Sentenza Sentenza Cassazione Civile n. 26373 del 07/12/2011

Cassazione civile sez. I, 07/12/2011, (ud. 09/11/2011, dep. 07/12/2011), n.26373

LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE

SEZIONE PRIMA CIVILE

Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:

Dott. VITRONE Ugo – Presidente –

Dott. SALVAGO Salvatore – Consigliere –

Dott. CECCHERINI Aldo – Consigliere –

Dott. FORTE Fabrizio – rel. Consigliere –

Dott. CRISTIANO Magda – Consigliere –

ha pronunciato la seguente:

sentenza

sul ricorso iscritto al n. 8420 del Ruolo Generale degli affari

civili dell’anno 2006 proposto da:

D.E., elettivamente domiciliata in Roma, al Piazzale

delle Belle Arti n. 8, presso l’avv. Pellicanò Antonino, che la

rappresenta e difende, per procura a margine del ricorso;

– ricorrente –

contro

A.G.E.A. Agenzia per le erogazioni in agricoltura, in persona del

legale rappresentante p.t., ex lege domiciliato in Roma alla Via dei

Portoghesi n. 12, presso l’Avvocatura generale dello Stato e da

questa rappresentata e difesa;

– controricorrente –

avverso la sentenza del giudice di pace di Roma n. 5386/05 del 12

dicembre 2004 – 4 febbraio 2005.

Udita la relazione del Cons. dr. Fabrizio Forte e sentito il P.M. dr.

DEL CORE Sergio, che conclude per il rigetto del ricorso.

Fatto

SVOLGIMENTO DEL PROCESSO

D.E., con atto di citazione notificato l’8 aprile 2004, conveniva in giudizio dinanzi al giudice di pace di Roma l’A.G.E.A. (Agenzia per le erogazioni in agricoltura), dichiarandosi conduttrice di uliveti siti nel Comune di (OMISSIS) su particelle meglio individuate nella allegata documentazione catastale e di avere invano presentato domanda di aiuto alla produzione dell’olio di oliva per la campagna olearia 1992-1993, denunciando una produzione di olio pari a q.li 3,06 senza ricevere alcunchè dalla convenuta, la quale nel 2002 (comunicazione del 25 novembre 2 002, in risposta alla sua richiesta di chiarimenti), aveva affermato che non risultava dalla consultazione del sistema informativo olio, che ella avesse presentato tempestiva denuncia di coltivazione per la predetta annata, denuncia che, dalla campagna olearia 1985-86, è presupposto essenziale per poter ricevere l’aiuto. L’attrice chiedeva quindi la somma di Euro 257,59 oltre accessori, per gli aiuti comunitari erroneamente a lei negati, deducendo di avere presentato denuncia di coltivazione per l’annata 1992-93, a mezzo della Soc. cooperativa L’Olivo Avetranese (codice associazione di appartenenza n. 7149), in data 29.6.1992, e successivamente la domanda di aiuto in data 9.6.1993, in base all’olio prodotto da frantoio autorizzato a dichiarare l’entità della produzione.

Ha rilevato il giudice adito, che, ai sensi dei Regolamenti CE, è necessaria la denuncia di coltivazione entro il 30 novembre del primo anno della campagna olearia (nel caso 30 novembre 1992) e che la domanda di aiuto deve presentarsi non oltre il 3 0 giugno dell’anno successivo. Avendo l’A.G.E.A. contestato le deduzioni di controparte, sulla base del proprio sistema informativo dal quale non emergevano le predette risultanze, ad avviso del giudice di pace, mancava la prova dell’adempimento degli oneri per il riconoscimento del diritto all’aiuto per la campagna olearia 1992-1993.

Inoltre l’adesione della D. ad una diversa associazione riconosciuta rispetto a quella pregressa triennale ad altra associazione, a mezzo della quale era stata presentata la domanda originaria, fa venir meno il diritto a vedere accolta la domanda, ai sensi dell’art. 3, paragrafi 5 e 7, del regolamento CE n. 2261/84.

Tale circostanza si è verificata ed è stata dimostrata dalla convenuta, impedendo l’accoglimento della domanda. Il giudice di pace di Roma, con la sentenza di cui in epigrafe, espressamente decidendo secondo equità per il valore della causa, ha ritenuto non provato dall’attrice il diritto all’aiuto ed ha quindi rigettato la domanda, compensando le spese del grado.

