Sentenza Sentenza Cassazione Civile n. 26452 del 17/10/2019

Cassazione civile sez. lav., 17/10/2019, (ud. 19/03/2019, dep. 17/10/2019), n.26452

LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE

SEZIONE LAVORO

Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:

Dott. BRONZINI Giuseppe – Presidente –

Dott. NEGRI DELLA TORRE Paolo – Consigliere –

Dott. DE GREGORIO Federico – Consigliere –

Dott. BLASUTTO Daniela – Consigliere –

Dott. GARRI Fabrizia – rel. Consigliere –

ha pronunciato la seguente:

ORDINANZA

sul ricorso 7679-2016 proposto da:

Z.E.L., elettivamente domiciliata in ROMA, VIALE G.

CESARE 2, presso lo studio dell’avvocato NICOLA GIANCASPRO, che la

rappresenta e difende;

– ricorrente –

contro

DIFILM S.R.L., in persona del legale rappresentante pro tempore,

elettivamente domiciliata in ROMA, VIA A. ALLEGRI DA CORREGGIO, 13,

presso lo studio degli avvocati MARIA STELLA FREZZA DI SAN FELICE e

MARIANNA MANGONE, che la rappresentano e difendono;

RAI RADIOTELEVISIONE ITALIANA S.P.A., C.F. (OMISSIS), in persona del

legale rappresentante pro tempore, elettivamente domiciliata in

ROMA, VIALE TITO LIVIO 59, presso lo studio dell’avvocato MARIA

CINZIA D’ERAMO, che la rappresenta e difende;

– controricorrenti –

avverso la sentenza n. 6425/2015 della CORTE D’APPELLO di ROMA,

depositata il 01/10/2015 r.g.n. 6567/2011.

Fatto

RILEVATO

che:

1. Z.E.L. convenne in giudizio la DIFILM s.r.l. e la Rai Radiotelevisione Italiana s.p.a. e chiese che si accertasse che il rapporto intercorso con la DIFILM s.r.l., sin dal (OMISSIS), a decorrere dal (OMISSIS) si era svolto con le modalità tipiche della collaborazione coordinata e continuativa ed in assenza di un progetto. Conseguentemente chiese che, ai sensi del D.Lgs. n. 276 del 2003, artt. 61,69 e 86, qualificato il rapporto come lavoro subordinato la DIFILM fosse condannata al pagamento delle differenze retributive maturate dal (OMISSIS), o in subordine del (OMISSIS). Chiese inoltre la condanna della società al pagamento dei contributi in favore dell’Inps ovvero alla costituzione, in favore della lavoratrice, di una rendita vitalizia. Qualificato inoltre il recesso della DIFILM s.r.l. come licenziamento, domandò che se ne accertasse l’inefficacia in quanto oralmente intimato, con conseguente condanna al pagamento delle retribuzioni maturate fino al ripristino del rapporto o in subordine alla reintegrazione nel posto di lavoro ed al risarcimento del danno pari alle retribuzioni maturate dal licenziamento alla reintegrazione. Infine chiese che, accertata l’esistenza tra la DIFILM s.r.l. e la RAI s.p.a. di un contratto di appalto, quest’ultima fosse condannata il solido, ai sensi del D.Lgs. n. 276 del 2003, art. 29 o dell’art. 1676 c.c., al pagamento di tutto quanto dovuto dalla società appaltatrice.

