Sentenza Sentenza Cassazione Civile n. 26408 del 26/11/2013


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Civile Sent. Sez. L Num. 26408 Anno 2013
Presidente: STILE PAOLO
Relatore: D’ANTONIO ENRICA

SENTENZA

sul ricorso 19898-2008 proposto da:
ETTORRE ENZO C.F. TTRNZE75T29F205H, elettivamente
domiciliato in ROMA, VIA CIPRO 77, presso lo studio
dell’avvocato RUSSILLO GERARDO, che lo rappresenta e
difende, giusta delega in atti;
– ricorrente contro

2013
2927

POSTE ITALIANE S.P.A. C.F. 97103880585;
– intimata –

Nonché da:
POSTE ITALIANE S.P.A. 97103880585, in persona del

Data pubblicazione: 26/11/2013

legale rappresentante pro tempore,

elettivamente

domiciliata in ROMA, VIALE MAZZINI 134, presso lo
studio dell’avvocato FIORILLO LUIGI, che la
rappresenta e difende giusta delega in atti;
– controricorrente e ricorrente incidentale –

ETTORRE ENZO C.F. TTRNZE75T29F205H;
– intimato –

avverso la sentenza n. 31/2008 della CORTE D’APPELLO
di SALERNO, depositata il 08/01/2008 R.G.N. 1053/2007;
udita la relazione della causa svolta nella pubblica
udienza del 17/10/2013 dal Consigliere Dott. ENRICA
D’ANTONIO;
udito l’Avvocato RUSSILLO GERARDO;
udito l’Avvocato MICELI MARIO per delega FIORILLO
LUIGI;
udito il P.M. in persona del Sostituto Procuratore
Generale Dott. MARCELLO MATERA che ha concluso per il
rigetto di entrambi i ricorsi.

contro

RG n 19898/2008

Ettorre Enzo / Poste Italiane

Svolgimento del processo
Con sentenza dell’8/1/2008 la Corte d’Appello di Salerno , in riforma della sentenza del Tribunale,
ha respinto la domanda di Ettorre Enzo volta ad accertare la nullità del termine apposto al contratto
intercorso con Poste Italiane dal 13/7/2000 al 30/9/2000 per la necessità di espletamento del
servizio in concomitanza di assenze per ferie dei dipendenti a tempo indeterminato.
La Corte territoriale, respinta l’eccezione formulata da Poste di risoluzione del contratto per mutuo

in esecuzione della delega conferita alla contrattazione collettiva dall’art 23 della L n 56/1987,
aveva previsto la possibilità nel periodo, giugno-settembre, di integrare il personale in organico con
personale assunto a tempo indeterminato al fine di sopperire all’esigenza di garantire il regolare
andamento dei servizi postali in concomitanza di assenze per ferie.
La Corte ha rilevato , inoltre, che in applicazione dei principi della I n 230/1962 in tema di onere
probatorio, il datore di lavoro doveva provare l’esistenza nel periodo di tempo considerato dalla
norma l’esistenza di effettive necessità di servizio determinate dall’assenza per ferie del dipendenti
e che le risultanze processuali avevano evidenziato l’effettività dell’esigenza sostitutiva.
Avverso la sentenza ricorre in Cassazione il lavoratore formulando due motivi poi illustrati con
memoria ex art 378 cpc.
Si costituisce Poste Italiane con controricorso e ricorso incidentale .
Il Collegio ha autorizzato la motivazione semplificata.
Motivi della decisione
Preliminarmente il ricorso principale e quello incidentale vanno riuniti in quanto proposti avverso la
medesima sentenza.
Con il primo motivo il ricorrente denuncia violazione degli art I e2Ln 230/1962, dell’art 23
della L n 56/1987 nonché omessa e insufficiente motivazione.
Rileva che il termine era illegittimo in quanto “non è menzionata la causa della sostituzione e/o le
ragioni oggettive o soggettive di lavoro che avrebbe giustificato l’assunzione a termine che
presuppone la temporaneità dell’occàsione di lavoro” ( in questi termini il primo quesito ) .
Lamenta, inoltre, che Poste non aveva provato il mancato superamento del limite percentuale e che
la Corte neppure aveva motivato sul punto.
Con il secondo motivo denuncia violazione dell’art 8 del CCNL 1994 e degli accordi sindacali
del 25/9/97, del 16/10/98 e del 18/1/01 sul termine di durata , nonché omessa e insufficiente
motivazione. Lamenta che Poste non aveva provato il collegamento eziologico tra l’assunzione a
terinine del lavoratore con la necessità di sostituzione del personale in ferie nonchè il mancato

