Sentenza Sentenza Cassazione Civile n. 26393 del 26/11/2013


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Civile Sent. Sez. L Num. 26393 Anno 2013
Presidente: STILE PAOLO
Relatore: VENUTI PIETRO

I.

SENTENZA

sul ricorso 729-2008 proposto da:
DZIRI

HASSEN

BEN

ALI’

C.F.

DZRH5N6318Z352I,

elettivamente domiciliato in ROMA, VIA GERMANICO 172,
presso lo studio dell’avvocato GALLEANO SERGIO NATALE
EDOARDO, che lo rappresenta e difende giusta delega in
atti;
– ricorrente –

2013

contro

2591

FIORDALISO S.P.A.;
– intimata –

sul ricorso 3216-2008 proposto da:

Data pubblicazione: 26/11/2013

FIORDALISO

S.P.A.,

in

del

persona

legale

rappresentante pro tempore, domiciliata in ROMA, VIA
BARBERINI N. 47, presso lo studio dell’avvocato
PANDOLFO ANGELO, rappresentata e difesa dall’avvocato
MENEGAZZI GIUSEPPE giusta delega in atti;

contro

DZIRI HASSEN BEN ALI’ C.F. DZRHSN6318Z352I;
– intimato –

sul ricorso 7438-2008 proposto da:
DZIRI

HASSEN

BEN

ALI’

C.F.

DZRHSN6318Z352I,

elettivamente domiciliato in ROMA, VIA GERMANICO 172,
presso lo studio dell’avvocato GALLEANO SERGIO NATALE
EDOARDO, che lo rappresenta e difende giusta delega in
atti;
– controri corrente al ricorso incidentale –

avverso la sentenza n. 418/2007 della CORTE D’APPELLO
di MILANO, depositata il 15/05/2007 1185/2005;
udita la relazione della causa svolta nella pubblica
udienza del 18/09/2013 dal Consigliere Dott. PIETRO
VENUTI;
udito l’Avvocato GALLEANO SERGIO;
udito il P.M. in persona del Sostituto Procuratore
Generale Dott. GIUSEPPE CORASANITI, che ha concluso
per l’accoglimento del ricorso principale, rigetto del
ricorso incidentale, assorbimento del secondo ricorso

– controricorrente e ricorrente incidentale –

incidentale.

R.G. n. 729/08 – 3216/08 – 7438/08
Ud. 18.9.2013

La Corte d’Appello di Milano, con sentenza depositata il 15
maggio 2007, in riforma della pronuncia di rigetto di primo grado,
ha parzialmente accolto la domanda proposta da Hassen Ben Alì
Dziri nei confronti della S.p.A. Fiordaliso, condannando la società
al pagamento a favore del lavoratore della somma di 4.800,00.
Il predetto lavoratore, assunto con contratto a tempo
indeterminato in data 28 settembre 1998 quale ausiliario di
vendita, aveva lamentato di essere stato adibito a turni lavorativi
notturni stressanti ed a contatto con sostanze chimiche, e di avere
riportato, per effetto dell’attività lavorativa svolta, gravi patologie

(“alopecia areata universale per esposizione a sostanze irritanti;
stati di disadattamento conseguente a sovraccarico psico-fisico”).
Aveva quindi chiesto il risarcimento dei danni biologici,
morali ed assistenziali, addebitando la responsabilità al datore di
lavoro per essere questo venuto meno all’obbligo di sorveglianza
medica preventiva e periodica e per averlo adibito ai turni notturni
nonostante le sue condizioni di salute fossero incompatibili con
tale lavoro.
La Corte di merito ha ritenuto che per il periodo antecedente
al settembre 1999 il lavoratore era stato sottoposto a visita
preventiva di idoneità alle mansioni assegnategli ed ha quindi
escluso la responsabilità del datore di lavoro; a decorrere da tale e
sino al maggio 2000, pur avendo il consulente tecnico d’ufficio
affermato che non vi era stato un aggravamento delle condizioni di
salute del lavoratore, tuttavia dalla documentazione medica in atti
era emerso “un sovraccarico psicofisico per i turni notturni”, che

