Sentenza Sentenza Cassazione Civile n. 26408 del 20/12/2016


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Cassazione civile, sez. VI, 20/12/2016, (ud. 08/11/2016, dep.20/12/2016),  n. 26408

LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE

SEZIONE SESTA CIVILE

SOTTOSEZIONE L

Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:

Dott. CURZIO Pietro – Presidente –

Dott. ARIENZO Rosa – Consigliere –

Dott. FERNANDES Giulio – rel. Consigliere –

Dott. GARRI Fabrizia – Consigliere –

Dott. MANCINO Rossana – Consigliere –

ha pronunciato la seguente:

ORDINANZA

sul ricorso 13395/2015 proposto da:

INPS – ISTITUTO NAZIONALE DELLA PREVIDENZA SOCIALE, in persona del

Direttore Centrale Prestazioni, elettivamente domiciliato in ROMA,

VIA CESARE BECCARIA 29, presso l’AVVOCATURA CENTRALE DELL’ISTITUTO,

rappresentato e difeso dagli avvocati LUIGI CALIULO, SERGIO PREDEN,

ANTONELLA PATTERI, GIUSEPPINA GIANNICO, giusta procura speciale a

margine del ricorso;

– ricorrente –

e contro

V.G.;

– intimato –

avverso la sentenza n. 524/2014 della CORTE D’APPELLO di CATANZARO,

depositata il 19/05/2014;

udita la relazione della causa svolta nella Camera di consiglio del

08/11/2016 dal Consigliere Relatore Dott. GIULIO FERNANDES;

udito l’Avvocato Sergio Preden difensore del ricorrente che si

riporta ai motivi scritti.

Fatto

FATTO E DIRITTO

La causa è stata chiamata all’adunanza in camera di consiglio dell’8 novembre 2016, ai sensi dell’art. 375 c.p.c.,sulla base della seguente relazione redatta a norma dell’art. 380 bis c.p.c.:

“Con sentenza del 19 maggio 2014 la Corte di Appello di Catanzaro, confermava la decisione del Tribunale di Crotone di parziale accoglimento della domanda proposta da V.G. intesa al riconoscimento del diritto al beneficio della rivalutazione contributiva per esposizione all’amianto della L. n. 257 del 1992, ex art. 13, comma 8 e successive modifiche.

La Corte, respinta l’eccezione di decadenza dal diritto ai benefici richiesti riproposta dall’INPS in appello, riteneva che fosse stata provata l’esposizione qualificata al rischio amianto per il periodo lavorativo dal 1.11.1972 al 28.4.1994.

Per la cassazione di tale decisione propone ricorso l’INPS affidato ad un unico motivo.

Il V. è rimasto intimato.

Con l’unico motivo di ricorso si deduce la violazione del D.P.R. 30 aprile 1970, n. 639, art. 47 (in relazione all’art. 360 c.p.c., comma 1, n. 3) per non avere la Corte di Appello dichiarato inammissibile per intervenuta decadenza ex art. 47 cit. il ricorso proposto dal V..

Il motivo è manifestamente fondato alla luce dei principi affermati da questa Corte in plurime decisione nelle quali è stato affrontato il parallelo problema dell’applicazione a fattispecie analoghe a quella in esame della decadenza prevista dal D.P.R. n. 639 del 1970, art. 47, nel testo sostituito dal D.L. n. 384 del 1992, art. 4, convertito nella L. n. 438 del 1992 (cfr. Cass. ord. 3 febbraio 2012, n. 1629 ed in senso conforme Cass. sent. 30 maggio 2012, n. 8650, id. Cass. sent. 14 agosto 2012, n. 14471; Cass. ord. 4 dicembre 2013, n. 27148; Cass. ord. 4 marzo 2014, nn. 5008 e 5009; Cass. ord. 25 febbraio 2014, n. 4484).

