Sentenza Sentenza Cassazione Civile n. 26436 del 26/11/2013


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Civile Sent. Sez. 2 Num. 26436 Anno 2013
Presidente: GOLDONI UMBERTO
Relatore: PETITTI STEFANO

equa riparazione

SENTENZA
sentenza con motivazione
semplificata

sul ricorso proposto da:

GIGLIO Achille (GGL CLL 57B24 A064L), rappresentato e
difeso, per procura speciale a margine del ricorso,
dall’Avvocato Biagio Lauri, elettivamente domiciliato in
Roma, via dei Gracchi n. 39, presso lo studio dell’Avvocato
Concetta Diglio;

ricorrente

contro
MINISTERO DELL’ECONOMIA E DELLE FINANZE, in persona del
Ministro pro tempore;

– intimato avverso il decreto della Corte d’appello di Napoli
depositato in data 30 luglio 2012.(rk v

Data pubblicazione: 26/11/2013

Udita

la relazione della causa svolta nella pubblica

udienza del 5 novembre 2013 dal Consigliere relatore Dott.
Stefano Petitti;
sentito

il P.M., in persona del Sostituto Procuratore

ricorso.
Ritenuto

che, con ricorso depositato nel 2007 presso

la Corte d’appello di Napoli, Giglio Achille e altri
chiedevano la condanna del Ministero dell’economia e delle
finanze al pagamento del danno non patrimoniale derivato
dalla irragionevole durata di un giudizio amministrativo
iniziato nel 1991 presso il TAR Campania, e poi definito
con sentenza depositata il 16 ottobre 2009;
che l’adita Corte d’appello dichiarò nulle le procure e
nullo il ricorso;
che la Corte di cassazione accolse il ricorso e cassò
il decreto con rinvio;
che il solo Giglio Achille riassumeva il ricorso;
che la Corte d’appello di Napoli, in sede di rinvio,
riteneva che il giudizio presupposto, protrattosi per
diciassette anni e dieci mesi, avesse avuto una durata
irragionevole di quattordici anni e dieci mesi e, tenuto
conto che il ricorso al giudice amministrativo era stato
dichiarato inammissibile per carenza di interesse, essendo
stato impugnato un atto generale e non lesivo della

generale Dott. Luigi Salvato, che ha chiesto il rigetto del

posizione dei singoli interessati, il che rendeva evidente
la natura esplorativa della domanda, incompatibile con una
intensa sofferenza da attesa dell’esito processuale,
liquidava un indennizzo di euro 4.450,00, oltre agli

300,00 euro per anno, e compensava le spese del giudizio in
considerazione della sproporzione tra il richiesto e il
liquidato;
che per la cassazione di questo decreto Giglio Achille
ha proposto ricorso sulla base di tre motivi, illustrati da
memoria;
che l’intimato ministero non ha svolto difese;
Considerato

che il Collegio ha deliberato l’adozione

della motivazione semplificata nella redazione della
sentenza;
che con il primo motivo il ricorrente denuncia
violazione e/o falsa applicazione dell’art. 2 della legge
n. 89 del 2001, con conseguente violazione e/o falsa
applicazione dell’art. 6, par. 1, della CEDU, sostenendo
che la Corte d’appello avrebbe errato nell’individuare
nella soluzione adottata dal giudice amministrativo una
giustificazione per ridurre l’entità dell’indennizzo,
atteso che la tutela accordata dalla legge n. 89 del 2001
prescinde dalla fondatezza o no della domanda fatta valere
nel giudizio presupposto;

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interessi dalla domanda al saldo, adottando il criterio di

che con il secondo motivo il ricorrente deduce
violazione e/o falsa applicazione degli artt. 6, par. 1, e
41 della CEDU,

nonché dell’art. 2 della legge n. 89 del

2001, dolendosi del criterio adottato per la liquidazione

adottati dalla giurisprudenza europea e da quella di
legittimità;
che con il terzo motivo il ricorrente lamenta
violazione e falsa applicazione degli artt. 91 e 92 cod.
proc. civ., nonché omessa o insufficiente motivazione,
dolendosi della statuizione di compensazione integrale
delle spese;
che i primi due motivi, da esaminare congiuntamente per
ragioni di connessione, sono fondati;
che infatti, se è vero che il giudice nazionale deve,
in linea di principio, uniformarsi ai criteri di
liquidazione elaborati dalla Corte Europea dei diritti
dell’uomo (secondo cui, data l’esigenza di garantire che la
liquidazione sia satisfattiva di un danno e non
indebitamente lucrativa, la quantificazione del danno non
patrimoniale dev’essere, di regola, non inferiore a euro
750,00 per ogni anno di ritardo, in relazione ai primi tre
anni eccedenti la durata ragionevole, e non inferiore a
euro 1.000,00 per quelli successivi), permane tuttavia, in
capo allo stesso giudice, il potere di discostarsene, in

