Sentenza Sentenza Cassazione Civile n. 26391 del 20/12/2016

Cassazione civile, sez. VI, 20/12/2016, (ud. 20/10/2016, dep.20/12/2016),  n. 26391

LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE

SEZIONE SESTA CIVILE

SOTTOSEZIONE L

Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:

Dott. CURZIO Pietro – Presidente –

Dott. ARIENZO Rosa – Consigliere –

Dott. FERNANDES Giulio – Consigliere –

Dott. GARRI Fabrizia – rel. Consigliere –

Dott. MANCINO Rossana – Consigliere –

ha pronunciato la seguente:

ORDINANZA

sul ricorso 29050/2014 proposto da:

G.I., elettivamente domiciliata in ROMA, VIA R. GRAZIOLI LANTE

16, presso lo studio dell’avvocato PAOLO BONAIUTI, rappresentata e

difesa dall’avvocato MARCELLO CECCHINI giusta procura speciale in

calce al ricorso;

– ricorrente –

contro

ISTITUTO NAZIONALE DELLA PREVIDENZA SOCIALE – INPS, in persona del

legale rappresentante pro tempore, elettivamente domiciliato in

ROMA, VIA CESARE BECCARIA 29, presso l’AVVOCATURA CENTRALE

DELL’ISTITUTO, rappresentato e difeso dagli avvocati EMANUELA

CAPANNOLO, MAURO RICCI, CLEMENTINA PULLI, giusta procura a margine

del controricorso;

– controricorrente

avverso la sentenza n. 280/2014 del TRIBUNALE di ANCONA, depositata

il 04/06/2014;

udita la relazione della causa svolta nella Camera di consiglio del

20/10/2016 dal Consigliere Relatore Dott. FABRIZIA GARRI;

udito l’Avvocato Massimo Silvestri (delega avvocato Marcello

Cecchini) difensore della ricorrente che si riporta agli scritti;

udito l’Avvocato Antonella Patteri (delega avvocato Mauro Ricci)

difensore del controricorrente che si riporta agli scritti.

Fatto

RAGIONI DI FATTO E DI DIRITTO DELLA DECISIONE

Il Tribunale di Ancona decidendo sul ricorso proposto da G.I. ha confermato la valutazione espressa in sede di ATP ed ha condannato l’Inps a corrisponderle l’indennità di accompagnamento dal 23.11.2012 con gli interessi legali e la rivalutazione monetaria, compensando tra le parti le spese del giudizio e ponendo le spese di ctu a carico dell’Inps.

Per la cassazione della sentenza limitatamente all’accertata decorrenza della prestazione propone ricorso G.I. sulla base di due motivi con i quali denuncia la erronea applicazione della L. n. 18 del 1980, art. 1, ed il vizio di motivazione per aver omesso di esaminare il verbale della Commissione medica Asur ex L. n. 104 del 1992.

Resiste l’Inps con controricorso.

La ricorrente ha depositato memoria con la quale ha ulteriormente illustrato le ragioni esposte nel ricorso insistendo nelle conclusioni già prese. Tanto premesso va rilevato che il Tribunale ha correttamente ricostruito sulla base di quali presupposti è in astratto consentito il riconoscimento della prestazione azionata (indennità di accompagnamento della L. n. 18 del 1980, ex art. 1) che consistono, alternativamente, nella impossibilità di deambulare senza l’aiuto permanente di un accompagnatore, oppure nella incapacità di compiere gli atti quotidiani della vita senza continua assistenza. La situazione di non autosufficienza che è alla base del riconoscimento del diritto in esame è caratterizzata dalla permanenza dell’aiuto fornito dall’accompagnatore per la deambulazione, o dalla quotidianità degli atti che il soggetto non è in grado di svolgere autonomamente.

Ha quindi verificato in concreto, sulla base del materiale probatorio acquisito, e con valutazione esente da censure, che solo con la visita in sede di ATP era stato possibile constatare l’esistenza delle condizioni sanitarie necessarie al riconoscimento della prestazione azionata.

Ha sottolineato infatti che per il periodo pregresso era carente la documentazione sanitaria che ne avrebbe consentito una retrodatazione.

Si tratta, all’evidenza, di valutazione di merito che non compete a questa Corte.

Va rammentato che, per costante insegnamento di questa Corte, in materia di prestazioni previdenziali o assistenziali, il difetto di motivazione, denunciabile in cassazione, della sentenza che abbia prestato adesione alle conclusioni del consulente tecnico d’ufficio è ravvisabile solo in caso di palese deviazione dalle nozioni correnti della scienza medica, la cui fonte va indicata, o nell’omissione degli accertamenti strumentali dai quali, secondo le predette nozioni, non si può prescindere per la formulazione di una corretta diagnosi.

Al di fuori di tale ambito la censura anzidetta costituisce mero dissenso diagnostico non attinente a vizi del processo logico formale, che si traduce, quindi, in una inammissibile critica del convincimento del giudice (cfr. tra le tante Cass. n. 1652 del 2012, n. 569 del 2011, n. 9988 del 2009 e n. 8654 del 2008).

Nè d’altronde appare decisivo l’esame del verbale della Commissione medica che ha riconosciuto il diritto ai benefici di cui alla L. n. 104 del 1992, ove si consideri che la valutazione espressa in quella sede aveva riguardo a benefici di altra natura e che proprio in tale prospettiva le patologie erano state valutate.

Per tutto quanto sopra considerato il ricorso, manifestamente infondato, deve essere rigettato.

Sussistono i presupposti per l’esonero dal pagamento delle spese del giudizio ai sensi dell’art. 152 disp. att. c.p.c., ed inoltre l’ammissione al gratuito patrocinio esonera la ricorrente dal versamento del contributo unificato.

PQM

La Corte, rigetta il ricorso.

Dichiara non ripetibili le spese del giudizio di legittimità e dà atto della non sussistenza dei presupposti per il versamento da parte della ricorrente dell’ulteriore importo a titolo di contributo unificato pari a quello dovuto per il ricorso a norma del D.P.R. n. 115 del 2002, art. 13, comma 1 bis.

Così deciso in Roma, il 20 ottobre 2016.

Depositato in Cancelleria il 20 dicembre 2016

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