Sentenza Sentenza Cassazione Civile n. 26373 del 26/11/2013


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Civile Ord. Sez. 6 Num. 26373 Anno 2013
Presidente: LA TERZA MAURA
Relatore: TRIA LUCIA

ORDINANZA
sul ricorso 583-2012 proposto da:
INPS – ISTITUTO NAZIONALE DELLA PREVIDENZA
SOCIALE 80078750587 in persona del Presidente e legale
rappresentante pro tempore, elettivamente domiciliato in ROMA, VIA
DELLA FREZZA 17, presso l’AVVOCATURA CENTRALE
DELL’ISTITUTO, rappresentato e difeso dagli avvocati
ANTONIETTA CORETTI, VINCENZO TRIOLO, EMANUELE
DE ROSE, VINCENZO STUMPO, giusta procura in calce al ricorso;
– ricorrente contro
LOZUPONE NICOLA;
– intimato avverso la sentenza n. 6305/2010 della CORTE D’APPELLO di
BARI del 14.12.2010, depositata il 3/01/2011;

Data pubblicazione: 26/11/2013

udita la relazione della causa svolta nella camera di consiglio del
03/10/2013 dal Consigliere Relatore Dott. LUCIA TRIA;
udito per il ricorrente l’Avvocato Antonietta Coretti che si riporta agli
scritti.
E’ presente il Procuratore Generale in persona del Dott. GIULIO

ROMANO che si riporta alla relazione scritta.

Ric. 2012 n. 00583 sez. ML – ud. 03-10-2013
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Sesta sezione — Sotto Sezione Lavoro
Udienza del 3 ottobre 2013 – n. 19 del ruolo
RG n. 583/12
Presidente: La Terza – Relatore: Tria

«1.— Con ricorso al Tribunale di Bari Nicola Lozupone, operaio agricolo a
tempo determinato, conveniva in giudizio l’INPS chiedendo che venisse
accertato il proprio diritto alla liquidazione d’un maggior importo di trattamento
di disoccupazione agricola che includesse, nella relativa base imponibile, anche
la voce denominata “quota di TFR”.
Il Tribunale adito rigettava la domanda. La Corte d’appello di Bari, con
pronuncia del 3 gennaio 2011, in riforma della sentenza di primo grado,
accoglieva l’appello del lavoratore.
2.— Per la cassazione della pronuncia della Corte territoriale ricorre
l’INPS, affidandosi a due motivi. Il Lozupone non svolge attività difensiva.
3.1.— Con il primo motivo l’Istituto ricorrente si duole che sia stata
esclusa la decadenza di cui all’art. 47 d.P.R. n. 639 del 1970.
3.2.— Con il secondo motivo l’INPS lamenta violazione degli artt. 46, 51 e
55 del CCNL operai agricoli e fiorovivaisti del 10 luglio 2002 in relazione
all’art. 6, comma 4, lett. a) del d.lgs. n. 314 del 1997, nonché in relazione
all’art. 1362 cod. civ. e segg., all’art. 2120 cod. civ. e all’art. 4, commi 10 e 11,
della legge . n. 297 del 1982, art. 4, commi 10 e 11, censurando la sentenza per
avere incluso, nella retribuzione da prendere a base per la liquidazione
dell’indennità di disoccupazione agricola, anche la voce denominata “quota di
TFR “, voce che — contrariamente a quanto affermato la Corte territoriale — ha
natura di retribuzione differita.
4.— Sulla questione di cui al primo motivo, questa Corte ha deciso da
ultimo con la sentenza n. 6959 dell’8 maggio 2012, con cui si è affermato che
«in tema di decadenza delle azioni giudiziarie volte ad ottenere la riliquidazione
di una prestazione parzialmente riconosciuta, la novella dell’art. 38, lett. d), del
d.l. 6 luglio 2011, n. 98, convertito con modificazioni dalla legge n. 111 del
2011 — che prevede l’applicazione del termine decadenziale di cui all’art. 47 del
d.P.R. 30 aprile 1970 n. 639, anche alle azioni aventi ad oggetto l’adempimento
di prestazioni riconosciute solo in parte o il pagamento di accessori del credito
— detta una disciplina innovativa con efficacia retroattiva limitata ai giudizi
pendenti in primo grado alla data di entrata in vigore delle nuove disposizioni,
con la conseguenza che, ove la nuova disciplina non trovi applicazione, come
Ric. 2012 n. 00583 sez. ML – ud. 03-10-2013
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ORDINANZA
FATTO E DIRITTO
Ritenuto che la causa è stata chiamata alla adunanza in Camera di consiglio del
3 ottobre 2013 ai sensi dell’art. 375 cod. proc. civ. sulla base della relazione
redatta a norma dell’art. 380-bis cod. proc. civ., avente il seguente tenore:

nel caso di giudizi pendenti in appello o in cassazione alla data predetta, vale il
generale principio dell’inapplicabilità del termine decadenziale».

