Sentenza Sentenza Cassazione Civile n. 26416 del 07/12/2011

Cassazione civile sez. III, 07/12/2011, (ud. 10/11/2011, dep. 07/12/2011), n.26416

LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE

SEZIONE TERZA CIVILE

Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:

Dott. FINOCCHIARO Mario – Presidente –

Dott. MASSERA Maurizio – rel. Consigliere –

Dott. SEGRETO Antonio – Consigliere –

Dott. VIVALDI Roberta – Consigliere –

Dott. FRASCA Raffaele – Consigliere –

ha pronunciato la seguente:

ordinanza

sul ricorso 12218-2010 proposto da:

S.R. (OMISSIS), elettivamente domiciliato in

ROMA, VIA LUCREZIO CARO 62, presso lo studio dell’avvocato CICCOTTI

SIMONE, che lo rappresenta e difende, giusta delega a margine del

ricorso;

– ricorrente –

contro

CARIGE ASSICURAZIONI SPA (OMISSIS) in persona del legale

rappresentante pro-tempore, elettivamente domiciliata in ROMA, VIALE

G. MAZZINI 114/B, presso lo studio degli avvocati MELUCCO GIORGIO e

MELUCCO FEDERICA, che la rappresentano e difendono, giusta procura a

margine del controricorso;

– controricorrente –

e contro

C.D.;

– intimato –

avverso la sentenza n. 783/2009 della CORTE D’APPELLO di ROMA del

18.2.09, depositata il 10/03/2009;

udita la relazione della causa svolta nella camera di consiglio del

10/11/2011 dal Consigliere Relatore Dott. MAURIZIO MASSERA;

udito per il ricorrente l’Avvocato Simone Ciccotti che si riporta

agli scritti.

E’ presente il Procuratore Generale in persona del Dott. RENATO

FINOCCHI GHERSI che si riporta alla relazione scritta.

La Corte Letti gli atti depositati.

Fatto

OSSERVA

E’ stata depositata la seguente relazione:

1 – Con ricorso notificato il 26 aprile 2010 S.R. ha chiesto la cassazione della sentenza, non notificata, depositata in data 10 marzo 2009 dalla Corte d’Appello di Roma, che aveva modificato parzialmente la sentenza del Tribunale elevando, in misura da lui ritenuta inadeguata, l’entità del risarcimento dei danni da sinistro stradale che la Carige Assicurazioni e C.D. erano stati condannati a risarcirgli. La Carige ha resistito con controricorso, mentre il C. non ha espletato attività difensiva.

2 – Il primo motivo denuncia violazione e falsa applicazione degli artt. 2043, 2057 e 2727 c.c., art. 115 c.p.c. in punto di liquidazione e quantificazione del danno da riduzione della capacità lavorativa specifica.

Occorre rilevare, in punto di diritto, che la sentenza impugnata risulta conforme all’orientamento, anche recente, di questa Corte, in base al quale (Cass. Sez. 3, n. 9444 del 2010), in tema di danno patrimoniale futuro, ai fini della risarcibilità di quello conseguente alla riduzione della capacità lavorativa specifica (anche in caso di postumi permanenti acclarati), il giudice, oltre a dover accertare in quale misura la menomazione fisica abbia inciso sulla suddetta capacità (e, a sua volta, sulla capacità di guadagno), è tenuto anche a verificare se e in quale misura nel soggetto leso persista o residui, dopo e malgrado l’infortunio patito, una capacità ad attendere al proprio o ad altri lavori confacenti alle sue attitudini nonchè alle sue condizioni personali e ambientali in modo idoneo alla produzione di altre fonti di reddito, in sostituzione di quelle perse o ridotte, e solo nell’ipotesi in cui, in forza di detti complessivi elementi di giudizio, risulti una riduzione della capacità di guadagno e, in virtù di questa, del reddito effettivamente percepito, tale ultima diminuzione è risarcibile sotto il profilo del lucro cessante.

La Corte territoriale, con insindacabile apprezzamento di fatto, ha accertato che il ricorrente ha continuato a lavorare con le stesse mansioni che aveva prima del sinistro ed ha, quindi, escluso che la menomazione fisica abbia avuto concreto rilievo sulla sua capacità di guadagno. D’altra parte il quesito finale, prescritto dall’art. 366 bis c.p.c., applicabile ratione temporis, non postula l’enunciazione di un principio di diritto fondato sulle norme indicate ma si risolve, piuttosto, nella richiesta di verifica della negata correttezza della sentenza impugnata.

3. – Il secondo motivo lamenta motivazione illogica e contraddittoria con riferimento alla quantificazione della invalidità specifica.

Ribadito che il vizio di contraddittorietà della motivazione ricorre solo in presenza di argomentazioni contrastanti e tali da non permettere di comprendere la “ratio decidendi” che sorregge il “decisum” adottato, per cui non sussiste motivazione contraddittoria allorchè dalla lettura della sentenza non sussistano incertezze di sorta su quella che è stata la volontà del giudice. (Cass. n. 8106 del 2006), è agevole rilevare che in realtà la doglianza attacca il contenuto decisionale della sentenza impugnata. Lo conferma il momento di sintesi finale, che contesta la quantificazione della invalidità lavorativa specifica e l’affermazione della sua non incidenza sulla capacità di reddito.

4.- La relazione è stata comunicata al pubblico ministero e notificata ai difensori delle parti;

Il ricorrente ha presentato memoria ed ha chiesto d’essere ascoltato in camera di consiglio.

5.- Ritenuto:

che, a seguito della discussione sul ricorso, tenuta nella camera di consiglio, il collegio ha condiviso i motivi in fatto e in diritto esposti nella relazione;

che le argomentazioni addotte dal ricorrente con la memoria non superano i rilievi contenuti nella relazione e non affrontano il tema del mancato rispetto dell’art. 366 bis c.p.c.;

che il ricorso deve perciò essere rigettato essendo manifestamente infondato; le spese seguono la soccombenza;

visti gli artt. 380-bis e 385 cod. proc. civ..

P.Q.M.

Rigetta il ricorso. Condanna il ricorrente al pagamento delle spese del giudizio di cassazione, liquidate in complessivi Euro 3.000,00, di cui Euro 2.800,00 per onorari, oltre spese generali e accessori di legge.

Così deciso in Roma, il 10 novembre 2011.

Depositato in Cancelleria il 7 dicembre 2011

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