Sentenza Sentenza Cassazione Civile n. 26457 del 17/10/2019

Cassazione civile sez. lav., 17/10/2019, (ud. 23/05/2019, dep. 17/10/2019), n.26457

LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE

SEZIONE LAVORO

Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:

Dott. NOBILE Vittorio – Presidente –

Dott. NEGRI DELLA TORRE Paolo – Consigliere –

Dott. ARIENZO Rosa – Consigliere –

Dott. PONTERIO Carla – Consigliere –

Dott. PICCONE Valeria – rel. Consigliere –

ha pronunciato la seguente:

SENTENZA

sul ricorso 6271-2016 proposto da:

L.G., + ALTRI OMESSI, elettivamente domiciliati in ROMA,

VIA DELLA MELORIA 52, presso lo studio dell’avvocato GENNARO

IMPROTA, che li rappresenta e difende unitamente all’avvocato LUCIA

MANCUSI;

– ricorrenti –

contro

NEXANS ITALIA S.P.A., già ALCATEL CAVI S.P.A., in persona del legale

rappresentante pro tempore elettivamente domiciliata in ROMA, VIA

ENNIO QUIRINO VISCONTI 20, presso lo studio dell’avvocato NICOLA

DOMENICO PETRACCA, che la rappresenta e difende unitamente

all’avvocato OLIMPIO CESARE STUCCHI;

– controricorrente –

e contro

COMUNE SCAFATI, in persona del Sindaco pro tempore, elettivamente

domiciliato in ROMA, VIA MUZIO CLEMENTI 48, presso lo studio

dell’avvocato ALESSANDRA SCIPIONE, rappresentato e difeso

dall’avvocato FEDERICO CONTE;

– resistente –

sul ricorso 6803-2016 proposto da:

C.M., + ALTRI OMESSI, elettivamente domiciliati in ROMA,

PIAZZA COLA DI RIENZO 92, presso lo studio dell’avvocato LEOPOLDO

FIORENTINO, rappresentati e difesi dagli avvocati FRANCESCO

LANOCITA, GIUSEPPE LANOCITA, SIMONA CORRADINO;

– ricorrenti –

contro

NEXANS ITALIA S.P.A., già ALCATEL CAVI S.P.A., in persona del legale

rappresentante pro tempore elettivamente domiciliata in ROMA, VIA

ENNIO QUIRINO VISCONTI 20, presso lo studio dell’avvocato NICOLA

DOMENICO PETRACCA, che la rappresenta e difende unitamente

all’avvocato OLIMPIO CESARE STUCCHI;

– controricorrente –

contro

R.G., + ALTRI OMESSI;

– intimati –

e contro

COMUNE SCAFATI, in persona del Sindaco pro tempore, elettivamente

domiciliato in ROMA, VIA MUZIO CLEMENTI 48, presso lo studio

dell’avvocato ALESSANDRA SCIPIONE, rappresentato e difeso

dall’avvocato FEDERICO CONTE;

– resistente –

E SUL RICORSO SUCCESSIVO senza numero di RG proposto da:

R.G., + ALTRI OMESSI, in virtù di procura a margine del

ricorso e tutti domiciliati in ROMA, PIAZZA CAVOUR, presso la

CANCELLERIA DELLA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE;

– ricorrenti –

contro

NEXANS ITALIA S.P.A., già ALCATEL CAVI S.P.A., in persona del legale

rappresentante pro tempore elettivamente domiciliata in ROMA, VIA

ENNIO QUIRINO VISCONTI 20, presso lo studio dell’avvocato NICOLA

DOMENICO PETRACCA, che la rappresenta e difende unitamente

all’avvocato OLIMPIO CESARE STUCCHI;

– controricorrente –

e contro

V.M., + ALTRI OMESSI;

;

CR.CI., + ALTRI OMESSI;

– intimati –

COMUNE SCAFATI, in persona del Sindaco pro tempore, elettivamente

domiciliato in ROMA, VIA MUZIO CLEMENTI 48, presso lo studio

dell’avvocato ALESSANDRA SCIPIONE, rappresentato e difeso

dall’avvocato FEDERICO CONTE;

– resistente –

avverso la sentenza n. 1535/2015 della CORTE D’APPELLO di SALERNO,

depositata il 30/12/2015 R.G.N. 866/2012;

udita la relazione della causa svolta nella pubblica udienza del

23/05/2019 dal Consigliere Dott. VALERIA PICCONE;

udito il P.M. in persona del Sostituto Procuratore Generale Dott.

