Sentenza Sentenza Cassazione Civile n. 26418 del 19/10/2018

Cassazione civile sez. trib., 19/10/2018, (ud. 30/05/2018, dep. 19/10/2018), n.26418

LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE

SEZIONE TRIBUTARIA

Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:

Dott. CAPPABIANCA Aurelio – Presidente –

Dott. LOCATELLI Giuseppe – Consigliere –

Dott. SCALISI Antonino – rel. Consigliere –

Dott. GUIDA Riccardo – Consigliere –

Dott. FRACANZANI Marcello Maria – Consigliere –

ha pronunciato la seguente:

SENTENZA

sul ricorso proposto da:

CONI COSTRUZIONI SRL in persona del legale rappresentante pro

tempore, elettivamente domiciliato in ROMA, VIA VENTIQUATTRO MAGGIO

43, presso lo studio dell’avvocato GRANDE CORRADO, rappresentato e

difeso dall’avvocato ANTONINI MASSIMO GUIDO giusta delega in calce;

– ricorrente –

contro

AGENZIA DELLE ENTRATE in persona del Direttore pro tempore,

elettivamente domiciliato in ROMA, VIA DEI PORTOGHESI 12, presso

l’AVVOCATURA GENERALE DELLO STATO, che lo rappresenta e difende;

– resistente con atto di costituzione –

avverso la sentenza n. 321/2010 della COMM. TRIB. REG. del LAZIO,

depositata il 15/06/2010;

udita la relazione della causa svolta nella pubblica udienza del

30/05/2018 dal Consigliere Dott. SCALISI ANTONINO;

udito il P.M. in persona del Sostituto Procuratore Generale Dott.

VITIELLO MAURO che ha concluso per l’accoglimento del 3 motivo di

ricorso;

udito per il ricorrente l’Avvocato DI SIENA per delega dell’Avvocato

ANTONINI che ha chiesto l’accoglimento.

Fatto

FATTI DI CAUSA

La società Coni Costruzioni S.r.l. impugnava l’avviso di accertamento con cui l’Ufficio finanziario, a seguito di PVC della G.F. del 22/6/06, contestava violazioni tributarie relative alla Dichiarazione dei Redditi e Dichiarazione IVA per l’anno di imposta 2004, ossia, in particolare indebita deduzione per perdite su crediti, pari ad Euro 6.321,43, ed una indebita deduzione per acquisto di servizi, pari ad Euro 78.000,00.

La ricorrente contestava le motivazioni dell’ufficio e chiedeva l’annullamento dell’Accertamento.

La Commissione Tributaria Provinciale di Roma respingeva il ricorso.

Avverso la sentenza proponeva appello la società lamentandone la carenza di motivazione ed insistendo per l’annullamento dell’accertamento.

L’Ufficio chiedeva, preliminarmente, verificarsi la ritualità del proposto appello e chiedeva, tuttavia, dichiararsene l’inammissibilità per mancanza di specifici motivi di censura.

La Commissione Tributaria Regionale del Lazio, con sentenza n. 321/01/10, rigettava l’appello e compensava le spese. Secondo la CTR del Lazio, l’appello non poteva esser accolto, perchè l’appellante non aveva fornito alcuna prova a sostegno delle ragioni dedotte.

La cassazione di questa sentenza è stata chiesta da Coni Costruzioni S.r.l. con ricorso affidato a tre motivi. In data 25 ottobre 2011 l’Agenzia delle Entrate non essendosi costituita nei termini di legge ha depositato atto di costituzione, al solo fine di partecipare, eventualmente, alla discussione della causa ai sensi dell’art. 370 c.p.c., comma 1. L’Agenzia delle Entrate ha depositato memoria.

Diritto

RAGIONI DELLA DECISIONE

1.= Con il primo motivo Coni Costruzione S.r.l. lamenta omesso esame di un motivo di ricorso in appello (art. 360 c.p.c., comma 1, n. 4) concernente il difetto di motivazione della sentenza di primo grado. Secondo la ricorrente la sentenza impugnata conterrebbe una motivazione in diritto estremamente succinta e scarna e di per se sola sostanzialmente inintelligibile. Il Giudice non avrebbe, insomma fornito giustificazioni idonee a far individuare l’iter logico, giuridico seguito e le ragioni fondanti il contenuto della sentenza.

Il ricorrente conclude formulando, il seguente questo di diritto: se, nel processo tributario, l’omessa pronuncia del giudice di appello su un motivo di gravame, oggetto anche di specifica contestazione nelle controdeduzioni della parte resistente, determini la nullità della sentenza e debba pertanto essere rilevato ai sensi dell’art. 360 c.p.c., comma 1, n. 4.

