Sentenza Sentenza Cassazione Civile n. 26399 del 26/11/2013


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Civile Sent. Sez. L Num. 26399 Anno 2013
Presidente: LAMORGESE ANTONIO
Relatore: DE RENZIS ALESSANDRO

SENTENZA
sul ricorso n. 10415/2010 proposto
DA
POSTE ITALIANE S.p.A.,., in persona del Presidente del
Consiglio di Amministrazione e legale rappresentante pro
temeore, Dott. Giovanni laiongo, rappresentata e difesa
dall’Avv. Salvatore Trifirò, elettivamente domiciliata in Ro6; tIAZz
ma aLung otev e re Michelangelo n. 9J presso lo studio Trifirò
& Partners, come da procura a margine del ricorso
Ricorrente

Data pubblicazione: 26/11/2013

CONTRO
COBAS PT, Coordinamento di Base dei delegati aderente
alla CUB di Milano e Provincia, in persona del responsabile
territoriale Enzo Galdo, elettivamente domiciliato in Roma,

berto Afeltra, che lo rappresenta e difende, unitamente e
disgiuntamente, con l’Avv. Luigi Zezza del foro di Milano
(con studio in Viale Regina Margherita n. 26) come da procura a margine del controricorso
Controricorrente
per la cassazione della sentenza n. 800/09 della Corte di
,

Appello di Milano del 24.09.2009/9.10.2009 (R.G. n. 2067
dell’anno 2008).
Udita la relazione della causa svolta nella pubblica udienza
del 10.10.2013 dal Cons. Dott. Alessandro De Renzis;
udito l’Avv. Bianca Maria D’Ugo, per delega dell’Avv. Salvatore Trifirò, per la ricorrente;
sentito il P.M., in persona del Sost. Proc. Gen. Dott. Giuseppe Corasaniti, che ha concluso per il rigetto del ricorso.
SVOLGIMENTO DEL PROCESSO
I. Con ricorso ex art. 28 St. Lav. del 1°.06.2005 il COBASPT —Coordinamento di Base delegati PT- conveniva POSTE
ITALIANE S.p.A. lamentando l’antisindacalità del comportamento tenuto da tale società e chiedendo l’annullamento
del licenziamento intimato a Gianfranco Aresta, membro

Piazzale Don Minzoni n. 9, presso lo studio dell’Avv. Ro-

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dell’Ufficio Sindacale Nazionale PT COBAS, con riammissione in servizio.
Il Tribunale di Milano con decreto del 24.01.2006 dichiarava l’illegittimità della condotta sindacale delle Poste Italia-

ziamento.
Il. Proposta opposizione da parte delle Poste Italiane,
l’adito Tribunale con sentenza n. 3938 del 2006 respingeva
il ricorso e confermava l’opposto decreto ex art 28 St. Lav.
III. Tale decisione, appellata dalle Poste Italiane, è stata
confermata con sentenza n. 800 del 2009 della Corte di
Appello di Milano, la quale ha ritenuto che Gianfranco Aresta ricoprisse cariche sindacali nell’ambito del Sindacato
Cobas PT, come il coordinamento a livello nazionale rilevabile dallo Statuto dell’organizzazione sindacale in possesso delle Poste. Tale sindacato era quindi pienamente
rappresentativo, non potendosi guardare alla sola stipula
del CCNL ai fini della rappresentatività ex art. 28 St. Lav.
Le Poste Italiane ricorrono per cassazione affidandosi a
quattro motivi.
Il COBAS PT resiste con controricorso.
Entrambe le pari hanno depositato rispettiva memoria ex
art. 378 CPC.
MOTIVI DELLA DECISIONE
1. Con il primo motivo la ricorrente denuncia violazione e

ne, annullando la procedura disciplinare e quelled di licen-

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falsa applicazione degli artt. 115 e 116 CPC, nonché vizio
di motivazione (art. 360 n. 3 e n. 5 CPC).
Sostiene al riguardo che l’impugnata sentenza ha erroneamente valutato le risultanze istruttorie ricavabili dalle prove

stisse alcuna carica elettiva né a livello provinciale né a
quello nazionale né ricoprisse una carica rappresentativa
dell’organizzazione sindacale in questione.
La censura va disattesa, in quanto la ricorrente si è limitata
n

