Sentenza Sentenza Cassazione Civile n. 26381 del 07/12/2011

Cassazione civile sez. I, 07/12/2011, (ud. 17/11/2011, dep. 07/12/2011), n.26381

LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE

SEZIONE PRIMA CIVILE

Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:

Dott. CARNEVALE Corrado – Presidente –

Dott. CECCHERINI Aldo – Consigliere –

Dott. CULTRERA Maria Rosaria – Consigliere –

Dott. GIANCOLA Maria Cristina – rel. Consigliere –

Dott. BISOGNI Giacinto – Consigliere –

ha pronunciato la seguente:

sentenza

sul ricorso proposto da:

C.B. (c.f. (OMISSIS)), elettivamente

domiciliato in ROMA, VIA TREVISO 15, presso l’avvocato MONETA

MANTUANO FERNANDA, che lo rappresenta e difende, giusta procura a

margine del ricorso;

– ricorrente –

contro

V.T. (c.f. (OMISSIS)), elettivamente domiciliata

in ROMA, VIA MARIO MUSCO 73, presso l’avvocato BONGHI ARMANDO, che la

rappresenta e difende, giusta procura a margine del controricorso;

– controricorrente –

avverso il decreto della CORTE D’APPELLO di ROMA, depositato il

20/07/2009;

udita la relazione della causa svolta nella pubblica udienza del

17/11/2011 dal Consigliere Dott. MARIA CRISTINA GIANCOLA;

udito, per la controricorrente, l’Avvocato ROSSELLA ALBAMONTI, con

delega, che ha chiesto il rigetto del ricorso;

udito il P.M., in persona del Sostituto Procuratore Generale Dott.

CAPASSO Lucio che ha concluso per il rigetto del ricorso.

Fatto

SVOLGIMENTO DEL PROCESSO

Con decreto del 23.11.2007 il Tribunale di Roma respingeva la domanda di C.L., il quale aveva chiesto, in revisione delle condizioni del divorzio dall’ex moglie V.T., di cui alla sentenza del 17.12.2002, resa dal medesimo Tribunale, con recepimento delle congiunte conclusioni delle parti, che fosse eliminato in subordine, ridotto l’assegno divorzile da lui dovuto alla V., d’importo pari ad Euro 820,00 mensili.

Con decreto del 19.05 – 20.07.2009, la Corte di appello di Roma, nel contraddittorio delle parti ed anche disposta l’acquisizione di documentazione fiscale aggiornata, respingeva il reclamo del C., che condannava alle relative spese processuali. La Corte territoriale, previo anche richiamo dei principi che presiedono alla revisione in questione, riteneva:

che il C. si era doluto del diniego di revisione e segnatamente dell’esclusione delle sopravvenienze da lui riferite sia al peggioramento della sua condizione economica, dovuta al nuovo matrimonio ed al peso economico dell’iniziativa condivisa con la nuova moglie, di adottare un bambino e sia al miglioramento delle condizioni economiche della V., dipeso dai vantaggi da lei tratti dalla sua stabile convivenza con altro uomo, sul punto deducendo di avere ignorato all’epoca degli accordi divorzili, tale già intrapresa convivenza ed il relativo carattere di stabilità.

che il reclamo non poteva essere accolto, avendo correttamente il Tribunale ritenuto l’insussistenza nella specie di ragioni atte a suffragare la revisione invocata dal reclamante, giacchè:

a) ancor più incisiva doveva risultare la circostanza intervenuta quando – come nella specie – le condizioni economiche del divorzio avessero recepito un accordo, con la conseguenza fra l’altro che la previsione di un assegno in favore della moglie concordata fra le parti, risultava frutto di ampia ed autonoma considerazione della rispettiva situazione economica b) che ben diversa da tale fattispecie appariva quella afferente solo alla diversa incidenza sull’assetto degli accordi predetti di situazioni già in essere al momento del divorzio, ma asseritamente non conosciute da uno dei coniugi, essendo in tale caso pacifica l’insussistenza di fatti sopravvenuti c) che il reclamante non aveva, infatti, eccepito il venir meno dei presupposti delle precedenti pattuizioni per fatti oggettivamente sopravvenuti – tali da innovare la situazione sulla base della quale le parti avevano raggiunto il loro accordo – ma per il fatto della conoscenza che egli ne aveva maturato in seguito d) che quando le condizioni del divorzio siano state il frutto di un accordo negoziale raggiunto dai coniugi in relazione a fatti dagli stessi conosciuti, ovvero dei quali essi avrebbero dovuto tenere conto al momento della conclusione dell’accordo (come nella specie poteva essere il vantaggio economico rappresentato per la V. dalla convivenza con il P.), il mero mutamento delle condizioni che avevano determinato la stipula della convenzione di separazione non poteva comportare il venir meno della validità della pattuizione pregressa:

e) che ove al contrario si fosse dedotto che l’accordo predetto fosse stato frutto di una manifestazione di volontà viziata da circostanze atte ad incidere sulla formazione del consenso prestato da una delle parti, lo strumento a ciò deputato era quello ordinario dell’annullamento del negozio giuridico, non certo la modifica di cui all’art. 9, Legge Div.;

f) che il sopravvenuto peggioramento della situazione economica del C. non poteva essere ricondotto al secondo matrimonio, che risultava contratto con una donna fornita di una propria attività lavorativa (e pertanto in grado con i mezzi di cui disponeva di contribuire alle spese comuni, anche a quelle da affrontare per la programmata adozione di un figlio) g) che il reclamante risultava percepire redditi sicuramente in crescita rispetto a quelli di cui beneficiava all’epoca del divorzio dalla V. h) che la soccombenza del C., legittimava il regime delle spese statuito in primo grado e l’addossamento di quelle del reclamo.

Avverso questa sentenza il C. ha proposto ricorso per cassazione notificato il 6.11.2009, alla V. che ha resistito con controricorso notificato il 10.12.2009.

Entrambe le parti hanno depositato memoria.

Diritto

MOTIVI DELLA DECISIONE

Preliminarmente vanno disattese le eccezioni in rito sollevata dalla controricorrente, giacchè:

– ai sensi della L. 18 giugno 2009, n. 69, art. 47 e art. 58, comma 5, l’abrogazione dell’art. 366-bis cod. proc. civ., in tema di quesiti di diritto, è diventata efficace per i ricorsi, quale quello di specie, avanzati con riferimento ai provvedimenti pubblicati successivamente alla data (4 luglio 2009) di entrata in vigore della medesima legge (in tema, cfr. cass. n. 7119 del 2010) il decreto emesso in camera di consiglio dalla Corte d’appello a seguito di reclamo avverso i provvedimenti emanati dal Tribunale sull’istanza di revisione delle disposizioni accessorie al divorzio può essere censurato anche per carenze motivazionali, le quali sono prospettabili in rapporto all’art. 360 cod. proc. civ., u.c. nel testo novellato dal D.Lgs. 2 febbraio 2006, n. 40, che qualifica come violazione di legge il vizio di cui al comma 1, n. 5 alla luce dei principi del giusto processo, che deve svolgersi nel contraddittorio delle parti e concludersi con una pronuncia motivata, (in tema SU n. 22238 del 2009; n. 1584 del 2008).

A sostegno del ricorso il C. deduce erronea interpretazione di norme giuridiche ed omessa pronuncia, denunziando:

“Violazione dell’art. 111 Cost., comma 2, in relazione all’art. 360 c.p.c., n. 3”.

1 – Contraddittorietà della motivazione in ordine ad un punto decisivo della convivenza: il presunto annullamento del negozio giuridico. Si duole che il rimedio, diverso dal procedimento di revisione, apprestato per l’acquisizione tardiva da parte sua della conoscenza dei connotati della convivenza (peraltro appena all’inizio) della moglie con altro uomo, sia stato individuato nell’azione di annullamento per vizio del consenso della sentenza di divorzio, in luogo dell’impugnazione per revocazione della sentenza stessa passata in giudicato, azione soggetta a presupposti rigidi ed estranei al caso di specie.

2- Mancata valutazione da parte del Collegio dei caratteri di stabilità del rapporto more uxorio tra la sig.ra V. ed il sig. P..