SVOLGIMENTO DEL PROCESSO

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aveva contribuito a determinare la patologia psicosomatica
lamentata.
Aggiungeva che il danno biologico accertato dal consulente di
parte del ricorrente era pari al 35%; che tale danno non era
riconducibile al contatto con polveri chimiche, detersivi e simili,

inciso l’attività lavorativa svolta nei turni notturni; che, essendo
stato il lavoratore dispensato dai turni notturni nel maggio 2000, e
cioè dopo sei mesi dalla certificazione medica che aveva evidenziato
il sovraccarico psico-fisico a causa dei turni notturni, gli spettava,
a titolo di risarcimento dei danni, la somma di E 600,00 per ogni
mese in cui era stato adibito a detti turni (complessivamente E
4.800,00), somma liquidata in via equitativa ed attualizzata sino
alla data della decisione.
Per la cassazione di tale sentenza propone ricorso il lavoratore
sulla base di tre motivi. La società resiste con controricorso,
proponendo altresì ricorso incidentale per tre motivi, cui il
lavoratore ha replicato con controricorso. Le parti hanno
depositato memoria ex art. 378 cod. proc. civ.
MOTIVI DELLA DECISIONE
1.

Deve innanzitutto disporsi la riunione dei ricorsi,

principale ed incidentale, perché proposti avverso la stessa
sentenza (art. 335 cod. proc. civ.).
2. Con il primo motivo del ricorso principale, cui fa seguito il
relativo quesito di diritto di cui all’art. 366 bis cod. proc. civ., allora
in vigore (tale disposizione è stata abrogata dall’art. 47, comma 1,
lett. d), della legge 18 giugno 2009 n. 69 a decorrere dal 4 luglio
2009), il ricorrente denunzia violazione dell’art. 16 d. lgs. 626/94
nonché omessa, insufficiente e contraddittoria motivazione circa
un punto decisivo della controversia.
Deduce che la Corte di merito ha escluso erroneamente la
responsabilità del datore di lavoro per il periodo antecedente al
settembre 1999.

ma ad una patologia multifattoriale, sulla quale in parte aveva

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Ed infatti, in base alla disposizione dianzi indicata, il datore
di lavoro avrebbe dovuto sottoporre il lavoratore ad accertamenti
periodici al fine di accertarne lo stato di salute e verificare la
idoneità. dello stesso allo svolgimento delle mansioni assegnategli.
Ciò tanto più che nel dicembre 1998 aveva comunicato al

svolte, chiedendo di essere assegnato ai turni diurni.
In ordine a detto periodo peraltro il giudice d’appello aveva
inopinatamente omesso di disporre la rinnovazione della
consulenza tecnica, ritenendola superflua.
3. Con il secondo motivo il ricorrente principale, denunzia
omessa, insufficiente e contraddittoria motivazione circa un fatto
decisivo per il giudizio.
Rileva che la Corte di merito, dopo aver osservato che dalla
documentazione medica risultava che nel periodo anteriore al
settembre 1999 il lavoratore era stato sottoposto ad un
sovraccarico psico-fisico, non aveva tratto la logica conseguenza di
estendere anche a tale periodo l’esame delle condizioni di salute del
lavoratore attraverso il consulente tecnico.
4. Con il terzo motivo il ricorrente principale, nel denunziare
vizio di motivazione su un fatto decisivo per il giudizio, lamenta che
il danno biologico accertato dal giudice d’appello non giustificava
in alcun modo “una quantificazione così esigua”.
5. Con il primo motivo del ricorso incidentale, la società
Fiordaliso, denunziando insufficiente e contraddittoria motivazione
su un punto decisivo della controversia, lamenta che, pur avendo il
c.t.u. accertato che non risultava documentato un aggravamento
“della patologia” con riguardo al periodo che va dal settembre 1999
al maggio 2000, il giudice d’appello ha ravvisato per tale periodo
una responsabilità dell’azienda, condannandola al risarcimento dei
danni, pervenendo ad una decisione priva di riscontri probatori o
documentali e fondata su mere congetture.

