Sentenza Sentenza Cassazione Civile n. 26392 del 19/11/2020

Cassazione civile sez. II, 19/11/2020, (ud. 08/09/2020, dep. 19/11/2020), n.26392

LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE

SEZIONE SECONDA CIVILE

Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:

Dott. MANNA Felice – Presidente –

Dott. GORJAN Sergio – rel. Consigliere –

Dott. GIANNACCARI Rossana – Consigliere –

Dott. DONGIACOMO Giuseppe – Consigliere –

Dott. VARRONE Luca – Consigliere –

ha pronunciato la seguente:

ORDINANZA

sul ricorso 24250-2019 proposto da:..

J.S., rappresentato e difeso dall’avv. MARCO FERRERO;

– ricorrente –

contro

MINISTERO DELL’INTERNO, (OMISSIS), IN PERSONA DEL MINISTRO

PRO-TEMPORE, elettivamente domiciliato in ROMA, VIA DEI PORTOGHESI

12, presso. AVVOCATURA GENERALE DELLO STATO, che lo rappresenta e

difende;

– controricorrente –

avverso la sentenza n. 278/2019 della CORTE D’APPELLO di VENEZIA,

depositata il 04/02/2019;

udita la relazione della causa svolta nella camera di consiglio del

08/09/2020 dal Consigliere Dott. SERGIO GORJAN.

 

Fatto

CONSIDERATO IN FATTO

J.S. – cittadino del (OMISSIS) – ebbe a proporre avanti il Tribunale di Venezia ricorso avverso la decisione della Commissione Territoriale per il riconoscimento della Protezione Internazionale di Venezia sez. Padova, che aveva rigettato la sua istanza di ottenimento della protezione in relazione a tutti gli istituti previsti.

Il Tribunale lagunare ebbe ad accogliere la domanda del richiedente asilo relativa alla protezione sussidiaria.

Il Ministero degli Interni ebbe a proporre gravame e la Corte d’Appello di Venezia ha accolto l’impugnazione mossa dall’Amministrazione, rigettando quella incidentale mossa dallo J., poichè effettivamente non appariva credibile il racconto del richiedente asilo quando asseriva di poter venir perseguitato nel suo Paese per la sua omosessualità.

Il J. ha proposto ricorso per cassazione avverso la sentenza della Corte serenissima articolato su due motivi.

Il Ministero degli Interni resiste con controricorso.

E’ intervenuta con requisitoria scritta la P.G., in persona della Dott. Ceroni, che ha concluso per l’accoglimento del ricorso.

Diritto

RAGIONI DELLA DECISIONE

Il ricorso proposto da J.S. s’appalesa privo di fondamento e va rigettato.

Con il primo motivo di ricorso l’impugnante deduce violazione del D.Lgs. n. 251 del 2007, artt. 3, 5, 6,7 e 14, D.Lgs. n. 25 del 2008, art. 8, comma 3, art. 27, commi 1 e 1 bis e art. 35 nonchè regole delle direttiva UE 83/2004, poichè la Corte lagunare ha basato la sua decisione solo sulla sua non credibilità in ordine alla ragione a fondamento della decisione di espatriare senza seguire le regole al riguardo poste dalla normativa e senza attivare l’istituto della collaborazione istruttoria circa la criminalizzazione dell’omosessualità in (OMISSIS).

L’argomentazione critica svolta si compendia nella mera contestazione della valutazione circa la non credibilità dell’affermazione del ricorrente d’esser fuggito dal (OMISSIS) in dipendenza della sua omosessualità, che lo aveva anche portato a scontare una fase di detenzione preventiva, operata dalla Corte serenissima.

Anche il P.G. nella sua requisitoria scritta attinge con critica detta questione osservando come la motivazione elaborata dai Giudici marciani sia perplessa e discriminatoria in quanto svolta con criterio atomistico nel valutare le contraddizioni afferenti dati marginali del racconto e fondata su opinioni personali dei Giudici, specie con riguardo alla necessità che la tendenza sessuale si conformasse a stabilità per ritenere esistente persecuzione tutelabile e non anche potesse presentarsi siccome ancora non stabilizzata, come di certo accaduto nella specie.

Il Collegio veneto, invece, ha puntualmente messo in evidenza le ragioni fondanti la sua statuizione di non credibilità – genericità delle notizie riferite circa la sua unica relazione omosessuale, incapacità di fornire notizia alcuna circa il processo in (OMISSIS), anche contro il suo amico, nonostante sia in contatto con i genitori – nonchè le ragioni della scarsa valenza probatoria di conferma del racconto rappresentata dal documento, dimesso dal richiedente asilo.

