Sentenza Sentenza Cassazione Civile n. 26426 del 20/12/2016


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Cassazione civile, sez. VI, 20/12/2016, (ud. 05/10/2016, dep.20/12/2016),  n. 26426

LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE

SEZIONE SESTA CIVILE

SOTTOSEZIONE T

Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:

Dott. IACOBELLIS Marcello – Presidente –

Dott. MANZON Enrico – rel. Consigliere –

Dott. NAPOLITANO Lucio – Consigliere –

Dott. FEDERICO Guido – Consigliere –

Dott. VELLA Paola – Consigliere –

ha pronunciato la seguente:

ORDINANZA

sul ricorso 25510/2015 proposto da:

ALPIAN SNC DI C.A. E C., in persona del legale

rappresentante pro tempore, elettivamente domiciliata in ROMA, VIALE

GIULIO CESARE 2, presso lo studio dell’avvocato NICOLA GIANCASPRO,

che la rappresenta e difende giusta procura a margine del ricorso;

– ricorrente –

contro

AGENZIA DELLE ENTRATE, (OMISSIS), in persona del legale

rappresentante pro tempore, elettivamente domiciliata in ROMA, VIA

DEI PORTOGHESI 12, presso l’AVVOCATURA GENERALE DELLO STATO, che la

rappresenta e difende ope legis;

– resistente –

avverso la sentenza n. 1600/28/2015 della COMMISSIONE TRIBUTARIA

REGIONALE di ROMA del 9/03/2015, depositata il 17/03/2015;

udita la relazione della causa svolta nella Camera di consiglio del

05/10/2016 dal Consigliere Relatore Dott. ENRICO MANZON;

udito l’Avvocato Nicola Giancaspro difensore della ricorrente che si

riporta agli scritti.

Fatto

FATTO E DIRITTO

La Corte, costituito il contraddittorio camerale sulla relazione prevista dall’art. 380 bis c.p.c., osserva quanto segue.

Con sentenza in data 9 marzo 2015 la Commissione tributaria regionale del Lazio confermava la sentenza n. 5473/7/14 della Commissione tributaria provinciale di Roma, appellata da Alpian snc di C.A. e C., che aveva respinto il ricorso della contribuente/appellante avverso l’avviso di accertamento IRES, IRAP 2005.

Avverso la decisione ha proposto ricorso per cassazione la Alpian snc deducendo un motivo unico.

L’Agenzia delle Entrate si è costituita tardivamente al solo fine di poter partecipare all’udienza di discussione del ricorso.

Con l’unico motivo dedotto – ex art. 360 c.p.c., comma 1, n. 3 – la società ricorrente lamenta violazione/falsa applicazione del D.L. n. 331 del 1993, art. 62 sexies, D.P.R. n. 600 del 1973, art. 39, avendo la CTR fondato la propria decisione e quindi affermato la fondatezza della pretesa creditoria fiscale esclusivamente sullo scostamento del reddito dichiarato dallo studio di settore, asserendo che lo strumento accertativo de quo configura una presunzione legale relativa, mentre per pacifica giurisprudenza di legittimità si tratta di una presunzione semplice.

E’ indubbio che la premessa giuridica della censura sia fondata, essendo appunto orientamento ermeneutico consolidato di questa Corte che gli studi di settore rappresentino un “sistema di presunzioni semplici” (tra le molte, da ultimo Sez. 6-5, n. 10047 del 2016) ed è quindi sicuramente errata la pronuncia della CTR ove afferma invece trattarsi di una forma di presunzione legale (relativa).

Tuttavia vi è da osservare che tale non corretta affermazione giuridica non inficia il resto del ragionamento giuridico-fattuale del giudice di appello, il quale comunque giunge a conclusioni decisionali corrette.

Va in questo senso ribadito che “I parametri o studi di settore previsti dalla L. 28 dicembre 1995, n. 549, art. 3, commi da 181 a 187, rappresentando la risultante dell’estrapolazione statistica di una pluralità di dati settoriali acquisiti su campioni di contribuenti e dalle relative dichiarazioni, rivelano valori che, quando eccedono il dichiarato, integrano il presupposto per il legittimo esercizio da parte dell’Ufficio dell’accertamento analitico-induttivo, del D.P.R. 29 settembre 1973, n. 600, ex art. 39, comma 1, lett. d, che deve essere necessariamente svolto in contraddittorio con il contribuente, sul quale, nella fase amministrativa e, soprattutto, in quella contenziosa, incombe l’onere di allegare e provare, senza limitazioni di mezzi e di contenuto, la sussistenza di circostanze di fatto tali da allontanare la sua attività dal modello normale al quale i parametri fanno riferimento, sì da giustificare un reddito inferiore a quello che sarebbe stato normale secondo la procedura di accertamento tributario standardizzato, mentre all’ente impositore fa carico la dimostrazione dell’applicabilità dello “standard” prescelto al caso concreto oggetto di accertamento” (tra le molte, Sez. 5, Sentenza n. 3415 del 20/02/2015, Rv. 634928).

La sentenza impugnata ha applicato correttamente questo articolato principio di diritto, poichè in particolare ha accertato negativamente l’assolvimento dell’onere controprobatorio della società contribuente, così come appunto affermato nella citata giurisprudenza, in questo senso formulando un giudizio di fatto non ulteriormente sindacabile in questa sede.

Il ricorso deve essere quindi rigettato; nulla per le spese stante la mancata difesa dell’Agenzia fiscale.

PQM

La Corte rigetta il ricorso; nulla per le spese.

Ai sensi del D.P.R. n. 115 del 2002, art. 13, comma 1 quater, dà atto della sussistenza dei presupposti per il versamento da parte della ricorrente principale dell’ulteriore importo a titolo di contributo unificato pari a quello dovuto per il ricorso principale a norma dello stesso art. 13, comma 1 bis.

Così deciso in Roma, il 5 ottobre 2016.

Depositato in Cancelleria il 20 dicembre 2016

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