Sentenza Sentenza Cassazione Civile n. 26449 del 20/11/2020

Cassazione civile sez. trib., 20/11/2020, (ud. 01/07/2020, dep. 20/11/2020), n.26449

LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE

SEZIONE TRIBUTARIA

Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:

Dott. ZOSO Liana Maria Teresa – Presidente –

Dott. FASANO Anna Maria – Consigliere –

Dott. LO SARDO Giuseppe – rel. Consigliere –

Dott. MONDINI Antonio – Consigliere –

Dott. D’ORIANO Milena – Consigliere –

ha pronunciato la seguente:

ORDINANZA

sul ricorso iscritto al n. 25902/2014 R.G., proposto da:

l’Agenzia delle Entrate e del Territorio, con sede in Roma, in

persona del Direttore Generale pro tempore, rappresentata e difesa

dall’Avvocatura Generale dello Stato, con sede in Roma, ove per

legge domiciliata;

– ricorrente –

contro

G.G., rappresentato e difeso dall’Avv. Germano Garao, con

studio in Catania, ove elettivamente domiciliato, giusta procura in

calce al controricorso di costituzione nel presente procedimento;

– controricorrente –

avverso la sentenza depositata dalla Commissione Tributaria Regionale

di Palermo – Sezione Staccata di Catania il 26 settembre 2013 n.

294/17/2013, non notificata;

udita la relazione della causa svolta nella camera di consiglio non

partecipata (mediante collegamento da remoto, ai sensi del D.L. n.

17 marzo 2020, n. 18, art. 83, comma 12-quinquies, convertito, con

modificazioni, nella L. 24 aprile 2020, n. 27) dell’1 luglio 2020

dal Dott. Giuseppe Lo Sardo.

 

Fatto

RILEVATO

che:

L’Agenzia delle Entrate e del Territorio ricorre per la cassazione della sentenza depositata dalla Commissione Tributaria Regionale di Palermo – Sezione Staccata di Catania il 26 settembre 2013 n. 294/17/2013, non notificata, che, in controversia su impugnazione di cartella di pagamento per imposta di registro (con avviso di liquidazione) nella misura complessiva di Euro 29.427,50, in relazione alla formazione del giudicato sulla sentenza depositata dalla Commissione Tributaria Provinciale di Catania il 26 maggio 1999 n. 452/04/1999 (concernente il rigetto dell’impugnazione avverso avviso di rettifica del valore dell’immobile trasferito con l’atto soggetto a registrazione), ha dichiarato l’estinzione del giudizio per definizione agevolata della lite pendente ai sensi del D.L. 6 luglio 2011, n. 98, art. 39, comma 12, convertito, con modificazioni, nella L. 15 luglio 2011, n. 111, con compensazione delle spese giudiziali. L’appello era stato proposto dall’Agenzia delle Entrate e del Territorio nei confronti di G.G. avverso la sentenza depositata dalla Commissione Tributaria Provinciale di Catania l’8 febbraio 2007 n. 48/12/2007, con la quale il ricorso del contribuente era stato accolto in ragione dell’estensione in suo favore del giudicato favorevole ad altro coobligato sul medesimo avviso di liquidazione (in relazione alla sentenza depositata dalla Commissione Tributaria Provinciale di Catania l’11 gennaio 2000 n. 13/02/2000). G.G. si è costituito con controricorso.

Diritto

CONSIDERATO

che:

1. Con il primo motivo, la ricorrente denuncia violazione e/o falsa applicazione dell’art. 2909 c.c. e dell’art. 324c.p.c., nonchè dell’art. 112 c.p.c., in relazione all’art. 360 c.p.c., comma 1, n. 4, per aver ritenuto l’estensione del giudicato favorevole ad un condebitore solidale, senza tener conto del giudicato sfavorevole al medesimo contribuente sulla pretesa impositiva.

2. Con il secondo motivo, la ricorrente denuncia violazione e/o falsa applicazione del D.L. n. 6 luglio 2011, n. 98, art. 39, comma 12, convertito, con modificazioni, nella L. 5 luglio 2011, n. 111, del D.Lgs. 31 dicembre 1992, n. 546, art. 46, comma 1, in relazione all’art. 360 c.p.c., comma 1, n. 3, per aver erroneamente ritenuto che la definizione agevolata potesse riguardare anche un atto liquidatorio fondato su un giudicato tributario.

3. Con il terzo motivo, la ricorrente denuncia (in subordine) violazione e/o falsa applicazione degli artt. 115 e 116 c.p.c., in relazione all’art. 360 c.p.c., comma 1, n. 3, per non aver tenuto conto della documentazione prodotta dall’amministrazione finanziaria, e in particolare del diniego di definizione agevolata per la cartella di pagamento in questione.

Ritenuto che:

1. Il primo motivo è inammissibile.

L’amministrazione finanziaria aveva proposto appello avverso la sentenza della Commissione Tributaria Provinciale di Catania, la quale aveva accolto il ricorso del contribuente sul presupposto dell’estensione a suo favore del giudicato favorevole ottenuto dal coobbligato in solido, deducendo che non si era tenuto conto della formazione del giudicato sfavorevole al medesimo sulla pretesa impositiva.

Tuttavia, il giudice di secondo grado ha omesso di esaminare (per implicito assorbimento) il suddetto motivo di appello, avendo definito il giudizio con la dichiarazione di estinzione per definizione agevolata della lite pendente del D.L. 6 luglio 2011, n. 98, ex art. 39, comma 12, convertito, con modificazioni, nella L. 15 luglio 2011, n. 111.