consenso , ha rilevato che il contratto era stato stipulato ai sensi dell’art 8 del CCNL del 1994 , che

superamento della percentuale dei lavoratori a termine assumibili rispetto al numero dei dipendenti
a tempo indeterminato.
Con ricorso incidentale Poste Italiane censura la sentenza nella parte in cui ha respinto
l’eccezione di risoluzione consensuale . Osserva che il tempo trascorso, circa quattro anni dalla
cessazione del rapporto alla notifica del ricorso introduttivo, determinava una presunzione di
risoluzione per mutuo consenso spettando al lavoratore l’onere di vincere la presunzione.
Per quanto riguarda le censure formulate con il ricorso principale deve rilevarsi che è
circostanza incontroversa in atti, secondo quanto evidenziato nella sentenza impugnata ed
espressamente concordando in proposito la stessa società Poste nell’esposizione dei fatti di causa,
che il termine apposto al contratto di lavoro in questione, stipulato per il periodo 13 luglio – 30
settembre 2000, fu giustificato con la necessità di espletamento del servizio di recapito in
concomitanza di assenze per ferie, giusta la specifica ipotesi di assunzione a tempo determinato
prevista dall’art. 8 ceni 26 novembre 1994, ai sensi della L. 28 febbraio 1987, n. 56, art. 23 (recante
norme sull’organizzazione del mercato del lavoro).
Tale disposizione di legge al comma I dispone testualmente:
“L’apposizione di un termine alla durata del contratto di lavoro, oltre che nelle ipotesi di cui alla L.
18 aprile 1962, n. 230, art. I e successive modificazioni ed integrazioni, nonché’ al D.L. 29 gennaio
1983, n. 17, art. 8 bis convertito, con modificazioni, dalla L. 25 marzo 1983, n. 79, e’ consentita
nelle ipotesi individuate nei contratti collettivi di lavoro stipulati con i sindacati nazionali o locali
aderenti alle confederazioni maggiormente rappresentative sul piano nazionale. I contratti collettivi
stabiliscono il numero in percentuale dei lavoratori che possono essere assunti con contratto di
lavoro a termine rispetto al numero dei lavoratori impegnati a tempo indeterminato”.
Secondo la consolidata giurisprudenza di questa Corte (cfr. Cass. S.U. n. 4588/06 e le successive
conformi della sezione lavoro, tra le quali, ad es., Cass. n. 6913/09), la L. 28 febbraio 1987, n. 56,
art. 23 ha operato una sorta di “delega in bianco” alla contrattazione collettiva ivi considerata
quanto alla individuazione di ipotesi ulteriori di legittima apposizione di un termine al rapporto di
lavoro subordinato, sottratte pertanto a vincoli di conformazione derivanti dalla L. n. 230 del 1962 e
soggette, di per sè, unicamente agli eventuali limiti e condizionamenti stabiliti dalla legge che ne
prevede l’individuazione o dalla medesima contrattazione collettiva.
Siffatta individuazione di ipotesi aggiuntive può essere operata anche direttamente, attraverso
l’accertamento da parte dei contraenti collettivi di determinate situazioni di fatto e la valutazione
delle stesse come idonea causale del contratto a termine (cfr., ad es., Cass. 20 aprile 2006 n. 9245 e
4 agosto 2008 n. 21063), senza necessità, contrariamente a quanto sostenuto col ricorso, di un
accertamento a posteriori in ordine alla effettività delle stesse. È stato infine ripetutamente accertato
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che questa ultima evenienza ricorre nella previsione collettiva della causale relativa alla “necessità
di espletamento del servizio in concomitanza di assenze per ferie nel periodo giugno settembre”,
interpretabile e interpretata nel senso che con tale previsione le parti stipulanti hanno considerato
che nel periodo indicato sia sempre necessaria per la società l’assunzione di personale, data la
normale assenza di personale in ferie, con la conseguenza che in tale ipotesi non è necessaria
l’indicazione nel contratto del nominativo del lavoratore sostituito e non è configurabile alcun onere
di allegazione e prova della esigenza e della idoneità della singola assunzione a far fronte ad essa

