Sentenza Sentenza Cassazione Civile n. 26396 del 19/10/2018

Cassazione civile sez. trib., 19/10/2018, (ud. 16/01/2018, dep. 19/10/2018), n.26396

LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE

SEZIONE TRIBUTARIA

Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:

Dott. GRECO Antonio – Presidente –

Dott. LOCATELLI Giuseppe – Consigliere –

Dott. CONDELLO Pasqualina A. Piera – Consigliere –

Dott. GUIDA Riccardo – rel. Consigliere –

Dott. DELL’ORFANO Antonella – Consigliere –

ha pronunciato la seguente:

SENTENZA

sul ricorso iscritto al n. 6161/2011 R.G. proposto da:

P. SRL (già P. Snc), P.O., P.R.,

L.R., rappresentati e difesi dall’avv. CIPOLLA Giuseppe Maria,

con domicilio eletto in ROMA, VIALE MAZZINI N. 134, presso il suo

studio.

– ricorrenti –

contro

AGENZIA DELLE ENTRATE, in persona del direttore pro tempore,

rappresentata dall’Avvocatura Generale dello Stato, con domicilio

legale in Roma, via dei Portoghesi, n. 12, presso l’Avvocatura

Generale dello Stato;

– controricorrente –

avverso la sentenza della Commissione tributaria regionale della

Puglia, sezione 14, n. 80/14/2010, depositata il 2/07/2010.

Udita la relazione svolta nella pubblica udienza del 16 gennaio 2018

dal Consigliere Dott. GUIDA Riccardo;

udito l’Avvocato dello Stato DETTORI Bruno;

udito l’Avvocato CIPOLLA;

udito il Pubblico Ministero, in persona del Sostituto Procuratore

Generale Dott. VITIELLO Mauro, che ha concluso chiedendo

l’accoglimento del ricorso.

Fatto

RITENUTO IN FATTO

1. La P. Srl (già P. Snc), con sede legale in (OMISSIS), P.O., P.R. e L.R. hanno proposto ricorso per cassazione, articolando dodici motivi, contro l’Agenzia delle entrate, che resiste con controricorso, avverso la sentenza della Commissione tributaria regionale della Puglia (in seguito: CTR) indicata in epigrafe che – in controversia riguardante l’impugnazione di avvisi di accertamento, per l’anno d’imposta 1991, che recuperavano a tassazione, ai fini ILOR e IRPEF, maggiori redditi d’impresa – quale giudice del rinvio a seguito della sentenza di questa Corte 9/10/2008, n. 26540, in accoglimento dell’appello dell’amministrazione finanziaria, ha riformato la sentenza di primo grado ed ha dichiarato la validità degli avvisi di accertamento (e delle cartelle esattoriali) impugnati.

La CTR, sul piano processuale, ha stabilito che il ricorso giurisdizionale dei contribuenti avverso gli avvisi di accertamento ha sanato il difetto di notifica di questi ultimi, sebbene sia stato proposto dopo la decadenza dell’amministrazione dal potere di accertamento fiscale, in quanto gli interessati non hanno tempestivamente dedotto tale decadenza nell’atto introduttivo del giudizio; nel merito, il giudice del rinvio ha ritenuto infondate le censure mosse dalla società e dai soci agli atti impositivi dell’Ufficio.

I ricorrenti hanno depositato una memoria ex art. 378 cod. proc. civ..

Diritto

CONSIDERATO IN DIRITTO

1. Primo motivo: violazione, ai sensi dell’art. 360 c.p.c., comma 1, n. 4, dell’art. 384c.p.c., comma 2 e art. 112 cod. proc. civ..

La CTR, secondo la prospettazione difensiva, anzichè uniformarsi al principio di diritto fissato dalla Corte con sentenza n. 26540/2008 e verificare, in concreto, se la proposizione del ricorso dei contribuenti avesse sanato la nullità della notifica degli avvisi di accertamento ex art. 156 cod. proc. civ., perchè avvenuta prima della decadenza dell’amministrazione finanziaria dal potere di accertamento, ha erroneamente rilevato d’ufficio che i contribuenti non avevano eccepito, nel giudizio di merito, la decadenza dell’Ufficio dal potere di accertamento fiscale.