SANLORENZO RITA che ha concluso per l’accoglimento dei ricorsi;

udito l’Avvocato MONICA BASTA per delega verbale Avvocati SIMONA

CORRADINO, GIUSEPPE LANOCITA e FRANCESCO LANOCITA;

udito l’Avvocato GENNARO IMPROTA;

udito l’Avvocato OLIMPIO CESARE STUCCHI;

udito l’Avvocato PATRIZIA TOTARO.

Fatto

RITENUTO IN FATTO

1.Con sentenza del 30 dicembre 2015, n. 1535, la Corte d’Appello di Salerno, previa riunione dei procedimenti vertenti sul medesimo thema decidendum, anche in accoglimento dell’appello incidentale proposto da Nexans S.p.A., ha respinto le domande avanzate nei confronti di quest’ultima nonchè dei Comuni di Scafati e Pagani (del quale ultimo ha dichiarato l’estraneità al giudizio) da R.G. + altri 136 dipendenti avverso le sentenze emesse dal Tribunale di Nocera Inferiore in data 24 novembre 2011.

In particolare, il giudice di secondo grado, ha rigettato gli appelli dei lavoratori, anche in accoglimento dell’appello incidentale proposto dalla Nexans S.p.A., ritenendo la sussistenza della preclusione del giudicato in relazione ad un segmento di ricorrenti e non ravvisando, invece, alcuna responsabilità risarcitoria in capo alle parti convenute in ordine alla posizione degli altri.

La vicenda prende le mosse dalla comunicazione della NEXANS ITALIA S.p.A. (già ALCATEL CAVI S.p.A.) di cessazione delle attività produttive in occasione della riunione con le OO.SS. del 29.11.1996, nel corso della quale venne dato atto del raggiungimento di un’intesa con la COPMES SUD S.p.A. per l’elaborazione di un progetto industriale che avrebbe assicurato il mantenimento occupazionale di un ampio numero di dipendenti.

Nelle successive riunioni del 16.12.1996 e, in sede governativa, del 20.12.1996 furono definiti e sviluppati i contenuti del programma tra ALCATEL, COPMES ed OO.SS. per addivenire alla formalizzazione dei punti di convergenza nell’accordo sindacale del 23.12.1996.

Nello specifico, la COPMES garantì l’assunzione di 171 dipendenti senza ricorrere a riduzioni di personale per un periodo prestabilito ed, altresì, assunse l’impegno ad assistere tale vincolo mediante rilascio di una fideiussione bancaria o assicurativa pari a 20 miliardi di Lire.

La ALCATEL, in vista della cessione gratuita d’azienda in favore della COPMES SUD S.p.A., mise a disposizione l’immobile industriale di Scafati per consentire la prosecuzione delle attività lavorative e produttive. Inoltre, per il caso di inadempimento della cessionaria, si obbligò all’escussione della fideiussione e alla distribuzione ai lavoratori del relativo importo.

1.1.Sulla scorta degli accordi così definiti, nelle date 30.1.1997 e 1.4.1997, i lavoratori sottoscrissero verbali di conciliazione con ALCATEL, quali accordi stragiudiziali in funzione di composizione bonaria della lite, accettando la messa in mobilità con decorrenza dal 1.2.1997, rinunziando ad ulteriori pretese giudiziali connesse al licenziamento collettivo, nonchè dichiarando di rendersi disponibili all’assunzione proposta dalla COPMES come risultante dall’accordo sindacale del 23.12.1996.

La definizione dei “tempi e modalità della cessione gratuita dello stabilimento ALCATEL CAVI S.p.A.” richiese l’intervento del Comune di Scafati in qualità di acquirente intermedio e garante pubblico della operazione negoziale complessa.

In data 17.5.1997, la COPMES SUD, si vincolò, oltre a garantire il rispetto degli impegni già assunti in sede sindacale e governativa, ad un patto decennale di non alienazione dell’immobile industriale, nonchè al risarcimento dei danni o ad una penalità a favore del Comune di Scafati (quest’ultima di eguale importo della fideiussione, pari a 20 miliardi di Lire), rispettivamente, in caso di inadempimento totale o parziale di detti obblighi.

La COPMES SUD S.p.A. procedette tuttavia, successivamente, alla chiusura dello stabilimento ex ALCATEL e al licenziamento (con decorrenza dal 1.4.2000) del personale assunto in esecuzione degli obblighi negoziali, senza aver prestato la fideiussione bancaria o assicurativa di cui al verbale del 16.12.1996 (allegato all’accordo del 23.12.1996), poichè sostituita dalla penalità sanzionatoria di pari ammontare dovuta al Comune di Scafati.