La Corte territoriale ha fatto corretta applicazione di tali regole alla fattispecie esaminata,
riconducibile ad analoga causale individuata dal C.C.N.L. applicabile; avendo, inoltre, la Corte
territoriale affermato che le risultanze processuali , considerate nel loro complesso , evidenziavano
l’effettività dell’esigenza sostitutiva posta a fondamento dell’assunzione a termine.
Il ricorrente lamenta , tuttavia, che la Corte d’Appello aveva omesso qualsiasi pronuncia circa il
rispetto della c.d. clausola di contingentamento, vale a dire della percentuale massima di contratti a
termine rispetto al numero dei rapporti a tempo indeterminato stabilita a livello collettivo, in
adempimento di quanto imposto dalla L. n. 56 del 1987, art. 23.
La censura è inammissibile.
La questione del rispetto della cd clausola di contingentamento non risulta trattata in alcun modo
nella sentenza impugnata. Secondo giurisprudenza consolidata di questa Corte qualora una
determinata questione giuridica, che implichi un accertamento di fatto, come nella specie, non
risulti trattata nella sentenza impugnata, il ricorrente che proponga la suddetta questione in sede di
legittimità, al fine di evitare una statuizione di inammissibilità, per novità della censura, ha l’onere
non solo di allegare l’avvenuta deduzione della questione dinanzi al giudice di merito, ma anche, per
il principio di autosufficienza del ricorso per cassazione, di indicare in quale atto del giudizio
precedente lo abbia fatto, onde dar modo alla Corte di controllare “ex actis” la veridicità di tale
asserzione, prima di esaminare nel merito la questione stessa (Cass. 2 aprile 2004 n. 6542, Cass.
Cass. 21 febbraio 2006 n.3664 e Cass. 28 luglio 2008 n. 20518).
Nella fattispecie in esame nelle premesse in fatto del ricorso in Cassazione il ricorrente ha esposto il
contenuto del ricorso proposto davanti al Tribunale nel quale egli afferma di avere , tra l’altro,
eccepito il mancato rispetto della percentuale dei lavoratori a tempo determinato assumibili rispetto
a quelli a tempo indeterminato. Con riguardo al contenuto della memoria di costituzione nel
giudizio di appello una tale precisazione non è più contenuta . Una analoga situazione si verifica
nella sentenza impugnata in cui la Corte , nello svolgimento del processo, ha riferito il contenuto
del ricorso introduttivo davanti al Tribunale in cui, tra l’altro , era denunciato il superamento dei
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(cfr., ad es. Cass. n. 18687/08).

limiti , ma con riferimento alla memoria di costituzione in appello riferisce che il lavoratore ,
ribadite le argomentazioni già svolte, aveva rimarcato la fondatezza della sentenza di primo grado
non essendo stata fornita alcuna prova della sussistenza del reale nesso di causalità tra le esigenze
datoriale richiamate ed i bisogni coperti con l’assunzione. Da quanto esposto dallo stesso ricorrente
, pertanto, non risulta dedotto in appello uno specifico motivo di censura relativo al risapeWtto della
cd clausola di contingentamento.

davanti al Tribunale ,ma anche di averla coltivata nel giudizio d’appello con la conseguenza che la
questione deve essere considerata nuova e ,pertanto, inammissibile.
Per le ragioni che precedono il ricorso deve essere rigettato restando assorbito il ricorso incidentale
di Poste Italiane avente ad oggetto l’avvenuta risoluzione consensuale del rapporto.
Le spese processuali seguono la soccombenza.
PQM La Corte
Riunisce i ricorsi, rigetta il ricorso principale e dichiara assorbito l’incidentale ; condanna il
ricorrente a pagare le spese processuali liquidate in € 100,00 per esborsi ed € 3.500,00 per
compensi professionali , oltre accessori di legge.
Roma 17/10/2013

Il ricorrente, pertanto, è venuto meno all’onere di indicare non solo di aver sollevato la questione

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