Sentenza Sentenza Cassazione Civile n. 26376 del 07/12/2011

Cassazione civile sez. I, 07/12/2011, (ud. 09/11/2011, dep. 07/12/2011), n.26376

LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE

SEZIONE PRIMA CIVILE

Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:

Dott. VITRONE Ugo – Presidente –

Dott. SALVAGO Salvatore – Consigliere –

Dott. CECCHERINI Aldo – Consigliere –

Dott. FORTE Fabrizio – rel. Consigliere –

Dott. CRISTIANO Magda – Consigliere –

ha pronunciato la seguente:

sentenza

sul ricorso iscritto al n. 6967 del Ruolo Generale degli affari

civili dell’anno 2009, proposto da:

C.M.N., elettivamente domiciliata in Roma, Via

Ovidio n. 32, presso gli avv.ti D’Alessio Antonio e Giancarlo

Viglione, unitamente all’avv. Alfonso Viscardi da Salerno, che la

rappresenta e difende, per procura a margine del ricorso;

– ricorrente –

contro

MINISTERO DELLA GIUSTIZIA, in persona del ministro in carica, ex lege

domiciliato in Roma, alla Via dei Portoghesi 12, presso l’Avvocatura

Generale dello Stato e da questa rappresentato e difeso;

– controricorrente e ricorrente incidentale –

avverso il decreto, emesso, nel procedimento n. 356/07 del R.V.G.

della Corte di appello di Napoli dell’11 – 28 gennaio 2 008.

Udita, all’udienza del 9 novembre 2011, la relazione del cons. dr.

Fabrizio Forte e sentito l’avv. Viscardi, per la ricorrente, e il

P.M. dott. DEL CORE Sergio, che conclude per il rigetto del ricorso.

Fatto

SVOLGIMENTO DEL PROCESSO

C.M.N., con ricorso del 23 febbraio 2007, ha chiesto alla Corte d’appello di Napoli di condannare il Ministero della Giustizia a corrisponderle l’equa riparazione, per i danni derivati dalla irragionevole durata del processo esecutivo promosso nei suoi confronti con il pignoramento di un terreno di sua proprietà del 28 giugno 1986, in una procedura iniziata presso il tribunale di Salerno e proseguita dinanzi a quello di Nocera Inferiore nel 1994, nella quale nessun atto era stato compiuto dai creditori mentre ella, a dicembre 2 005, aveva chiesto di dichiarare estinta la procedura, con provvedimento che era stato emesso dal Tribunale adito il 9 novembre 2006.

La Corte d’appello di Napoli, con decreto del 28 gennaio 2008, ritenuta tempestiva la domanda proposta nel semestre dalla dichiarazione di estinzione del processo, ha affermato che l’irragionevole ritardo della procedura non era attribuibile all’apparato giudiziario perchè la durata del processo esecutivo dal 1986 al dicembre 2005 era derivata dalla inerzia dei creditori che non avevano proceduto alla vendita, perchè, nelle more, erano stati lentamente soddisfatti dalla debitrice odierna ricorrente.

In sostanza per la Corte d’appello la unica iniziativa della C. era stata la richiesta a dicembre 2005 della estinzione del processo dichiarata a novembre 2006, dovendosi escludere che per tale fase del giudizio, unica attribuibile all’apparato dello Stato, non fosse ragionevole la durata di un anno, per cui la domanda di equo indennizzo è stata rigettata, compensando le spese. Per la cassazione di tale decreto, la C. ha proposto ricorso di due motivi, notificato il 10 marzo 2009 alla Avvocatura distrettuale dello Stato, cui replica il Ministero della giustizia con controricorso.

Diritto

MOTIVI DELLA DECISIONE

Preliminarmente va rilevato che la nullità relativa della notifica all’Avvocatura distrettuale dello Stato di Napoli invece che a quella generale, risulta sanata dalle difese svolte in sede di legittimità dal Ministero della giustizia.

1.1. Il primo motivo del ricorso della C. lamenta violazione della L. 24 marzo 2001, n. 89, art. 2 in relazione all’art. 6, Par. 1 della Convenzione europea dei diritti dell’uomo e delle libertà fondamentali, perchè erroneamente la Corte ha subordinato l’equo indennizzo alla imputabilità all’apparato giudiziario del ritardo ingiustificato del processo presupposto.

Non rilevano eventuali carenze legislative come quelle che hanno portato la Corte di Napoli ad imputare la durata del processo all’inerzia dei creditori e del debitore esecutato, dovendo indennizzarsi la parte solo per la durata irragionevole del processo a chiunque sia attribuibile.