1.1.= Il motivo è inammissibile. La sentenza impugnata ha una motivazione, sia pure succinta, sufficiente a dare ragione della decisione assunta, perchè, a guardar bene, è molto più ampia ed articolata di quella che sembra ad una prima ed immediata lettura, anzi essa sembra quasi un tributo al broccardo latino “in multa paucis”. Si tenga conto che la questione oggetto del giudizio riguardava la “deducibilità di perdite su crediti” e la deducibilità dei costi per l’acquisto di servizi”. E, rispetto a queste questioni la Commissione Tributaria Regionale del Lazio ha chiarito che le perdite per crediti non erano deducibili perchè non era stata data la prova sulla irrecuperabilità degli stessi crediti, mentre i costi per i servizi non erano deducibili perchè il contribuente non aveva dato prova dei fatti che davano luogo ad oneri e costi legittimamente deducibili. Appare, dunque, del tutto evidente che la CTR ha escluso ab origine che i crediti e i costi che il contribuente aveva preteso di riportare nella propria dichiarazione fossero deducibili, perchè non risultava che i primi non fossero recuperabili e gli altri che fossero esistenti.

Piuttosto, e a guardar bene, la CTR ha effettuato una valutazione di merito in ordine alla natura dei crediti e dei costi per servizi oggetto del giudizio, che il ricorrente non ha censurato o, comunque, non ha provveduto ad offrire ragioni per disattenderla.

1.2.= Va qui richiamato il principio espresso dalle Sezioni Unite di questa Corte, secondo cui la “mancanza della motivazione” con riferimento al requisito della sentenza di cui all’art. 132 cod. proc. civ., n. 4, si configura quando la motivazione “manchi del tutto – nel senso che alla premessa dell’oggetto del decidere risultante dallo svolgimento del processo segue l’enunciazione della decisione senza alcuna argomentazione, ovvero quando essa formalmente esista come parte del documento, ma le sue argomentazioni siano svolte in modo talmente contraddittorio a non permettere di individuarla, cioè di riconoscerla come giustificazione del decisum” (Cass., Sez. Un., 7 aprile 2014, n. 8053).

2.= Con il secondo motivo la ricorrente denuncia omessa, insufficiente motivazione circa un punto decisivo della controversia (art. 360 c.p.c., comma 1, n. 5)) concernente la deducibilità delle perdite su crediti, in relazione al credito vantato nei confronti dell’impresa PECCI. Secondo la ricorrente, la Commissione Tributaria Regionale del Lazio non avrebbe tenuto conto che nel caso di crediti di modesta entità in relazione all’entità del portafoglio ed in relazione all’attività sociale, il contribuente non debba fornire rigorose prove formali dell’attività di recupero e che nel caso di specie il credito portato a perdita rappresentava rispettivamente lo 0,15% del portafoglio crediti e lo 0,07% dell’attivo patrimoniale per cui ci si trovava proprio nel caso previsto dalla Risoluzione Ministeriale n. 9/124 del 6 agosto 1976. Invero, specifica, ancora, il ricorrente, il punto su cui la Commissione era stata chiamata a decidere era se ed in che termini potesse avere rilievo l’interpretazione fornita dall’amministrazione finanziaria in tema di deduzione delle perdite su crediti ex art. 101 TUIR e non se la Coni Costruzioni avesse o meno provato la certezza della perdita.

La ricorrente conclude formulando il seguente quesito: qualora nel processo tributario si controverta su un avviso di accertamento che preveda la ripresa a tassazione, come costo non deducibile di perdite si crediti di modesto ammontare, che la società contribuente aveva portato a diminuzione del reddito imponibile sulla base di un consolidato orientamento di prassi amministrativa, se il giudice tributario sia tenuto a motivare circa la rilevanza o irrilevanza della suddetta prassi amministrativa e se la sentenza che difetta in assoluto di motivazione su tali fatti è viziata da motivazione omessa o, in subordine, insufficiente ai sensi dell’art. 360 c.p.c., comma 1, n. 5.

2.1.= Il motivo è infondato. L’art. 101, comma 5, del Tuir, nella sua originaria formulazione e, salvo alcune precisazioni, anche nella formulazione introdotta dal D.Lgs. n. 147 del 2015, ammette la deduzione delle perdite su crediti in due casi: se tali perdite risultano da elementi certi e precisi, oppure, in ogni caso, se il debitore è assoggettato a procedure concorsuali. E, sul punto questa Corte ha avuto modo di precisare che si può parlare di perdita su crediti quando il debitore non paga volontariamente e il credito non risulta attuabile coattivamente, attraverso gli strumenti che l’ordinamento mette a disposizione del creditore”, aggiungendo che “il fatto costitutivo del diritto alla deducibilità della perdita riguarda sia l’an (il verificarsi della perdita dovuta all’inesigibilità del credito), e sia il quantum (l’entità della perdita)”. Occorrerebbe, quindi, “dimostrare per prima cosa come e perchè si è verificata una perdita (non potendosi accettare l’idea che si può parlare di perdita a fini fiscali nelle ipotesi in cui il creditore nulla abbia fatto, nelle forme previste dalla legge, per esercitare il suo diritto di credito, ed abbia nella sostanza tenuto un comportamento remissivo e liberale) e poi che la perdita è divenuta definitiva in quella tale misura” (Cass. n. 23863 del 19/11/2007). La Suprema Corte ha anche precisato che la certezza che si è verificata una perdita (fiscalmente rilevante) può darsi con ogni mezzo di prova utilizzabile nel processo tributario, e può essere indizio di elementi certi e precisi “la nota del legale” e “le procedure esecutive non andate a buon fine” e/o, comunque l’intervenuta prescrizione del credito.

