Sentenza Sentenza Cassazione Civile n. 26390 del 19/11/2020

Cassazione civile sez. un., 19/11/2020, (ud. 20/10/2020, dep. 19/11/2020), n.26390

LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE

SEZIONI UNITE CIVILI

Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:

Dott. SPIRITO Angelo – Primo Presidente f.f. –

Dott. MANNA Felice – Presidente di sez. –

Dott. TRIA Lucia – Presidente di sez. –

Dott. TORRICE Amelia – Consigliere –

Dott. FERRO Massimo – Consigliere –

Dott. GIUSTI Alberto – Consigliere –

Dott. GRAZIOSI Chiara – Consigliere –

Dott. CIRILLO Francesco Maria – Consigliere –

Dott. NAZZICONE Loredana – rel. Consigliere –

ha pronunciato la seguente:

SENTENZA

sul ricorso 16767-2019 proposto da:

AGENZIA IPPICA SAN GIOVANNI S.R.L., in persona del legale

rappresentante pro tempore, elettivamente domiciliata in ROMA,

PIAZZA DEI MARTIRI DI BELFIORE 2, presso lo studio dell’avvocato

LEOPOLDO DI BONITO, che la rappresenta e difende;

– ricorrente –

contro

MINISTERO DELL’ECONOMIA E DELLE FINANZE, MINISTERO DELLE POLITICHE

AGRICOLE ALIMENTARI E FORESTALI, AGENZIA DELLE DOGANE E DEI

MONOPOLI;

– intimati –

avverso la sentenza n. 7645/2018 della CORTE D’APPELLO di ROMA,

depositata il 30/11/2018;

Udita la relazione della causa svolta nella pubblica udienza del

20/10/2020 dal Consigliere Dott. LOREDANA NAZZICONE;

udito il Pubblico Ministero, in persona del Sostituto Procuratore

Generale Dott. CAPASSO Lucio, che ha concluso per il rigetto del

primo motivo del ricorso, ed accoglimento del secondo;

udito l’avvocato Leopoldo Di Bonito.

 

Fatto

FATTI DI CAUSA

Con il bando pubblicato in data 11 maggio 2000 il Ministero delle finanze indisse una procedura di evidenza pubblica al fine dell’attribuzione di 671 concessioni per l’esercizio dei servizi di raccolta e di gestione delle scommesse ippiche al totalizzatore nazionale ed a quota fissa sulle corse dei cavalli, della durata di sei anni, rinnovabili per altri sei.

Lamentando che, sin dal 1999, il settore aveva conosciuto una forte crisi, determinata sia dalla diffusione del gioco clandestino, sia dall’ingresso di imprese estere, l’Agenzia Ippica San Giovanni s.r.l. propose domanda di arbitrato, chiedendo di accertare le dette trasformazioni del mercato delle scommesse ippiche e la non debenza delle prestazioni patrimoniali a carico delle agenzie, ai sensi dell’art. 1460 c.c.; essa chiese altresì, fra l’altro, la condanna dei ministeri all’adempimento ed al risarcimento del danno.

Il lodo arbitrale reso il 30 ottobre 2013 ha affermato la responsabilità dei Ministeri, che sono stati condannati al risarcimento del danno.

La Corte d’appello di Roma, innanzi alla quale il lodo è stato impugnato, con sentenza del 16 luglio 2018, n. 4921, ha dichiarato la nullità del lodo arbitrale, ritenendo la controversia appartenente alla giurisdizione esclusiva del giudice amministrativo.

La corte del merito ha ritenuto che il collegio arbitrale si sia pronunciato su questioni non compromettibili, dal momento che l’agenzia si duole, nella sostanza, del mancato esercizio, da parte dei Ministeri, del potere istituzionale di impedire la “concorrenza sleale”, integrata dal fenomeno delle scommesse ippiche in territorio estero e da quelle clandestine, le quali avrebbero sconvolto l’equilibrio contrattuale tra concedente e concessionario, determinando l’inadempimento dell’agenzia, da reputarsi per l’effetto incolpevole. Poichè tutto ciò coinvolge valutazioni inerenti la discrezionalità amministrativa, la giurisdizione esclusiva appartiene al G.A.

Avverso questa decisione propone ricorso l’Agenzia Ippica San Giovanni s.r.l., affidato a due motivi.

Non svolgono difese gli intimati.

Il P.G. ha chiesto, nelle sue conclusioni scritte, il rigetto del primo motivo del ricorso e l’accoglimento del secondo.

