Sentenza Sentenza Cassazione Civile n. 26431 del 20/11/2020

Cassazione civile sez. III, 20/11/2020, (ud. 14/10/2020, dep. 20/11/2020), n.26431

LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE

SEZIONE TERZA CIVILE

Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:

Dott. VIVALDI Roberta – Presidente –

Dott. DE STEFANO Franco – rel. Consigliere –

Dott. ROSSETTI Marco – Consigliere –

Dott. VALLE Cristiano – Consigliere –

Dott. TATANGELO Augusto – Consigliere –

ha pronunciato la seguente:

ORDINANZA

sul ricorso iscritto al n. 17913/2017 R.G. proposto da:

CI.GI. & CO. SRL, IN LIQUIDAZIONE, in persona del legale

rappresentante pro tempore, elettivamente domiciliato in ROMA, VIALE

L. MONTANELLI 162, presso lo studio dell’avvocato ANNALISA

GOLLUCCIO, rappresentato e difeso dall’avvocato LUCIANO MILANI;

– ricorrente –

contro

UNICREDIT SPA, in persona del procuratore speciale pro tempore,

elettivamente domiciliato in ROMA, VIA SEBASTIANO VENIERO 30, presso

lo studio dell’avvocato PIERO PETRILLO, rappresentato e difeso

dall’avvocato ANTONIO CALANDRELLI;

– controricorrente –

contro

DOBANK SPA, in persona del procuratore speciale pro tempore,

elettivamente domiciliato in ROMA, VIA SEBASTIANO VENIERO 30, presso

lo studio dell’avvocato PIERO PETRILLO, rappresentato e difeso

dall’avvocato ANTONIO CALANDRELLI;

– controricorrente –

contro

BANCA ANTONVENETA SPA;

– intimata –

avverso la sentenza n. 1773/2017 della CORTE D’APPELLO di ROMA,

depositata il 17/03/2017;

udita la relazione svolta nella Camera di consiglio non partecipata

del 14/10/2020 dal relatore Dott. Franco DE STEFANO.

 

Fatto

RILEVATO

che:

la CI.GI. & Co. srl in liquidazione ricorre, affidandosi ad un atto notificato dal 28/06/2017 ed articolato su di un complesso motivo, per la cassazione della sentenza del 17/03/2017, con cui la Corte d’appello di Roma ha respinto il suo appello avverso la reiezione della sua opposizione alla espropriazione di tre immobili ipotecati, intentata ai suoi danni presso il Tribunale di Viterbo ed ivi iscritta al n. 197/02 r.g.e., su istanza di Capitalia spa e con interventi della medesima e poi della Banca Antonveneta spa;

in particolare, con ricorso dep. il 21/02/2008 l’esecutata, ammesso solo di non avere pagato – dopo le prime sei – altre sei rate del piano di ammortamento del mutuo fondiario del 24/09/1996 azionato dalla procedente, aveva proposto opposizione ai sensi dell’art. 615 c.p.c., dopo l’aggiudicazione di entrambi i lotti, lamentando l’omessa notifica del precetto, l’inesistenza dell’ipoteca di primo grado, l’illegittimità della risoluzione del contratto di mutuo fondiario e comunque la sua simulazione, la violazione dei divieti di interessi usurari ed anatocistici, la nullità di tutti gli interventi anche per quella delle fideiussioni sottese e l’inesistenza dei crediti garantiti o la violazione della normativa in tema di anatocismo e dell’art. 1956 c.c., comma 1; per concludere dispiegando domanda di condanna del procedente a risarcire i danni;

il Tribunale di Viterbo (con sentenza 24/09/2009) aveva rigettato tutte le domande dell’opponente e la Corte d’appello di Roma – subentrate alla procedente prima Unicredito Italiano e poi Unicredit spa, nonchè la cessionaria Unicredit Credit Management spa a mezzo di mandataria, nonchè alla Banca Antonveneta spa la Banca Monte dei Paschi di Siena spa – ha respinto il gravame, qualificato idoneo fondamento dell’espropriazione intrapresa il titolo esecutivo azionato almeno quanto alle sei rate pacificamente non restituite e precluse da giudicati esterni – analiticamente indicati le altre questioni sugli altri crediti di procedente ed interventore;

delle intimate resistono con separati controricorsi Unicredit spa (già Unicredito Italiano e già Capitalia spa) e Dobank spa, già Unicredit Credit Management spa (successore di Aspra Finance spa, cessionaria in blocco dei crediti di Unicredit spa), a mezzo peraltro del medesimo difensore e sviluppando tesi ed argomenti in larghissima parte coincidenti;

infine, per l’adunanza camerale del 14/10/2020, fissata ai sensi dell’art. 380-bis.1 c.p.c. (come inserito dal D.L. 31 agosto 2016, n. 168, art. 1-bis, comma 1, lett. f), conv. con modif. dalla L. 25 ottobre 2016, n. 197), tutte le parti depositano memorie ai sensi del penultimo periodo di tale norma.