Pertanto, nel caso in esame, la società Coni Costruzioni avrebbe dovuto dimostrare che aveva tentato di recuperare, in qualche modo, quei crediti che intendeva riportare in deduzione.

1.3.= Tuttavia, anche a voler ritenere operativa, nonostante la chiara dizione della norma qui richiamata, così come interpretata dalla stessa giurisprudenza di questa Corte, la Risoluzione Ministeriale n. 9/124 del 1976, citata dalla stessa ricorrente, che ammette la deducibilità automatica di crediti di modesta entità in relazione all’entità del portafoglio e in relazione all’attività sociale, tuttavia, il giudizio circa la “modesta entità” del credito sarebbe valutazione riservata alla Pubblica Amministrazione non censurabile, in sede giudiziale, se non per eccesso di potere, nel caso in esame, comunque, mai denunciato nè ipotizzato.

Senza dire che, nel caso concreto, non supera la soglia di una opinione soggettiva, il considerare modesta la somma di Euro 6.321,43, tanto è vero che successivamente il D.L. n. 83 del 2012, art. 33, comma 5, e la successiva L. n. 147 del 2013 (legge di stabilità 2014), nel modificare l’art. 101 del TUIR hanno specificato che: il credito si considera di modesta entità quando ammonta ad un importo non superiore a 5.000 Euro per le imprese di più rilevante dimensione di cui al D.L. 29 novembre 2008, n. 185, art. 27, comma 10, convertito, con modificazioni, dalla L. 28 gennaio 2009, n. 2, e non superiore a 2.500 Euro per le altre imprese.

Pertanto, anche a voler ragionare in termini di “crediti di modesta entità”, comunque, il credito di cui si dice non sarebbe oggettivamente un credito di modesta entità.

3.= Con il terzo motivo la ricorrente lamenta omessa, insufficiente motivazione circa un punto decisivo della controversia (art. 360 c.p.c., comma 1, n. 5) concernente la deducibilità dei costi per servizi resi dalle società Camelie S.r.l. e Impresa Coni S.r.l.. Secondo la ricorrente, la Commissione Tributaria Regionale nell’escludere al deducibilità dei costi per servizi ersi alla società non avrebbe spiegato perchè l’onere della prova doveva ricadere sulla società contribuente, del perchè i documenti presentati dalla società fossero insufficiente e ancor di più non ha spiegato perchè i costi di che trattasi dovessero qualificarsi come fittizi e non inerenti.

La ricorrente conclude formulando il seguente quesito di diritto: qualora nel processo tributario si controverta su un avviso di accertamento che preveda la ripersa a tassazione, come costo non deducibile di servizi caratteristici acquistati da società terze, se il Giudice sia tenuto a motivare in ordine alla ripartizione dell’onere probatorio e circa la sufficienza/insufficienza dei singoli documenti prodotti.

3.1.= Anche questo motivo è inammissibile, per genericità.

La ricorrente avrebbe dovuto indicare esattamente, e non sembra lo abbia fatto, quali documenti prodotti o il contenuto di quali documenti prodotti, se considerati, dai Verificatori, dall’Ufficio Finanziario, dalla Commissione di primo grado e dalla Commissione Tributaria Regionale, avrebbero comportato, con ragionevole certezza, una decisione assolutamente diversa da quella assunta. Epperò, le considerazioni della ricorrente riportate nelle pagg. 49 e ss. del ricorso, non superano la soglia delle opinioni soggettive e personali, nè sono in grado di scalfire l’oggettività delle argomentazioni sempre uguali e costanti formulati dai Verificatori, dall’Ufficio finanziario e dalla Commissione Tributaria Provinciale, di cui la ricorrente mostra di esserne perfettamente a conoscenza.

In definitiva, il ricorso va rigettato. Le spese seguono la soccombenza e vengono liquidate con il dispositivo.

P.Q.M.

La Corte rigetta il ricorso, condanna parte ricorrente a rimborsare a parte controricorrente le spese del presente giudizio di cassazione che liquida in Euro 4000 più spese prenotate a debito e oltre accessori come per legge.

Così deciso in Roma, il 30 maggio 2018.

Depositato in Cancelleria il 19 ottobre 2018

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