Il motivo si conclude con idoneo quesito in ordine alla rilevanza o irrilevanza del fatto che il ritardo sia attribuibile o meno all’apparato giudiziario per dar luogo all’indennizzo.

1.2. Il secondo motivo del ricorso denuncia la violazione e falsa applicazione dell’art. 112 c.p.c. perchè la Corte ha deciso oltre le richieste ed eccezioni di parte rilevando come per il giudice non potesse fissarsi la vendita senza l’istanza dei creditori.

2. Il ricorso è infondato e non può essere accolto.

Nel caso il processo di esecuzione è iniziato con il pignoramento e cessato con l’ordinanza di estinzione; nella disciplina anteriore alla riforma di cui alla L. 3 agosto 1998, n. 302, art. 1 il perdurare del processo esecutivo era addebitabile solo alla inerzia dei creditori e, ai sensi della L. n. 89 del 2001, art. 2 si era ritenuto che la quiescenza del processo, connessa al mancato deposito della documentazione necessaria alla vendita del bene pignorato era addebitabile in via esclusiva alla parte, con conseguente non imputabilità dei tempi connessi a tale inerzia ai fini dell’equo indennizzo (Cass. 10 settembre 2004 n. 18249).

Si è invece sempre dato rilievo all’eventuale ritardo tra l’istanza di estinzione presentata dalla debitrice e l’ordinanza del Tribunale che dichiara estinto il processo (Cass. 27 maggio 2008 n. 12857) e se si considera che la novella normativa citata della L. n. 302 del 1998, ha determinato anche un allungamento dei termini per il deposito dei documenti dai creditori dopo l’istanza di vendita e che nel caso tali parti della procedura esecutiva non hanno nè proposto l’istanza nè depositato i relativi documenti, per il periodo dal 1998 al 2005 deve ancora ritenersi che correttamente la Corte napoletana ha negato che al giudice dell’esecuzione potesse imputarsi l’ingiustificato ritardo della procedura, addebitabile ai soli creditori inerti e anche alla debitrice odierna ricorrente, che solo nel dicembre 2005 ha chiesto di ordinare l’estinzione della causa, per cui il giudice ha disposto l’allegazione della documentazione necessaria dai creditori che non vi hanno provveduto nei termini e nessun ritardo è a attribuire in concreto al giudice stesso o all’apparato dello Stato, potendo la debitrice con la prima difesa successiva a tale provvedimento proporre l’istanza di estinzione che deve ritenersi tempestivamente emessa dopo la richiesta nel novembre 2006 (Cass. 6 agosto 2010 n. 18366).

Deve quindi confermarsi la decisione di merito, dovendosi affermare che la quiescenza del processo fino alla L. n. 302 del 1998, proseguita almeno fino al 2000 e da attribuire all’inerzia dei creditori e non possa computarsi come tempo irragionevole imputabile all’apparato, anche non giudiziario dello Stato, mentre in relazione alla natura e alle vicende del processo di cui fu cambiata pure la sede di svolgimento, possa ritenersi ancora addebitabile alla sola debitrice una parte del residuo tempo fino al novembre 2006, per non avere sollecitato tempestivamente l’ordinanza di estinzione, ben potendo considerarsi giusta una durata di cinque anni del processo di esecuzione e ragionevole la fase dello stesso per la dichiarazione di estinzione dal dicembre 2005 al novembre 2006.

Il primo motivo di ricorso pur deducendo correttamente la irrilevanza del merito del processo presupposto ai fini dell’equo indennizzo in concreto non coglie nel segno, avendo la corte solo attribuito alla condotta delle parti i solo tempi ingiustificati del processo eccedenti gli anni necessari al suo esaurimento.

In quanto la Corte si è pronunciata negando il diritto azionato all’equo indennizzo, perchè inesistente, è da negare vi sia stato nel caso violazione dell’art. 112 c.p.c. e quindi anche il secondo motivo di ricorso deve rigettarsi.

Per la soccombenza, la ricorrente dovrà rimborsare al Ministero controricorrente le spese del giudizio di cassazione che si liquidano come in dispositivo.

P.Q.M.

La Corte rigetta il ricorso e condanna la ricorrente a pagare al controricorrente le spese del presente giudizio di cassazione che liquida in Euro 2.500,00, oltre alle spese prenotate a debito.

Così deciso in Roma, nella Camera di consiglio della 1^ sezione civile della Corte suprema di Cassazione, il 9 novembre 2011.

Depositato in Cancelleria il 7 dicembre 2011

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