Sentenza Sentenza Cassazione Civile n. 26417 del 07/12/2011

Cassazione civile sez. III, 07/12/2011, (ud. 10/11/2011, dep. 07/12/2011), n.26417

LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE

SEZIONE TERZA CIVILE

Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:

Dott. FINOCCHIARO Mario – Presidente –

Dott. MASSERA Maurizio – rel. Consigliere –

Dott. SEGRETO Antonio – Consigliere –

Dott. VIVALDI Roberta – Consigliere –

Dott. FRASCA Raffaele – Consigliere –

ha pronunciato la seguente:

ordinanza

sul ricorso 16965-2010 proposto da:

B.M. (OMISSIS), elettivamente domiciliato in

ROMA, VIALE DELLE MILIZIE 38, presso lo studio dell’avvocato LIGUORI

MICHELE, che lo rappresenta e difende, giusta procura speciale a

margine del ricorso;

– ricorrente –

contro

ASSICURAZIONI GENERALI SPA (OMISSIS) quale impresa designata per

la Regione Campania dal Fondo di Garanzia Vittime della Strada in

persona dei legali rappresentanti pro-tempore, elettivamente

domiciliata in ROMA, VIA BAIAMONTI 10, presso lo studio dell’avvocato

CALDORO MARIA FRANCESCA, rappresentata e difesa dall’avvocato MAGALDI

RENATO, giusta mandato a margine del controricorso;

– controricorrente –

avverso la sentenza n. 7460/2009 del TRIBUNALE di NAPOLI del 20.4.09,

depositata il 12/06/2009;

udita la relazione della causa svolta nella camera di consiglio del

10/11/2011 dal Consigliere Relatore Dott. MAURIZIO MASSERA;

udito per la controricorrente l’Avvocato Giuseppe Ciliberti (per

delega avv. Renato Magaldi) che si riporta agli scritti.

E’ presente il Procuratore Generale in persona del Dott. RENATO

FINOCCHI GHERSI che si riporta alla relazione scritta.

Fatto

OSSERVA

E’ stata depositata la seguente relazione:

1 – Con ricorso notificato il 17 giugno 2010 B.M. ha chiesto la cassazione della sentenza, non notificata, depositata in data 12 giugno 2009 dal Tribunale di Napoli, confermativa della sentenza del Giudice di Pace che aveva dichiarato la responsabilità concorsuale del B. e del conducente dell’autovettura rimasto sconosciuto nella determinazione del sinistro all’origine della controversia. Assicurazioni Generali S.p.A. ha resistito con controricorso.

2 – I due motivi del ricorso risultano inammissibili, poichè la loro formulazione non soddisfa i requisiti stabiliti dall’art. 366-bis c.p.c.. Occorre rilevare sul piano generale che, considerata la sua funzione, la norma indicata (art. 366 bis c.p.c.) va interpretata nel senso che per, ciascun punto della decisione e in relazione a ciascuno dei vizi, corrispondenti a quelli indicati dall’art. 360, per cui la parte chiede che la decisione sia cassata, va formulato un distinto motivo di ricorso.

Per quanto riguarda, in particolare, il quesito di diritto, è ormai jus receptum (Cass. n. 19892 del 2007) che è inammissibile, per violazione dell’art. 366 bis c.p.c., introdotto dal D.Lgs. n. 40 del 2006, art. 6, il ricorso per cassazione nel quale esso si risolva in una generica istanza di decisione sull’esistenza della violazione di legge denunziata nel motivo. Infatti la novella del 2006 ha lo scopo di innestare un circolo selettivo e “virtuoso” nella preparazione delle impugnazioni in sede di legittimità, imponendo al patrocinante in cassazione l’obbligo di sottoporre alla Corte la propria finale, conclusiva, valutazione della avvenuta violazione della legge processuale o sostanziale, riconducendo ad una sintesi logico- giuridica le precedenti affermazioni della lamentata violazione.

In altri termini, la formulazione corretta del quesito di diritto esige che il ricorrente dapprima indichi in esso la fattispecie concreta, poi la rapporti ad uno schema normativo tipico, infine formuli il principio giuridico di cui chiede l’affermazione.

Quanto al vizio di motivazione, l’illustrazione di ciascun motivo deve contenere, a pena di inammissibilità, la chiara indicazione del fatto controverso in relazione al quale la motivazione si assume omessa o contraddittoria, ovvero le ragioni per le quali la dedotta insufficienza della motivazione la renda inidonea a giustificare la decisione; la relativa censura deve contenere un momento di sintesi (omologo del quesito di diritto), che ne circoscriva puntualmente i limiti, in maniera da non ingenerare incertezze in sede di formulazione del ricorso e di valutazione della sua ammissibilità (Cass. Sez. Unite, n. 20603 del 2007).

3. – Il primo motivo denuncia violazione e falsa applicazione degli artt. 2043, 2054, 2697, 2727 e 2729 c.c. e D.Lgs. 30 aprile 1992, n. 285, art. 149; insufficiente e/o illogica motivazione circa un fatto controverso e decisivo e per il giudizio.

La censura, al di là della ingiustificata riproduzione testuale del proprio primo motivo di appello e di parte della motivazione della sentenza impugnata, da per scontata una situazione di fatto (asserisce di essere stato “tamponato”) che il Tribunale ha solo in parte condiviso. Ma, soprattutto, al termine dell’esposizione il B. formula ben quattro quesiti, nessuno dei quali postula l’enunciazione di un principio di diritto fondato sulle norme indicate e può essere riconosciuto come idoneo momento di sintesi necessario per circoscrivere il fatto controverso e specificare in quali parti e per quali ragioni la motivazione della sentenza si riveli, rispettivamente, insufficiente e illogica.

Il secondo motivo lamenta insufficiente e/o illogica e/o contraddittoria motivazione circa un fatto controverso e decisivo per il giudizio. Si assume che il Tribunale ha erroneamente ritenuto applicabile alla specie il D.Lgs. 30 aprile 1992, n. 285, art. 154, di cui, però, il motivo in esame non ha denunciato nè la violazione, nè la falsa applicazione. Le ulteriori argomentazioni trattano ancora il tema del tamponamento e rendono necessari esame delle risultanze processuali e accertamenti di fatto. Anche nel secondo motivo non è ravvisabile un momento di sintesi formulato secondo i principi sopra enunciati.

4.- La relazione è stata comunicata al pubblico ministero e notificata ai difensori delle parti;

Entrambe le parti hanno presentato memorie; la resistente ha chiesto d’essere ascoltata in camera di consiglio.

5. – Ritenuto:

che, a seguito della discussione sul ricorso, tenuta nella camera di consiglio, il collegio ha condiviso i motivi in fatto e in diritto esposti nella relazione;

che le argomentazioni addotte dal ricorrente con la memoria non possono essere condivise poichè si pongono in contrasto con orientamenti ormai consolidati della Corte; inoltre non rispondono ai rilievi contenuti nella relazione circa il carattere fattuale del primo motivo e la non corretta formulazione del secondo;

che pertanto il ricorso va dichiarato inammissibile;

le spese seguono la soccombenza;

visti gli artt. 380-bis e 385 cod. proc. civ..

P.Q.M.

Dichiara il ricorso inammissibile. Condanna il ricorrente al pagamento delle spese del giudizio di cassazione, liquidate in complessivi Euro 2.200,00, di cui Euro 2.000,00 per onorari, oltre spese generali e accessori di legge.

Così deciso in Roma, il 10 novembre 2011.

Depositato in Cancelleria il 7 dicembre 2011

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