Sentenza Sentenza Cassazione Civile n. 26452 del 20/11/2020

Cassazione civile sez. trib., 20/11/2020, (ud. 01/07/2020, dep. 20/11/2020), n.26452

LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE

SEZIONE TRIBUTARIA

Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:

Dott. ZOSO Liana Maria Teresa – Presidente –

Dott. FASANO Anna Maria – Consigliere –

Dott. LO SARDO Giuseppe – Consigliere –

Dott. MONDINI Antonio – Consigliere –

Dott. D’ORIANO Milena – rel. Consigliere –

ha pronunciato la seguente:

ORDINANZA

sul ricorso iscritto al n. 18922/2014 R.G. proposto da:

Publiservizi s.r.l., in persona del legale rapp.te p.t., elett.te

dom.to in Roma alla via Tuscolana n. 16 unitamente all’avv. Paolo

Centore da cui è rapp.to e difeso come da procura a margine del

ricorso;

– ricorrente –

contro

AGENZIA DELLE ENTRATE, in persona del Direttore p.t., elett.te

domiciliata in Roma, alla via dei Portoghesi n. 12, presso

l’Avvocatura Generale dello Stato, che la rappresenta e difende, ope

legis;

– controricorrente –

Equitalia Polis Spa, Ente Riscossione per la provincia di (OMISSIS);

– intimata –

avverso la sentenza n. 1525/8/14 della Commissione Tributaria

Regionale della Campania, depositata il 12/2/2014, non notificata;

udita la relazione della causa svolta nella camera di consiglio del 1

luglio 2020 dalla Dott.ssa Milena D’Oriano.

 

Fatto

RITENUTO

che:

1. con sentenza n. 1525/8/14, depositata il 12 febbraio 2014, non notificata, la Commissione Tributaria Regionale della Campania rigettava l’appello proposto dalla Publiservizi s.r.l., avverso la sentenza n. 349/1/12 della Commissione Tributaria Provinciale di Caserta, con compensazione delle spese di lite;

2. il giudizio aveva ad oggetto l’impugnazione di una cartella di pagamento relativa alla tassa di concessione governativa periodica per l’impiego di apparecchiature videoterminali per il servizio radiomobile pubblico terrestre di telecomunicazione, dovuta ai sensi dell’art. 21 della tariffa approvata con D.M. 28 dicembre 1995, allegata al D.P.R. n. 641 del 1972, richiesta per l’anno di imposta 2007;

3. la CTP di primo grado aveva rigettato il ricorso con cui era stato eccepito il difetto di legittimazione passiva dell’ente impositore; la sentenza era stata confermata dalla CTR sul rilievo che la cartella esattoriale impugnata fosse stata emessa a seguito del passaggio in giudicato della sentenza con cui era stato dichiarato inammissibile il ricorso proposto avverso l’avviso di accertamento in precedenza notificato alla contribuente, avente ad oggetto la medesima imposta, e che con il ricorso erano stati fatti valere vizi propri di un atto ormai divenuto definitivo;

4. avverso la sentenza di appello, la contribuente ha proposto ricorso per cassazione, consegnato per la notifica in data 19 luglio 2014, affidato ad un unico motivo; l’Agenzia delle Entrate ha resistito con controricorso.

Diritto

CONSIDERATO

che:

1. con un unico motivo la ricorrente deduceva la nullità della sentenza per violazione del principio del giudicato esterno sostanziale, per la mancata valutazione degli atti processuali, per l’omesso esame di un fatto decisivo per il giudizio già oggetto di discussione tra le parti, censurando l’impugnata sentenza per non aver considerato che la sentenza passata in giudicato, che aveva definito il giudizio proposto avverso l’avviso con una pronuncia di inammissibilità, conteneva anche un accertamento su cui si era formato il giudicato esterno, circa la carenza di legittimazione attiva dell’ente impositore, che, in quanto relativo al medesimo rapporto tributario, aveva necessariamente effetti espansivi anche al giudizio relativo alla cartella esattoriale.

Osserva che:

1. Il ricorso è inammissibile per difetto di specificità.

1.2 La parte ricorrente lamenta l’omessa valutazione da parte della CTR dell’effetto espansivo, sul giudizio relativo all’impugnazione della cartella esattoriale, del giudicato che si sarebbe formato in merito al difetto di legittimazione attiva dell’ente impositore per effetto della sentenza che aveva definito con una pronuncia di inammissibilità del ricorso il giudizio promosso avverso l’avviso di accertamento prodromico della cartella, giudicato che era stato invece valutato solo per evidenziare la definitività dell’avviso di accertamento presupposto.