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dell’indennizzo, sensibilmente inferiore agli standard

misura

ragionevole,

qualora,

avuto riguardo alle

peculiarità della singola fattispecie, ravvisi elementi
concreti di positiva smentita di detti criteri, dei quali
deve dar conto in motivazione (Cass. 18617 del 2010; Cass.

che, nella specie, la Corte d’appello ha motivato lo
scostamento dagli ordinari criteri di determinazione
dell’indennizzo facendo riferimento all’esito del giudizio
presupposto, conclusosi con una statuizione di
inammissibilità, dalla quale la Corte ha desunto una
sostanziale carenza di interesse al giudizio presupposto,
ritenuta incompatibile con una intensa sofferenza da esito
processuale;
che tale motivazione non appare idonea a giustificare
la adozione di un criterio assai riduttivo, quale quello in
concreto adottato dalla Corte territoriale;
che in proposito, deve infatti rilevarsi che, con
riferimento ai giudizi amministrativi di durata
irragionevole, questa Corte, in applicazione dei criteri
elaborati dalla Corte europea dei diritti dell’uomo
(decisioni Volta et autres c. Italia,
Falco et autres c.

del 16 marzo 2010 e

Italia, del 6 aprile 2010; Cass., 18

giugno 2010, n. 14753; Cass., 10 febbraio 2011, n. 3271;
Cass., 13 aprile 2012, n. 5914), è solita liquidare un

17922 del 2010);

indennizzo che corrisponde a circa 500,00 euro per anno di
irragionevole durata;
che dunque i primi due motivi di ricorso devono essere
accolti, con conseguente assorbimento del terzo motivo;

accertamenti di fatto, la causa può essere decisa nel
merito ai sensi dell’art. 384 cod. proc. civ.;
che, invero, avuto riguardo alla accertata violazione
della ragionevole durata del giudizio presupposto per
quattordici anni e dieci mesi – accertamento, questo, che
non ha formato oggetto di censura da parte della ricorrente
– e alla natura del giudizio presupposto, al ricorrente va
riconosciuto un indennizzo di euro 7.417,00, determinato
sulla base dell’indicato parametro di 500,00 euro per anno
di ritardo;
che il ministero dell’economia e delle finanze va
dunque condannato al pagamento, in favore del ricorrente,
della somma di euro 7.417,00, oltre agli interessi legali
dalla data della domanda al saldo;
che il Ministero deve essere altresì condannato al
pagamento delle spese dell’intero giudizio, che si
liquidano in dispositivo, avuto riguardo alla operata
rideterminazione dell’importo dovuto alla ricorrente.

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_

che tuttavia, non essendo necessari ulteriori

che le spese come liquidate devono essere distratte in
favore del difensore del ricorrente, Avvocato Biagio Lauri,
per dichiarato anticipo.
PER QUESTI MOTIVI

La Corte accoglie il ricorso, cassa il decreto
impugnato e, decidendo nel merito, condanna il Ministero
dell’economia e delle finanze al pagamento, in favore di
Giglio Achille, della somma di euro 7.417,00, oltre agli
interessi legali dalla domanda al saldo; condanna altresì
il Ministero al pagamento delle spese dell’intero giudizio,
che liquida, per il giudizio di merito, in euro 1.140,00,
di cui euro 50,00 per esborsi, euro 600,00 per diritti ed
euro 490,00 per onorari, oltre alle spese generali e agli
accessori di legge, e, per il giudizio di legittimità, in
euro 506,25, per compensi, oltre agli accessori di legge e
ad euro 100,00 per esborsi.

Dispone

la distrazione delle

spese come liquidate in favore del difensore del
ricorrente, Avvocato Biagio Lauri, per dichiarato anticipo.
Così deciso in Roma, nella

camera di consiglio della

Seconda Sezione Civile della Corte suprema di cassazione,
il 5 novembre 2013.

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