Per la cassazione della sentenza che precede, la D. propone ricorso notificato il 20 marzo 2006 di tre motivi, e l’A.G.E.A. si difende con controricorso, notificato alla ricorrente il 4 aprile 2006.

Diritto

MOTIVI DELLA DECISIONE

1.1. Il primo motivo del ricorso della D. lamenta violazione dell’art. 320 c.p.c. e illegittimità e erroneità della sentenza, per motivazione solo apparente, denunciando anche extra e ultra petizione di tale giudice. Il giudice adito ha motivato la sentenza ricorrendo ad argomenti del tutto nuovi rispetto a quelli contenuti negli atti di parte, avendo l’A.G.E.A. rilevato solo la discordanza tra deduzioni a base della domanda giudiziaria e risultanze del suo sistema informativo, censurando la avversa citazione per inutili complicazioni in ordine al numero delle piante coltivate e alla individuazione delle particelle catastali, circostanze di merito irrilevanti. Nessuna contestazione vi è stata, nella comparsa di risposta, della denuncia di coltivazione da parte della D., che il giudice nega sia stata presentata per tempo, mentre assolutamente non emerge dalla comparsa di risposta la modifica dell’associazione attraverso la quale si è chiesto il contributo prima del triennio di adesione ad essa, imposta dalle norme in materia.

Poichè ai sensi dell’art. 320 c.p.c., non vi è distinzione tra udienza di prima comparizione e quella di trattazione davanti al giudice di pace, tutte le questioni sollevate oltre la prima udienza, sono inammissibili e la decisione su di esse deve ritenersi ultra petita rispetto alle richieste delle parti.

1.2. Si denuncia poi la violazione dell’art. 3, par. 5 e 7, del Regolamento CE n. 2261/84, perchè si può aderire a più associazioni di olivicoltori per fondi siti in zone diverse, perchè il divieto al coltivatore di essere membro di più associazioni, riguarda solo le superfici site nella medesima zona.

Nel caso, le domande riguardano fondi siti in provincia di Taranto e sono compatibili con quelle proposte a mezzo di altra Associazione per terreni nella provincia di Lecce; comunque l’Associazione che ha presentato le più domande è identica, anche se ha numero identificativo diverso nelle distinte zone in cui opera.

1.3. Si lamenta poi violazione degli artt. 115 e 116 c.p.c., in rapporto all’art. 2697 c.c. e all’art. 360 c.p.c., nn. 3 e 5, anche per carenza assoluta di motivazione. Il giudice ha omesso di esaminare la denuncia di coltivazione prodotta dalla ricorrente e datata 30.6.1992, presentata a mezzo di Unipal, come confermato dall’attestato di ricezione di 166 domande e denunce presentate da coltivatori e dal modello F con la indicazione dell’olio prodotto per il quale si è chiesto il contributo. Nessuna prova contraria a detta ricezione ha dato l’AGEA e quindi la domanda è stata respinta in violazione degli artt. 115 e 116 c.p.c., e la sentenza è solo conseguenza di una errata valutazione della documentazione prodotta.

Il controricorrente eccepisce l’inammissibilità del ricorso che anzitutto impugna la sentenza n. 5396/04 e non quella 5386/05 e inoltre deduce che i motivi di ricorso non rientrano tra quelli proponibili, in base alla sentenza della Corte costituzionale n. 296 del 2004, non denunciando violazioni di norme vincolanti o di principi informatori della materia.

Secondo l’AGEA, vi sono centinaia di ricorsi seriali a contenuto generico per il riconoscimento del diritto agli aiuti comunitari e nel caso la ricorrente non ha presentato la denuncia di coltivazione nè la domanda di aiuto, come da essa dedotto già con la comparsa del 27 agosto 2004. Si deduce poi che il produttore, dopo avere aderito nel 1984 alla Associazione italiana salentina produttori olivicoli è passato, nel 1995, a quella interregionale fino al 30 giugno 2003, presentando ad essa una denuncia di coltivazione per la campagna 1993 – 1994, prima che trascorresse il triennio dal passaggio dall’una all’altra associazione per presentare la denuncia e la domanda, che quindi era inammissibile.