1.2. Per le ragioni suesposte, con separate citazioni, i lavoratori licenziati hanno convenuto in giudizio la ALCATEL CAVI S.p.A. (poi Nexans S.p.A.) e i Comuni di Scafati e Pagani dinanzi al Tribunale di Nocera inferiore, per ivi sentirli condannare, in solido fra loro, al risarcimento del danno per le ragioni da ciascuno esposte in premesse agli atti.

A fondamento della pretesa, i lavoratori hanno lamentato la mancata escussione della garanzia fideiussoria da parte della ALCATEL CAVI S.p.A. e/o la mancata percezione delle somme relative alla penalità sanzionatoria da parte del Comune di Scafati. E ciò in quanto entrambi detti importi erano stati negoziati nel loro interesse, a garanzia del mantenimento occupazionale, ovvero quale sussidio familiare in caso di licenziamento.

1.2.1. Con due sentenze in data 24.11.2011, il Giudice di primo grado ha respinto le richieste risarcitorie motivando con l’assenza dei presupposti della responsabilità aquiliana.

Sono stati proposti distinti appelli dai lavoratori e, in relazione ai procedimenti nn. 870/2012, 1923/2012 e 1983/2012, ha spiegato appello incidentale la NEXAS ITALIA S.p.A. al fine di ottenere la declaratoria di improponibilità delle pretese avanzate nei suoi confronti in ragione dell’effetto preclusivo del giudicato.

1.3. Avverso la decisione di rigetto di secondo grado, L.G., + ALTRI OMESSI, propongono ricorso per cassazione, corredato da memoria, affidato a quattro motivi, cui resiste NEXANS ITALIA S.p.A. con controricorso.

Avverso la medesima sentenza, C.M., ANIELLO PRETE, DOMENICO IOVINE, MICHELE ADAMO, ELSY MEROLA, FRANCESCO NAPPO, ACHILLE TAMMARO, ERMINIO PISACANE, CIRO CRETELLA, SEBASTIANO MONTELLA, MASSIMO D’AURIA, NICOLA ACANFORA, FRANCESCO MARONE, GIUSEPPE IOZZINO, RAFFAELE VITIELLO, GIUSEPPE CUOMO, GIOVANNI DONNARUMMA, GENNARO BARONE, RAFFAELE FAIELLA, GIUSEPPE CAROTENUTO, SERGIO MAIURI, RAFFAELE DE FELICE, CATELLO GIOVANNI FERRAIOLI, MARTINO FORTUNATO, MICHELANGELO VOCCIA, LUCIANO GORGA, ANIELLO NAPODANO, LUIGI TIANO, MICHELE MALAFRONTE, LUCIANO IZZO, DOMENICO MEGLIO, nonchè GIUSEPPINA ACCARDO, MARINA DE FELICE e DANIELA DE FELICE in qualità di eredi di MICHELANGELO DE FELICE + ALTRI OMESSI, propongono ulteriore ricorso incidentale, corredato da memoria, affidato a cinque motivi, cui resiste NEXANS ITALIA S.p.A. con controricorso.

propongono ulteriore ricorso incidentale, corredato da memoria, affidato a cinque motivi, cui resiste NEXANS ITALIA S.p.A. con controricorso.

Il Comune di Scafati è rimasto intimato.

Diritto

CONSIDERATO IN DIRITTO

1. Va preliminarmente disposta la riunione dei ricorsi.

1.1.Con il primo motivo del ricorso principale ( L.G. e altri 19) si censura la decisione di merito ai sensi dell’art. 360 c.p.c., n. 3 deducendosi la violazione dell’art. 2909 c.c. per aver il giudice di merito ritenuto improponibile la domanda giudiziale relativa all’inadempimento degli obblighi nascenti dagli accordi intercorsi fra le parti, in quanto già respinta dal Tribunale di Nocera Inferiore con la sentenza n. 581/2002.

Analogamente viene dedotto con il primo motivo del ricorso incidentale ( C.M. ed altri 33) aggiungendosi alla violazione dell’art. 2909 c.c. anche l’omessa motivazione su un punto decisivo della controversia ai sensi dell’art. 360 c.p.c., n. 5, nonchè con il primo motivo del ricorso incidentale proposto da R.G. e altri 19 ricorrenti, mediante il quale si fa valere oltre alla violazione dell’art. 2909 c.c., anche quella degli artt. 324 e 416 c.p.c..

Tali motivi, in ragione dell’intima connessione, possono essere trattati congiuntamente.

1.1.1.Nello specifico, i ricorrenti tutti evidenziano la diversità dell’oggetto del giudizio rispetto a quello coperto dal giudicato. L’effetto preclusivo della sentenza n. 581/2002 concernerebbe la sola richiesta di adempimento al dovere di riscuotere e corrispondere le somme relative alla fideiussione o alla penalità, mentre resterebbe proponibile ogni altra domanda risarcitoria fondata sulla responsabilità diretta, contrattuale o extracontrattuale, della NEXANS e del Comune di Scafati.