2. Ai fini della verifica di fondatezza di tale censura, sarebbe stato dunque indispensabile per questa Corte avere contezza del contenuto della decisione di cui si invoca l’efficacia preclusiva.

2.1 Questa Corte ha più volte affermato che “L’interpretazione del giudicato esterno può essere effettuata anche direttamente dalla Corte di cassazione con cognizione piena, nei limiti, però, in cui il giudicato sia riprodotto nel ricorso per cassazione, in forza del principio di autosufficienza di questo mezzo di impugnazione, con la conseguenza che, qualora l’interpretazione che abbia dato il giudice di merito sia ritenuta scorretta, il ricorso deve riportare il testo del giudicato che si assume erroneamente interpretato, con richiamo congiunto della motivazione e del dispositivo, atteso che il solo dispositivo non può essere sufficiente alla comprensione del comando giudiziale (Vedi Cass. n. 5508 del 2018 e n. 26627 del 2006).

Secondo un orientamento consolidato “In tema di ricorso per cassazione, pur costituendo il giudicato la regola del caso concreto e conseguentemente una questione di diritto da accertare direttamente, la sua interpretazione, da parte del giudice di legittimità, è possibile solo se la sentenza da esaminare venga messa a disposizione mediante trascrizione nel corpo del ricorso, derivandone in mancanza l’inammissibilità del motivo, con cui si denuncia la violazione dell’art. 2909 c.c., restando precluse ogni tipo di attività nomofilattica (Cass. n. 16227 del 2014).

Nel giudizio di legittimità, il principio della rilevabilità del giudicato esterno deve essere infatti coordinato con l’onere di autosufficienza del ricorso, per cui la parte ricorrente che deduca il suddetto giudicato deve, a pena d’inammissibilità del ricorso, riprodurre in quest’ultimo il testo della sentenza che si assume essere passata in giudicato, non essendo a tal fine sufficiente il riassunto sintetico della stessa. (Vedi Cass. n. 2617 del 2015; n. 15737 del 2017 e n. 13988 del 2018).

In presenza poi di un giudicato dedotto in relazione ad una sentenza della CTP, non è neppure applicabile il principio affermato da Cass. n. 24740 del 2015 e n. 18634 del 2017 secondo cui “Nel giudizio di cassazione, in caso di giudicato esterno conseguente ad una sentenza della stessa Corte, la cognizione del giudice di legittimità può avvenire anche mediante quell’attività di ricerca (relazioni, massime ufficiali e consultazione del CED) che costituisce corredo del collegio giudicante nell’adempimento della funzione nomofilattica di cui all’art. 65 dell’ordinamento giudiziario e del dovere di prevenire contrasti tra giudicati, in coerenza con il divieto del “ne bis in idem”.

3. Nella specie la sentenza di cui è invocato l’effetto preclusivo, indispensabile ai fini della verifica degli ambiti oggettivi e soggettivi del giudicato, e della cui erronea valutazione la ricorrente si duole, non risulta nè trascritta nel ricorso, nè prodotta in giudizio, nè è indicato esattamente in quale fascicolo dei precedenti gradi di giudizio essa si trovi e in quale fase processuale sia stata depositata, in palese violazione del principio di autosufficienza.

4. Il ricorso va, pertanto, dichiarato inammissibile.

4.1 Segue la condanna della società ricorrente al pagamento delle spese di questo giudizio di legittimità, che si liquidano come da dispositivo.

4.2. Trattandosi di giudizio instaurato successivamente al 30 gennaio 2013, in quanto notificato dopo tale data, sussistono le condizioni per dare atto – ai sensi della L. n. 228 del 2012, art. 1, comma 17 (che ha aggiunto al D.P.R. n. 115 del 2002, art. 13, il comma 1 quater) – della sussistenza dell’obbligo di versamento da parte della ricorrente dell’ulteriore importo a titolo di contributo unificato pari a quello dovuto per la impugnazione dichiarata inammissibile.

P.Q.M.

La Corte:

dichiara l’inammissibilità del ricorso.

condanna la ricorrente a pagare all’Agenzia delle Entrate le spese di lite del presente giudizio, che si liquidano nell’importo complessivo di Euro 1.400,00 per compensi professionali, oltre spese prenotate a debito.

Ai sensi del D.P.R. n. 115 del 2002, art. 13, comma 1 quater, dà atto della sussistenza dei presupposti processuali per il versamento da parte della ricorrente dell’ulteriore importo pari a quello dovuto per il ricorso, a norma dello stesso art. 13, comma 1- bis, se dovuto.

Così deciso in Roma, nell’adunanza camerale effettuata da remoto, il 1 luglio 2020.

Depositato in Cancelleria il 20 novembre 2020

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