricorrente a rifondere al controricorrente G.G. le spese del giudizio di legittimità, liquidate in Euro 5.600,00 nonchè Euro 200,00 per esborsi, oltre rimb. forf. Iva e Cp come per legge.
Ai sensi del D.P.R. n. 115 del 2002, art. 13, comma 1 quater, dà atto della sussistenza dei presupposti per il versamento, da parte della ricorrente, dell’ulteriore importo a titolo di contributo unificato pari a quello dovuto per il ricorso, a norma del comma 1 – bis dello stesso art. 13.
Così deciso in Roma, il 19 ottobre 2016.
Depositato in Cancelleria il 20 dicembre 2016