Secondo il ricorso principale, la NEXANS sarebbe responsabile per l’omessa vigilanza sulla effettiva prestazione della fideiussione da parte della COPMES SUD e il Comune di Scafati per aver alterato a suo vantaggio le condizioni dell’accordo sindacale che avevano costituito il presupposto della sottoscrizione dei verbali di conciliazione e di rinunzia alle pretese giudiziali.

Alla luce del primo ricorso incidentale ( C.M. + altri), invece, l’oggetto del secondo giudizio verterebbe sull’inadempimento della società datrice rispetto alle obbligazioni da questa assunte con i verbali di conciliazione del 30.1.1997 e del 1.4.1997.

1.2. Tali motivi sono tutti inammissibili perchè difettano del necessario requisito di specificità di cui all’art. 366 c.p.c., comma 1, n. 3.

1.2.1. In particolare, nell’assenza di qualsivoglia richiamo a quanto contenuto negli atti introduttivi del giudizio nei ricorsi C. e R., soltanto il ricorso principale riporta nel corpo dell’atto, nel confronto degli stralci delle conclusioni il generico riferimento alle “causali di cui in premessa” ciò che, oltre a non permettere una differenziazione di petitum, non consente di ricavare una distinzione fra le causae petendi delle domande relative ai due giudizi.

Emerge, infatti, il tentativo di estendere il titolo giuridico a sostegno della domanda imponendo al giudice uno sforzo ricostruttivo della distinzione fra l’azione di adempimento e quella di risarcimento, senza che venga allegato il ricorso introduttivo o indicata la produzione dello stesso ma meramente riportati stralci assai concisi.

1.1.1.Per soddisfare il requisito imposto dall’art. 366 c.p.c., comma 1, n. 3), il ricorso per cassazione deve contenere la chiara esposizione dei fatti di causa, dalla quale devono risultare le posizioni processuali delle parti con l’indicazione degli atti con cui sono stati formulati “causa petendi” e “petitum”, nonchè degli argomenti dei giudici dei singoli gradi, non potendo tutto questo ricavarsi da una faticosa o complessa opera di distillazione del successivo coacervo espositivo dei singoli motivi, perchè tanto equivarrebbe a devolvere alla S.C. un’attività di estrapolazione della materia del contendere, che è riservata invece al ricorrente. Il requisito non è adempiuto, pertanto, laddove i motivi di censura si articolino in un’inestricabile commistione di elementi di fatto, riscontri di risultanze istruttorie, riproduzione di atti e documenti incorporati nel ricorso, argomentazioni delle parti e frammenti di motivazione della sentenza di primo grado (Cass., 28/05/2018, n. 13312).

In altri termini, il principio di necessaria specificità dei motivi è volto ad agevolare la comprensione dell’oggetto della pretesa e del tenore della sentenza impugnata, da evincersi unitamente ai motivi dell’impugnazione: ne deriva che il ricorrente ha l’onere di operare una chiara riproduzione funzionale alla piena valutazione di detti motivi in base alla sola lettura del ricorso, al fine di consentire alla Corte di cassazione (che non è tenuta a ricercare gli atti o a stabilire essa stessa se ed in quali parti rilevino) di verificare se quanto lo stesso afferma trovi effettivo riscontro, anche sulla base degli atti o documenti prodotti sui quali il ricorso si fonda, la cui testuale riproduzione, in tutto o in parte, è invece richiesta quando la sentenza è censurata per non averne tenuto conto (Cass., 04/10/2018, n. 24340).

1.2. Quanto al successivo ricorso incidentale, come anticipato, ( R.G. +altri), viene, altresì, dedotta la violazione degli artt. 324 e 416 c.p.c., in virtù dell’assenza di prove in ordine alla coincidenza soggettiva tra le parti del primo e del secondo giudizio. Tale valutazione, in realtà, preclusa in sede di legittimità, è stata effettuata dal giudice di secondo grado, il quale ha dato atto di tale coincidenza proprio per aver proceduto all’acquisizione degli atti inerenti al primo grado di giudizio, culminato nella sentenza n. 581/2002 e rispetto al quale ha ritenuto i ricorrenti sufficientemente individuati sulla scorta del mandato alle liti conferito nel procedimento considerato.

