Sentenza Sentenza Cassazione Civile n. 26385 del 26/11/2013


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Civile Ord. Sez. 6 Num. 26385 Anno 2013
Presidente: LA TERZA MAURA
Relatore: MANCINO ROSSANA

ORDINANZA
sul ricorso 25292-2011 proposto da:
INPS – ISTITUTO NAZIONALE DELLA PREVIDENZA
SOCIALE 80078750587 in persona del Presidente e legale
rappresentante pro tempore, elettivamente domiciliato in ROMA, VIA
DELLA FREZZA 17, presso l’AVVOCATURA CENTRALE
DELL’ISTITUTO, rappresentato e difeso dagli avvocati CORETTI
ANTONIETTA, STUMPO VINCENZO, TRIOLO VINCENZO,
DE ROSE EMANUELE, giusta procura in calce al ricorso;
– ricorrente contro

RUBINO MARIA ANTONIETTA;
– intimata –

avverso la sentenza n. 5507/2010 della CORTE D’APPELLO di
BARI del 26.10.2010, depositata il 02/11/2010;

Data pubblicazione: 26/11/2013

udita la relazione della causa svolta nella camera di consiglio del
17/10/2013 dal Consigliere Relatore Dott. ROSSANA MANCINO;
udito per il ricorrente l’Avvocato Antonietta Coretti che si riporta agli
scritti.
E’ presente il Procuratore Generale in persona del Dott. MARIO

FRESA che si riporta alla relazione scritta.

Ric. 2011 n. 25292 sez. ML – ud. 17-10-2013
-2-

r.g.n. 25292/2011 Inps c/Rubino Maria Antonietta
Oggetto: operai agricoli a tempo determinato; riliquidazione indennità di disoccupazione; decadenza

Svolgimento del processo e motivi della decisione

1.

La causa è stata chiamata all’adunanza in camera di consiglio del 17 ottobre 2013,
ai sensi dell’art. 375 c.p.c., sulla base della seguente relazione redatta a norma

2

“Rubino Maria Antonietta, operaia agricola a tempo determinato, conveniva in
giudizio l’Inps chiedendo venisse accertato il suo diritto alla riliquidazione
dell’indennità di disoccupazione per l’anno 1998 non calcolato, dall’INPS, ai sensi
del D.Lgs. n. 146 del 1997, art. 4, tenuto conto dei minimi retributivi previsti dalla
contrattazione collettiva provinciale, con conseguente diritto alle differenze tra
quanto spettante e quanto percepito;

3. la Corte d’appello di Bari, riformando la sentenza del primo giudice, accoglieva la
domanda;
4. avverso detta sentenza l’INPS ricorre con tre motivi;
5.

la parte intimata non si è costituita;

6. la parte ricorrente deduce la violazione dell’art. 47, terzo comma,del d.p.r.
639/1970 e successive modifiche) e rileva che erroneamente la Corte territoriale ha
ritenuto inapplicabile la regola della decadenza alla richiesta di riliquidazione di
prestazioni previdenziali solo parzialmente riconosciute e liquidate dall’ente
previdenziale;
il motivo è manifestamente infondato, alla stregua di quanto deciso da ultimo dalla
sentenza di questa Corte n. 7245/2012 che ha confermato quanto già ritenuto
dalle Sezioni unite di questa Corte, con la precedente sentenza n. 12720/2009,
affermando il principio di diritto secondo cui: “La decadenza di cui all’art. 47
d.P.R. 30 aprile 1970 n. 639 – come interpretato dall’art. 6 d.l. 29 marzo 1991 n.
103, convertito, con modificazioni, nella 1. 1° giugno 1991 n. 166 – non può
trovare applicazione in tutti quei casi in cui la domanda giudiziale sia rivolta ad
ottenere non già il riconoscimento del diritto alla prestazione previdenziale in sé
considerata, ma solo l’adeguamento di detta prestazione già riconosciuta in un
importo inferiore a quello dovuto, come avviene nei casi in cui l’Istituto
previdenziale sia incorso in errori di calcolo o in errate interpretazioni della
normativa legale o ne abbia disconosciuto una componente, nei quali casi la
1
rgn. 25292/2011

dell’art. 380 bis c.p.c.:

pretesa non soggiace ad altro limite che non sia quello della ordinaria prescrizione
decennale”;
8. l’autorità del precedente arresto interpretativo delle sezioni unite della Corte e
l’indiretta conferma della sua correttezza proveniente dallo stesso legislatore che,
da ultimo, con l’art. 38, primo comma, lett. d) del D.L. 6 luglio 2011 n. 98,
convertito in legge n. 111 del medesimo anno, ha aggiunto al citato art. 47 un
ultimo comma, del seguente tenore: “Le decadenze previste dai commi che