E’ stato, così, affermato il principio che la suddetta decadenza dall’azione giudiziaria trova applicazione anche per le controversie aventi ad oggetto il riconoscimento del diritto alla maggiorazione contributiva per esposizione all’amianto, siano esse promosse da pensionati ovvero da soggetti non titolari di alcuna pensione, così da doversi ritenere incluso, nella previsione di legge, anche l’accertamento relativo alla consistenza dell’anzianità contributiva utile ai fini in questione, sulla quale, all’evidenza, incide il sistema più favorevole di calcolo della contribuzione in cui si sostanzia il beneficio previdenziale previsto dalla L. n. 257 del 1992, art. 13, comma 8. Si è, altresì, chiarito, con specifico riferimento alle domande giudiziarie avanzate da soggetti già pensionati, che non sono applicabili i principi affermati dalle Sezioni unite di questa Corte nella sentenza n. 12720/2009, poichè ciò che si fa valere non è il diritto al ricalcolo della prestazione pensionistica, ovvero alla rivalutazione dell’ammontare dei singoli ratei erroneamente (o ingiustamente) liquidati in sede di determinazione amministrativa, bensì il diritto a un beneficio che, seppure previsto dalla legge “ai fini pensionistici” e ad essi, quindi, strumentale, è dotato di una sua specifica individualità e autonomia, operando sulla contribuzione ed essendo ancorato a presupposti propri e distinti da quelli in presenza dei quali era sorto (o sarebbe sorto) – in base ai criteri ordinari – il diritto al trattamento pensionistico. stato, al riguardo, così precisato: “I’, opportuno anche rilevare che dal sistema è ricavabile l’onere degli interessati di proporre all’istituto gestore dell’assicurazione pensionistica la domanda di riconoscimento del beneficio per esposizione all’amianto, nonostante incertezze lessicali del legislatore (cfr. Cass. n. 15008/2005)” ed anche chiarito che neppure è validamente invocabile il principio di imprescrittibilità del diritto a pensione, in quanto “tale particolarissimo regime non si estende a tutte le singole azioni relativa alla costituzione della posizione contributiva. E del carattere sostanzialmente costitutivo del procedimento amministrativo e dell’azione in giudizio diretto al riconoscimento del beneficio contributivo per esposizione all’amianto sembra non potersi dubitare, stante i vincoli sostanziali, temporali e procedurali posti dalla legislazione in materia”.

A tale orientamento non può validamente opporsi che la L. n. 257 del 1992, non prevede espressamente la necessità di presentazione della domanda amministrativa, a differenza di quanto dispone, con riferimento all’I.N.A.I.L., il D.L. 30 settembre 2003, n. 269, art. 47, convertito nella L. 24 novembre 2003, n. 326.

Esiste, infatti, la norma generale prevista dalla L. n. 533 del 1973, art. 7 (cui è sotteso l’interesse pubblico “ad una sollecita e meno costosa definizione di determinate controversie” – Cass. Sez. U., 5 agosto 1994, n. 7269 – che impone alla parte privata di compulsare ante causam l’ente erogatore, cioè la controparte, avviando così un procedimento amministrativo necessario che lasci all’amministrazione uno spatium deliberandi di 120 giorni.

La tesi della generale indispensabilità dell’istanza amministrativa in relazione a tutte le controversie di cui all’art. 442 c.p.c., (nella materia previdenziale e nell’assistenza sociale; nei confronti sia dell’I.N.P.S. sia degli altri enti erogatori; anche nel caso in cui ad agire sia il datore di lavoro per questioni concernenti i contributi assicurativi) è, del resto, assolutamente prevalente (cfr. ex multis: Cass. 28 novembre 2003, n. 18265; Cass. 12 marzo 2004, n. 5149; Cass. 24 giugno 2004, n. 11756; Cass. 27 dicembre 2010, n. 26146; Cass. 30 gennaio 2014, n. 2063; si veda, per l’improponibilità della domanda proposta dal datore di lavoro nei confronti dell’ente previdenziale, avente ad oggetto il rimborso di contributi non dovuti ove il giudizio sia stato instaurato senza la preventiva presentazione della domanda amministrativa, Cass. 21 dicembre 2001, n. 16153).