5.—Il secondo motivo di ricorso è invece manifestamente fondato, alla
stregua della ormai consolidata giurisprudenza di questa Corte (vedi, da ultimo,
Cass. 28 maggio 2012, n. 8510, nonché Cass. 20 maggio 2011, n. 11152 e
numerose altre conformi alla precedente sentenza 9 maggio 2007, n. 10546),
secondo cui, ai fini della liquidazione delle prestazioni temporanee in
agricoltura, la nozione di retribuzione, definita dalla contrattazione collettiva,
da porre a confronto con il salario medio convenzionale, ex art 4 del d.lgs. n.
146 del 1997, non comprende il trattamento di fine rapporto.
5.1. — Tale principio merita di essere ribadito anche in questa sede. La
voce denominata “quota di TFR” dai contratti collettivi vigenti a partire da
quello del 27 novembre 1991, va esclusa dal computo dell’indennità di
disoccupazione, in ragione della volontà espressa dalle parti stipulanti, volontà
che è vietato disattendere ai sensi dell’art. 3 del d.l. 14 giugno 1996, n. 318,
convertito con modificazioni dalla legge 29 luglio 1996, n. 402, a norma del
quale, agli effetti previdenziali, la retribuzione dovuta in base agli accordi
collettivi non può essere individuata in difformità rispetto a quanto definito
negli accordi stessi.
5.2.— La summenzionata giurisprudenza di legittimità ha, poi, trovato
esplicito avallo nel d.l. 6 luglio 2011, n. 98, convertito, con modificazioni, dalla
legge 15 luglio 2011, n. 111, contenente all’art. 18, comma 18, una norma di
interpretazione autentica dell’art. 4 del d.lgs. 16 aprile 1997, n. 146, in forza del
quale detta previsione normativa si interpreta nel senso che la retribuzione utile
per il calcolo delle prestazioni temporanee in favore degli operai agricoli a
tempo determinato non è comprensiva della voce relativa al trattamento di fine
rapporto, comunque denominato dalla contrattazione collettiva.
6.—In conclusione, per le suesposte ragioni, in applicazione degli artt.
376, 380-bis e art. 375 cod. proc. civ., si propone la trattazione del ricorso in
Camera di consiglio, perche ivi sia dichiarata l’infondatezza del primo motivo
di ricorso e la fondatezza del secondo, per quanto detto in precedenza»;
che sono seguite le rituali comunicazione e notifica della suddetta relazione,
unitamente al decreto di fissazione della presente udienza in Camera di
consiglio.

Ric. 2012 n. 00583 sez. ML – ud. 03-10-2013
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Tale orientamento, che si è ormai consolidato (vedi, per tutte, da ultimo:
Cass. 7 febbraio 2013, n. 2858), va condiviso e porta all’infondatezza del primo
motivo di ricorso.

Considerato che il Collegio condivide la proposta di definizione contenuta nella
relazione ex art. 380-bis cod. proc. civ.;

che, con riguardo a tale ultimo motivo, non essendovi necessità di ulteriori
accertamenti all’esito del principio affermato esplicitamente avallato dal d.l. 6
luglio 2011, n. 98, convertito, con modificazioni, dalla legge 15 luglio 2011, n.
111, la causa va decisa nel merito con il rigetto della domanda di cui al ricorso
introduttivo di inclusione della “quota TFR” nella base di calcolo dell’indennità
di disoccupazione agricola;
che sia il recente consolidarsi dell’indirizzo giurisprudenziale cui si è fatto
riferimento sia l’intervento legislativo da ultimo ricordato, portano a
compensare tra le parti le spese dell’intero processo.
P.Q.M.
La Corte rigetta il primo motivo di ricorso e accoglie il secondo motivo.
Cassa la sentenza impugnata, in relazione al motivo accolto, e, decidendo nel
merito, rigetta la domanda di cui al ricorso introduttivo di inclusione della
“quota TFR” nella base di calcolo dell’indennità di disoccupazione agricola.
Compensa tra le parti le spese dell’intero processo.
Così deciso in Roma, nella camera di consiglio della Sesta Sezione civile,
il 3 ottobre 2013.

che, pertanto, il ricorso il primo motivo di ricorso deve essere respinto deve e il
secondo, invece, deve essere accolto perché fondato e la sentenza impugnata va
cassata, in relazione al motivo accolto;

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