datore di lavoro l’insorgenza di disturbi collegati alle mansioni

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6. Con il secondo motivo del ricorso incidentale la società
chiede dichiararsi inammissibile il ricorso principale per avere il
lavoratore chiesto “la cassazione della sentenza impugnata, con
ogni consequenziale provvedimento di legge”.
Sostiene che ove dovessero essere accolte tali conclusioni la
reviviscenza della sentenza di primo grado che aveva accertato
l’assenza di qualsiasi responsabilità in capo alla Fiordaliso S.p.A.
7. Con il terzo motivo del ricorso incidentale la società
Fiordaliso deduce l’inammissibilità del primo motivo del ricorso
principale, perché non corredato dal quesito di diritto ex art. 366

bis cod. proc., e del secondo e del terzo motivo perché non
contengono l’indicazione delle norme di diritto su cui essi si
fondano né la chiara indicazione del fatto controverso in relazione
al quale la motivazione si assume omessa o contraddittoria.
8. I primi due motivi del ricorso principale e il primo motivo
del ricorso incidentale vanno trattati congiuntamente, in quanto
censurano la sentenza impugnata in ordine alla statuizione relativa
alla responsabilità del datore di lavoro.
Secondo il ricorrente principale tale responsabilità avrebbe
dovuto essere affermata non solo per il periodo che va dal
settembre 1999 al maggio 2000, ma anche per il periodo
antecedente al settembre 1999.
Ad avviso del ricorrente incidentale era da escludere ogni
responsabilità del datore di lavoro, sia prima che dopo il settembre
1999.
9. Tutti i predetti motivi devono essere rigettati.
La Corte di merito ha accertato che il lavoratore, avente la
qualifica di ausiliario di vendita, venne sottoposto all’atto
dell’assunzione (settembre 1998) a visita preventiva, risultando
idoneo all’espletamento dei turni notturni. Ha quindi escluso che
potessero ravvisarsi a carico del datore di lavoro elementi di
responsabilità per averlo adibito a tali turni, e ciò sino al

sentenza impugnata verrebbe integralmente rimossa, con

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settembre 1999, quando il lavoratore segnalò, con apposita
certificazione medica, i “disturbi manifestatisi”.
Per il periodo successivo al settembre 1999, la Corte
territoriale ha accertato che la documentazione medica in atti
aveva comprovato il “sovraccarico psicofisico” conseguente al

dovuto rigettare la domanda, ancorchè il c.t.u. avesse escluso in
relazione a tale periodo aggravamenti della patologia.
Tali essendo gli accertamenti eseguiti dal giudice di merito,
devono essere rigettate le censure proposte dal ricorrente
principale e da quello incidentale, le quali mirano sostanzialmente
al riesame degli elementi già oggetto di valutazione della Corte di
merito, che, viceversa, non sono sindacabili in questa sede, se non
per vizio di motivazione non ricorrente nella specie.
A tale ultimo riguardo non è ravvisabile contraddittorietà
della motivazione nell’avere la sentenza impugnata affermato che
“già dal periodo di insorgenza della malattia” il lavoratore era stato
sottoposto ad un sovraccarico psico-fisico per i turni notturni,
facendo poi decorrere la responsabilità del datore di lavoro dal
settembre 1999.
Ed infatti la stessa Corte ha precisato che la certificazione
medica dei disturbi lamentati dal lavoratore è del settembre 1999,
data a decorrere dalla quale la Corte di merito ebbe a ravvisare la
responsabilità del datore di lavoro sino a quando, nel maggio 2000,
il lavoratore venne spostato ai turni diurni.
Parimenti non è ravvisabile vizio di motivazione nell’avere la
sentenza impugnata affermato la responsabilità del datore di
lavoro a decorrere dal settembre 1999, pur avendo il c.t.u.
accertato che non risultava documentato un aggravamento “della

patologia in nferimento al periodo che va dal settembre 1999 al
maggio 2000”.
Ed infatti, a prescindere che non era necessario un
“aggravamento” della patologia per dispensare il lavoratore dai

lavoro svolto nei turni notturni, onde il primo giudice non avrebbe

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turni notturni, la Corte di merito ha precisato che dalla
documentazione medica in atti risultava che l’adibizione a tali
turni comportava “un sovraccarico psicofisico” che avrebbe dovuto
indurre il datore di lavoro a spostare il lavoratore ai turni diurni.
10. Il terzo motivo del ricorso principale è inammissibile.