2. Il Tribunale di Roma rigettò le domande e la Corte di appello respinse il gravame della Z..

2.1. Il giudice di secondo grado ritenne che non sussistessero i presupposti per ricondurre l’attività svolta dalla ricorrente nell’ambito di un rapporto di collaborazione coordinata e continuativa. Evidenziò infatti che la Z. aveva genericamente allegato che l’attività di traduzione era assoggettata al coordinamento della società DIFILM ma non aveva in alcun modo specificato in che modo tale coordinamento si era esplicato. Osservò che al contrario era risultato che l’attività di traduzione dei sottotitoli per film e programmi destinati alle reti RAI, che costituiva l’oggetto dell’incarico affidato alla ricorrente, era stata svolta in assoluta autonomia, presso l’abitazione o nei locali della società, senza alcuna ingerenza da parte della DIFILM, compensata in relazione alla quantità di lavoro effettuato (tariffa concordata per minuto di film o di programma tradotto) e svincolata dal tempo impiegato per provvedervi. Inoltre accertò l’occasionalità della prestazione, relativa a circa quattro programmi al mese per i quali la stessa ricorrente aveva dichiarato che era necessario un tempo di due – tre ore per ogni lavoro. In mancanza di prova dell’esistenza di una collaborazione coordinata e continuativa la Corte di merito ritenne che non fosse necessario confrontarsi con la questione della natura assoluta o relativa della presunzione prevista dal D.Lgs. n. 276 del 2003, art. 69, non senza sottolineare che neppure era stato dedotto dalla ricorrente di non rientrare in una delle ipotesi di esclusione di cui all’art. 61, comma 2, (rapporti di durata non superiore a trenta giorni da qualificare come occasionali) per le quali non è necessaria l’individuazione del progetto o programma di lavoro.

3. Per la cassazione della sentenza ha proposto ricorso Z.E.L. sulla base di tre motivi ulteriormente illustrati con memoria. Resistono con controricorso la DIFILM s.r.l. e la RAI-Radiotelevisione Italiana s.p.a..

Diritto

CONSIDERATO

che:

4. Con il primo motivo di ricorso è denunciata la violazione e falsa applicazione dell’art. 2094 c.c., dell’art. 409 c.p.c., del D.Lgs. n. 276 del 2003, artt. 61, 62 e 69, degli artt. 2222 e 2230 c.c., dell’art. 132 c.p.c. in relazione all’art. 360 c.p.c., comma 1, nn. 3 e 5, nonchè dell’art. 12 prel. e dell’art. 2697 c.c..

4.1. Sostiene la ricorrente che la Corte avrebbe falsamente applicato alla fattispecie concreta i principi correttamente enunciati in tema di collaborazione coordinata e continuativa, lavoro a progetto e lavoro autonomo. Nell’escludere che ricorressero i presupposti per inquadrare la prestazione tra quelle parasubordinate e per ravvisare i presupposti per l’applicazione del D.Lgs. n. 276 del 2003, art. 61, la Corte avrebbe trascurato di considerare alcuni elementi decisivi per qualificare la prestazione in tal senso quali l’utilizzo di strumenti della società, l’elevato carattere tecnico dell’attività di traduzione, i tempi ristretti di esecuzione imposti, la frequenza dello svolgimento della prestazione, il coordinamento spazio temporale definito anche con note circolari.

4.2. Erroneamente, poi, il giudice di secondo grado avrebbe ritenuto irrilevante accertare se la presunzione di subordinazione avesse carattere assoluto o relativo. In un caso (presunzione assoluta) avrebbe dovuto ritenere la subordinazione stante la mancanza di progetto, in un altro (presunzione relativa) avrebbe dovuto procedere all’accertamento della sua sussistenza.

4.3. Osserva poi che il riferimento al lavoro occasionale sarebbe errato tenuto conto del fatto che la prestazione si era protratta per 17 anni e quindi per più di trenta giorni e con un compenso senz’altro superiore ai Euro 5000,00. Conseguentemente ritiene che a fronte di tale diversa qualificazione il giudice avrebbe dovuto procedere a calcolo della giusta retribuzione applicando il c.c.n.l. del commercio.

5. Con il secondo motivo di ricorso la Z. denuncia l’omesso esame di un fatto decisivo, oggetto di discussione tra le parti, in relazione all’art. 360 c.p.c., comma 1, n. 5. Osserva la ricorrente che la sentenza non avrebbe affatto preso in esame la circostanza dell’avvenuto utilizzo da parte della lavoratrice delle attrezzature della DIFILM e le peculiari modalità di svolgimento della prestazione. Infine si duole dell’omesso esame da parte del giudice di appello della dedotta inefficacia del licenziamento.

