Sentenza Sentenza Cassazione Civile n. 2646 del 05/02/2020

Cassazione civile sez. trib., 05/02/2020, (ud. 22/11/2019, dep. 05/02/2020), n.2646

LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE

SEZIONE TRIBUTARIA

Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:

Dott. CIRILLO Ettore – Presidente –

Dott. NAPOLITANO Lucio – Consigliere –

Dott. CATALDI Michele – Consigliere –

Dott. CONDELLO Pasqualina Anna Piera – Consigliere –

Dott. MAISANO Giulio – rel. Consigliere –

ha pronunciato la seguente:

ORDINANZA

sul ricorso 5393-2013 proposto da:

AGENZIA DELLE ENTRATE, in persona del Direttore pro tempore,

elettivamente domiciliata in ROMA VIA DEI PORTOGHESI 12, presso

l’AVVOCATURA GENERALE DELLO STATO, che la rappresenta e difende;

– ricorrente –

contro

DAGREL IMMOBILIARE SRL IN LIQUIDAZIONE, C.G.,

S.A.;

– intimati –

avverso la sentenza n. 154/2011 della COMM.TRIB.REG. di MILANO,

depositata il 14/11/2011;

udita la relazione della causa svolta nella camera di consiglio del

22/11/2019 dal Consigliere Dott. MAISANO GIULIO.

Fatto

Con sentenza n. 154/22/11 pubblicata il 14 novembre 2011 la Commissione tributaria regionale della Lombardia, in riforma della sentenza della Commissione tributaria provinciale di Lodi n. 111/02/2012 ha annullato gli avvisi di accertamento n. (OMISSIS), (OMISSIS) e (OMISSIS) notificati rispettivamente alla DA.GR.EL Immobiliare s.r.l. ed ai suoi soci C.G. e S.A. e relativi, il primo, ad IVA, IRPEG ed IRAP e gli altri due ad IRPEF per l’anno di imposta 2004, sulla base di dichiarazioni rese dagli acquirenti riguardo all’ammontare dei corrispettivi di cessioni di fabbricati e riferite, in particolare, all’accensione di mutui bancari. La Commissione tributaria regionale ha considerato che il D.L. n. 41 del 1995, art. 15 convertito in L. n. 85 del 1985 prevede che ai fini IVA non si procede a rettifica del corrispettivo delle cessioni fabbricati salvo che da atto documentato il corrispettivo risulti da maggiore importo, mentre, nel caso in esame, al P.V.C. redatto dalla Guardia di Finanza non sono stati allegati documenti a supporto delle dichiarazioni rese dai terzi acquirenti degli immobili;

che l’Agenzia delle Entrate ha proposto ricorso per cassazione ritualmente notificato avverso tale sentenza affidato ad un unico motivo;

che la DA.GR.EL Immobiliare s.r.l. in liquidazione, C.G. e S. Anntonino sono rimasti intimati.

Diritto

CONSIDERATO

che con l’unico motivo di ricorso si lamenta la violazione e falsa applicazione del D.L. n. 41 del 1995, art. 15, del D.P.R. n. 600 del 1973, art. 39 e dell’art. 2967 c.c. in relazione all’art. 360 c.p.c., comma 1, n. 3. In particolare si deduce che il citato art. 15 del D.L. n. 41 del 1995, nel prevedere l’ipotesi che da atto o documento il corrispettivo della cessione di fabbricati risulti di maggiore ammontare, ha inteso comprendere, nell’espressione “atto o documento” anche il processo verbale di constatazione, per cui le dichiarazioni ed attestazioni in esso contenute dovrebbero essere considerati ai fini della validità dell’accertamento;

