Sentenza Sentenza Cassazione Civile n. 26450 del 26/11/2013


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Civile Sent. Sez. 2 Num. 26450 Anno 2013
Presidente: GOLDONI UMBERTO
Relatore: GIUSTI ALBERTO

SENTENZA

sentenza con motivazione semplificata

sul ricorso proposto da:
SININFORM – Sinergie per l’Informatica s.r.1., in persona del
legale rappresentante pro tempore,

in qualità di procuratrice

generale della Banca di credito cooperativo Sen. Pietro Grammatico di Paceco, in forza di procura notar Cavasino Giacomo
di Trapani del 7 dicembre 2009, rep. 72597, rappresentata e
difesa, in forza di procura speciale a margine del ricorso,
dagli Avv. Giovambattista Ferriolo e Ferdinando Emilio Abbate,
elettivamente domiciliata presso il loro studio in Roma, lungotevere Michelangelo, n. 9;
– ricorrente contro

• 3 if/i3

Data pubblicazione: 26/11/2013

MINISTERO DELLA GIUSTIZIA, in persona del Ministro pro

tempo-

re, rappresentato e difeso, per legge, dall’Avvocatura Generale dello Stato, presso i cui uffici in Roma, via dei Portoghesi n. 12, è elettivamente domiciliato;

avverso il decreto della Corte d’appello di Caltanissetta depositato in data 27 aprile 2012 (n. 931/11 Reg. C.C.).
Udita la relazione della causa svolta nella pubblica udienza del 5 novembre 2013 dal Consigliere relatore Dott. Alberto
Giusti;
udito l’Avv. Panieri Roda, per delega dell’Avv. Ferdinando
Emilio Abbate;
udito il Pubblico Ministero, in persona del Sostituto Procuratore Generale dott. Luigi Salvato, il quale ha concluso
per l’accoglimento del ricorso per quanto di ragione.
Ritenuto

che la s.r.l. SININFORM – Sinergie per

l’Informatica, agendo quale procuratrice generale della Banca
di credito cooperativo Sen. Pietro Grammatico di Paceco, ha
chiesto alla Corte d’appello di Caltanissetta il riconoscimento dell’equa riparazione, ai sensi della legge 24 marzo 2001,
n. 89, per la irragionevole durata di una procedura esecutiva
immobiliare, ancora pendente alla data di deposito del ricorso
il 4 maggio 2011, promossa nei confronti di Vito Piccione e di
Rosa Parrinello con atto di pignoramento del 1990;

– resistente –

che l’adita Corte d’appello, con decreto in data 27 aprile
2012, in parziale accoglimento della domanda, ha condannato il
Ministero della giustizia al pagamento della somma di euro
1.500, oltre interessi, a titolo di equa riparazione del danno

che la Corte d’appello ha rilevato: che il periodo da prendere in considerazione è quello compreso tra il 17 giugno
2003, data di avvenuto deposito della documentazione ipocatastale mancante, ed il 4 maggio 2011, data di presentazione del
ricorso per equa riparazione; che dal suddetto periodo vanno
detratti, in quanto non ascrivibili all’apparato di giustizia,
cinque anni, corrispondenti alla durata ragionevole di una
procedura di media complessità, e un anno, corrispondente ai
ritardi determinati da tentativi di vendita rimasti infruttuosi; che residuano anni due; che la somma da liquidare è pari a
750 euro per ciascun anno di ritardo;
che per la cassazione del decreto della Corte d’appello la
società SININFORM ha proposto ricorso, con atto notificato il
7 dicembre 2012, sulla base di un motivo;
che il Ministero della giustizia non ha resistito con controricorso, ma ha depositato un atto di costituzione al fine
dell’eventuale partecipazione all’udienza di discussione.
Considerato che il Collegio ha deliberato l’adozione di una

motivazione semplificata nella redazione della sentenza;

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non patrimoniale;

che con l’unico motivo (violazione e falsa applicazione degli artt. 2 della legge n. 89 del 2001 e 127 e 175 cod. proc.
civ., nonché insufficienza e illogicità della motivazione) ci
si duole che la Corte d’appello abbia determinato in appena

che il motivo è in parte fondato;
che la Corte d’appello ha dato una logica e congrua motivazione del perché, fino al giugno 2003, l’irragionevole durata
del processo esecutivo è imputabile esclusivamente all’inerzia
e alla negligenza del creditore pignorante, non avendo questo
provveduto al deposito della prescritta documentazione ipocatastale;
che, tuttavia, per il periodo successivo, la Corte
d’appello, dopo avere ritenuto la procedura esecutiva di media
complessità e quantificato in cinque anni il periodo di definizione ragionevole, ha errato ad addebitare alla parte istante un ulteriore anno corrispondente ai ritardi connessi ai
tentativi di vendita rimasti infruttuosi, laddove questo periodo andava ricompreso nel periodo globale sopra richiamato;
che, pertanto, il decreto impugnato deve essere cassato in
relazione alla censura accolta;
che, non essendo necessari ulteriori accertamenti di fatto,
la causa può essere decisa nel merito;

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due anni il periodo di irragionevole durata;

che, nel caso di specie, infatti, dallo stesso provvedimento impugnato emerge che la durata complessiva del procedimento, a partire dal giugno 2003, è pari a circa otto anni;
che, detratto il termine ragionevole, stimato in cinque an-

tre anni;
che, alla luce dell’accertata irragionevole durata del giudizio, alla ricorrente spetta un indennizzo che va liquidato
sulla base di euro 750 per ogni anno del primo triennio, e
quindi in complessivi euro 2.250, oltre interessi legali dalla
data della domanda al saldo;
che alla ricorrente compete altresì il rimborso della metà
delle spese dell’intero giudizio (sussistendo giustificati motivi per la compensazione della restante parte, essendo il ricorso accolto soltanto in parte), spese liquidate complessivamente nella misura indicata in dispositivo;
che le spese devono essere distratte in favore dei difensori della ricorrente, dichiaratisi antistatari.
PER QUESTI MOTIVI
La Corte accoglie il ricorso nei sensi di cui in motivazione,

cassa il decreto impugnato e,

decidendo nel merito,

con-

danna il Ministero della giustizia al pagamento, in favore di
SININFORM – Sinergie per l’Informatica s.r.1., in qualità di
procuratrice generale della Banca di credito cooperativo Sen.
Pietro Grammatico di Paceco, della somma di euro 2.250, oltre

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ni, la durata non ragionevole risulta essere stata di circa

interessi legali dalla data della domanda al saldo;

condanna

il Ministero alla rifusione del 50% delle spese del giudizio,
previa compensazione della restante parte, spese che liquida,
nell’intero, per il giudizio di merito, in euro 1.090, di cui

alle spese generali e agli accessori di legge, e, per il giudizio di legittimità, in euro 606,25, di cui euro 506,25 per
compensi ed euro 100 per esborsi, oltre agli accessori di legge. Dispone la distrazione delle spese del giudizio di merito
in favore dei difensori della ricorrente, Avv. Giovambattista
Ferriolo, Ferdinando Emilio Abbate e Antonio Mondino, dichiaratisi antistatari, e quelle di legittimità in favore dei difensori della ricorrente, Avv. Giovambattista Ferriolo e Ferdinando Emilio Abbate, dichiaratisi antistatari.
Così deciso in Roma, nella camera di consiglio della II Sezione civile della Corte suprema di Cassazione, il 5 novembre
2013.

euro 50 per esborsi, 440 per diritti e 600 per onorari, oltre

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