Ora, nel giudizio di legittimità introdotto a seguito di ricorso per cassazione non possono trovare ingresso, e perciò non sono esaminabili, le questioni sulle quali, per qualunque ragione, il giudice inferiore non si sia pronunciato per averle ritenute assorbite in virtù dell’accoglimento di un’eccezione pregiudiziale (nella specie, la ravvisata inammissibilità dell’atto di appello), con la conseguenza che, in dipendenza della eventuale cassazione della sentenza impugnata per l’accoglimento del motivo attinente alla questione assorbente, l’esame delle ulteriori questioni oggetto di censura va rimesso al giudice di rinvio, salva l’eventuale ricorribilità per cassazione avverso la successiva sentenza che abbia affrontato le suddette questioni precedentemente ritenute superate (in tal senso: Cass., Sez. 3, 1 marzo 2007, n. 4804; Cass., Sez. 5, 5 novembre 2014, n. 2355).

2. Il secondo motivo è fondato, derivandone l’assorbimento del terzo motivo.

2.1 II giudice di appello è addivenuto alla dichiarazione di estinzione del giudizio ai sensi del D.L. 6 luglio 2011, n. 98, art. 39, comma 12, convertito, con modificazioni, nella L. 5 luglio 2011, n. 111, ritenendo che anche un atto liquidatorio sia suscettibile di definizione agevolata.

2.2 In generale, fermo restando che la giurisprudenza di questa Corte ha chiarito che, in tema di condono fiscale, il D.L. 6 luglio 2011, n. 98, art. 39, comma 12, convertito, con modificazioni, nella L. 5 luglio 2011, n. 111, nel consentire la definizione delle liti fiscali pendenti ivi individuate, ha riguardo alle sole controversie eventualmente definite da decisione ancora impugnabile con i mezzi ordinari, ma non anche a quelle nelle quali l’unico rimedio esperibile sia la revocazione (Cass., Sez. 6, 23 febbraio 2012, n. 2750; Cass., Sez. 6, 9 gennaio 2014, n. 272; Cass., Sez. 5, 28 giugno 2016, n. 13306), va osservato che il citato art. 39, comma 12, che pur ha rinviato, quanto alla determinazione delle somme dovute, alle disposizioni della L. 27 dicembre 2002, n. 289, art. 16, non ha riprodotto, mutatis mutandis, la disposizione di cui al L. 27 dicembre 2002 n. 289, medesimo art. 16, che, ammettendo la definizione delle liti pendenti all’I. gennaio 2003, data di entrata in vigore della legge, aveva espressamente stabilito che “si intende, comunque, pendente la lite per la quale, alla data del 29 settembre 2002, non sia intervenuta sentenza passata in giudicato”, di modo che potesse, in deroga al principio d’intangibilità del giudicato, considerarsi pendente ai fini del ricorso alla sanatoria di cui alla citata disposizione quella controversia per la quale fosse intervenuto, su pronuncia già resa dalle Commissioni Tributarie in cui fosse parte l’Agenzia delle Entrate, il giudicato nel periodo compreso tra il 29 settembre 2002 e la data di entrata in vigore (1 gennaio 2003) della L. 27 dicembre 2002, n. 289.

2.3 A conformi conclusioni è peraltro da ultimo intervenuta puntualmente in termini la giurisprudenza di questa Corte (Cass., Sez. 6, 13 gennaio 2017, n. 810; Cass., Sez. 6, 23 giugno 2017, n. 15807; Cass., Sez. 6, 12 marzo 2018, n. 5969; Cass., Sez. 6, 11 novembre 2019, n. 29037). Va in questa sede aggiunto, in base ai lavori parlamentari preparatori alla legge di conversione (Atti parlamentari -Senato della Repubblica, n. 2814), nella parte in cui si indicava come “pendente la lite la quale, alla data del 1 maggio 2011, non sia intervenuta sentenza passata in giudicato”) come in realtà in sede di approvazione il mancato recepimento di detta disposizione, analoga, nella sua funzione, a quella del succitato della 27 dicembre 2002, n. 289, art. 16, nelle restanti linee, invece, riproposto, confermi ulteriormente la legittimità della conclusione di manifesta fondatezza del ricorso della difesa erariale (in termini analoghi: Cass., Sez. 6, 12 marzo 2018, n. 5969).

2.4 E’ evidente che la Commissione Tributaria Regionale non si è attenuta a tali principi, ispirandosi all’erroneo convincimento che la formazione del giudicato tributario non precludesse la definizione agevolata della lite.

3. Pertanto, valutandosi l’inammissibilità del primo motivo, la fondatezza del secondo motivo e l’assorbimento del terzo motivo, il ricorso può trovare accoglimento e la sentenza impugnata deve essere cassata con rinvio (anche per l’esame degli ulteriori motivi di appello) alla Commissione Tributaria Regionale di Palermo – Sezione Staccata di Catania, in diversa composizione, anche per le spese del giudizio di legittimità.

PQM

La Corte dichiara l’inammissibilità del primo motivo, accoglie il secondo motivo, cassa la sentenza impugnata in relazione al motivo accolto e rinvia alla Commissione Tributaria Regionale di Palermo – Sezione Staccata di Catania, in diversa composizione, anche per le spese del giudizio di legittimità.

Così deciso in Roma, nell’adunanza camerale effettuata da remoto, il 1 luglio 2020.

Depositato in Cancelleria il 20 novembre 2020

 

 

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