Conclude l’A.G.E.A. negando che vi sia stata violazione del diritto di difesa della controparte nel caso concreto.

2. Il giudice di pace di Roma ha deciso espressamente “secondo equità” la presente causa, ai sensi dell’art. 113 c.p.c., comma 2 nella versione vigente alla data della domanda, per la quale il valore della controversia ai sensi degli artt. 10 e 14 c.p.c. era espressamente indicato in meno di L. 2.000.000, somma nella quale rientrava l’aiuto di cui era chiesto il pagamento, anche con interessi e rivalutazione monetaria (Cass. 29 novembre 2010 n. 24153 e 26 aprile 2010 n. 9923).

La sentenza, ai sensi dell’art. 339 c.p.c., comma 2 nella versione vigente alla data della pubblicazione, non è appellabile ma solo ricorribile per cassazione, ove ecceda i limiti che la legge pone alla “equità” per la quale il giudice, non vincolato a decidere in base alle “norme del diritto” (art. 113 c.p.c., comma 1), è però tenuto, per il principio di legalità, a rispettare le linee essenziali e qualificanti della disciplina del rapporto controverso, cioè i cd. “principi informatori della materia”, oltre che le norme costituzionali e comunitarie.

Gli indicati principi non corrispondono alle singole norme rilevanti nella materia nè alle regole, accessorie e contingenti, che non la qualificano nella sua essenza, ma costituiscono enunciati desumibili dalla disciplina positiva, il cui mancato rispetto comporta una decisione ingiusta e da cassare, in caso di ricorso per la loro violazione in sede di legittimità.

Pertanto, le sentenze secondo equità del giudice di pace sono ricorribili per cassazione non solo quando violano norme inderogabili – processuali, costituzionali e comunitarie – ma anche ove siano in contrasto con i principi informatori della materia oggetto di causa che qualificano la stessa fisionomia giuridica del rapporto controverso, per cui la loro violazione comporta nullità della sentenza (C. Cost. 6 luglio 2004 n. 206), da ritenere erroneamente decisa nel caso concreto, se non consente di configurare giuridicamente la causa petendi su cui si fonda l’atto introduttivo.

Nel caso concreto i principi informatori della materia dell’aiuto comunitario alle coltivazioni degli olivicoltori sono certamente compatibili con la istruttoria che le norme comunitarie e quelle interne impongono per ottenere il contributo, per le quali deve essere presentata entro il 30 novembre dell’anno cui si riferisce l’aiuto la denuncia delle particelle in produzione, presupposto indispensabile per proporre la successiva domanda di aiuto entro il giugno successivo, che si può liquidare solo a seguito della attestazione, da frantoio autorizzato, della quantità di olive molite per l’anno cui si riferisce la domanda. Resta ferma la censurabiltà per cassazione delle sentenze di equità ai sensi dell’art. 111 Cost., comma 1, anche per violazione dei principi informatori della materia (su cui cfr. Cass. 4 maggio 2011 n. 9759, 13 maggio 2010 n. 11638, S.U. 14 gennaio 2009 n. 564, Cass. 18 giugno 2008 n. 16545).

3. Deve anzitutto rigettarsi l’eccezione di inammissibilità del ricorso per la errata indicazione della sentenza impugnata, desumendosi il provvedimento oggetto di ricorso dalla produzione effettuata e dalla difesa del controricorrente, valevole da sola a sanare ogni irregolarità, non avendo contestato che quella emessa inter partes e oggetto di ricorso è proprio la sentenza prodotta. Il ricorso come proposto, in quanto relativo a sentenza emessa prima del D.Lgs. 2 febbraio 2006, n. 40 lamentando violazione di norme processuali e di principi informatori della materia oggetto di causa relativi ai cd. aiuti comunitari alla agricoltura, e una omessa motivazione della decisione, è, anche sul piano formale, ammissibile.

Sul piano sostanziale devono ritenersi preclusi quei motivi che si rifanno a principi informatori non specificati, come tali privi di autosufficienza, pur se rilevabili dalle norme comunitarie e interne, che regolano gli aiuti comunitari all’agricoltura, denunciando una pretesa omessa motivazione in ragione di una diversa valutazione dal giudice della documentazione in atti.