La Corte territoriale ha osservato come il documento si compendiava in mero modulo privo di ogni attestazione, che ne comprovi la provenienza dalla Polizia (OMISSIS) e, soprattutto, che si riferisca al procedimento penale riferito dal J. stante lo scarto temporale sottolineato dalla Corte tra la data posta sullo stesso ed il momento – di molto antecedente – della scarcerazione riferita dal ricorrente nel suo narrato.

Le argomentazioni critiche svolte e dal ricorrente e dal P.G. in effetti non attingono il complesso della motivazione elaborata dai Giudici serenissimi ponendo in evidenza solamente delle criticità non essenziali ovvero enfatizzando argomento – discriminatorio – isolandolo dal contesto in cui l’ha collocato la Corte di merito.

Difatti il ragionamento esposto dai Giudici del gravame non si fonda solo sull’osservazione logica – di natura soggettiva – del fatto che, nonostante le riferite cautele poste in essere, la relazione omosessuale intrattenuta dallo J. fosse stata scoperta, ma soprattutto sull’osservazione che non poteva ritenersi credibile che il ricorrente non avesse mai chiesto ai genitori – che pure avevano pagata la cauzione per la sua scarcerazione e consigliatogli di espatriare – notizie circa l’andamento del procedimento penale – asseritamente – in corso a suo carico e del suo compagno, nonostante abbia confermato di essere costantemente in contatto con loro.

Riguardo detta fondamentale osservazione, che si collega a specifico indice richiesto dal D.Lgs. n. 251 del 2007, art. 3, comma 5, lett. a) in punto attenuazione dell’onere probatorio – ossia che il richiedente asilo abbia svolto ogni sforzo per circostanziare la sua narrazione – sia parte ricorrente che il P.G. non svolgono alcuna specifica contestazione.

Parte ricorrente enfatizza la mancata valutazione della circostanza che in (OMISSIS) l’omosessualità è reato, ma un tanto risulta irrilevante una volta che la Corte territoriale ha motivatamente ritenuto non credibile il suo racconto basato proprio sulla persecuzione in ragione del suo rapporto omosessuale, in conseguenza del quale era sottoposto a procedimento penale.

Quanto, poi, all’osservazione critica che il Collegio lagunare non ebbe ad assumere le dovute informazioni circa la criminalizzazione in (OMISSIS) dell’omosessualità, l’evanescenza logica della stessa appare solo si consideri l’irrilevanza d’un tanto una volta posto che il richiedente asilo non appare credibile quando riferisce del suo rapporto omosessuale.

Il P.G., a sua volta, enfatizza in modo specifico il cenno alla mancata deduzione della tendenza sessuale manifestata siccome stabile e, non già, collegata alla sola esperienza vissuta.

In effetti la Corte marciana, però, opera detta considerazione non già quale affermazione dogmatica – in effetti errata – che assuma rilievo ai fini della protezione internazionale solo la tendenza sessuale stabile, bensì quale apprezzamento concreto in relazione alla specifica situazione narrata.

I Giudici veneziani, infatti, si limitano a rilevare che, una volta esclusa la credibilità della narrazione resa dal richiedente asilo – si trova sotto procedimento penale a cagione della specifica relazione omosessuale con il compagno di scuola – in difetto di allegazione circa sua consolidata propensione sessuale, non risulta prospettarsi attualmente un pericolo di persecuzione in caso di rimpatrio.

Dunque mera osservazione di conforto collegata alla specifica condizione del ricorrente e non affermazione di una regola avente carattere generale, sicchè, così inquadrata la critica elevata dal P.G. non pare cogliere l’effettiva ratio della decisione assunta dalla Corte veneta.

Con la seconda ragione di doglianza il ricorrente lamenta violazione delle regole di diritto portate D.Lgs. n. 286 del 1998, ex art. 5, comma 6, art. 10, comma 4 e art. 19 ed omesso esame di fatti e documenti determinanti ai fini del riconoscimento della protezione umanitaria, in quanto la Corte serenissima nell’esaminare la sua domanda al riguardo ha omesso di apprezzare la documentazione da lui dimessa circa la sua integrazione sociale, elemento rilevante, come insegna questa Suprema Corte, per operare la complessiva valutazione al fine di individuare la vulnerabilità richiesta.