1.3. Relativamente al motivo proposto dal ricorso incidentale C., inerente l’omesso esame di un fatto decisivo ai sensi dell’art. 360 c.p.c., comma 1, n. 5, appare evidente che ci troviamo fuori del perimetro legale, atteso che l’art. 360 c.p.c., comma 1, n. 5, riformulato dal D.L. n. 83 del 2012, art. 54 conv. in L. n. 134 del 2012, introduce nell’ordinamento un vizio specifico denunciabile per cassazione, relativo all’omesso esame di un fatto storico, principale o secondario, la cui esistenza risulti dal testo della sentenza o dagli atti processuali, che abbia costituito oggetto di discussione tra le parti e abbia carattere decisivo (vale a dire che, se esaminato, avrebbe determinato un esito diverso della controversia), ipotesi sicuramente non ricorrente nel caso di specie in cui si discute della valutazione circa la sussistenza di una ipotesi di violazione del principio del ne bis in idem alla luce della ritenuta identità delle domande proposte nei due giudizi (cfr., ex plurimis, Cass. n. 27415 del 29/10/2018).

2. Con il secondo motivo del ricorso principale ( L.G. + altri), i ricorrenti si dolgono della violazione degli artt. 1321,1362,1363,1366,1367 e 1381 c.c. in riferimento all’art. 360 c.p.c., n. 3, nonchè del difetto di motivazione ai sensi dell’art. 360 c.p.c., n. 5. Con il terzo motivo, invece, viene censurata la violazione dell’art. 1218 c.c. e dell’art. 112 c.p.c., in riferimento all’art. 360 c.p.c., n. 3, per aver la Corte salernitana trascurato che la NEXANS si fosse costituita fideiussore solidale con la COPMES SUD e, inoltre, che la stessa si fosse resa inadempiente rispetto ad un asserito obbligo di vigilanza sul rilascio di detta garanzia.

In ragione dell’intima connessione tematica, possono essere trattati congiuntamente anche il secondo e il terzo motivo del ricorso incidentale ( C.M. + altri) con cui si censura la sentenza di merito, ai sensi dell’art. 360 c.p.c., nn. 3 e 5, per omesso esame dei verbali di conciliazione del 30.1.1997 e del 1.4.1997, per violazione dell’art. 1362 c.c., comma 2 e art. 1363 c.c., nonchè gli artt. 1381,1457,1175,1375 e 1218 c.c., nonchè il secondo, il terzo motivo e il quarto motivo del ricorso incidentale ( R.G. + altri), con il quale vengono dedotte violazioni degli artt. 1322,1362,1363,1366,1367,1368,1173,1175 e 1375 c.c. e 1989, in relazione agli accordi sindacali 23.9.1996, 29.11.1996, 16.12.1996, 20.12.1996, 23.12.1996 e 23.1.1997, nonchè l’art. 1965 c.c. e la L. n. 608 del 1999, art. 4 tutti in riferimento all’art. 360 c.p.c., n. 3.

3. I motivi dedotti non possono trovare accoglimento.

3.1. Quanto alla violazione dei canoni di ermeneutica contrattuale e alla violazione dei principi di correttezza e buona fede, va precisato che il sindacato di legittimità non può investire il risultato interpretativo in sè, che appartiene all’ambito dei giudizi di fatto riservati al giudice di merito, ma afferisce solo alla verifica del rispetto dei canoni legali di ermeneutica e della coerenza e logicità della motivazione addotta, con conseguente inammissibilità di ogni critica alla ricostruzione della volontà negoziale operata dal giudice di merito che si traduca in una diversa valutazione degli stessi elementi di fatto da questi esaminati (Cass., n. 2465 del 10/02/2015).

Infatti, l’interpretazione del contratto può essere sindacata in sede di legittimità solo nel caso di violazione delle regole legali di ermeneutica contrattuale, la quale non può dirsi esistente sul semplice rilievo che il giudice di merito abbia scelto una piuttosto che un’altra tra le molteplici interpretazioni del testo negoziale, sicchè, quando di una clausola siano possibili due o più interpretazioni, non è consentito alla parte, che aveva proposto l’interpretazione disattesa dal giudice, dolersi in sede di legittimità del fatto che ne sia stata privilegiata un’altra (Cass., 10/05/2018, n. 11254).

Giova evidenziare, in punto di specificità dei motivi, che non è idoneo allegare, tout court, una violazione dei canoni di ermeneutica legale essendo indispensabile consentire in sede di legittimità una verifica del contenuto dell’error lamentato, ciò che richiede una deduzione specifica e concreta sicuramente non corrispondente alla mera allegazione, sic et simpliciter, di tutti i canoni di ermeneutica come contenuti nel codice civile in difetto di qualsivoglia deduzione ad hoc.