2. Secondo motivo: violazione, ai sensi dell’art. 360 c.p.c., comma 1, n. 4, dell’art. 112 cod. proc. civ..

La sentenza d’appello ha violato il principio processuale di corrispondenza tra “il chiesto e il pronunciato” perchè, nonostante la specifica domanda dei contribuenti, non ha rilevato l’inoperatività della sanatoria conseguente alla circostanza che il ricorso di primo grado era stato proposto in data successiva al termine ultimo (31/12/1997) decorso il quale l’Ufficio decadeva dal potere di accertamento.

3. Terzo motivo: violazione, ai sensi dell’art. 360 c.p.c., comma 1, n. 4, dell’art. 112 cod. proc. civ..

La CTR, in sede di giudizio di rinvio, senza che l’Amministrazione avesse avanzato alcuna richiesta al riguardo, ha introdotto contra legem una questione nuova, ossia l’asserita decadenza della società e dei soci dalla facoltà di dedurre il venire meno del potere impositivo dell’Ufficio, in quanto la relativa eccezione non era stata sollevata, tempestivamente, nel primo grado del processo tributario.

4. Quarto motivo: intervenuto giudicato interno sulla questione dell’inoperatività della sanatoria per raggiungimento dello scopo.

La CTR ha omesso di rilevare che l’Amministrazione, nei precedenti gradi del giudizio, non aveva mai allegato che la sanatoria della nullità della notifica dell’atto impositivo, per effetto del ricorso del contribuente, era stata tempestiva in quanto avvenuta prima della scadenza del termine per l’esercizio del potere di accertamento, sicchè la questione era ormai preclusa dall’intervenuto giudicato interno.

5. Quinto motivo: violazione, ai sensi dell’art. 360 c.p.c., comma 1, nn. 3, 4, dell’art. 384 c.p.c., comma 2, D.Lgs. 31 dicembre 1992, n. 546, art. 63, art. 2697 cod. civ..

Anche a prescindere dal formarsi di un giudicato interno sulla questione dell’operatività della sanatoria per raggiungimento dello scopo, la sentenza impugnata è censurabile perchè non ha accertato che sarebbe stato onere dell’Amministrazione allegare e dimostrare la tempestività della sanatoria; essa, al contrario, erroneamente posto a carico dei ricorrenti le conseguenze della mancata allegazione della decadenza dell’Ufficio dal potere di accertamento.

6. Sesto motivo: violazione, ai sensi dell’art. 360 c.p.c., comma 1, nn. 3 e 4, del principio del contraddittorio, dell’art. 111 Cost., comma 2, dell’art. 99c.p.c., art. 101c.p.c., comma 1, art. 112 cod. proc. civ., del D.Lgs. n. 546 del 1992, artt. 18,23 e del principio di non contestazione.

La CTR ha erroneamente posto a carico dei ricorrenti l’onere di eccepire, in primo grado, la decadenza dell’Ufficio dal potere di accertamento, omettendo di considerare che i contribuenti, dopo la sentenza di cassazione con rinvio, hanno tempestivamente sollevato la questione, senza che controparte contestasse la circostanza dell’inoperatività della sanatoria per essere stato il ricorso di primo grado proposto quando ormai era estinto il potere di accertamento dell’amministrazione finanziaria.

7. Settimo motivo: violazione, ai sensi dell’art. 360 c.p.c., comma 1, n. 3, degli artt. 2727, 2729 cod. civ., del D.P.R. 29 settembre 1973, n. 600, art. 39, comma 1, lett. d), dell’art. 2697 cod. civ. e dei criteri di ripartizione dell’onere della prova nel processo tributario.

La CTR, con riferimento al merito della vicenda, ha ritenuto corretto l’accertamento di tipo analitico-induttivo del maggiore reddito della società, fondandosi su una doppia serie di presunzioni che, in realtà, non vale come prova sul piano giuridico: nella specie, la pretesa fittizietà della cessione d’olio d’oliva vergine effettuata dal fornitore Pe. nei confronti della società P. è stata accertata in via presuntiva per effetto della divergenza contabile tra prodotti giacenti nel magazzino del fornitore e prodotti venduti.

8. Ottavo motivo: violazione, ai sensi dell’art. 360 c.p.c., comma 1, n. 3, degli artt. 2727, 2729 cod. civ., del D.P.R. n. 600 del 1973, art. 39, comma 1, lett. d), dell’art. 2697 cod. civ. e dei criteri di ripartizione dell’onere della prova nel processo tributario.

