Sentenza Sentenza Cassazione Civile n. 26376 del 20/12/2016


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Cassazione civile, sez. II, 20/12/2016, (ud. 11/10/2016, dep.20/12/2016),  n. 26376

LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE

SEZIONE SECONDA CIVILE

Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:

Dott. BIANCHINI Bruno – Presidente –

Dott. PARZIALE Ippolisto – Consigliere –

Dott. ORILIA Lorenzo – Consigliere –

Dott. COSENTINO Antonello – Consigliere –

Dott. GRASSO Giuseppe – rel. Consigliere –

ha pronunciato la seguente:

SENTENZA

sul ricorso 20193-2012 proposto da:

B.M., S.G., B.G., B.F.,

elettivamente domiciliati in ROMA, VIA G. ANTONELLI 4, presso lo

studio dell’avvocato MARCO TORTORELLA, che li rappresenta e difende;

– ricorrenti –

e contro

SA.RA., B.G., B.L., B.E.;

– intimati –

avverso la sentenza n. 2539/2011 della CORTE D’APPELLO di ROMA,

depositata il 07/06/2011;

udita la relazione della causa svolta nella pubblica udienza del

11/10/2016 dal Consigliere Dott. GIUSEPPE GRASSO;

udito l’Avvocato TORTORELLA Marco, difensore dei ricorrenti che ha

chiesto l’accoglimento del ricorso;

udito il P.M. in persona del Sostituto Procuratore Generale Dott.

PEPE Alessandro, che ha concluso per il rigetto del ricorso.

Fatto

SVOLGIMENTO DEL PROCESSO

Deceduto B.A., su istanza dell’Ente Maremma di Roma, con decreto del Tribunale di Roma del 21/1/1974, il figlio Ba.Er. era divenuto proprietario dei 2/3 del podere 460, distinto in catasto siccome nella sentenza impugnata. Quest’ultimo, cui succedevano i di lui eredi S.R., B.G. e B.L., conveniva in giudizio davanti al Tribunale di Roma Ba.En., Ba.Fr., B.B. e Ba.Bi. perchè fosse determinato l’ammontare da corrispondere a ciascuno degli altri coeredi ai sensi della L. n. 379 del 1967, art. 7. Ba.En., cui succedevano i di lui eredi S.G., B.M., Ba.Gr. e Ba.Fa., chiedeva che la determinazione dell’indennità di legge tenesse conto delle migliorie apportate al fondo ed ai fabbricati che sul predetto insistevano. A sua volta B.E. citava l’ Er., adducendo di avere diritto, in quanto erede di Gi., a godere del residuo terzo della proprietà e al risarcimento dei danni per pregresso mancato godimento. L’ Er., costituendosi, asseriva che la quota di 1/3 era posseduta da Ba.El., che ivi risiedeva; inoltre, con domanda riconvenzionale, chiedeva di essere dichiarato esclusivo proprietario dei due fabbricati esistenti sul fondo, costruiti dal padre B.A.. Con ulteriore atto di citazione B.E. conveniva in giudizio Ba.Fr. e Ba.En. al fine di ottenere il rilascio del fondo con i fabbricati. Riunite le cause, con sentenza n. 15896/04 il Tribunale di Roma, per quel che qui rileva, decideva nei termini seguenti: “dichiara che B.E. ha diritto di proprietà sul terzo indiviso del podere n. 460 (…); fissa la misura della indennità prevista dalla L. 29 maggio 1967, n. 379, art. 7 da corrispondere agli altri coeredi, nella specie Ba.Fr., Bi., B. e per Ba.En. deceduto i suoi eredi S.G., B.M., G. e F., in Euro 7.561,92 (…) rigetta tutte le altre domande proposte nel corso dei giudizi riuniti”. Con sentenza depositata il 7/6/2011 la Corte d’appello di Roma: “a) in parziale accoglimento dell’appello proposto da S.G., vedova B., B.M., B.G. e Ba.Fa., quali eredi di Ba.En., condanna S.R., B.G. e B.L., quali eredi di Ba.Er., alla rifusione (delle spese legali del giudizio di primo grado); b) in parziale accoglimento dell’appello dichiara che B.E. non è contitolare del diritto di proprietà sul fabbricato, composto da cinque appartamenti, di cui alla scrittura privata del (OMISSIS), a firma di Ba.Gi.”, confermando nel resto.

S.G., B.M., B.G. e Ba.Fa. ricorrono per cassazione.

