Sentenza Sentenza Cassazione Civile n. 26413 del 07/12/2011

Cassazione civile sez. III, 07/12/2011, (ud. 10/11/2011, dep. 07/12/2011), n.26413

LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE

SEZIONE TERZA CIVILE

Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:

Dott. FINOCCHIARO Mario – Presidente –

Dott. MASSERA Maurizio – rel. Consigliere –

Dott. SEGRETO Antonio – Consigliere –

Dott. VIVALDI Roberta – Consigliere –

Dott. FRASCA Raffaele – Consigliere –

ha pronunciato la seguente:

ordinanza

sul ricorso 3861-2010 proposto da:

A.A. (OMISSIS), elettivamente domiciliato in

ROMA, presso la CORTE DI CASSAZIONE, rappresentato e difeso dall’avv.

MIELE VINCENZO, giusta procura speciale in calce al ricorso;

– ricorrente –

contro

ALLIANZ SPA (OMISSIS) (già Riunione Adriatica di Sicurtà SpA,

di seguito, per brevità anche solo Allianz o la Compagnia) in

persona dei dirigente e rappresentanti legali, elettivamente

domiciliata in ROMA, PIAZZA CAVUOR 17, presso lo studio dell’avvocato

ROMA MICHELE, che la rappresenta e difende unitamente all’avvocato

FRIGNANI ALDO, giusta procura speciale in calce al controricorso;

– controricorrente –

avverso la sentenza n. 1101/2008 della CORTE D’APPELLO di SALERNO del

9.12.08, depositata il 20/12/2008;

udita la relazione della causa svolta nella camera di consiglio del

10/11/2011 dal Consigliere Relatore Dott. MAURIZIO MASSERA;

udito per la controricorrente l’Avvocato Aldo Frignani che si riporta

agli scritti.

E’ presente il Procuratore Generale in persona del Dott. RENATO

FINOCCHI GHERSI che si riporta alla relazione scritta.

La Corte, Letti gli atti depositati:

Fatto

OSSERVA

E’ stata depositata la seguente relazione:

1 – Con ricorso notificato il 27 gennaio 2010 A.A. ha chiesto la cassazione della sentenza, non notificata, depositata in data 20 dicembre 2008 dalla Corte d’Appello di Salerno, che aveva rigettato la domanda volta ad ottenere la condanna della R.A.S. S.p.A., sanzionata dall’Autorità Garante, per condotta anticoncorrenziale, al risarcimento del danno conseguente alla determinazione illegittima del premio assicurativo.

L’Allianz (già R.A.S.) S.p.A. ha resistito con controricorso.

2 – Con l’unico, complesso motivo il ricorrente si duole per omessa motivazione circa i fatti controversi e decisivi per il giudizio;

violazione e falsa applicazione degli artt. 2697, 2727 e 2729 c.c., artt. 115 e 167 c.p.c. e censura l’affermazione della Corte territoriale concernente la mancata indicazione, fra gli atti prodotti, della missiva di costituzione in mora.

La doglianza in esame non rispetta il precetto di cui all’art. 366 c.p.c., n. 6 e la sua formulazione non soddisfa i requisiti stabiliti dall’art. 366-bis c.p.c..

Sotto il primo profilo si osserva che è orientamento costante (confronta, tra le altre, le recenti Cass. Sez. Un. n. 28547 del 2008; Cass. Sez. Ili n. 22302 del 2008) che, in tema di ricorso per cassazione, a seguito della riforma ad opera del D.Lgs. n. 40 del 2006, il novellato art. 366 c.p.c., comma 6, oltre a richiedere la “specifica” indicazione degli atti e documenti posti a fondamento del ricorso, esige che sia specificato in quale sede processuale il documento, pur individuato in ricorso, risulti prodotto. Tale specifica indicazione, quando riguardi un documento prodotto in giudizio, postula che si individui dove sia stato prodotto nelle fasi di merito, e, in ragione dell’art. 369 c.p.c., comma 2, n. 4, anche che esso sia prodotto in sede di legittimità.