Anche affermando, per ipotesi, l’ammissibilità delle presunzioni tratte da altre presunzioni, il giudice d’appello non ha rilevato, con ciò incorrendo in errore di diritto, che l’unico labile indizio fornito dall’Ufficio (di cui al precedente motivo di ricorso) non poteva costituire fondamento della ripresa a tassazione compiuta col metodo analitico-induttivo.

9. Nono motivo: insufficiente motivazione, ai sensi dell’art. 360 c.p.c., comma 1, n. 5, sopra fatti controversi e decisivi per il giudizio.

Il percorso motivazionale della CTR è viziato laddove è stato ravvisato il carattere fittizio delle cessioni d’olio d’oliva dal fornitore Pe. alla società ricorrente, senza esaminare o tenere nella dovuta considerazione alcune circostanze, addotte dai contribuenti, quali la regolarità formale della contabilità della P. e il pagamento delle forniture a mezzo di assegni bancari non trasferibili etc., idonee a vincere le risultanze dell’accertamento bancario.

10. Decimo motivo: contraddittoria motivazione, ai sensi dell’art. 360 c.p.c., comma 1, n. 5, sopra un fatto controverso e decisivo per il giudizio.

La CTR ha ritenuto oggettivamente inesistenti le cessioni oggetto di causa, sul presupposto che il fornitore Pe. non disponesse, nel proprio magazzino, all’atto dell’emissione delle 10 fatture contestate, per un imponibile di Lire 1.615.310.200, del quantitativo d’olio asseritamente ceduto.

Nel rigettare la censura dei contribuenti relativa alla violazione del principio di capacità contributiva,invece, il giudice del rinvio ha fatto riferimento, contraddittoriamente, al carattere “soggettivamente” (non già “oggettivamente”) inesistente delle cessioni delle partite d’olio.

11. Undicesimo motivo: violazione, ai sensi dell’art. 360 c.p.c., comma 1, n. 4, dell’art. 112 cod. proc. civ..

Il giudice del rinvio ha omesso pronunciarsi (fraintendendone il senso) sulla domanda dei ricorrenti – secondo cui, nel rispetto dell’art. 53 Cost., comma 1, l’amministrazione finanziaria che accerti che un’impresa ha emesso fatture fittizie per operazioni inesistenti non può limitare a sottrarre i costi indicati nelle fatture dal passivo di bilancio, ma deve altresì annullare i corrispondenti ricavi – laddove, nel respingere la relativa censura, ha richiamato la giurisprudenza di legittimità in base alla quale, in caso di operazioni soggettivamente inesistenti, l’imprenditore deve dimostrare non solo di essere estraneo alla frode, ma anche di essere all’oscuro della vicenda illecita.

12. Dodicesimo mezzo: insufficiente motivazione, ai sensi dell’art. 360 c.p.c., comma 1, n. 5, circa un fatto controverso e decisivo per il giudizio.

In ogni caso, ove pure s’ipotizzasse il carattere soggettivamente fittizio delle operazioni commerciali, la sentenza della CTR incorrerebbe nel difetto di motivazione, nella parte in cui è stata disattesa la censura dei contribuenti di violazione del principio costituzionale della capacità contributiva perchè, anche in presenza di acquisti soggettivamente inesistenti di prodotti, l’Agenzia delle entrate dovrebbe rettificare i ricavi conseguiti dalla stessa impresa per effetto della successiva cessione a terzi dei medesimi prodotti.

13. Il primo motivo è fondato.

In base all’art. 384 c.p.c., comma 2: “La Corte, quando accoglie il ricorso, cassa la sentenza rinviando la causa ad altro giudice, il quale deve uniformarsi al principio di diritto e comunque a quanto statuito dalla Corte…”.

Questa Corte, con la surrichiamata sentenza n. 26540/2008, ha cassato con rinvio la precedente sentenza della CTR pugliese, enunciando il seguente principio di diritto: “Le Sezioni Unite di questa Corte hanno infatti affermato che la natura sostanziale e non processuale (nè assimilabile a quella processuale) dell’avviso di accertamento tributario che costituisce un atto amministrativo autoritativo attraverso il quale l’amministrazione enuncia le ragioni della pretesa tributaria – non osta all’applicazione di istituti apparentanti al diritto processuale, soprattutto quando vi sia un espresso richiamo di questi nella disciplina tributaria.