6. Le censure devono essere esaminate congiuntamente e sono destituite di fondamento.

6.1. La Corte di appello ha proceduto ad un’accurata ricostruzione del rapporto intercorso tra la Z. e la DIFILM s.r.l., società appaltatrice di alcune attività di produzione e distribuzione anche per conto della RAI s.p.a. ed ha accertato che l’attività svolta dall’odierna ricorrente si caratterizzava per l’assoluta autonomia nelle modalità di svolgimento, nei tempi che erano vincolati solo alla consegna del prodotto finale (traduzioni di sottotitoli) negli orari in cui veniva eseguita e nell’occasionalità della stessa. In concreto ha verificato Iinfatti che, sebbene protrattosi per diversi anni il rapporto era caratterizzato da una saltuarietà (non più di quattro prestazioni al mese) e dalla limitazione dell’impegno necessario in relazione alle singole richieste (non più di due o tre ore per esaurirle). In concreto dunque ha verificato l’insussistenza di una continuità e l’assenza di direttive specifiche diverse da quelle che comunque sussistono nel caso di una prestazione autonoma, dove ciò che rileva sono il prodotto finale ed i tempi di consegna.

6.2. La Corte territoriale si è così attenuta ai principi enunciati da questa Corte che ha in più occasioni affermato che in caso di prestazioni che, per la loro natura intellettuale, mal si adattano ad essere eseguite sotto la direzione del datore di lavoro e con una continuità regolare, anche negli orari, ai fini della qualificazione del rapporto come subordinato oppure autonomo il primario parametro distintivo della subordinazione, intesa come assoggettamento del lavoratore al potere organizzativo del datore di lavoro, deve essere necessariamente accertato o escluso mediante il ricorso ad elementi sussidiari, che il giudice deve individuare in concreto – con accertamento di fatto incensurabile in cassazione, se immune da vizi giuridici e adeguatamente motivato – accordando prevalenza ai dati fattuali emergenti dal concreto svolgimento del rapporto (cfr. Cass. 28/03/2003 n. 4770, 13/04/2012 n. 5886, 01/09/2014n. 18476).

7. Anche il terzo motivo di ricorso non può essere accolto.

7.1. La Corte ha spiegato le ragioni per le quali ha ritenuto le allegazioni poste a fondamento anche delle richieste istruttorie generiche e, di conseguenza, le ha ritenute irrilevanti. A fronte di tale esame il ricorso della Z. non è sufficientemente specifico e non pone il Collegio nella condizione di comprendere, dalla lettura dello stesso, se effettivamente la ricostruzione del giudice di appello fosse fallace.

7.2. Restano assorbite le altre questioni che attengono alla produzione del contratto collettivo.

8. In conclusione il ricorso va rigettato e le spese, liquidate in dispositivo, vanno poste a carico della ricorrente soccombente anche davanti a questa Corte. Ai sensi del D.P.R. n. 115 del 2002m, art. 13, comma 1-quater, va dato atto della sussistenza dei presupposti per il versamento, da parte della ricorrente, dell’ulteriore importo a titolo di contributo unificato pari a quello dovuto per il ricorso, a norma del citato art. 13, comma 1-bis.

PQM

La Corte, rigetta il ricorso.

Condanna la ricorrente al pagamento delle spese del giudizio di legittimità che si liquidano, in favore di ciascuna delle controricorrenti, in Euro 3.000,00 per compensi professionali, Euro 200,00 per esborsi, 15% per spese forfetarie oltre agli accessori dovuti per legge.

Ai sensi del D.P.R. n. 115 del 2002, art. 13, comma 1 quater, dà atto della sussistenza dei presupposti per il versamento, da parte della ricorrente, dell’ulteriore importo a titolo di contributo unificato pari a quello dovuto per il ricorso, a norma del citato art. 13, comma 1-bis.

Così deciso in Roma, nella Adunanza Camerale, il 19 marzo 2019.

Depositato in Cancelleria il 17 ottobre 2019

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