Sentenza Sentenza Cassazione Civile n. 26411 del 26/11/2013


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Civile Sent. Sez. L Num. 26411 Anno 2013
Presidente: LAMORGESE ANTONIO
Relatore: NAPOLETANO GIUSEPPE

SENTENZA
sul ricorso 11881-2010 proposto da:
CASSA NAZIONALE DI PREVIDENZA E ASSISTENZA FORENSE
C.F. 80027390584, elettivamente domiciliata in ROMA,
VIALE GIOACCHINO ROSSINI 18, presso lo studio
dell’avvocato VACCARI GIOIA, che la rappresenta e
difende, giusta delega in atti;

– ricorrente –

2013
2980

contro

AMBROGIO ENRICO C.F. MBRNRC51B23H501P, elettivamente
domiciliato in ROMA, VIA PO 25-B, presso lo studio
dell’avvocato PESSI ROBERTO, che lo rappresenta e

Data pubblicazione: 26/11/2013

difende unitamente all’avvocato BOER PAOLO, giusta
delega in atti;
– controricorrente

avverso la sentenza n. 4800/2008 della CORTE
D’APPELLO di ROMA, depositata il 22/05/2009 R.G.N.

udita la relazione della causa svolta nella pubblica
udienza del 23/10/2013 dal Consigliere Dott. GIUSEPPE
NAPOLETANO;
udito l’Avvocato COLITTI ALBERTO per delega VACCARI
GIOIA;
udito l’Avvocato BOER PAOLO;
udito il P.M. in persona del Sostituto Procuratore
Generale Dott. CARMELO CELENTANO che ha concluso per
il rigetto del ricorso.

9965/2004;

RG 11881-10

SVOLGIMENTO DEL PROCESSO

La Corte di Appello di Roma, confermando la sentenza di primo grado,
dichiarava prescritti i crediti vantati dalla Cassa Nazionale di

posizione di Ambrogio Enrico.

A fondamento del decisum la Corte del merito poneva il rilievo secondo
il quale non era accoglibile la tesi della Cassa la quale assumeva
che, nella specie, non era decorso il termine di prescrizione
essendovi discrepanza tra le denuncia fatta alla Cassa e quella
presentata agli uffici finanziari ai fini irpef. Tanto perché, nel
caso in discussione, l’iscritto non aveva comunicato alla Cassa
redditi inferiori a quelli denunciati agli uffici finanziari, ma vi
era solo un errato inserimento dei dati contabili nelle giuste
allocazioni della modulistica di riferimento che non avevano alterato
il dato reddituale.

Avverso questa sentenza la precitata Cassa ricorre in cassazione sulla
base di quattro censure, specificate da memoria.

La parte intimata resiste con controricorso illustrato da memoria.

MOTIVI DELLA DECISIONE

Con il primo motivo la Cassa ricorrente, deducendo violazione
dell’art. 2909 cc in relazione all’art. 324 cpc, precisa che il
“principio da affermare riguarda l’efficacia del capo della sentenza

Previdenza ed Assistenza Forense per gli anni 1987-1990 relativi alla

’di rigetto di opposizione a cartella di riscossione relativa ad una
pluralità di somme tutte aventi analoga causale, riferito al merito
della debenza di alcune somme, nei confronti della pronuncia di
appello fondante la prescrizione di altre somme facenti parte del
novero delle somme intimate sulle stesse ragioni già disattese nel

La censura è ai limiti dell’inammissibilità.

Infatti, nella formulazione del motivo non è articolato un vero e
proprio quesito di diritto ai sensi dell’art. 366 bis cpc applicabile
ratione temporis,

quanto piuttosto una specificazione dell’ambito

della censura. Specificazione questa, inoltre, molto vaga che di per
sé non consente di cogliere appieno il contenuto della critica.

In ogni caso se ben s’intende il motivo, questo è infondato perché una
volta impugnato il capo della sentenza di primo grado che attiene alla
declaratoria di prescrizione di alcuni contributi, al giudice di
appello non può non essere devoluta che tutta la questione relativa a
siffatto capo ivi compresa quella della decorrenza della prescrizione
che, tra l’altro, risulta dalla stessa narrativa della sentenza di
appello, posta a base dell’impugnazione proposta dalla Cassa.

Con il secondo motivo la Cassa ricorrente, denunciando violazione
degli artt. 19, 2 ° comma e 17 della legge n. 576 del 1980, precisa che
“il principio da affermare, rivisitando anche, ove occorra, la
sentenza Cass. sez lav. N.9113/1997, è che il dato testuale dell’art.
19, 2 ° comma è riferito alle dichiarazioni di cui all’art. 17 e

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merito dalla sentenza non impugnata”.

, pertanto non essendo applicabile lo speciale decorso del termine

prescrizionale previsto dalla norma a tutti i casi, come quello di
specie, in cui non vi sia coincidenza tra redditi professionali
dichiarati al fisco e redditi professionali dichiarati alla Cassa, la
prescrizione decorre dalla conoscenza ufficiale dei redditi

Con la terza censura la Cassa ricorrente, allegando violazione degli
artt. 17 e 19, comma 2 ° , della legge n. 576 del 1980 e dei principi in
materia di decorso della prescrizione, precisa che “il principio
normativo che si chiede di esprimere riguarda la non configurabilità
del decorso del termine prescrizionale per l’esazione dei contributi
dovuti agli iscritti in caso di dichiarazione dei dati reddituali
inferiori a quelli dichiarati al fisco, dal termine in cui l’ente sia
nella possibilità di richiedere ed ottenere le notizie necessarie, non
essendovi alcuna norma che stabilisca un termine ed entro il quale la
Cassa sia abilitata a tale richiesta ed alla acquisizione delle
conseguenti notizie”.

