Sentenza Sentenza Cassazione Civile n. 26379 del 19/11/2020

Cassazione civile sez. I, 19/11/2020, (ud. 23/09/2020, dep. 19/11/2020), n.26379

LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE

SEZIONE PRIMA CIVILE

Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:

Dott. TRIA Lucia – Presidente –

Dott. VALITUTTI Antonio – Consigliere –

Dott. FERRO Massimo – Consigliere –

Dott. SCALIA Laura – rel. Consigliere –

Dott. PAZZI Alberto – Consigliere –

ha pronunciato la seguente:

ORDINANZA

sul ricorso n. 9261/2019 proposto da:

D.A.O., elettivamente domiciliato in Roma, Piazza

Apollodori, 26, presso lo studio dell’avvocato Antonio Filardi, e

rappresentato e difeso dall’avvocato Antonella Zotti, per procura

speciale in calce al ricorso;

– ricorrente –

contro

MINISTERO DELL’INTERNO, in persona del Ministro p.t, domiciliato per

legge presso l’Avvocatura Generale dello Stato in Roma, Via dei

Portoghesi, 12;

– intimato –

avverso il decreto n. 1449/2019 del Tribunale di Napoli, Sezione

specializzata in materia di immigrazione, protezione internazionale

e

libera circolazione dei cittadini dell’Unione Europea, depositato il

19/02/2019.

udita la relazione della causa svolta dal Cons. Dott. Laura Scalia,

nella Camera di consiglio del 23/09/2020.

 

Fatto

FATTI DI CAUSA

1. Il Tribunale di Napoli, Sezione specializzata in materia di immigrazione, protezione internazionale e libera circolazione dei cittadini dell’Unione Europea, con il decreto in epigrafe indicato ha rigettato l’opposizione proposta D.Lgs. n. 25 del 2008, ex art. 35-bis, da D.A.O., originario della Guinea, avverso il provvedimento della Commissione territoriale di Caserta del 19/09/2017, di diniego del riconoscimento dello status di rifugiato, della protezione sussidiaria e di quella umanitaria.

2. D.A.O. ricorre per la cassazione dell’indicato decreto con tre motivi.

Il Ministero dell’Interno è rimasto intimato.

Diritto

RAGIONI DELLA DECISIONE

1. D.A.O., originario della Guinea, nel racconto reso alla competente Commissione territoriale aveva dichiarato di aver lasciato il proprio paese, raggiungendo l’Italia – dopo aver viaggiato, soggiornandovi, in Libia – temendo per la propria incolumità per essere stato colpito di striscio da un militare, figlio del capo villaggio, che faceva parte del partito (OMISSIS), al potere, nel corso di una manifestazione di protesta alla quale egli aveva partecipato quale membro dell’opposto partito, (OMISSIS).

2. In via preliminare il ricorrente richiede a questa Corte di sollevare questione di illegittimità costituzionale del D.Lgs. n. 25 del 2008, art. 35-bis, comma 13, come modificato dalla L. n. 46 del 2017, art. 6, comma 1, lett. g), per violazione dell’art. 3 Cost., comma 1, art. 24 Cost., commi 1 e 2, art. 111 Cost., commi 1, 2 e 7, nella parte in cui stabilisce che il termine per proporre il ricorso per cassazione è di trenta giorni a decorrere dalla comunicazione della cancelleria del decreto di primo grado.

La riduzione dei termini per impugnare a trenta giorni deroga, in modo irragionevole – non trovando giustificazione neppure nella sollecita definizione dei processi in materia di protezione internazionale, la previsione della L. n. 46 del 2018, secondo cui i tempi di conclusione dell’intero processo debbono essere ridotti a 4 mesi rispetto ai 6 della previgente disciplina, definisce, infatti, un termine ordinatorio -, all’art. 325 c.p.c., comma 2, che fissa in sessanta giorni il termine per impugnare in cassazione.

3. Ancora, in via preliminare il ricorrente sollecita questa Corte di cassazione a rilevare questione di illegittimità costituzionale del D.Lgs. n. 25 del 2008, art. 35-bis, comma 13, come modificato dalla L. n. 46 del 2017, art. 6, comma 1, lett. g) per violazione dell’art. 3 Cost., comma 1, art. 24 Cost., commi 1 e 2, art. 111 Cost., commi 1, 2 e 7, nella parte in cui stabilisce che la procura alle liti per la proposizione del ricorso per cassazione debba essere conferita, a pena di inammissibilità del ricorso, in data successiva alla comunicazione del decreto impugnato.