Diritto

CONSIDERATO

che:

va preliminarmente ribadito che, per costante insegnamento (da ultimo, v. Cass. Sez. U. ord. 09/03/2020, n. 6691, ove ulteriori riferimenti), non è consentito, con le memorie per la pubblica udienza (o per l’adunanza camerale), ampliare o modificare il contenuto del ricorso e delle ragioni di doglianza, nè tanto meno sanarne eventuali carenze o lacune, che restano così inemendabili;

ciò premesso, la ricorrente articola un unitario motivo, cui antepone la rubrica “nullità parziale dell’esecuzione n. 197/2002 per esistenza solo parziale del titolo esecutivo, vale a dire limitatamente alle sei rate impagate per Euro 247.134,30. Nullità parziale dell’atto di precetto e nullità parziale dell’atto di pignoramento. Violazione dell’art. 474 c.p.c., comma 1; violazione dell’art. 480 c.p.c.; violazione dell’art. 39 TUB, commi 5, 6, 6 ter (frazionamento del mutuo e della corrispondente ipoteca a garanzia); violazione dell’art. 40, comma 2 TUB; violazione dell’art. 1456 c.c.; violazione degli artt. 2808 e 2809 c.c.”;

sostiene che:

– pagate le prime sei rate e rimaste insolute solo le seconde sei, era illegittimamente configurata fin dal precetto la risoluzione del contratto di mutuo fondiario 24/09/1996, perchè ai sensi del D.Lgs. n. 385 del 1993, art. 40, occorreva la morosità di almeno sette rate e per la sesta neppure erano decorsi i 180 giorni di tolleranza;

– inoltre, il R.D. n. 646 del 1905, art. 39 e la L. n. 175 del 1991, art. 17, che avrebbero consentito la risoluzione anche per morosità inferiori, erano stati abrogati dall’art. 161 del medesimo D.Lgs.;

– non era validamente pattuito, se non con clausola di stile e pertanto inefficace, alcun termine essenziale;

– una volta acconsentitosi dalla mutuante, in conseguenza dell’art. 7 atto di erogazione a saldo, al frazionamento del mutuo in tre quote e dell’ipoteca su tre lotti, ne sarebbe derivata una struttura dell’obbligazione come parziaria, con la conseguenza che l’esecuzione avrebbe potuto riguardare solo il primo degli immobili e non gli altri due, esistendo il titolo per soli Euro 247.134,30 e sul solo lotto denominato blocco 2/A, ma non invece sulla maggior somma illegittimamente precettata di Euro 657.961,91 e su tutti gli immobili oggetto di ipoteca;

– solo di stile (e così inefficacemente pattuita) andava qualificata la previsione di scioglimento del contratto in dipendenza della violazione di anche una soltanto delle obbligazioni della mutuataria, di cui all’art. 19 delle condizioni generali del contratto di mutuo, con la conseguenza che questa non poteva dirsi efficace;

– non si applica alla fattispecie il principio della conservazione di efficacia per la minor parte dovuta, perchè qui si tratta di obbligazione parziaria;

– va invece in via riconvenzionale accordato il risarcimento del danno, analiticamente quantificate le relative poste o voci, in relazione al danno emergente ed al lucro cessante;

il motivo è inammissibile, per concorrenti e tra loro indipendenti ordini di ragioni:

– per difetto di specificità, comprendendo eterogenee censure, articolate su tesi tra loro indipendenti, per di più riconducibili a differenti motivi tra quelli disciplinati dall’art. 360 c.p.c.;

– perchè non si fa carico della ratio decidendi della qui gravata sentenza, di sufficienza, ai fini della prosecuzione dell’esecuzione, di un titolo esecutivo (quale l’atto ricevuto da notaio) almeno per le sei rate pacificamente insolute, nè di quella conseguente – di per sè tecnicamente ineccepibile – dell’infondatezza di una pretesa risarcitoria dinanzi ad un’esecuzione reputata legittima: nè avendo l’esecutato provato di avere ritualmente e tempestivamente azionato i rimedi processuali alla reputata eccessività del credito azionato;