che il motivo è fondato. E’ invero convinzione stabilmente invalsa nella giurisprudenza di questa Corte che “nel processo tributario, il divieto di prova testimoniale posto dal D.Lgs. 31 dicembre 1992, n. 546, art. 7 si riferisce alla prova testimoniale quale prova da assumere con le garanzie del contraddittorio e non implica, pertanto, l’impossibilità di utilizzare, ai fini della decisione, le dichiarazioni che gli organi dell’amministrazione finanziaria sono autorizzati a richiedere anche ai privati nella fase amministrativa di accertamento e che, proprio perchè assunte in sede extraprocessuale, rilevano quali elementi indiziari che possono concorrere a formare, unitamente ad altri elementi, il convincimento del giudice” (8196/15; 20930/14; 8369/13). Come, peraltro, non ha mancato di sottolineare il giudice delle leggi (Corte Cost. n. 18 del 2000) – allorchè ha ricordato che “il valore probatorio delle dichiarazioni raccolte dall’Amministrazione finanziaria nella fase dell’accertamento è, infatti, solamente quello proprio degli elementi indiziari, i quali, mentre possono concorrere a formare il convincimento del giudice, non sono idonei a costituire, da soli, il fondamento della decisione” – e come pure traspare dalla massima appena trascritta l’idoneità probatoria delle dichiarazioni dei terzi a suffragare la legittimità dell’accertamento in rettifica che su di esse venga a fondarsi a mente del D.P.R. n. 600 del 1973, art. 39, comma 1, lett d) e D.P.R. n. 633 del 1972, art. 54, comma 2, risulta di regola apprezzabile solo nell’ambito di un ragionamento inferenziale che ne faccia materia di ponderazione nel concorso di ulteriori elementi di giudizio, a meno che non diano esse stesse vita, per qualità e quantità di indicazioni significative, ad un quadro circostanziale sussumibile per gravità, precisione e concordanza nello schema della prova presuntiva (9402/07); le dichiarazioni dei terzi – nel concorso di particolari circostanze che possono fare leva sul loro contenuto intrinseco ovvero sull’attendibilità dei riscontri offerti -, si è infatti precisato, possono talora rivestire i caratteri delle presunzioni gravi, precise e concordanti, ai sensi dell’art. 2729 c.c., dando luogo, di conseguenza, non ad un mero indizio, bensì ad una prova presuntiva, idonea da sola ad essere posta a fondamento e motivazione dell’avviso di accertamento in rettifica, da parte dell’amministrazione finanziaria (9876/11). Il che accade, in particolare, come questa Corte ha già avuto occasione di notare con riferimento ad una fattispecie analoga a quella in esame, per le dichiarazioni rilasciate in relazione ad un contratto di compravendita di un immobile, che ben possono essere utilizzate per l’accertamento tributario, ai sensi del D.P.R. n. 600 del 1973, art. 32, comma 1, n. 8 bis, richiamato dall’art. 39, comma 1, lett. d) dello stesso atto normativo, avuto riguardo alla posizione di fatto che i predetti soggetti abbiano assunto nella fase di formazione del contratto ed alla conoscenza che quindi essi abbiano potuto acquisire dei relativi elementi (16845/08). Sul punto va anche ricordato il principio più volte affermato da questa Corte (Sez. 5, Sentenza n. 6946 del 08/04/2015) secondo cui, nel processo tributario, le dichiarazioni rese da un terzo, inserite, anche per riassunto, nel processo verbale di constatazione e recepite nell’avviso di accertamento, hanno valore indiziario e possono assurgere a fonte di prova presuntiva, concorrendo a formare il convincimento del giudice anche se non rese in contraddittorio con il contribuente, senza necessità di ulteriori indagini da parte dell’Ufficio. Sul punto è intervenuta anche la pronuncia n. 9453/2019 di questa Corte secondo cui la L. n. 88 del 2009 (Legge Comunitaria 2008, vigente dal 29/7/2009): “(a) con la riformulazione del D.P.R. n. 633 del 1972, art. 54, comma 3, ha eliminato, ai fini IVA, la stima basata sul valore normale nelle transazioni immobiliari (art. 24, comma 4); (b) riscrivendo anche il D.P.R. n. 600 del 1973, art. 39, comma 1, ha eliminato pure per le imposte dirette tale metodo estimativo (art. 24, comma 5); ovverosia, ha “cancellato” ciò che era stato “aggiunto” dal D.L. n. 223 del 2006; per contro, la stessa legge non ha ripristinato la disposizione contenuta nel D.L. n. 41 del 1995, art. 15, (espressamente abrogata dal D.L. n. 223 del 2006, art. 35, comma 4), con riguardo sia al valore catastale, sia al riferimento ad “atti e documenti”; seguendo l’insegnamento della Corte costituzionale (sent. n. 13 del 12/01/2012), la reviviscenza di una norma abrogata è ammessa soltanto nell’ipotesi di abrogazione legislativa di norma meramente abrogatrice o di illegittimità di norma espressamente abrogatrice, ipotesi, entrambe, diverse da quella di specie; la novella ha effetto retroattivo in considerazione della sua finalità di adeguare l’ordinamento tributario interno a quello comunitario; sicchè la prova dell’esistenza di attività non dichiarate, derivanti da cessioni di immobili, può essere desunta anche sulla base di presunzioni semplici, purchè gravi, precise e concordanti (Cass. 20429/2014; 9474/2017; 11439/2018), secon do ordinari criteri diaccertamento analitico/induttivo (D.P.R. n. 600 del 1973, art. 39), laddove vi sia stata verifica fiscale (decreto IVA, art. 54, comma 2); Direttiva CE 2006/112/CEE, art. 273 della non esclude che l’imponibile IVA possa essere accertato induttivamente (CGUE, C-648/16), dovendo gli Stati membri assicurare l’integrale riscossione del tributo armonizzato e l’efficacia della lotta contro l’evasione (CGUE, C-576/15 e C-524/15); ne deriva l’errore di diritto della CTR nel negare ingresso agli elementi logici e circostanziali (dichiarazione indizianti dei clienti) addotti dal fisco (Cass. 2482/19), con violazione di norme tributarie, sostanziali e procedimentali, dovendosi fondare il giudizio estimativo in stretto rapporto con il materiale probatorio, laddove, tenuto conto della struttura logica della prova per presunzioni (SU/9961/96), il ragionamento viziato (od omissivo) costituisce violazione anche dell’art. 2729 c.c. in relazione al D.P.R. n. 600 del 1973, art. 39 (Cass. 17535/08, conf. 19485/17, 29635/18)”.

La sentenza impugnata va dunque cassata con rinvio alla medesima Commissione tributaria regionale della Lombardia in diversa composizione, che si atterrà ai principi di diritto sopra enunciati e provvederà anche al regolamento delle spese del presente giudizio di legittimità.

P.Q.M.

La Corte accoglie il ricorso nei termini di cui in motivazione; cassa la sentenza impugnata e rinvia alla Commissione tributaria regionale della Lombardia in diversa composizione a cui demanda anche il regolamento delle spese del presente giudizio di legittimità.

Così deciso in Roma, il 22 novembre 2019.

Depositato in cancelleria il 5 febbraio 2020

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