Anche il P.G. attinge criticamente detta questione focalizzandosi, però, sull’affermazione del Collegio marciano che la non credibilità del racconto reso dal richiedente asilo si riflette anche sull’esame dell’istanza di godere della protezione umanitaria, in quanto statuizione ritenuta contraria al più recente indirizzo di legittimità sul punto.

L’argomentazione critica sviluppata in ricorso prescinde dall’effettiva motivazione sul punto esposta dalla Corte lagunare.

Difatti i Giudici veneti ebbero, da un lato, a porre in evidenza come non concorreva situazione di vulnerabilità poichè e non credibile l’affermazione di propria omosessualità e non esistente una situazione emergenziale nel proprio Paese d’origine tale da incidere sensibilmente sui diritti fondamentali.

Inoltre il Collegio marciano ha sottolineato come il solo elemento dell’inserimento nella società italiana ex se non era sufficiente all’uopo, poichè veniva altrimenti leso il principio di legalità, che governa la disciplina circa i flussi migratori in Italia per motivi di lavoro.

Tale due questioni – fondanti il dictum della Corte serenissima – non risultano attinte da specifica critica, posto che lo J. si limita ad enfatizzare la documentazione – la cui valutazione non già fu omessa dalla Corte territoriale ma ritenuta irrilevante – lumeggiante la buona conoscenza della lingua italiana ed attività occupazionale stabile e richiamare arresto di questo Supremo Collegio.

Ma proprio detto insegnamento conforta la statuizione adottata dai Giudici veneziani, siccome confermato da questa Corte a sezioni Unite – Cass. n. 29459/19 -, poichè ribadisce che ex se l’elemento in questione non può fondare l’accoglimento dell’istanza di protezione umanitaria se non a seguito della valutazione complessiva che consenta di enucleare situazioni di specifica vulnerabilità, nella specie motivatamente non rilevate dal Collegio serenissimo. Con relazione alla critica portata dal P.G., in disparte che l’affermazione dei primi Giudici appare correlata all’osservazione che non sono prospettati dal ricorrente a sostegno della sua istanza di protezione umanitaria elementi ulteriori e diversi – allegazione invece necessaria secondo l’insegnamento di questo Supremo Collegio – rispetto a quelli già prospettati ed esaminati in relazione alla principale domanda di protezione internazionale – Cass. sez. 3 n. 8819/20, Cass. sez. 1 n. 13573/20, Cass. sez. 1 n. 7985720, Cass. sez. 1 n. 21123/19, Cass. sez. 1 n. 15794/19 -, rimane dirimente il rilievo che il Tribunale marciano ha comunque proceduto a valutare nel merito la domanda de qua.

Difatti i primi Giudici hanno puntualizzato come il ricorrente non aveva indicato dati fattuali – ulteriori rispetto a quelli già negativamente esaminati – lumeggianti condizione soggettiva od oggettiva di vulnerabilità ed aveva valutato l’elemento dell’inserimento sociale come sopra già illustrato, così espletando – Cass. SU n. 29459/19 – la richiesta valutazione complessiva dei vari dati fattuali rilevanti in ordine all’istituto in questione.

Quanto poi alla prospettata – dal P.G. – esigenza di rimettere la questione alle Sezioni unite di questa Corte non reputa questo Collegio la stessa concorra poichè anche gli arresti evocati nella requisitoria scritta postulano sempre l’allegazione almeno di un dato fattuale ulteriore rispetto a quelli dedotti con il narrato ritenuto non credibile.

Quindi l’argomento sviluppato dal P.G. non si correla in concreto con la complessiva motivazione illustrata dal Tribunale riguardo alla domanda tesa al riconoscimento del diritto di godere della protezione umanitaria.

Al rigetto del ricorso non segue, ex art. 385 c.p.c., la condanna del ricorrente alla rifusone delle spese di questo giudizio di legittimità in favore dell’Amministrazione poichè il controricorso depositato non presenta il contenuto processuale tipico di detto atto.

Concorrono in capo al ricorrente le condizioni processuali per l’ulteriore pagamento del contributo unificato.

P.Q.M.

Rigetta il ricorso, nulla per le spese.

Ai sensi del D.P.R. 30 maggio 2002, n. 115, art. 13, comma 1 quater si dà atto della sussistenza dei presupposti processuali per il versamento da parte del ricorrente dell’ulteriore importo a titolo di contributo unificato pari a quello, ove dovuto, per il ricorso a norma del D.P.R. n. 115 del 2002, art. 13, comma 1 bis.

Così deciso in Roma, nell’adunanza di camera di consiglio, il 8 settembre 2020.

Depositato in Cancelleria il 19 novembre 2020

 

 

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