In conformità del sopra richiamato orientamento giurisprudenziale ed in base ai principi generali va, dunque, ritenuto che la domanda giudiziale di rivalutazione contributiva per esposizione all’amianto proposta da soggetto iscritto (o pensionato) debba essere preceduta, a pena di improponibilità, da quella amministrativa rivolta all’ente competente a erogare la prestazione. Presupposto logico e fattuale di tale ragionamento è la necessità che l’assicurato porti a conoscenza dell’Istituto “fatti” la cui esistenza è nota solo all’interessato (si consideri, del resto, che la necessità della domanda è stata ritenuta anche in materia di ripetizione di contributi indebitamente versati così Cass. 21 dicembre 2001, n. 16153 – ed in ogni caso in cui occorra fare conoscere all’ente i presupposti del diritto alla prestazione – così Cass. 5 ottobre 2007, n. 20892 -).

Tanto premesso, si rileva che non sono contestate nè la data di presentazione della istanza amministrativa all’INPS (il 23 maggio 2001) nè quella di deposito del ricorso di primo grado (avvenuta il 6 settembre 2005). Orbene, alla stregua di tali dati temporali di riferimento, ricordato che per costante giurisprudenza di questa Corte (v. da ultimo Cass. n. 18528 del 2011, n. 6331 del 2014), la decadenza dall’esercizio dell’azione giudiziaria, prevista dal D.P.R. n. 639 del 1970, art. 47, come modificato dal D.L. n. 284 del 1992, art. 4, conv. in L. n. 438 del 1992, è un istituto di ordine pubblico dettato a protezione dell’interesse alla definitività e certezza delle determinazioni concernenti erogazioni di spese gravanti sui bilanci pubblici, ed è pertanto rilevabile d’ ufficio in ogni stato e grado del procedimento, con il solo limite del giudicato nella specie non verificatosi – deve convenirsi con l’INPS in ordine al fatto che la domande giudiziale è inammissibile essendo stata proposta decorso il termine di tre anni e trecento giorni di cui all’art. 47 D.P.R. cit..

Alla luce di quanto esposto si propone – previa verifica della necessità di procedere alla rinotifica del ricorso per cassazione (cfr. Cass. n. 3648 del 24/02/2016) – l’accoglimento del ricorso e la cassazione dell’impugnata sentenza con decisione nel merito, ex art. 384 c.p.c., comma 2, non essendo necessari ulteriori accertamenti di fatto con declaratoria di inammissibilità della originaria domanda, con ordinanza ai sensi dell’art. 375 c.p.c., n. 5″.

Sono seguite le rituali comunicazioni e notifica della suddetta relazione, unitamente al decreto di fissazione della presente udienza in Camera di consiglio.

Il Collegio, preliminarmente, rileva che la notifica del ricorso al V. è rituale essendo stata effettuata presso il nuovo indirizzo del domiciliatario (quella presso il precedente domicilio eletto non era andata a buon fine) come risultante dal sito del CNF; peraltro, la notifica risulta essere stata tempestivamente effettuata anche presso lo studio del difensore.

Ciò detto, si osserva che la sopra riportata relazione è pienamente condivisibile in quanto conforme ai precedenti di questa Corte e, quindi, il ricorso va accolto, l’impugnata sentenza cassata con decisione nel merito – ex art. 384 c.p.c., comma 2, non essendo necessari ulteriori accertamenti di fatto – di declaratoria di inammissibilità dell’originaria domanda.

Il consolidarsi solo in epoca recente della giurisprudenza di legittimità soprarichiamata giustifica la compensazione delle spese dell’intero processo.

PQM

La Corte accoglie il ricorso, cassa l’impugnata sentenza e, decidendo nel merito, dichiara inammissibile l’originaria domanda; compensa tra le parti le spese dell’intero processo.

Così deciso in Roma, il 8 novembre 2016.

Depositato in Cancelleria il 20 dicembre 2016

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