Deduce che la convivenza della V. con altro uomo ed i relativi caratteri di stabilità, continuità e regolarità erano stati da lui apprezzabili ed apprezzati solo dopo il divorzio, dato anche che prima il convivente non risultava inserito nei certificati anagrafici della ex moglie e che in ogni caso anteriormente al divorzio la convivenza non aveva assunto, anche per il profilo temporale, detti caratteri ed i connotati di un rapporto more uxorio, assimilabile alle nuove nozze che fanno cessare il diritto alla contribuzione.

Mancata pronuncia in merito agli elementi probatori richiesti.

Sostiene che i giudici di merito si sono basati solo sulle asserzioni della controparte e che è mancato l’esame di ulteriori validi elementi probatori in merito alla convivenza ed all’apporto che la V. riceveva dal convivente.

4- Importo dell’assegno divorzile della sig.ra V..

Sostiene che è stata omessa la valutazione della congruità dell’entità dell’apporto alla luce delle sopravvenienze, che sono stati valutati solo i rispettivi redditi, ma non anche la durata matrimonio ed il tenore di vita pregresso nè che la V. era proprietaria esclusiva del suo alloggio, nè che svolgeva un’ulteriore attività lavorativa, attività che quand’anche non remunerata, comunque dimostrava la sua maggiore potenzialità economica.

5-Mancata valutazione del Collegio in ordine all’incidenza economica della pratica di adozione sul patrimonio del sig. C., sottolineando anche che quando la causa era già stata riservata al Collegio per la decisione il sig. C. ha ottenuto, insieme alla moglie, l’adozione di una bambina di undici anni. Il ricorso è inammissibile per i profili di seguito evidenziati.

Le censure concernenti il diniego di revisione in rapporto alla situazione di convivenza della V. con altro uomo, per la prima parte (punto 1) involgono una questione che si rivela priva di contenuto decisorio; il richiamo all’impugnativa per annullamento attuato nel provvedimento, infatti, quand’anche erroneo, risulta effettuato solo ad abundantiam e non ha costituito la ragione fondante l’avversata, sfavorevole;decisione sul profilo in discussione, ragione riconducibile, invece, all’esclusione dal novero dei fatti sopravvenuti della tardiva conoscenza da parte del C. del legame della V., già in corso da epoca antecedente al divorzio.

Le ulteriori censure (punti 2 e 3) correlate a tale convivenza ad all’acquisizione della relativa conoscenza da parte del ricorrente si rivelano, pure considerando i noti effetti del giudicato sugli eventi e le questioni ad esso anteriori, generiche e prive di autosufficienza in ordine anche agli estremi temporali del rapporto, ai richiamati dati documentali nonchè alle prove che si assumono (punto 3) dedotte in sede di merito, i quali non sono stati assistiti dalla dovuta trascrizione del relativo contenuto. Del pari prive di pregio appaiono le censure articolate nel punto 4 del ricorso, che per un verso attengono all’attività professionale aggiuntiva svolta dalla V., sopravvenienza che non risulta essere stata dedotta anche in sede di reclamo e per altro verso richiamano in generale i criteri legali che devono presiedere all’attribuzione ed alla quantificazione dell’assegno divorzile, già verificati dal giudice del divorzio. Quanto al punto 5 del ricorso, le prospettate doglianze inammissibilmente si risolvono o di nuovo in critiche generiche e prive di autosufficienza relativamente al profilo degli esborsi affrontati per le pratiche di adozione, rispetto ai quali la Corte ha pure ritenuto la capienza dei redditi fruiti dal ricorrente e dalla attuale moglie, o involgono la questione degli oneri alloggiativi che non risulta già sottoposta ai giudici del reclamo. Infine la nuova sopravvenienza costituita dall’affermata adozione di una bambina, avvenuta nelle more della decisione del reclamo, non può essere delibata per la prima volta in questa sede di legittimità.

Conclusivamente il ricorso deve essere respinto.

Giusti motivi, desunti dalle peculiarità della vicenda e delle questioni esaminate, giustificano la compensazione delle spese del giudizio di cassazione.

P.Q.M.

La Corte dichiara inammissibile il ricorso e compensa le spese del giudizio di cassazione.

Così deciso in Roma, il 17 novembre 2011.

Depositato in Cancelleria il 7 dicembre 2011

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