– perchè il ricorso (non potendo, per quanto detto sopra, essere al riguardo integrato dalla memoria) non offre elementi per verificare che non siano nuove – e perciò inammissibili in quanto proposte per la prima volta in questa sede – la questione del frazionamento del mutuo, anche sotto il profilo della parziarietà dell’obbligazione e del divieto di azionamento del titolo su beni diversi, nè l’impostazione della deduzione della sola eccessività del credito azionato: in quanto anzi non vi è in ricorso la trascrizione dei passaggi degli atti di merito, con indicazione della loro collocazione nel fascicolo, coi quali le questioni sarebbero state ritualmente e tempestivamente sottoposte al giudice del merito; e non potendo, nell’opposizione esecutiva, aggiungersi una ragione nuova rispetto all’atto introduttivo (Cass. 28/06/2019, n. 17441; Cass. 07/08/2013, n. 18761; Cass. 20/01/2011, n. 1328), tranne il solo caso – che qui non ricorre – della sopravvenuta caducazione del titolo esecutivo, cui non può certo assimilarsi – per intrinseca e inconciliabile ontologica diversità di struttura – la circostanza della riduzione del dovuto o la riconsiderazione del suo esatto importo;

– perchè in ricorso (non valendo alcuna eventuale integrazione operata con la memoria) non vengono nemmeno impugnate le altre rationes di rigetto della spiegata opposizione quanto ad usurarietà di alcuni dei crediti azionati e a pretesa insussistenza di uno di quelli azionati dall’interventore, dinanzi a conclamati giudicati esterni analiticamente indicati nella gravata sentenza;

– perchè, a stretto rigore, difetta radicalmente di specificità (con trascrizione in ricorso dei passaggi degli atti di merito – ed indicazione della loro collocazione nel fascicolo – di precisa sottoposizione della questione ai giudici dei relativi gradi, nonchè dei documenti sui quali quella si fonderebbe) la tesi del riferimento delle rate insolute a solo alcuni dei mutui pretesi come separati o resi parziari per frazionamento all’atto dell’erogazione a saldo;

il ricorso va quindi dichiarato inammissibile;

la ricorrente va, infine, condannata al pagamento delle spese del giudizio di legittimità; al riguardo, si fa peraltro luogo ad unica liquidazione per le due controricorrenti, in quanto, pur avendo esse presentato distinti controricorsi, hanno identica posizione processuale e sono state difese dallo stesso procuratore speciale con argomenti in amplissima parte coincidenti: sicchè deve trovare applicazione il principio per il quale, “in tema di compensi di avvocato, il criterio della parcella unica, che esclude la possibilità di moltiplicare le liquidazioni (salva la possibilità di aumento) in caso di difesa di più parti aventi identica posizione processuale, deve essere utilizzato anche dopo l’abrogazione delle tariffe professionali, tenuto conto che il D.M. 20 luglio 2012, n. 140, art. 4, comma 4, il quale ha dato attuazione al D.L. 24 gennaio 2012, n. 1, art. 9, comma 2, convertito in L. 24 marzo 2012, n. 27, espressamente stabilisce che, in tale situazione, il compenso unico può essere aumentato fino al doppio” (in termini: Cass. ord. 25/05/2017, n. 13147, con richiamo a Cass. ord. 29/11/2012, n. 21320; nello stesso senso, peraltro, v. pure Cass. ord. 21/02/2014, n. 4222);

infine, poichè il ricorso è stato proposto successivamente al 30 gennaio 2013 ed è dichiarato inammissibile, sussistono i presupposti processuali (a tanto limitandosi la declaratoria di questa Corte: Cass. Sez. U. 20/02/2020, n. 4315) per dare atto ai sensi della L. n. 228 del 2012, art. 1, comma 17, che ha aggiunto del Testo Unico di cui al D.P.R. n. 115 del 2002, art. 13, comma 1-quater (e mancando la possibilità di valutazioni discrezionali: tra le prime: Cass. 14/03/2014, n. 5955; tra le innumerevoli altre successive: Cass. Sez. U. 27/11/2015, n. 24245) – della sussistenza dell’obbligo di versamento, in capo a parte ricorrente, dell’ulteriore importo a titolo di contributo unificato pari a quello, ove dovuto, per la stessa impugnazione.

P.Q.M.

dichiara inammissibile il ricorso.

Condanna la ricorrente al pagamento delle spese in favore delle controricorrenti, tra loro in solido, liquidate in complessivi Euro 9.200,00 (novemiladuecento/00) per compensi, oltre alle spese forfettarie nella misura del 15 per cento, agli esborsi liquidati in Euro 200,00 ed agli accessori di legge.

Così deciso in Roma, il 14 ottobre 2020.

Depositato in Cancelleria il 20 novembre 2020

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