La norma doveva intendersi viziata da illegittimità costituzionale perchè irragionevole e violativa del principio di parità delle parti. Il Ministero dell’Interno non doveva rilasciare procura speciale alle liti per stare in giudizio davanti alla Corte di cassazione e l’Avvocatura dello Stato aveva disposizione 30 giorni effettivi per preparare la propria difesa là dove la difesa del richiedente asilo, nella migliore delle ipotesi, un giorno di meno.

La disposizione di carattere generale, ovverosia l’art. 369 c.p.c., comma 2, n. 3, sancisce l’improcedibilità del ricorso nell’ipotesi in cui la procura non sia stata depositata in atti là dove invece l’art. 35-bis, comma 13, cit., stabilisce l’inammissibilità del ricorso ove la procura non sia stata autenticata almeno il giorno successivo alla comunicazione del decreto.

4. Con il primo ed unico motivo il ricorrente fa valere l’omesso esame di un fatto decisivo e quindi, la circostanza, narrata, di essere ucciso dai militari per essere membro del (OMISSIS), come dimostrato dalla documentazione in atti e la situazione del sistema giudiziario e di polizia esistente in Guinea.

Le condizioni nelle carceri del Paese erano al limite della sopravvivenza e la permanenza carceraria risultava più lunga del dovuto, anche per reati di lieve entità, come confermato dal Rapporto di Amnesty International 2017-2018 e dalle decisioni di numerosi tribunali nazionali. Omessa la valutazione dell’indicata circostanza, era mancato il dovere di collaborazione istruttoria del giudice nell’accertamento della situazione del Paese per il riconoscimento della protezione sussidiaria D.Lgs. n. 251 del 2007, ex art. 14, lett. c) e di quella umanitaria.

5. Devono essere innanzitutto dichiarate manifestamente infondate le proposte questioni di illegittimità costituzionale.

Premesso che la mera prospettazione di una questione di illegittimità costituzionale di una norma non integra un motivo di ricorso per cassazione nella incapacità della prima di definire un vizio del provvedimento impugnato idoneo a determinarne l’annullamento da parte della Corte di cassazione (Cass. 09/07/2020 n. 14666), quanto ai contenuti del ricorso distinte le questioni di illegittimità costituzionale, le stesse vanno esaminate prima degli stretti motivi.

5.1. E’ così manifestamente infondata la questione di illegittimità costituzionale del D.Lgs. n. 25 del 2008, art. 35-bis, comma 13, relativa all’eccessiva limitatezza del termine di trenta giorni prescritto per proporre ricorso per cassazione avverso il decreto del tribunale, poichè la previsione di tale termine è espressione della discrezionalità del legislatore e trova fondamento nelle esigenze di speditezza del procedimento (in termini Cass. n. 32029 del 11/12/2018, in motivazione, pp. 4 e 5).

5.2. E’ ancora manifestamente infondata l’ulteriore proposta questione di illegittimità costituzionale del D.Lgs. n. 25 del 2008, art. 35-bis, comma 13, nella parte in cui stabilisce che la procura alle liti per la proposizione del ricorso per cassazione debba essere conferita, a pena di inammissibilità, in data successiva alla comunicazione del decreto da parte della cancelleria; tale previsione non determina infatti una disparità di trattamento tra la parte privata ed il Ministero dell’interno, che non deve rilasciare procura, armonizzandosi con il disposto dell’art. 83 c.p.c., quanto alla specialità della procura, senza escludere l’applicabilità dell’art. 369 c.p.c., comma 2, n. 3 (in termini: Cass. n. 32029 del 11/12/2018, in motivazione, pp. 4 e 5).

6. Nel resto; è inammissibile il primo motivo per la pluralità di ragioni di seguito indicate.

6.1. Quanto alle fattispecie di protezione sussidiaria definite dall’art. 14, lett. a) e b) D.Lgs. cit., infatti, la proposta censura oblitera la rilevanza del giudizio di non attendibilità del narrato che, formulato dal tribunale, integra uno dei presupposti del riconoscimento delle prime e non si confronta con siffatta ratio decidendi. Le dichiarazioni rese sono state apprezzate dai giudici merito come generiche e non capaci di sostenere in termini di attendibilità il narrato.

In materia di protezione internazionale, l’accertamento del giudice di merito deve innanzi tutto avere ad oggetto la credibilità soggettiva della versione del richiedente circa l’esposizione a rischio grave alla vita o alla persona. Qualora le dichiarazioni siano giudicate inattendibili alla stregua degli indicatori di genuinità soggettiva di cui al D.Lgs. n. 251 de 2007, art. 3, per un giudizio di fatto insindacabile in cassazione, non occorre procedere ad un approfondimento istruttorio officioso circa la prospettata situazione persecutoria nel Paese di origine ex art. 14 lett. a) D.Lgs. cit., salvo che la mancanza di veridicità derivi esclusivamente dall’impossibilità di fornire riscontri probatori o nell’ipotesi in cui gli agenti del danno grave per il cittadino straniero siano soggetti privati e la verifica officiosa sull’attuale situazione di quel Paese riguardi ex art. 14, lett. b) D.Lgs. cit. l’eventuale inutilità di una richiesta di protezione alle autorità locali (Cass. n. 16925 del 27/06/2018; Cass. n. 28862 del 12/11/2018; Cass. n. 8367 del 29/04/2020; vd. Cass. n. 33858 del 19/12/2019 e Cass. n. 13959 del 06/07/2020).