Invero, la parte che, con il ricorso per cassazione, intenda denunciare un errore di diritto o un vizio di ragionamento nell’interpretazione di una clausola contrattuale, non può limitarsi a richiamare genericamente le regole di cui agli artt. 1362 e ss. c.c., avendo l’onere di specificare i canoni che in concreto assuma violati ed il punto ed il modo in cui il giudice del merito si sia dagli stessi discostato, non potendo le censure risolversi nella mera contrapposizione tra l’interpretazione del ricorrente e quella accolta nella sentenza impugnata, e dovendo i rilievi contenuti nel ricorso essere accompagnati, in ossequio al principio di autosufficienza, dalla trascrizione delle clausole individuative dell’effettiva volontà delle parti, al fine di consentire alla Corte di verificare l’erronea applicazione della disciplina normativa (Cass. 15.11.2013, n. 25728).

Peraltro, la mera contrapposizione alle argomentazioni di parte ricorrente a quelle della Corte rende la vicenda insindacabile in sede di ricorso per cassazione alla luce della giurisprudenza di questa Corte (sul punto, Cass. 10.05.2018, n. 11254) secondo cui l’interpretazione del contratto può essere sindacata in sede di legittimità solo nel caso di violazione delle regole legali di ermeneutica contrattuale, la quale non può dirsi esistente sul semplice rilievo che il giudice di merito abbia scelto una piuttosto che un’altra tra le molteplici interpretazioni del testo negoziale, talchè, quando di una clausola siano possibili due o più interpretazioni, non è consentito alla parte, che aveva proposto l’interpretazione disattesa dal giudice, dolersi in sede di legittimità del fatto che ne sia stata privilegiata un’altra.

3.2. L’interpretazione offerta si appalesa, quindi, come avente ad oggetto il risultato interpretativo in sè (Cass. 10.02.2015, n. 2465; Cass. 26.05.2016, n. 10891), alla luce della contrapposizione di una interpretazione dei fatti propria della parte a quella della Corte territoriale (Cass. 19.03.2009, n. 6694; Cass. 16.12.2011, n. 27197), interpretazione del tutto plausibile, non occorrendo trattarsi dell’unica possibile o della migliore in astratto (Cass. 22.02.2007, n. 4178): essa, inoltre non indica precipuamente i canoni interpretativi violati, nè specifica le ragioni e le modalità in cui si sarebbe realizzata l’asserita violazione (Cass. 14.06.2006, n. 13717; Cass. 21.06.2017, n. 15350).

3.2.1. Sul punto, la Corte d’Appello ha tenuto conto del contesto unitario delle intese sindacali (altresì incorporate ai verbali di conciliazione) e della condotta complessiva della società datrice, contesto unitario che avrebbe anche potuto formare oggetto di diversa valutazione nel suo complesso ma che è del tutto precluso rivisitare in sede di legittimità, trattandosi di valutazione interamente fattuale alla luce della quale la Corte ha ritenuto impossibile far discendere dall’obbligazione di escutere una futura fideiussione la sussistenza di un obbligo di vigilanza sul rilascio della medesima ovvero ancor più, l’obbligo in capo alla Nexans S.p.A. (ex ALCATEL CAVI S.p.A.) di garantire solidamente l’importo del suo ammontare.

In altri termini, l’obbligazione di escussione e distribuzione delle somme in favore dei lavoratori – l’unica cui s’impegnava, expressis verbis, l’allora ALCATEL CAVI S.p.A. doveva ritenersi, ad avviso del giudice di merito, sospensivamente condizionata al rilascio della fideiussione bancaria o assicurativa da parte della COPMES SUD, adempimento, quest’ultimo, secondo la Corte mai avvenuto.

Quanto al vizio di motivazione e alla violazione dell’art. 1218 c.c. e art. 112 c.p.c., il Giudice d’appello, senza trascurare alcun elemento della domanda, motiva decisamente e diffusamente su quella che, nel suo iter logico, non censurabile nel proprio contenuto intrinseco in sede di legittimità, è la ritenuta insussistenza di obbligazioni a qualsiasi titolo gravanti sulla Nexans e non mantenute ed anzi da quest’ultima disattese nel relativo adempimento.

Non v’è dubbio, poi, che in tema di interpretazione del contratto, l’elemento letterale, sebbene centrale nella ricerca della reale volontà delle parti, deve essere riguardato alla stregua di ulteriori criteri ermeneutici e, segnatamente, di quello funzionale, che attribuisce rilievo alla “ragione pratica” del contratto, in conformità agli interessi che le parti hanno inteso tutelare mediante la stipulazione negoziale (Cass. n. 17718 del 06/07/2018) e, purtuttavia, nel caso di specie, l’iter decisorio del giudice di secondo grado non è stato specificamente denunziato come frutto di patente violazione dei canoni di ermeneutica essendosene puramente e semplicemente allegata la generica violazione.

