Sentenza Sentenza Cassazione Civile n. 26404 del 19/11/2020

Cassazione civile sez. VI, 19/11/2020, (ud. 25/09/2020, dep. 19/11/2020), n.26404

LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE

SEZIONE SESTA CIVILE

SOTTOSEZIONE T

Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:

Dott. GRECO Antonio – Presidente –

Dott. ESPOSITO Antonio Francesco – Consigliere –

Dott. LUCIOTTI Lucio – Consigliere –

Dott. CROLLA Cosmo – Consigliere –

Dott. D’AQUINO Filippo – rel. Consigliere –

ha pronunciato la seguente:

ORDINANZA

sul ricorso iscritto al n. 8737/2019 R.G. proposto da:

F.A. (C.F. (OMISSIS)), rappresentato e difeso dall’Avv.

ALESSANDRO TOZZI, elettivamente domiciliato presso il suo studio in

Roma, Largo Messico, 7;

– ricorrente –

contro

AGENZIA DELLE ENTRATE (C.F. (OMISSIS)), in persona del Direttore pro

tempore, AGENZIA DELLE ENTRATE RISCOSSIONE (C.F. (OMISSIS)), in

persona del Presidente pro tempore, rappresentate e difese

dall’Avvocatura Generale dello Stato, presso la quale è domiciliata

in Roma, via dei Portoghesi, 12;

– controricorrenti –

avverso la sentenza della Commissione Tributaria Regionale del Lazio,

n. 5836/04/2018, depositata in data 10 settembre 2019;

Udita la relazione svolta nella camera di consiglio non partecipata

del 25 settembre 2020 dal Consigliere Relatore D’Aquino Filippo.

 

Fatto

RILEVATO

CHE:

Risulta dalla sentenza impugnata che il ricorrente F.A. ha impugnato un estratto di ruolo relativo a una cartella di pagamento relativa al periodo di imposta dell’anno 2003, notificata in data 13 dicembre 2010, per IRPEF e addizionali, deducendo omessa notificazione della cartella, nonchè decadenza e prescrizione del potere di riscossione.

La CTP di Roma ha rigettato il ricorso e la CTR del Lazio, con sentenza in data 10 settembre 2019, ha rigettato l’appello. Ha ritenuto preliminarmente il giudice di appello che la questione relativa alla irregolare notificazione della cartella costituisce mutatio libelli, laddove in prime cure era stata dedotta l’omessa notificazione della cartella medesima.

Propone ricorso il contribuente affidato a un unico motivo, ulteriormente illustrato da memoria; resistono con controricorso i due Uffici intimati.

La proposta del relatore è stata comunicata, unitamente al decreto di fissazione dell’adunanza camerale, ai sensi dell’art. 380-bis c.p.c.

Diritto

CONSIDERATO

CHE:

1 – Con l’unico motivo si deduce violazione e falsa applicazione dell’art. 140 c.p.c. e del D.P.R. 29 settembre 1973, n. 602, art. 26, deducendo che la documentazione versata in atti da parte del concessionario dimostrerebbe che la notificazione sarebbe nulla per violazione dell’art. 140 c.p.c., in quanto il messo notificatore non avrebbe affisso il deposito presso la porta di abitazione del contribuente e perciò stesso senza che il contribuente non ha mai avuto conoscenza della cartella. Rileva che il giudice di appello non ha reso alcuna motivazione specifica sui motivi di appello, ritenendo ultroneo il riferimento ai motivi aggiunti al ricorso.

2 – Il ricorso è inammissibile, modificandosi in parte qua la proposta del relatore, in quanto non censura una delle rationes decidendi della sentenza impugnata, che ha ritenuto che le censure relative alla regolarità della notificazione costituiscano questioni nuove (“nel caso di specie la richiesta del contribuente era riferita all’omessa notifica della cartella, la decadenza e la prescrizione e non l’irregolarità della notifica della cartella. A fronte di ciò si rileva che la causa p(r)etendi è diversa e fondata su situazioni giuridiche non prospettate in primo grado (…) l’integrazione dei motivi ha la finalità di ampliare l’oggetto del ricorso introduttivo, ma non di sostituire l’originario oggetto con il nuovo realizzando una mutatio (li)belli e non una emendatio libelli, come tale non ammissibile nel corso del giudizio”).

Il giudice di appello non ha, pertanto, omesso la pronuncia in ordine alle ragioni articolate in appello dall’odierno ricorrente, ma ha considerato inammissibili tali deduzioni, in quanto fondate su nuove circostanze in fatto (Cass., Sez. VI, 31 maggio 2016, n. 11223; Cass., Sez. V, 5 dicembre 2014, n. 25756).

La mancata censura di tale ratio decidendi (circa la sussistenza dell’accertata mutatio libelli e della conseguente inammissibilità delle doglianze del contribuente) rende inammissibile l’esame del motivo di gravame, non potendo lo stesso intaccare l’accertamento compiuto dal giudice di appello, idoneo a stabilizzare di per sè la motivazione del provvedimento impugnato.

Le argomentazioni del ricorrente contenute nella memoria depositata non aggiungono ulteriori utili profili di discussione.

3 – Il ricorso va, pertanto, rigettato, con spese regolate dalla soccombenza e raddoppio del contributo unificato.

P.Q.M.

La Corte rigetta il ricorso, condanna il ricorrente al pagamento delle spese del giudizio di legittimità in favore dei controricorrenti, che liquida in complessivi Euro 510,00, oltre spese prenotate a debito; dà atto che sussistono i presupposti processuali, a carico del ricorrente, ai sensi del D.P.R. 30 maggio 2002, n. 115, art. 13 comma 1-quater, inserito dalla L. 24 dicembre 2012, n. 228, art. 1, comma 17, per il versamento degli ulteriori importi a titolo di contributo unificato pari a quello dovuto per il ricorso proposto, se dovuti.

Così deciso in Roma, il 25 settembre 2020.

Depositato in Cancelleria il 19 novembre 2020

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