Sentenza Sentenza Cassazione Civile n. 26431 del 17/10/2019
Cassazione civile sez. I, 17/10/2019, (ud. 12/07/2019, dep. 17/10/2019), n.26431
LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE
SEZIONE PRIMA CIVILE
Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:
Dott. DI VIRGILIO Rosa Maria – Presidente –
Dott. SCALIA Laura – rel. Consigliere –
Dott. FIDANZIA Andrea – Consigliere –
Dott. OLIVA Stefano – Consigliere –
Dott. SOLAINI Luca – Consigliere –
ha pronunciato la seguente:
ORDINANZA
sul ricorso n. 28249/2018 proposto da:
H.J., elettivamente domiciliato in Roma Viale Manzoni, 81
presso lo studio dell’avvocato Emanuele Giudice che lo rappresenta e
difende giusta procura speciale in calce al ricorso;
– ricorrente –
contro
MINISTERO DELL’INTERNO, in persona del Ministro p.t., elettivamente
domiciliato in Roma, Via dei Portoghesi, 5 presso l’Avvocatura
Generale dello Stato ex legge;
– intimato –
avverso la sentenza n. 1055/2018 della Corte di appello di Milano
pubblicata il 26/02/2018;
udita la relazione della causa svolta dal Cons. Dr. Scalia Laura
nella camera di consiglio del 12/07/2019.
Fatto
FATTI DI CAUSA
1. H.J., cittadino del Bangladesh, ricorre in cassazione con due motivi avverso la sentenza in epigrafe indicata con cui la Corte di appello di Milano, nel confermare la decisione del locale Tribunale, ha rigettato le domande di protezione sussidiaria ed umanitaria dal primo proposte nella ritenuta insussistenza dei relativi presupposti di legge.
Il ricorrente ha dichiarato alla competente Commissione territoriale di aver lascito il Paese di origine, in un primo tempo per la Libia da cui successivamente si spostava alla volta dell’Italia, ove svolgeva l’attività di elettricista che non gli consentiva di avere redditi adeguati per mantenere moglie e due figli, e dinanzi al giudice di primo grado di essersi allontanato dal Bangladesh per motivi economici, al fine di reperire un lavoro stabile con cui mantenere la propria famiglia.
2. Il Ministero dell’Interno, intimato, non ha svolto difese.
Diritto
RAGIONI DELLA DECISIONE
1. Con il primo motivo il ricorrente fa valere la violazione del D.Lgs. n. 25 del 2008, art. 32, comma 3 e D.Lgs. n. 286 del 1998, art. 5, comma 6, in cui sarebbe incorsa la Corte territoriale nel ritenere che lo stato di totale indigenza e la giovane età dell’appellante non integrassero la condizione di personale vulnerabilità meritevole di protezione sussidiaria.
Il quadro socio-politico del Bangladesh, caratterizzato da forti ed elevati livelli di criticità (instabilità politica; violazione dei diritti umani fondamentali; presenza sempre più minacciosa ed invasiva del Jhad), avrebbe concorso a definire l’indicata condizione atteso, anche, il livello di integrazione raggiunto in Italia dal richiedente.
La protezione umanitaria avrebbe risposto ad un catalogo aperto di previsioni da integrare ad opera del giudice in relazione al caso concreto.
1.1. Il motivo è inammissibile per genericità.
La proposta censura non si traduce infatti in una meditata critica della sentenza impugnata, ma reitera, in modo inammissibile, dinanzi a questa Corte di legittimità ragioni di merito (ex art. 366 c.p.c., comma 1, n. 4), in modo generico dedotte, senza che il richiamo ai principi indicati rinvenga alcun riferimento al caso concreto e ciò per puntuali allegazioni.
Il carattere aperto dell’invocata protezione non esonera infatti la parte dall’onere di allegazione (Cass. 07/02/2019 n. 3681; Cass. 29/10/2018 n. 27336).
2. Con il secondo motivo il ricorrente denuncia l’omessa valutazione di un fatto decisivo per il giudizio, consistente nel non aver considerato la Corte di merito che a sostegno dell’esercitato diritto il richiedente aveva fatto valere l’impossibilità di conservare per sè ed i propri figli, una volta fatto ritorno nel paese di origine, l’esercizio di diritti fondamentali anche con riferimento alle scelte di vita quotidiana.
Il motivo si presta ad una valutazione di inammissibilità perchè portatore di una critica nel merito della decisione impugnata senza che esso valga a segnalare la decisività del “fatto” il cui messo esame ha viziato la decisione.
Come in più occasioni affermato da questa Corte di legittimità, in seguito alla riformulazione dell’art. 360 c.p.c., comma 1, n. 5, disposta dal D.L. n. 83 del 2012, art. 54, conv., con modif., dalla L. n. 134 del 2012, non è più deducibile quale vizio di legittimità il semplice difetto di sufficienza della motivazione, ma i provvedimenti giudiziari non si sottraggono all’obbligo di motivazione previsto in via generale dall’art. 111 Cost., comma 6 e, nel processo civile, dall’art. 132 c.p.c., comma 2, n. 4.
Tale obbligo è violato qualora la motivazione sia totalmente mancante o meramente apparente, ovvero essa risulti del tutto inidonea ad assolvere alla funzione specifica di esplicitare le ragioni della decisione (per essere afflitta da un contrasto irriducibile tra affermazioni inconciliabili oppure perchè perplessa ed obiettivamente incomprensibile) e, in tal caso, si concreta una nullità processuale deducibile in sede di legittimità ai sensi dell’art. 360 c.p.c., comma 1, n. 4 (Cass. 25/09/2018 n. 22598).
3. Il ricorso è, in via conclusiva, inammissibile.
Nulla sulle spese nella mancata costituzione dell’amministrazione intimata.
Ai sensi del D.P.R. n. 115 del 2002, art. 13, comma 1-quater, inserito dalla L. n. 228 del 2012, art. 1, comma 17, va dichiarata la sussistenza dei presupposti per il versamento, da parte del ricorrente dell’ulteriore importo a titolo di contributo unificato pari a quello dovuto per il ricorso.
PQM
Dichiara inammissibile il ricorso.
Ai sensi del D.P.R. n. 115 del 2002, art. 13, comma 1-quater, inserito dalla L. n. 228 del 2012, art. 1, comma 17, dichiara la sussistenza dei presupposti per il versamento, da parte del ricorrente, dell’ulteriore importo a titolo di contributo unificato pari a quello dovuto per il ricorso.
Così deciso in Roma, nella Camera di consiglio, il 12 luglio 2019.
Depositato in Cancelleria il 17 ottobre 2019