Ribadito, poi, quanto già affermato in ordine all’art. 360 c.p.c., comma 1, n. 5, come riformulato dal D.L. n. 83 del 2012, art. 54 conv. in L. n. 134 del 2012, che introduce nell’ordinamento un vizio specifico denunciabile per cassazione, relativo all’omesso esame di un fatto storico, principale o secondario, la cui esistenza risulti dal testo della sentenza o dagli atti processuali, che abbia costituito oggetto di discussione tra le parti e abbia carattere decisivo, va precisato che l’omesso esame di elementi istruttori non integra, di per sè, il vizio di omesso esame di un fatto decisivo qualora il fatto storico, rilevante in causa, sia stato comunque preso in considerazione dal giudice, ancorchè la sentenza non abbia dato conto di tutte le risultanze probatorie (sul punto, Cass. n. 27415 del 29/10/2018 cit.).

3.3. In ordine al rilievo per cui l’intesa raggiunta fra l’ALCATEL e la COPMES fosse l’unica ragione che spinse i lavoratori a rinunziare alle pretese giudiziali connesse al licenziamento, tanto da poter ingenerare un affidamento legittimo sulla promessa del fatto del terzo ex art. 1381 c.c., – peraltro, in assenza di una inequivocabile manifestazione di volontà, espressa o tacita, del promittente di impegnarsi affinchè il terzo faccia quanto da lui dichiarato al promissario, non giustificandosi altrimenti l’assunzione in capo al primo dei connessi obblighi di diligenza nel procurare e/o di garantire la promessa – deve ritenersi difettare la domanda dei necessari requisiti di specificità di cui all’art. 366 c.p.c., non emergendo in alcun modo in quale punto dell’atto introduttivo di merito sia stata formulata la relativa istanza.

4. Con il quarto motivo del ricorso principale ( L.G. + altri), i ricorrenti deducono la violazione dell’art. 2043 c.c. e dell’art. 112 c.p.c., in riferimento all’art. 360 c.p.c., n. 3, poichè disatteso il principio di cumulabilità dell’azione contrattuale e di quella aquiliana.

4.1. Tale ulteriore motivo di doglianza deve essere disatteso.

Secondo la deduzione di parte ricorrente, sarebbe stata negata l’esistenza di una responsabilità extracontrattuale a carico della NEXANS per la condotta omissiva rispetto a doveri di vigilanza sull’adempimento del terzo, nonchè del Comune di Scafati per aver trasformato la fideiussione in una clausola penale nell’interesse proprio e a scapito dei lavoratori.

Premesso che, per quanto concerne l’aspetto relativo alla cumulabilità fra l’azione contrattuale e quella aquiliana, la censura non coglie la ratio decidendi esulando integralmente qualsivoglia riferimento a tale divieto nella ragione decisoria del giudice di secondo grado, va rilevato che nella motivazione della Corte si esclude, con valutazione, si ripete, fattuale, sottratta a qualsivoglia sindacato di legittimità, la configurabilità di una responsabilità della Alcatel “a qualsiasi titolo”, precisandosi, altresì, che nessuno dei momenti di confronto fra i protagonisti della vicenda (anche quelli “finali” del 22/06/98, 05/08/98 e 18/07/99) “risultano avere originato la definitiva assunzione di nuovi obblighi a carico delle parti convenute o comunque denotato mancanze di queste ultime sul piano contrattuale o extracontrattuale”.

Per costante giurisprudenza di legittimità, (cfr, fra le più recenti, Cass. n. 20335 del 2017, con particolare riguardo alla duplice prospettazione del difetto di motivazione e della violazione di legge) il vizio relativo all’incongruità della motivazione di cui all’art. 360 c.p.c., n. 5, comporta un giudizio sulla ricostruzione del fatto giuridicamente rilevante e sussiste quando il percorso argomentativo adottato nella sentenza di merito presenti lacune ed incoerenze tali da impedire l’individuazione del criterio logico posto a fondamento della decisione, o comunque, qualora si addebiti alla ricostruzione di essere stata effettuata in un sistema la cui incongruità emerge appunto dall’insufficiente, contraddittoria o omessa motivazione della sentenza;

Invece, attiene alla violazione di legge la deduzione di un’erronea ricognizione, da parte del provvedimento impugnato, della fattispecie astratta recata da una norma di legge implicando necessariamente una attività interpretativa della stessa;

Nella specie, la stessa piana lettura delle modalità di formulazione dei motivi considerati induce ad escludere, ictu oculi, la deduzione di una erronea sussunzione nelle disposizioni normative mentovate della fattispecie considerata, apparendo, invece, chiarissima l’istanza volta ad ottenere una inammissibile revisio prioris istantiae: la parte si sofferma, invero, sostanzialmente sulla ricostruzione in fatto della vicenda e delle sue conseguenze – deducendo l’omesso esame di circostanze rilevati – e mira ad ottenere una rivisitazione del merito in ordine ad aspetti pacificamente rimessi all’insindacabile valutazione del giudice di merito.

