Sentenza Sentenza Cassazione Civile n. 26396 del 07/12/2011
Cassazione civile sez. trib., 07/12/2011, (ud. 27/10/2011, dep. 07/12/2011), n.26396
LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE
SEZIONE TRIBUTARIA
Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:
Dott. PARMEGGIANI Carlo – Presidente –
Dott. IACOBELLIS Marcello – Consigliere –
Dott. GRECO Antonio – rel. Consigliere –
Dott. SAMBITO Maria Giovanna – Consigliere –
Dott. VALITUTTI Antonio – Consigliere –
ha pronunciato la seguente:
ordinanza
sul ricorso proposto da:
MINISTERO DELL’ECONOMIA E DELLE FINANZE e AGENZIA DELLE ENTRATE, in
persona dei legali rappresentanti pro tempore, rappresentati e difesi
dall’Avvocatura generale dello Stato presso la quale sono domiciliati
in Roma in via dei Portoghesi n. 12;
– ricorrenti –
contro
G.R.;
– intimata –
avverso la sentenza della Commissione tributaria regionale della
Campania n. 5/42/07, depositata il 14 febbraio 2007.
Udita la relazione della causa svolta nella camera di consiglio del
27 ottobre 2011 dal Relatore Cons. Antonio Greco.
Fatto
LA CORTE
ritenuto che, ai sensi dell’art. 380 bis cod. proc. civ., è stata depositata in cancelleria la seguente relazione:
“L’Agenzia delle entrate ed il Ministero dell’economia e delle finanze propongono ricorso per cassazione nei confronti della sentenza della Commissione tributaria regionale della Campania n. 5/42/07, depositata il 14 febbraio 2007, che, accogliendo l’appello di G.R., ha annullato l’avviso di accertamento, ai fini dell’IRPEF, del reddito da partecipazione al 50%, in qualità di socia, alla sas SICE per l’anno 1999. Il giudice d’appello ha ritenuto infatti che in presenza di condono tombale effettuato dalla società in relazione all’accertamento dei redditi a suo carico eseguito per quel periodo d’imposta, a norma della L. 27 dicembre 2002, n. 289, art. 9, comma 10, lett. a), all’ufficio era precluso l’accertamento del reddito di partecipazione dei singoli soci.
La contribuente non ha svolto attività nella presente sede.
Il ricorso contiene un motivo, rispondente ai requisiti prescritti dall’art. 366-bis cod. proc. civ., con il quale l’amministrazione censura la sentenza, sotto il profilo della violazione di legge, assumendo che la definizione automatica per gli anni pregressi, prevista dalla L. n. 289 del 2001, art. 9 effettuata dalla società esplicherebbe efficacia nei confronti della sola società e non anche dei soggetti ai quali sono imputabili i redditi della medesima in ragione della quota di partecipazione, con la conseguenza che, qualora i soci non si avvalgano della facoltà di operare l’integrazione o la definizione di cui agli artt. 8 e 9, essi sono soggetti ai controlli da parte dell’ufficio.
Va preliminarmente rilevato che, “qualora i soci di una società di persone impugnino l’avviso di accertamento con cui si sia proceduto alla rettifica del loro reddito di partecipazione, invocando gli effetti del condono operato dalla società, non sussiste litisconsorzio necessario con quest’ultima, non potendosi configurare un interesse della società contrastante con quello dei soci, contrariamente al caso in cui oggetto dell’accertamento sia l'”an” o il “quantum” del reddito sociale, che si riverbera sul reddito dei soci” (Cass. n. 17716 del 2009).
Costituisce principio consolidato nella giurisprudenza di questa Corte quello secondo cui “la presentazione di dichiarazione integrativa da parte di una società di persone non comporta preclusioni all’accertamento, nei confronti dei soci, dei redditi di partecipazione da questi percepiti, in quanto avanzare domanda di condono costituisce esercizio di un diritto dei contribuenti, lasciato al libero e personale apprezzamento di ciascuno di essi, che ha titolo ad azionarlo, in autonomia e con pienezza, anche quando l’accertamento del reddito societario sia divenuto definitivo” (Cass. n. 727 del 2002, n. 17731 del 2006).
In conclusione, si ritiene che, ai sensi dell’art. 375 c.p.c., comma 1 e art. 380-bis cod. proc. civ., il ricorso possa essere deciso in camera di consiglio in quanto manifestamente fondato”;
che la relazione è stata comunicata al pubblico ministero e notificata agli avvocati delle parti costituite;
che non sono state depositate conclusioni scritte nè memorie;
considerato che il Collegio, a seguito della discussione in camera di consiglio, condivide i motivi in fatto e in diritto esposti nella relazione e pertanto, ribaditi i principi di diritto sopra enunciati, il ricorso deve essere accolto, la sentenza impugnata deve essere cassata e la causa rinviata, anche per le spese, ad altra sezione della Commissione tributaria regionale della Campania.
P.Q.M.
La Corte accoglie il ricorso, cassa la sentenza impugnata e rinvia, anche per le spese, ad altra sezione della Commissione tributaria regionale della Campania.
Così deciso in Roma, il 27 ottobre 2011.
Depositato in Cancelleria il 7 dicembre 2011