Sentenza Sentenza Cassazione Civile n. 26431 del 07/12/2011

Cassazione civile sez. trib., 07/12/2011, (ud. 22/11/2011, dep. 07/12/2011), n.26431

LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE

SEZIONE TRIBUTARIA

Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:

Dott. PARMEGGIANI Carlo – Presidente –

Dott. IACOBELLIS Marcello – rel. Consigliere –

Dott. DI BLASI Antonino – Consigliere –

Dott. CIRILLO Ettore – Consigliere –

Dott. SAMBITO Maria Giovanna – Consigliere –

ha pronunciato la seguente:

ordinanza

sul ricorso proposto da:

Prosit Produzione Spettacoli Immagini Teatro s.r.l., in persona del

legale rapp.te pro tempore rappresentata e difesa dall’avv. LANDOLFI

ROBERTO ed elettte dom.to in Roma, alla via Ovidio n. 20, presso lo

studio Liccardo;

– ricorrente –

contro

Agenzia delle Entrate, in persona del legale rapp.te pro tempore,

domiciliata in Roma, via dei Portoghesi n. 12, presso l’Avvocatura

Generale dello Stato che lo rappresenta e difende per legge;

– controricorrente –

per la cassazione della sentenza della Commissione Tributaria

Regionale del Lazio n. 177/2007/2 depositata il 5/12/2007;

Udita la relazione della causa svolta nella Camera di consiglio del

giorno 22/11/2011 dal Consigliere Relatore Dott. Marcello Iacobellis;

udite le richieste del P.M., in persona del Sostituto Procuratore

Generale, dott. CENICCOLA Raffaele.

Fatto

SVOLGIMENTO DEL PROCESSO

La controversia promossa da Prosit Produzione Spettacoli Immagini Teatro s.r.l. contro l’Agenzia delle Entrate è stata definita con la decisione in epigrafe, recante il rigetto dell’appello proposto dalla società contro la sentenza della CTP di Roma n. 482/17/2005 che ne aveva respinto il ricorso avverso la cartella di pagamento n. (OMISSIS) per iva 1995. Il ricorso proposto si articola in cinque motivi. Resiste con controricorso il contribuente l’Agenzia delle Entrate. Il relatore ha depositato relazione ex art. 380 bis c.p.c. Il presidente ha fissato l’udienza del 22/11/2011 per l’adunanza della Corte in Camera di Consiglio. Il P.G. ha concluso per il rigetto del ricorso.

Diritto

MOTIVI DELLA DECISIONE

Con primo motivo (con cui deduce “Illegittimità della sentenza impugnata nella presente sede per omessa pronuncia sulle domande proposte in sede di appello dalla PROSIT s.r.l.- Violazione dell’art. 112 c.p.c. in relazione all’art. 360 c.p.c., comma 1, n. 3) la ricorrente assume la illegittimità della sentenza per omessa pronuncia su domande espressamente avanzate e/o pronuncia su domande mai avanzate in giudizio.

La censura è inammissibile sia in quanto formulata con riferimento all’art. 360 c.p.c., n. 3 anzichè all’art. 360 c.p.c., n. 4, sia per la genericità – e quindi inconferenza del quesito di diritto (“Dica codesta Ecc. ma Corte di Cassazione se l’omessa pronuncia su domande espressamente avanzate dall’appellante e/o la pronuncia su domande mai avanzate in giudizio costituisce violazione del principio della corrispondenza tra il chiesto ed il pronunciato di cui all’art. 112 c.p.c. con conseguente nullità del provvedimento giurisdizionale per violazione di legge).

Con secondo motivo ( con cui deduce ” illegittimità e conseguente nullità della sentenza n. 177/72/2007 ….per violazione del combinato disposto del D.P.R. n. 602 del 1973, artt. 14, 15 e 25 nonchè del principio del contraddittorio e del diritto alla difesa (art. 24 Cost.) in relazione all’art. 360 c.p.c., comma 1, n. 3) la ricorrente assume che alla mancata conoscenza dell’avviso di rettifica IVA conseguirebbe l’illegittimità e conseguente nullità degli atti impugnati nel presente giudizio.

Le censure sono inammissibili non essendo precisato, nè nell’articolazione della censura, nè nel quesito di diritto, la violazione di legge nella quale sarebbe incorso il giudice di merito.

Con terzo motivo (con cui deduce “illegittimità e conseguente nullità della sentenza n. 77/72/2007………………per non aver riformato la sentenza di primo grado, inficiata dall’evidente violazione del D.P.R. n. 600 del 1973, artt. 148 e 60 così come modificato dalla Corte Costituzionale che con sentenza n. 360 del 12/11- 19/12/2003 ha dichiarato l’illegittimità costituzionale di tale ultima norma per violazione degli artt. 324 e 97 Cost. nella parte in cui prevede che le variazioni e le modificazioni dell’indirizzo del contribuente non risultanti dalla dichiarazione annuale hanno effetto, ai fini delle notificazioni, dal sessantesimo giorno successivo a quello dell’avvenuta variazione anagrafica” in relazione all’art. 360 c.p.c., n. 3) la ricorrente assume la illegittimità della notifica dell’avviso di rettifica.