D’altro canto, il Collegio di Salerno ha contemplato i verbali di conciliazione nel corpo motivazionale della sentenza ed ha esaminato gli stessi congiuntamente alle altre risultanze istruttorie, concludendo che, sulla scorta del complesso di esse, non risultassero a carico della NEXANS obblighi non mantenuti e mancanze ai doveri generali di correttezza e buona fede.

Invero, lungi dal voler censurare la violazione delle norme elencate, i ricorrenti ripropongono argomenti valutativi in ordine agli elementi istruttori e mere considerazioni di fatto nel tentativo di ottenere una ulteriore e inammissibile revisio prioris istantiae.

In ogni caso, occorre evidenziare che i lavoratori sottoscrissero i verbali di conciliazione, non già sulla base di impegni assunti dalla NEXANS, bensì in relazione agli impegni di mantenimento occupazionale e di garanzia fideiussoria promessi dalla COPMES SUD, accettando quindi il rischio dell’inadempimento di quest’ultima. Tali condizioni, peraltro, erano state negoziate dalla NEXANS – nell’interesse principale dei lavoratori – dietro la cessione a titolo gratuito dello stabilimento industriale di Scafati.

Sono, quindi, privi di rilievo i riferimenti alla presupposizione riequilibratrice del sinallagma contrattuale e all’assenza di causa in concreto del negozio giuridico.

5. Per quanto concerne il quinto motivo del ricorso proposto da R.G. e altri 19 lavoratori, e, cioè, l’omesso esame di un fatto decisivo per il giudizio oggetto di discussione fra le parti, e la nullità della sentenza per violazione dell’art. 132 c.p.c., n. 4, in riferimento al fatto che il rilascio della fideiussione risulterebbe dalla lettera del 27 gennaio 1997 tramite la quale la Alcatel aveva comunicato alle organizzazioni sindacali l’ammontare delle fideiussioni, ne va dichiarata l’infondatezza.

La piana lettura della motivazione censurata, infatti, consente di affermare che la stessa ha ben preso in esame l’aspetto in questione, atteso che nell’ultimo capoverso di pag. 18 e nel primo capoverso di pagina 19 si fa proprio riferimento alla lettera dell’Alcatel del 27/01/1997, inviata “nel quadro di tale impegno di mera informativa materiale, e nella quale si precisava chiaramente, oltre all’importo delle fideiussioni a carico della COPMES, che le intese tra quest’ultima società e la ALCATEL sarebbero state sottoscritte solo il 29/1/97 e consegnate il 30/1/97”.

Alla luce delle suesposte argomentazioni, i ricorsi riuniti vanno respinti.

6. Per quanto concerne il governo delle spese, va rilevata l’inapplicabilità, rationae temporis, alla controversia, (in quanto introdotta mediante ricorsi depositati in data anteriore al 4 luglio 2009) della novella introdotta dalla L. 18 giugno 2009, n. 69, art. 45, comma 11, in vigore a decorrere dal 4 luglio 2009, secondo cui in assenza di soccombenza reciproca, va riconosciuta la possibilità di compensazione delle spese di lite esclusivamente in presenza di “gravi ed eccezionali ragioni, esplicitamente indicate nella motivazione”.

6.1. Conseguentemente, si può addivenire alla compensazione delle spese di lite fra le parti costituite, sussistendo giusti motivi in relazione alla peculiarità e notevole complessità della vicenda oggetto di giudizio.

7. Sussistono i presupposti per il versamento, da parte dei ricorrenti, in relazione a ciascun ricorso, dell’ulteriore importo a titolo di contributo unificato, pari a quello dovuto per ciascun ricorso, a norma del D.P.R. n. 115 del 2002, art. 1-bis, art. 13, comma 1 quater.

P.Q.M.

La Corte, riuniti i ricorsi, li respinge. Compensa le spese tra le parti costituite.

Ai sensi del D.P.R. n. 115 del 2002, art. 13, comma 1 quater, dà atto della sussistenza dei presupposti per il versamento, da parte dei ricorrenti, in relazione a ciascun ricorso, dell’ulteriore importo a titolo di contributo unificato, pari a quello dovuto per ciascun ricorso, a norma dell’art. 1-bis dello stesso art. 13.

Così deciso in Roma, il 23 maggio 2019.

Depositato in Cancelleria il 17 ottobre 2019

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