a richiamare un verbale dektAssemblea Nazionale di Poste
senza trascriverlo o produrlo„ non consentendo in tal modo
al giudice di legittimità il controllo della decisività dei fatti
da provare e delle prove stesse, che, per il principio di autosufficienza del ricorso per cassazione, la Corte di Cassazione deve essere in grado di compiere solo sulla base
delle deduzioni contenute nell’atto, alle cui lacune non è
consentito sopperire con indagini integrative (in questo
senso ex plurimis Cass. n. 17904 del 2003; Cass. n. 15751
del 2003; Cass. n. 8388 del 2002; Cass. n. 3356 del 1993).
2. Con il secondo motivo la ricorrente deduce violazione e
falsa applicazione dell’art. 31-secondo comma- della legge
n. 300 del 1970, osservando che l’impugnata sentenza ha
riconosciuto il diritto all’aspettativa sindacale a favore
dell’Aresta sulla base di una inadeguata interpretazione
della legge e dell’omessa valutazione, nel caso concreto,

e dai documenti in atti, non emergendo che l’Aresta rive-

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degli elementi probatori a disposizione. Non risulta dimostrato in altri termini, secondo la ricorrente, che la carica
fosse rappresentativa ed elettiva, assumendosi peraltro
che nello statuto non vi sono riferimenti alla posizione as-

Il motivo è privo di pregio e va disatteso, giacché il giudice
di appello con accertamento in fatto, fondato su adeguata e
logica motivazione, ha osservato che l’Aresta, alla stregua
dello Statuto dell’organizzazione sindacale in possesso
delle stesse Poste Italiane, occupava una carica di coordinamento a livello nazionale, tale da legittimarlo ad ottenere
;2, éve-r-A

aspettativa sindacale in base aketrichiamata norma di cui
all’art. 32 della legge n. 300 del 1970. Tale accertamento
risulta genericamente contrastato dalla ricorrente senza
richiamo a specifici documenti, con palese violazione del
principio di autosufficienza.
3. Infondato è il terzo motivo, con cui la ricorrente lamenta violazione e falsa applicazione dell’art. 3- comma 2D.Lgs. n. 564 del 1996, in quanto il giudice di appello ha
correttamente spiegato come la disciplina del 1996 ha validità ai soli fini previdenziali, sicché è da ritenere che essa
non introduca una modifica di ordine generale alla regolamentazione prevista dallo Statuto dei lavoratori.
In questo senso del resto si è pronunciata questa Corte
(da ultimo cfr Cass. n. 21941 del 6 dicembre 2012), la

serita dell’Aresta.

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quale ha dato risposta negativa al quesito se il diritto
all’aspettativa non retribuita sorga solo in presenza dei requisiti richiesti dall’art. 31 dello Statuto di lavoratori o siano necessari anche i requisiti indicati dal D.Lgs. n. 564 del

no una specifica finalità previdenziale.
Sotto altro profilo non si ravvisa alcun contrasto tra la norma previdenziale e quella dello statuto dei lavoratori, in
quanto la prima norma non fa che estendere la sua portata
alle cariche regionali e di comprensorio, oltre a quelle a livello nazionale e provinciali, indicate nella disciplina dello
statuto dei lavoratori. Il che conferma che l’art. 3 del DLgs.
n. 564/1996 non ha incidenza al di là della specifica materia previdenziale che regola e non modifica il quadro dei
requisiti indicati dall’art. 31 anzidetto della legge n.
300/1970 (cfr Cass. cit n. 21941 del 2012; Cass. n. 13570
del 21 giugno 2011).
4. Con il quarto motivo la ricorrente deduce violazione e
falsa applicazione dell’art. 28 St. Lav., sostenendo che,
contrariamente a quanto affermato dal giudice di appello,
oggetto del giudizio non è la sanzione disciplinare comminata all’Aresta, ma la legittimità del comportamento delle
Poste Italiane nei confronti del Sindacato COBAS-PT, sicché in questo giudizio si deve valutare se detta sanzione
costituisce comportamento antisindacale.

1996-art.3, precisando che queste ultime disposizioni han-

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La censura è infondata, sulla base della semplice considerazione che se il dipendente è un rappresentante sindacale, il suo licenziamento, precludendo l’espletamento della
carica attribuitagli, è antisindacale.

rigettato.
Le spese del giudizio di cassazione seguono la soccombenza e si liquidano come da dispositivo, con distrazione a
favore degli Avv.ti Roberto Afeltra e Luigi Zezza dichiaratisi
antistatari,
PQM
La Corte rigetta il ricorso e condanna

ricorrente alle spe-

se, che liquida in € 50,00 per esborsi ed € 3.000,00 per
compensi, oltre accessori di legge, con attribuzione a favore degli Avv.ti Afeltra Roberto e Zezza Luigi dichiaratisi
antistatari.
Così deciso in Roma addì 10 ottobre 2013
Il Consigliere rel. est.

5. In conclusione il ricorso è destituito di fondamento e va

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