Le censure, che in quanto strettamente connesse dal punto di vista
logico-giuridico vanno tratte unitariamente sono infondate alla luce
di pacifica giurisprudenza di questa Corte secondo la quale l’art. 19
della legge 20 settembre 1980, n. 576, che contiene la disciplina
della prescrizione dei contributi, dei relativi accessori e dei
crediti conseguenti a sanzioni dovuti in favore della Cassa nazionale
forense, individua un distinto regime della prescrizione medesima a
seconda che la comunicazione dovuta da parte dell’obbligato, in
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professionali dichiarati al fisco”.

’relazione alla dichiarazione di cui agli artt. 17 e 23 della stessa
legge, sia stata omessa o sia stata resa in modo non conforme al vero,
riferendosi solo al primo caso l’ipotesi di esclusione del decorso del
termine prescrizionale decennale, mentre, in ordine alla seconda
fattispecie, il decorso di siffatto termine è da intendersi

cassa previdenziale della menzionata dichiarazione (Cass. 16 marzo
2011 n. 6259 e Cass. 17 aprile 2007 n. 9113).

Nella specie non trattandosi, come accertato dalla Corte del merito,
di omessa dichiarazione la prescrizione non può che decorrere dalla
data di trasmissione della dichiarazione.

Con l’ultima censura la Cassa ricorrente, deducendo violazione
dell’art. 252 disp. att. cc precisa che il principio richiesto
riguarda l’applicazione, anche d’ufficio, del disposto dell’art. 252
disp. att. cc , qualora residui un termine inferiore a quello fissato
da nuovo regime di prescrizione rispetto a quello precedente, sia
l’applicazione di detta norma in caso di utile interruzione della
prescrizione del vecchio termine, successivamente all’entrata in
vigore del nuovo regime”.

A fondamento della censura la Cassa richiama la sentenza n. 6173 del
2008 delle sezioni unite di questa Corte secondo la quale t materia dif
prescrizione del diritto ai contributi di previdenza e di assistenza
obbligatoria, la disciplina posta dall’art. 3, commi 9 e 10, della
legge 335 del 1995 comporta che, per i contributi relativi a periodi

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riconducibile al momento della data di trasmissione all’anzidetta

’precedenti alla data di entrata in vigore di detta legge – salvi i
casi in cui il precedente termine decennale di prescrizione venga
conservato per effetto di denuncia del lavoratore, o dei suoi
superstiti, di atti interruttivi già compiuti o di procedure di
recupero iniziate dall’Istituto previdenziale nel rispetto della

decorrere dal l ° gennaio 1996, potendo, però, detto termine, in
applicazione della regola generale di cui all’art. 252 disp. att. cod.
civ., essere inferiore se tale è il residuo del più lungo termine
determinato secondo il regime precedente.

Al riguardo la ricorrente precisa che in data 28 ottobre 1999 per i
contributi afferenti gli anni 1989 e 1990 – di cui alle dichiarazioni
trasmesse rispettivamente in data 22 giugno 1990 e 28 giugno 1991 essa Cassa ha interrotto la prescrizione del “vecchio termine” con la
conseguenza che andrebbe applicato il principio di cui alla richiamata
sentenza delle sezioni unite.

La censura è inammissibile.
Invero

la

questione

afferente

l’avvenuta

interruzione

della

prescrizione deve considerasi sollevata per la prima volta in questa
• sede di legittimità non avendo parte ricorrente precisato in quale
grado del giudizio ed in quale atto processuale è stata dedotta. Né di
tale questione vi è traccia nella sentenza impugnata (Cass. 2 aprile
2004 n. 6542, Cass. Cass. 21 febbraio 2006 n.3664 e Cass. 28 luglio
2008 n. 20518).

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normativa preesistente – il termine di prescrizione è quinquennale a

Inoltre l’atto interruttivo di cui si discute non risulta depositato
insieme al ricorso così come richiesto a pena d’improcedibilità
dall’art. 369 n. 4 cpc, né é specificato in quale sede processuale il

Alla stregua delle esposte considerazioni il ricorso va rigettato,
rimanendo nelle svolte considerazioni assorbiti tutti rilievi di cui
alle memorie difensive.

Le spese del giudizio di legittimità seguono la soccombenza.

P.Q.M.

La Corte rigetta il ricorso e condanna la Cassa ricorrente al
pagamento delle spese del giudizio di legittimità liquidate in E.
100,00 per esborsi ed E. 3500,00 per compensi oltre accessori di
legge.
Così deciso in Roma nella camera di consiglio del 23 ottobre 2013

Il Presidente
Dott. Antonio Lamorgese

Il Consigliere est.
Dott. Giuseppe Napoletano

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documento risulta prodotto (Cass. S.U. 25 marzo 2010 n. 7161)

Il Funzionario Giudiziario
Dott.ssa Donatella CO

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