6.2. In ogni caso il tribunale quanto alla residua fattispecie di cui all’art. 14, lett. c) ha motivato sulla situazione di rischio della Guinea, scrutinando quale fonte C.O.I. – Commissione nazionale per il diritto di asilo del settembre 2017 dai reports di Amnesty International del 2018 e dal Country Human Rights Practices – Guinea del 3 marzo 2017 con elementi che sono rimasti fuori dal raggio di critica del ricorrente.

Come da questa Corte di cassazione affermato, il motivo di ricorso per cassazione che mira a contrastare l’apprezzamento del giudice di merito in ordine alle cd. fonti privilegiate, di cui al D.Lgs. n. 25 del 2008, art. 8, comma 3, deve evidenziare, mediante riscontri precisi ed univoci, che le informazioni sulla cui base è stata assunta la decisione, in violazione del cd. dovere di collaborazione

istruttoria, sono state oggettivamente travisate, ovvero superate da altre più aggiornate e decisive fonti qualificate (Cass. n. 4037 del 18/02/2020).

Evidenze, queste ultime, di cui la censura manca con conseguente sua inammissibilità per genericità e per un conseguente suo sconfinamento nel merito.

6.3. Il ricorrente inoltre non fa valere la tempestiva deduzione davanti ai giudici di merito di una situazione di violenza indiscriminata in situazioni di conflitto armato, interno o internazionale nel suo Paese.

Se lo straniero che chieda il riconoscimento della protezione sussidiaria ai sensi del D.Lgs. n. 251 del 2007, art. 14, lett. c), non ha infatti l’onere di presentare, tra gli elementi- e i documenti necessari a motivare la domanda (art. 3, comma 1, D.Lgs. cit.), quelli che si riferiscono alla sua storia personale, salvo quanto sia indispensabile per verificare il Paese o la regione di provenienza, perchè, a differenza delle altre forme di protezione, in quest’ipotesi non rileva alcuna personalizzazione del rischio (Cass. n. 13940 del 06/07/2020) è pur vero che ove il cittadino straniero invochi. protezione ex art. 14, lett. c) cit., egli deve fornire elementi utili circa l’esistenza di un conflitto armato nel suo Paese perchè poi insorga l’obbligo di cooperazione istruttoria del giudice del merito (vd. Cass. n. 17069 del 28/06/2018 e Cass. n. 13940 del 06/07/2020).

6.4. L’indicata situazione inoltre è stata scrutinata dal tribunale, per poi essere esclusa nel suo rilievo, in raccordo con la situazione personale del richiedente, ai fini del riconoscimento della protezione umanitaria D.Lgs. n. 286 del 1998, ex art. 5, comma 6 e comunque resta irrilevante in ragione della espressa non credibilità del racconto del primo (Cass. 24/04/2019 n. 11267).

Il motivo denunciando sulla questione una omessa pronuncia è come tale inammissibile perchè manifestamente infondato e generico.

7. Il ricorso è nel suo complesso inammissibile.

Nulla sulle spese, essendo il Ministero dell’interno rimasto intimato.

Ai sensi del D.P.R. n. 115 del 2002, art. 13, comma 1 quater, inserito dalla L. n. 228 del 2012, art. 1, comma 17, si dà atto (secondo la formula da ultimo indicata in Cass. SU n. 23535 del 2019) della sussistenza dei presupposti processuali per il versamento, da parte del ricorrente, dell’ulteriore importo a titolo di contributo unificato pari a quello, ove dovuto, per il ricorso, a norma del dello stesso art. 13, comma 1 bis.

P.Q.M.

Dichiara inammissibile il ricorso.

Ai sensi del D.P.R. n. 115 del 2002, art. 13, comma 1 quater, inserito dalla L. n. 228 del 2012, art. 1, comma 17, si dà atto della sussistenza dei presupposti processuali per il versamento, da parte del ricorrente, dell’ulteriore importo a titolo di contributo unificato pari a quello, ove dovuto, per il ricorso, a norma dello stesso art. 13, comma 1 bis.

Così deciso in Roma, nella Camera di consiglio della Sezione Prima Civile, il 23 settembre 2020.

Depositato in Cancelleria il 19 novembre 2020

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