l’adempimento di prestazioni riconosciute solo in parte o il pagamento di accessori
del credito. In tal caso il termine di decadenza decorre dal riconoscimento parziale
della prestazione ovvero dal pagamento della sorte”, precisando al quarto comma
che: “Le disposizioni di cui al comma 1, lett. c) e d) si applicano anche ai giudizi
pendenti in primo grado alla data di entrata in vigore del presente decreto”,
depongono, in definitiva, per l’inapplicabilità dell’art. 47 del D.P.R. 30 aprile 1970,
n. 639, prima delle integrazioni apportate citato art. 38 del D.L. n. 98 del 2011, al
caso di richiesta di riliquidazione di prestazioni previdenziali solo parzialmente
riconosciute e liquidate dall’ente previdenziale;
9. con gli altri due motivi di ricorso l’Istituto ricorrente, lamentando violazione degli
artt. 18,co.18 del d.l. 98/2011 convertito in!. 111/2011 e degli artt. 44,49 e 53 del
CCNL operai agricoli e florovivaisti del 1998 in relazione all’art. 6 comma 4 lettera
a) del d.lgs. n. 314/97 e all’art.3 d.l. n.318 del 1996 conv. in legge n.402 del 1996,
nonché in relazione agli artt. 1362, 2120 cod. civ. ed all’art. 4 commi 10 e 11 legge
297/82, censura la sentenza per avere incluso nella retribuzione da prendere a base
per la liquidazione dell’indennità di disoccupazione, anche la voce denominata
‘`quota di TFR” , la quale invece non dovrebbe esserlo, per avere – contrariamente
a quanto affermato la Corte territoriale – effettiva natura di retribuzione differita;

10. i motivi sono manifestamente fondati, alla stregua di quanto deciso da ultimo dalla
sentenza di questa Corte n. 202/2011 e da numerose altre conformi, con cui si è
enunciato il seguente principio: «Confermandosi quanto già ritenuto dalla
precedente sentenza di questa Corte n. 10546/2007 per cui “Ai fini della
liquidazione delle prestazioni temporanee in agricoltura, la nozione di retribuzione
– definita dalla contrattazione collettiva provinciale, da porre a confronto con il
salario medio convenzionale ex art. 4 del D.lgs. 16 aprile 1997 n. 146 – non è
comprensiva del trattamento di fine rapporto”, va ulteriormente affermato che,
2
r.g.n. 25292/2011

precedono si applicano anche alle azioni giudiziarie aventi ad oggetto

sulla base del suddetto principio, la voce denominata “quota di TFR” dai contratti
collettivi vigenti a partire da quello del 27.11.1991, va esclusa dal computo della
indennità di disoccupazione, in considerazione della volontà espressa dalle parti
stipulanti, che è vietato disattendere in forza della disposizione di cui all’art. 3
D.L. 14 giugno 1996 n. 318 convertito in legge 29 luglio 1996 n. 402, a norma del
quale, agli effetti previdenziali, la retribuzione dovuta in base agli accordi collettivi,
non può essere individuata in difformità rispetto a quanto definito negli accordi

indicata dalle parti stipulanti, non è ravvisabile alcuna illegittima alterazione degli
istituti legali da parte dell’autonomia collettiva»;
11. l’ interpretazione di cui alle citate pronunzie è stata da ultimo avallata dal

legislatore, il quale, con l’art. 18 comma 18 del DL n. 98/2011, convertito in legge
111/2011, ha stabilito che: “L’art. 4 del d.lgs. 16 aprile 1997 n. 146 e l’art. 1
comma 5 del D.L. 10 gennaio 2006 n. 2, convertito con modificazioni, dalla legge
11 marzo 2006 n. 18, si interpretano nel senso che la retribuzione, utile per il
calcolo delle prestazioni temporanee in favore degli operai agricoli a tempo
determinato, non è comprensiva della voce del trattamento di fine rapporto
comunque denominato dalla contrattazione collettiva”.
12

Sono seguite le rituali comunicazione e notifica della suddetta relazione,
unitamente al decreto di fissazione della presente udienza in Camera di consiglio.

13. Il Collegio condivide il contenuto della relazione, ritenendo manifestamente
fondato il ricorso, che va pertanto accolto, con la conseguente cassazione della
sentenza impugnata. Non essendo necessari ulteriori accertamenti di fatto, può
provvedersi nel merito e rigettarsi la domanda.
14. Alla luce della norma di interpretazione autentica sopravvenuta, che ha
definitivamente consentito di superare i contrasti interpretativi esistenti nella
materia, ricorrono giusti motivi per compensare le spese dell’intero processo.

P.Q.M.

La Corte accoglie il ricorso; cassa la sentenza impugnata in relazione ai motivi
accolti e, decidendo nel merito, rigetta la domanda relativa all’inclusione della
quota di TFR „nella base di calcolo dell’indennità di disoccupazione; compensa le

spese del giudizio.
3
r.gn. 2529212011

stessi. Dovendo escludersi che detta voce abbia natura diversa rispetto a quella

Così deciso in Roma il 17 ottobre 2013

IL PRESIDENTE

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