Diritto

MOTIVI DELLA DECISIONE

Con il primo motivo i ricorrenti denunziano violazione degli artt. 36, 112, 167, 183, 184 e 189 c.p.c. (nella formulazione di cui alla L. n. 581 del 1950), nonchè degli artt. 936, 1150, 2033 e 2040 c.c. ed inoltre vizio motivazionale relativamente ad un fatto controverso e decisivo. Secondo i ricorrenti la Corte territoriale aveva errato nel ritenere che la domanda riconvenzionale con la quale Ba.En. (dante causa dei ricorrenti) aveva chiesto che gli fosse riconosciuto, in ragione di 1/5, il compenso per le migliorie apportate al fondo ed al fabbricato, e sulla quale il Tribunale aveva omesso di statuire, fosse stata avanzata tardivamente, avendo la controparte sollevato con tempestività la relativa eccezione all’udienza del 14/4/1978. Infatti, proseguono i ricorrenti, costituitosi Ba.En. solo il 12/9/1977, la difesa di Ba.Er. all’udienza del 24/10/1977 (e non del 14/4/1978) si limitò a chiedere termine per controdedurre, ma, tuttavia, nulla osservò nelle successive udienze del 30/1/1978 e del 14/4/1978. Per altro l’atteggiamento della controparte si è mostrato incompatibile con la posizione di non accettazione del contraddittorio per tutto il corso del giudizio.

La doglianza è fondata. Con riguardo a procedimento pendente alla data del 30 aprile 1995 per il quale trovano applicazione le disposizioni degli artt. 183, 184 e 345 c.p.c. nel testo vigente anteriormente alla “novella” di cui alla L. n. 353 del 1990 (D.L. n. 432 del 1995, art. 9, conv. nella L. n. 534 del 1995) -, il divieto di introdurre una domanda nuova nel corso del giudizio di primo grado risulta posto a tutela della parte destinataria della domanda; pertanto la violazione di tale divieto – che è rilevabile dal giudice anche d’ufficio, non essendo riservata alle parti l’eccezione di novità della domanda – non è sanzionabile in presenza di un atteggiamento non oppositorio della parte medesima, consistente nell’accettazione esplicita del contraddittorio o in un comportamento concludente che ne implichi l’accettazione. A quest’ultimo fine, l’apprezzamento della concludenza del comportamento della parte va effettuato dal giudice attraverso una seria indagine della significatività dello stesso (Sez. U, n. 4712 del 22/05/1996, Rv. 497728). Nel caso al vaglio è mancato un effettivo apprezzamento da parte del giudice, il quale ha apoditticamente affermato che la controparte aveva tempestivamente sollevato l’eccezione di novità della domanda, senza effettivamente verificare che all’udienza del 24/10/1977 (e non a quella erroneamente indicata del 14/4/1978) la difesa di Ba.Er. si era limitata solo a chiedere termine per controdedurre, senza, tuttavia, nulla di precipuo rilevare alle successive udienze del 30/1/1978 e del 14/4/1978; avendo, anzi, assunto, nella predetta ultima udienza una condotta processuale non compatibile con il rifiuto del contraddittorio, in quanto a verbale il difensore della parte lasciò trascritto: “contesta quanto dedotto e si riserva di controdedurre” (stante la natura processuale della censura in sede di legittimità è doveroso compulsare gli atti).Con il secondo motivo i ricorrenti deducono la violazione dell’art. 112 c.p.c., artt. 820, 1218, 1224, 1227 e 1284 c.c., nonchè della L. n. 379 del 1967, art. 7, comma 5; nonchè omessa, insufficiente e contraddittoria motivazione su un fatto controverso e decisivo. I ricorrenti non condividono la decisione della Corte romana, la quale ha negato il diritto alla liquidazione degli interessi compensativi, dalla domanda al soddisfo, e, comunque, alla liquidazione del danno, ai sensi dell’art. 1224 c.c., sulla base di quanto previsto dal citato art. 7, comma 2. Una tale opzione interpretativa doveva reputarsi erronea in quanto la norma invocata regolava la diversa ipotesi del pagamento rateale dell’indennità.

Il motivo non può essere accolto. Non è dubbio che la motivazione resa sul punto dalla Corte di merito non coglie nel segno, evocando il comma 5 citato, il quale regola la fattispecie del pagamento rateale in dieci anni. Tuttavia, stante che l’indennità costituisce, almeno in parte, liquidazione di un debito di valore, la critica si mostra non autosufficiente in quanto non chiarisce, fornendo la relativa documentazione, quale sia l’epoca di attualizzazione del credito operata dal CTU con la liquidazione. L’accoglimento del primo motivo impone l’annullamento con rinvio della sentenza gravata. Il Giudice del rinvio regolerà anche le spese del giudizio di legittimità.

PQM

Accoglie il primo motivo e rigetta il secondo. Cassa e rinvia, anche per il regolamento delle spese del giudizio di legittimità, alla Corte d’appello di Roma, altra sezione.

Così deciso in Roma, il 11 ottobre 2016.

Depositato in Cancelleria il 20 dicembre 2016

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