Pertanto, l’applicazione per l’avviso di accertamento, in virtù del D.P.R. 29 settembre 1973, n. 600, art. 60, delle norme sulle notificazioni nel processo civile comporta, quale logica necessità, l’applicazione del regime delle nullità e delle sanatorie per quelle dettate, con la conseguenza che la proposizione del ricorso del contribuente produce l’effetto di sanare la nullità della notificazione dell’avviso di accertamento per raggiungimento dello scopo dell’atto, ex art. 156 cod. proc. civ.. Tuttavia, tale sanatoria può operare soltanto se il conseguimento dello scopo avvenga prima della scadenza del termine di decadenza – previsto dalle singole leggi d’imposta – per l’esercizio del potere di accertamento (Cass. SS.UU. 19854/04).”.

Il giudice del rinvio, uniformandosi a questa regula iuris, avrebbe dovuto limitarsi ad accertare, appunto, se il ricorso giurisdizionale dei contribuenti, avente astrattamente efficacia sanante, fosse o meno intervenuto prima del decorso del termine decadenziale entro il quale l’amministrazione doveva esercitare il proprio potere impositivo.

Solo nella prima delle due evenienze, infatti, si sarebbe perfezionata la sanatoria della nullità della notifica dell’avviso di accertamento, ciò che, sul piano processuale, avrebbe comportato il rigetto della censura dei ricorrenti d’invalidità degli atti impositivi dell’amministrazione finanziaria in difetto di una valida notifica.

I giudici d’appello, invece, disattendendo il principio di diritto enunciato dalla Corte, hanno focalizzato contra legem la loro attenzione sulla questione, rilevata d’ufficio, del maturare della decadenza dei ricorrenti dalla facoltà di dedurre l’impossibilità della sanatoria dell’atto impositivo annullabile per difetto di notifica.

E’ il caso di rimarcare che, secondo il costante e condivisibile orientamento di questa Corte, l’art. 384 cod. proc. civ. pone l’obbligo inderogabile del giudice di rinvio di conformarsi alla decisione della Cassazione, non solo quanto al principio di diritto, ma anche con riferimento a “quanto stabilito dalla Corte”.

Ne consegue che, quando una sentenza è cassata per violazione o falsa applicazione di norme di diritto (come accade nel caso in esame, ove la cassazione con rinvio dipendeva dalla violazione dell’art. 156 cod. proc. civ.), è precluso al giudice del rinvio il riesame dei presupposti di applicabilità del principio di diritto, enunciato dalla Corte, sulla scorta di fatti o profili non dedotti, ovvero di una rivalutazione dei fatti accertati o in forza di una diversa qualificazione giuridica del rapporto controverso, sia che si tratti di errores in iudicando sia che si tratti di errores in procedendo.

In altre parole, in sede di giudizio di rinvio, il decisum della Corte è, di regola, intangibile, fatti salvi lo ius supervenies, le dichiarazioni d’illegittimità costituzionale o l’intervento di sentenze della Corte di giustizia dell’Unione europea su di esso incidenti (Cass. sez. un. 3/07/2009, n. 15602; in senso conforme: Cass. 21/06/2016, n. 12792).

Nel caso in esame, il rispetto del principio sui vincoli propri del giudizio di rinvio, inibiva alla CTR il potere – che essa ha erroneamente esercitato – di rilevare ex officio profili, estranei ai precedenti gradi di merito e non apprezzati dalla sentenza di cassazione con rinvio, come la decadenza dei ricorrenti dal potere di eccepire che la sanatoria dell’avviso di accertamento non si era verificata, quale presupposto giuridico della reiezione della relativa doglianza dei contribuenti.

14. Conclusivamente, accolto il primo motivo di ricorso, assorbiti gli altri, la sentenza impugnata è cassata con rinvio alla CTR, in diversa composizione, per il riesame, nel rispetto del principio di diritto enunciato al p. 13, e anche per la decisione sulle spese del presente giudizio di legittimità.

P.Q.M.

accoglie il primo motivo di ricorso e, assorbiti gli altri, cassa la sentenza e rinvia alla Commissione tributaria regionale della Puglia, in diversa composizione, anche per le spese del giudizio di legittimità.

Così deciso in Roma, il 16 gennaio 2018.

Depositato in Cancelleria il 19 ottobre 2018

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