In altri termini, il ricorrente per cassazione, ove intenda dolersi dell’omessa o erronea valutazione di un documento da parte del giudice di merito, ha il duplice onere – imposto dall’art. 366 c.p.c., comma 1, n. 6, – di produrlo agli atti e di indicarne il contenuto. Il primo onere va adempiuto indicando esattamente nel ricorso in quale fase processuale e in quale fascicolo di parte si trovi il documento in questione; il secondo deve essere adempiuto trascrivendo o riassumendo nel ricorso il contenuto del documento. La violazione anche di uno soltanto di tali oneri rende il ricorso inammissibile.

3. – Sotto il secondo profilo occorre rilevare sul piano generale che, considerata la sua funzione, la norma indicata (art. 366 bis c.p.c.) va interpretata nel senso che per, ciascun punto della decisione e in relazione a ciascuno dei vizi, corrispondenti a quelli indicati dall’art. 360, per cui la parte chiede che la decisione sia cassata, va formulato un distinto motivo di ricorso. Per quanto riguarda, in particolare, il quesito di diritto, è ormai jus receptum (Cass. n. 19892 del 2007) che è inammissibile, per violazione dell’art. 366 bis c.p.c., introdotto dal D.Lgs. n. 40 del 2006, art. 6, il ricorso per cassazione nel quale esso si risolva in una generica istanza di decisione sull’esistenza della violazione di legge denunziata nel motivo. Infatti la novella del 2006 ha lo scopo di innestare un circolo selettivo e “virtuoso” nella preparazione delle impugnazioni in sede di legittimità, imponendo al patrocinante in cassazione l’obbligo di sottoporre alla Corte la propria finale, conclusiva, valutazione della avvenuta violazione della legge processuale o sostanziale, riconducendo ad una sintesi logico- giuridica le precedenti affermazioni della lamentata violazione.

In altri termini, la formulazione corretta del quesito di diritto esige che il ricorrente dapprima indichi in esso la fattispecie concreta, poi la rapporti ad uno schema normativo tipico, infine formuli il principio giuridico di cui chiede l’affermazione.

Quanto al vizio di motivazione, l’illustrazione di ciascun motivo deve contenere, a pena di inammissibilità, la chiara indicazione del fatto controverso in relazione al quale la motivazione si assume omessa o contraddittoria, ovvero le ragioni per le quali la dedotta insufficienza della motivazione la renda inidonea a giustificare la decisione; la relativa censura deve contenere un momento di sintesi (omologo del quesito di diritto), che ne circoscriva puntualmente i limiti, in maniera da non ingenerare incertezze in sede di formulazione del ricorso e di valutazione della sua ammissibilità (Cass. Sez. Unite, n. 20603 del 2007).

Invece manca del tutto un quesito che postuli l’enunciazione di un principio di diritto fondato sulle numerose norme indicate, mentre il momento di sintesi viene inammissibilmente sostituito dalla richiesta alla Corte di sostanziale verifica della negata congruità della motivazione della sentenza impugnata.

4.- La relazione è stata comunicata al pubblico ministero e notificata ai difensori delle parti;

Entrambe le parti hanno presentato memorie e la resistente ha chiesto d’essere ascoltata in camera di consiglio.

5.- Ritenuto:

che, a seguito della discussione sul ricorso, tenuta nella camera di consiglio, il collegio ha condiviso i motivi in fatto e in diritto esposti nella relazione;

che le argomentazioni addotte dal ricorrente con la memoria non inducono a diversa statuizione, restando confermato il mancato rispetto dell’art. 366 c.p.c., n. 6, come ormai costantemente interpretato dalla Corte; quanto al vizio di motivazione, l’art. 366 bis c.p.c. esige la chiara indicazione del fatto controverso e l’elaborazione giurisprudenziale ha chiarito in quali termini vada redatto il conseguente momento di sintesi;

che pertanto il ricorso va dichiarato inammissibile;

le spese seguono la soccombenza;

visti gli artt. 380-bis e 385 cod. proc. civ..

P.Q.M.

Dichiara il ricorso inammissibile. Condanna il ricorrente al pagamento delle spese del giudizio di cassazione, liquidate in complessivi Euro 800,00, di cui Euro 600,00 per onorari, oltre spese generali e accessori di legge.

Così deciso in Roma, il 10 novembre 2011.

Depositato in Cancelleria il 7 dicembre 2011

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