parte prodotta dal ricorrente, che aveva attestato una invalidità del
medesimo pari al 35%, ha affermato che tale invalidità, come
accertato dal consulente tecnico d’ufficio, non era riconducibile al
contatto con polveri chimiche, detersivi e simili, ma ad una
patologia multifattoriale, sulla quale in parte aveva inciso l’attività
lavorativa svolta nei turni notturni.
Ha aggiunto che, essendo stato il lavoratore dispensato dai
turni notturni dopo sei mesi dalla certificazione medica che aveva
evidenziato un sovraccarico psico-fisico a causa di tali turni, gli
spettava, a titolo di risarcimento dei danni, la somma di E 600,00
per ogni mese in cui aveva continuato a lavorare nei turni notturni
(complessivamente E 4.800,00), somma liquidata in via equitativa
ed attualizzata sino alla data della decisione.
Il ricorrente principale ha censurato tale liquidazione,
ritenendola “esigua”, atteso che era stata accertata, “come emerge
dalla stessa sentenza”, una invalidità pari al 35%.
Ma, diversamente da quanto assume il lavoratore, la Corte di
merito ha precisato che l’invalidità del 35% era stata determinata
dal consulente tecnico di parte e che sulla stessa – come accertato
dal consulente tecnico d’ufficio – aveva inciso in misura ridotta la
patologia psicosomatica lamentata dal ricorrente.
Tale motivazione è stata del tutto ignorata dal ricorrente, il
quale, al di là della affermata esiguità della liquidazione, nulla ha
dedotto a sostegno del motivo.
11. Il secondo motivo del ricorso incidentale è inammissibile.
Anzitutto perché non viene mossa all’impugnata sentenza
alcuna censura, vertendo questa sull’inanimissibilità del ricorso

La Corte territoriale, richiamata la consulenza tecnica di

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avversario, circostanza che avrebbe dovuto formare oggetto di una
mera eccezione e non già di ricorso incidentale.
In secondo luogo perché la censura è priva di interesse,
perché la cassazione integrale della sentenza impugnata gioverebbe
alla ricorrente incidentale.

I

desume chiaramente che esso è volto non già alla cassazione
integrale della sentenza, ma solo all’annullamento parziale della
stessa, e cioè nella parte in cui non sono stati riconosciuti al
lavoratore i danni anche per il periodo antecedente al settembre
1999 e in quella relativa alla liquidazione dei danni, ritenuta
modesta.
12. Il terzo motivo del ricorso incidentale è inammissibile
perché, come il precedente, non muove censure all’impugnata
sentenza, ma solo eccezioni volte alla declaratoria di
inammissibilità del ricorso avversario.
Peraltro dette eccezioni sono infondate: il primo motivo
contiene il quesito di diritto; il secondo e il terzo, ancorchè non
venga richiamato l’art. 360, primo comma, n. 5), cod. proc. civ.,
denunziano specificamente il vizio di omessa, insufficiente e
contradditoria motivazione in ordine alla affermata responsabilità
del datore di lavoro per l’infortunio in questione.
13. I ricorsi devono, in conclusione, essere rigettati, previa
compensazione tra le parti delle spese del presente giudizio, avuto
riguardo alla reciproca soccombenza delle parti.
P. Q . M .
La Corte riunisce i ricorsi e li rigetta. Compensa le spese tra le
parti.
Così deciso in Roma in data 18 settembre 2013.

In terzo luogo perché dai motivi del ricorso principale si

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