Diritto

RAGIONI DELLA DECISIONE

1. – I due motivi di ricorso possono essere come segue riassunti:

1) violazione e falsa applicazione dell’art. 11 (rectius 111) Cost. e 132 c.p.c., per la motivazione omessa o insufficiente, dato che la sentenza impugnata si è limitata a rinviare per relationem ad altra decisione della medesima corte d’appello, con adesione acritica, e senza rendere percepibile il fondamento della decisione assunta;

2) “motivi attinenti alla giurisdizione”, perchè, con la domanda arbitrale, l’agenzia aveva allegato l’inadempimento della p.a. sotto due profili, ovvero la presenza di reti illegali e di operatori stranieri, ed i ritardi nell’attivazione delle scommesse a quota fissa, telefoniche o telematiche: dunque, per il D.Lgs. n. 80 del 1998, art. 33 come modificato dalla L. n. 205 del 2000, art. 7, comma 1, lett. a), la competenza è del giudice ordinario, cui compete quella sulle controversie concernenti indennità, canoni e corrispettivi per la concessione di pubblici servizi, dove la p.a. non opera come autorità; per l’art. 12 c.p.a., già L. n. 205 del 2000, art. 6, comma 2, la controversia è devoluta al G.A. in via esclusiva, ma concerne diritti soggettivi e, quindi, è possibile devolverla in arbitrato rituale. Infatti, le agenzie non hanno formulato mai domanda di rideterminazione del canone in ragione del cd. minimo garantito, nè l’amministrazione poteva sul punto intervenire; esse, invece, hanno denunziato il comportamento inerte della p.a., che avrebbe dovuto attivarsi per garantire l’esclusività del mercato oggetto delle concessioni, alterato come detto, in posizione paritetica coi privati e nella fase esecutiva del rapporto concessorio.

2. – Il primo motivo è infondato.

In tema di motivazione per relationem, questa Corte ha già chiarito che il giudice può operare un rinvio ad altro precedente in termini, purchè dia conto, sia pur sinteticamente, delle ragioni della decisione assunta, con riguardo ai motivi esaminati, nonchè della identità delle questioni prospettate; ciò, queste Sezioni unite hanno affermato pur quando la sentenza in motivazione si limiti a riprodurre il contenuto di un altro provvedimento giudiziario, occorrendo solo, in tal caso, che “le ragioni della decisione siano, in ogni caso, attribuibili all’organo giudicante e risultino in modo chiaro, univoco ed esaustivo” (Cass., sez. un., 16 gennaio 2015, n. 642; si vedano, altresì, fra le altre, Cass. 5 agosto 2019, n. 20883; Cass. 5 novembre 2018, n. 28139; Cass. 19 luglio 2016, n. 14786; Cass. 11 maggio 2012, n. 7347).

Nella specie, la motivazione della decisione impugnata dà chiaramente conto delle ragioni e dell’intendimento raggiunto, che risultano frutto di autonoma meditazione, pur rinviando ai propri precedenti in termini, a sostegno ulteriore della decisione assunta.

3. – Il secondo motivo censura la ritenuta giurisdizione del giudice amministrativo in materia di interessi legittimi ad opera della decisione impugnata, con conseguente dichiarazione di nullità del lodo.

3.1. – L’art. 133, lett. c) c.p.a. dispone che sono devolute alla giurisdizione amministrativa esclusiva “le controversie in materia di pubblici servizi relative a concessioni di pubblici servizi, escluse quelle concernenti indennità, canoni ed altri corrispettivi, ovvero relative a provvedimenti adottati dalla pubblica amministrazione o dal gestore di un pubblico servizio in un procedimento amministrativo, ovvero ancora relative all’affidamento di un pubblico servizio”.

L’art. 12, dal suo canto, prevede, quanto all’arbitrato, che le controversie, concernenti diritti soggettivi, e devolute alla giurisdizione del giudice amministrativo, possano essere devolute in arbitrato rituale di diritto.

3.2. – La sentenza impugnata ha fondato la decisione sulla qualificazione come interesse legittimo, e non di diritto soggettivo, della posizione giuridica soggettiva dedotta in giudizio, a fronte del lamentato inadempimento dei Ministeri all’obbligo di garantire l’esclusività nella raccolta delle scommesse e dell’adempimento tardivo nel permettere la raccolta delle scommesse a quota fissa, nonchè l’accettazione delle stesse per via telefonica e telematica: quando, invece, nell’assunto della ricorrente, si tratta di posizione di diritto soggettivo, derogabile con la devoluzione della lite in arbitrato.

3.3. – Tale conclusione non va condivisa, in ragione degli stessi quesiti sottoposti agli arbitri: i quali palesano come non si imputi alla p.a. il cattivo od inadeguato uso di poteri autoritativi pubblici, ma proprio l’essere alla medesima imputabili specifici inadempimenti negoziali, menzionati nei quesiti rivolti agli arbitri.

Invero, come rilevato anche dal sostituto procuratore generale nella requisitoria scritta, i quesiti sottoposti agli arbitri chiedevano operati gli opportuni raggruppamenti – di: a) accertare l’inadempimento agli obblighi contrattuali, con conseguente domanda di accertamento della valida eccezione ex art. 1460 c.c. e risarcimento del danno, nonchè di inefficacia della garanzia fideiussoria; b) in subordine, risolvere il contratto; c) accertare la “invalidità” di alcune clausole negoziali e la non debenza del cd. minimo garantito.

Il lodo ha accolto la domanda di risarcimento del danno per inadempimento sub a), in ragione delle ritenuta non osservanza delle obbligazioni assunte dal contratto.