Anche tale censura è inammissibile non essendo precisato, nè nell’articolazione della censura, nè nel quesito di diritto, la violazione di legge nella quale sarebbe incorso il giudice di merito;

i quesiti di diritto sono inoltre inammissibili in quanto generici.

Con quarto motivo (con cui deduce illegittimità e conseguente nullità della sentenza n. 177/72/2007………………per omessa illogica e/o apparente motivazione e per erronea e/o parziale e/o omessa valutazione delle risultanze probatorie (D.Lgs. n. 546 del 1992, art. 36 e art. 111 Cost.) la ricorrente assume che la CTR avrebbe esposto “motivi di fatto e di diritto del tutto estranei al giudizio e/o comunque assolutamente insufficienti a consentire di comprendere l’iter logico giuridico posto dallo stesso Collegio a fondamento della reiezione dell’atto di appello”. La sentenza sarebbe priva” di qualsiasi riferimento ad elementi probatori e/o quanto meno presunti inesistenti nei fascicoli processuali di primo e secondo grado su cui risulterebbe fondato il convincimento del Collegio.

La censura è inammissibile. Va in primo luogo osservato che, in caso di proposizione di motivi di ricorso per cassazione formalmente unici, ma in effetti articolati in profili autonomi e differenziati di violazioni di legge diverse, sostanziandosi tale prospettazione nella proposizione cumulativa di più motivi, affinchè non risulti elusa la “ratio” dell’art. 366 bis cod. proc. civ., deve ritenersi che tali motivi cumulativi debbano concludersi con la formulazione di tanti quesiti per quanto sono i profili fra loro autonomi e differenziati in realtà avanzati, con la conseguenza che, ove il quesito o i quesiti formulati rispecchino solo parzialmente le censure proposte, devono qualificarsi come ammissibili solo quelle che abbiano trovato idoneo riscontro nel quesito o nei quesiti prospettati, poichè solo per esse può rilevarsi l’adempimento della prescrizione del citato art. 366 bis, dovendo la decisione della Corte di cassazione essere limitata all’oggetto del quesito o dei quesiti idoneamente formulati, rispetto ai quali il motivo costituisce l’illustrazione (SS.UU. 5624/2009). Ne consegue che la censura attinente sia a vizi di motivazione che a violazione di norme di legge deve concludersi, per quanto riguarda il vizio di motivazione, con una indicazione riassuntiva e sintetica, che costituisca un “quid pluris” rispetto all’illustrazione del motivo, e che consenta al giudice di valutare immediatamente l’ammissibilità del ricorso; e, per quanto attiene la violazione di legge, con un quesito di diritto contenente la riassuntiva esposizione degli elementi di fatto sottoposti al giudice di merito, la sintetica indicazione della regola di diritto applicata da quel giudice, e la diversa regola di diritto che, ad avviso del ricorrente, si sarebbe dovuta applicare al caso di specie (Sez. 3, Ordinanza n. 19769 del 17/07/2008).

La censura in esame risulta carente sotto entrambi tali profili. Ed invero la espressione “dica codesta Corte se la motivazione di un provvedimento giurisdizionale estremamente sintetica tanto da non consentire la verifica del rapporto di pregiudizialità e dipendenza che lega le scelte finali del giudice in ordine alle domande avanzate dalle parti alla verità od alla falsità dei fatti di causa;

all’interpretazione delle norme di valutazione delle risultanze processuali delle prove, debba ritenersi adeguata e sufficiente e/o violi il disposto del D.Lgs. n. 546 del 1992, art. 36 e dell’art. 111 Cost.”, risulta del tutto generica e priva della indicazione delle circostanze che si assumono trascurate, nonchè del rapporto di causalità tra le stesse e la soluzione giuridica data alla controversia, tale da far ritenere che quelle circostanze, se considerate, avrebbero portato ad una diversa soluzione della vertenza. La espressione medesima, considerata sotto il profilo del quesito di diritto ex art. 366 bis c.p.c., risulta generica ed inconferente.

Con quinto motivo (con cui assume: illegittimità della sentenza per violazione e/o erronea interpretazione ed applicazione degli artt. 2697, 2699 c.c. e art. 2700 c.c., e segg. in tema di onere della prova, in relazione all’art. 360 c.p.c., comma 1, n. 3) la ricorrente assume che il collegio sarebbe incorso in una ulteriore violazione di legge assumendo che “il verbale di contestazione della Guardia di Finanza non è stato prodotto dalla parte”.

La censura è inammissibile in quanto irrilevante, avendo la CTR rigettato l’appello anche sul rilievo della mancata contestazione, da parte della società, del verbale di contestazione, ragione non censurata ed in grado di mantenere ferma la decisione basata su di essa (Sez. 3, Sentenza n. 24540 del 20/11/2009).

Consegue da quanto sopra il rigetto del ricorso e la condanna della ricorrente alla rifusione, in favore dell’Amministrazione Finanziaria, delle spese del grado che si liquidano in complessivi Euro 1.500,00, oltre spese prenotate a debito.

P.Q.M.

la Corte rigetta il ricorso e condanna la ricorrente alla rifusione, in favore dell’Amministrazione Finanziaria, delle spese del grado che si liquidano in complessivi Euro 1.500,100, oltre spese prenotate a debito.

Così deciso in Roma, il 22 novembre 2011.

Depositato in Cancelleria il 7 dicembre 2011

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