Il giudice di pace non risulta che abbia violato l’art. 320 c.p.c. avendo deciso la causa in base alle deduzioni della convenuta contenute nella comparsa di risposta dell’agosto 2004 che lo stesso controricorrente afferma quindi essere anteriore alla prima udienza.

Sul primo motivo di ricorso è quindi chiaro che l’A.G.E.A., pur dando atto della presentazione della denuncia di coltivazione per l’annata olearia 1992-1993, ha comunque contestato la pretesa della D., rilevando una discrasia tra i dati indicati dalla donna e quelli risultanti dallo schedario della convenuta.

In relazione alla affermazione dell’A.G.E.A. della assenza dal sistema informativo che essa detiene della denuncia di coltivazione e della domanda di aiuto per la campagna olearia 1992-1993 e della iscrizione della D. a due Associazioni di olivicoltori, il giudice di pace correttamente dubita che la documentazione prodotta dall’istante in sede amministrativa per ottenere gli aiuti, sia sufficiente a giustificare il credito della coltivatrice per cui è causa, essendo le norme comunitarie ed interne nella materia informate al principio fondamentale della reale esistenza della coltivazione e della produzione di olio, che da diritto all’aiuto per il coltivatore, che, in caso di indebita percezione di quanto pretende compie un reato e viola i diritti di concorrenza con gli altri olivicoltori. Nel caso di specie, sin dalla prima memoria l’A.G.E.A. ha negato l’esistenza della denuncia di coltivazione per l’annata agricola 1992-1993 in relazione al terreno per cui è chiesto l’aiuto; il giudice di pace, applicando principi generali del diritto processuale, ha esattamente rilevato che manca la prova in atti che l’Associazione di olivicoltori di appartenenza abbia inviato all’A.G.E.A. la denuncia e la domanda, indispensabili a ottenere il contributo. Tale circostanza non è superata dalla deduzione dell’invio di 166 domande e denunce per l’annata 1992-1993 dalla Associazione di appartenenza della D., che resta generica, per cui la carenza probatoria del diritto della ricorrente permane e rende irrilevante la questione della adesione a due distinte associazioni, che la coltivatrice giustifica per essere i terreni da lei coltivati in zone diverse della regione Puglia.

L’incertezza sul mancato inoltro all’A.G.E.A. della domanda della D. dall’Associazione non è superata e la sentenza non può cassarsi per avere deciso in base alle tempestive difese della convenuta, senza violare l’art. 320 c.p.c. (1^ motivo), applicando invece la normativa CE che vieta l’adesione a due associazioni, con circostanza che resta assorbita dalla insufficiente prova del diritto della ricorrente (2^ motivo), sussistendo una motivazione adeguata di tale mancata dimostrazione del diritto, a fronte delle contestazioni sollevate da controparte.

I principi di rigore che emergono anche dalle sanzioni per percezione illecita degli aiuti (su cui cfr. la recente Cass. 2 febbraio 2011 n. 3412) e informano la materia oggetto di causa comportano la infondatezza dei motivi ammissibili, dovendo negarsi l’ammissibilità del ricorso per motivazione apparente, essendo chiaramente giustificata la incertezza dell’esistenza del diritto della D. all’aiuto correttamente denegato dal giudice nel merito.

In ogni caso il terzo motivo di ricorso è inammissibile in quanto lamenta una omessa valutazione di documenti che costituisce di per sè motivo indeducibile in una sentenza secondo diritto e lo è ancor di più in rapporto ad una decisione di equità quale è quella impugnata in questa sede, che non risulta in alcun modo palesemente contraddittoria come invece denuncia la impugnazione.

3. Il ricorso deve quindi rigettarsi e la soccombente dovrà pagare alla controricorrente le spese di causa che si liquidano nella misura di cui in dispositivo.

P.Q.M.

La Corte rigetta il ricorso e condanna la ricorrente a pagare alla controricorrente le spese del giudizio di cassazione che liquida in Euro. 400,00, oltre alle spese prenotate a debito.

Così deciso in Roma, nella Camera di consiglio della prima sezione civile della Corte suprema di cassazione, il 9 novembre 2011.

Depositato in Cancelleria il 7 dicembre 2011

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