Peraltro, anche le domande espressamente ivi non esaminate non avevano ad oggetto atti autoritativi della p.a.

Non essendo, dunque, censurato l’uso del potere autoritativo, ma l’inadempimento ad obblighi assunti, il principio già espresso da questa Corte è nel senso che si tratta di diritti soggettivi quando, nell’ambito della concessioni di pubblici servizi, la controversia sia relativa alla fase esecutiva del rapporto, dunque successiva all’aggiudicazione, ivi comprese le questioni inerenti agli adempimenti ed alle relative conseguenze indennitarie (Cass., sez. un., 18 dicembre 2019, n. 33691).

Ed ancora, si è precisato come sia questione di diritti soggettivi, allorchè venga in esame la fase esecutiva del contratto di concessione, la quale si estende alle questioni inerenti l’adempimento e l’inadempimento della stessa, nonchè le conseguenze risarcitorie, vertendosi nell’ambito di un rapporto paritetico tra le parti e non della spendita di poteri autoritativi tipizzati dalla legge (Cass., sez. un., 8 luglio 2019, n. 18267), restando materia di interessi legittimi solo ove l’amministrazione, sia pure successivamente all’aggiudicazione definitiva, intervenga con atti autoritativi incidenti direttamente sulla procedura di affidamento, mediante esercizio del potere di annullamento d’ufficio o di eventuali altri poteri riconosciuti dalla legge, o adotti atti autoritativi in un procedimento amministrativo disciplinato dalla L. n. 241 del 1990, oltre che nei casi tassativamente previsti (Cass., sez. un., 18 dicembre 2018, n. 32728).

Del resto, in analoga controversia, le Sezioni unite (Cass., sez. un., 26 ottobre 2020, n. 23418) hanno già ritenuto la necessità di dare continuità al principio, secondo cui nelle concessioni di pubblici servizi al giudice ordinario spetta di giudicare sulle questioni inerenti all’adempimento o all’inadempimento della concessione, e sui relativi effetti e conseguenze, anche di natura risarcitoria, con indagine diretta alla determinazione dei diritti e degli obblighi dell’amministrazione e del concessionario, nonchè di valutare, in via incidentale, la legittimità degli atti amministrativi incidenti sulla determinazione del corrispettivo. Con la conseguenza che le controversie appartenenti alla giurisdizione del giudice ordinario – a prescindere dalla portata e dal momento di efficacia della disposizione di cui alla L. n. 205 del 2000, art. 6, comma 2, (poi trasfuso nell’art. 12 c.p.a.) – possono essere compromesse in arbitrato rituale.

Nel delineato contesto si collocano, quindi, le domande proposte dalle agenzie concessionarie dinanzi al collegio arbitrale, il cui giudizio, “secondo diritto”, è stato attivato in base all’art. 15 della citata convenzione, avente ad oggetto “(t)utte le controversie tra i Ministeri delle finanze e delle politiche agricole e forestali ed il concessionario, nascenti dalla esecuzione, interpretazione e risoluzione della presente convenzione”.

Il petitum sostanziale delle ricordate pretese, azionate in sede arbitrale dalla odierna ricorrente, investe certamente il rapporto concessorio, ma nella fase della sua attuazione, successiva all’affidamento del servizio, venendo in discussione profili che non attengono all’esercizio di autorità amministrativa tipica incidente sullo stesso momento funzionale della concessione.

Occorre, altresì, ricordare il condivisibile principio, secondo cui (cfr. Cass., sez. un., 30 ottobre 2019, n. 27847), nell’ipotesi di deferimento a collegio arbitrale di controversie concernenti diritti soggettivi devolute alla giurisdizione esclusiva del giudice amministrativo, si pone una questione di rapporto tra le differenti giurisdizioni, ordinaria e speciale, non di merito sulla validità della compromissione in arbitrato della controversia; e il D.Lgs. n. 104 del 2010, art. 12 generalizza la possibilità di risolvere mediante arbitrato rituale le predette controversie, con conseguente ravvisabilità della giurisdizione ordinaria degli arbitri, onde l’impugnazione del lodo va proposta davanti alla corte d’appello, pur trattandosi di giurisdizione esclusiva del giudice amministrativo.

4. – In conclusione, respinto il primo motivo, in accoglimento del secondo la sentenza impugnata va cassata, con rinvio della causa alla Corte d’appello di Roma, in diversa composizione, perchè esamini nel merito l’impugnativa del lodo. Alla stessa si demanda pure la liquidazione delle spese di legittimità.

P.Q.M.

La Corte, a Sezioni unite, accoglie il secondo motivo di ricorso, respinto il primo; cassa la sentenza impugnata, dichiara la giurisdizione del giudice ordinario e rinvia la causa, anche per le spese del presente giudizio di legittimità, innanzi alla Corte d’appello di Roma, in diversa composizione.

Così deciso in Roma, nella Camera di consiglio delle Sezioni unite civili, il 20 ottobre 2020.

Depositato in Cancelleria il 19 novembre 2020

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