Sentenza Sentenza Cassazione Civile n. 26361 del 07/12/2011

Cassazione civile sez. I, 07/12/2011, (ud. 19/10/2011, dep. 07/12/2011), n.26361

LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE

SEZIONE PRIMA CIVILE

Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:

Dott. PLENTEDA Donato – Presidente –

Dott. GIANCOLA Maria Cristina – rel. Consigliere –

Dott. DI VIRGILIO Maria Rosa – Consigliere –

Dott. BISOGNI Giacinto – Consigliere –

Dott. DE CHIARA Carlo – Consigliere –

ha pronunciato la seguente:

sentenza

sul ricorso proposto da:

B.F. (C.F. (OMISSIS)), C.L. (C.F.

(OMISSIS)), elettivamente domiciliati in ROMA, VIA MONTE

ZEBIO 37, presso l’avvocato FAZZALARI FRANCESCO, che li rappresenta e

difende unitamente agli avvocati LUCIFERO FABRIZIO, FAZZALARI ELIO,

VELANI PAOLO, giusta procura speciale 2608 per Notaio dott- MARIO FEA

di ROMA – Rep.n. 83540 del 17.11.2010 e procura in calce al ricorso;

– ricorrenti –

contro

ITALFONDIARIO S.P.A. (c.f. (OMISSIS)), nella qualità di

mandataria della CASTELLO FINANCE S.R.L., in persona del legale

rappresentante pro tempore, elettivamente domiciliata in ROMA, VIA

BRESSANONE 3, presso l’avvocato CASOTTI CANTATORE MARIA LUISA, che la

rappresenta e difende, giusta procura speciale per Notaio avv. ENZO

ROMANO di ROMA – Rep.n. 380061 del 19.1.2010;

– controricorrente –

contro

INTESA BCI GESTIONE CREDITI S.P.A. IN PROPRIO E NELLA QUALITA’ DI

RAPPRESENTANTE DI INTESA BCI S.P.A.;

– intimata –

avverso la sentenza n. 3192/2005 della CORTE D’APPELLO di ROMA,

depositata il 14/07/2005;

udita la relazione della causa svolta nella pubblica udienza del

19/10/2011 dal Consigliere Dott. MARIA CRISTINA GIANCOLA;

uditi, per i ricorrenti, gli Avvocati FABRIZIO LUCIFERO e PAOLO

VELANI che hanno chiesto l’accoglimento del ricorso;

udito, per la controricorrente, l’Avvocato M. LUISA CASOTTI CANTATORE

che ha chiesto il rigetto del ricorso;

udito il P.M., in persona del Sostituto Procuratore Generale Dott.

LETTIERI Nicola che ha concluso per l’accoglimento del primo motivo

del ricorso con l’assorbimento dei restanti motivi.

Fatto

SVOLGIMENTO DEL PROCESSO

Con citazione notificata il 10.12.1998 la Cassa di Risparmio di Calabria e di Lucania (CARICAL) s.p.a. conveniva in giudizio innanzi al Tribunale di Roma i coniugi B.F. e L. C., dichiarandosi creditrice del primo in virtù di fideiussioni prestate a favore della PRASS s.r.l. per i debiti maturati da aperture di credito concesse alla società, chiedendo che fosse dichiarato inopponibile e/o revocato ed inefficace nei confronti di essa attrice l’atto pubblico per Notar Soldani di Roma del 15.11.1993 rep. 27646, con il quale il B., con la partecipazione della moglie, aveva costituito in fondo patrimoniale le quote di due unità immobiliari, originariamente appartenenti a lui solo. Il G.I. all’udienza del 7.07.1999 accertava la contumacia dei convenuti; successivamente, con comparsa di costituzione notificata il 17.01.2001, ai sensi dell’art. 140 c.p.c., ai convenuti contumaci, interveniva in giudizio la Intesa Gestione Crediti s.p.a.

(nuova denominazione assunta dalla Cassa di Risparmio Salernitana s.p.a., a sua volta sorta da scissione dalla controllante totalitaria Cassa di Risparmio delle Province Lombarde s.p.a., dalla quale la CARICAL s.p.a. era stata incorporata). La società intervenuta si associava alle domande dell’attrice e ne chiedeva l’estromissione.

Con sentenza n. 3759 del 30.01.2002, il Tribunale di Roma respingeva la domanda dell’attrice e dell’intervenuta, d’inopponibilità del citato atto di costituzione di fondo patrimoniale e dichiarava peraltro l’inefficacia dell’atto stesso ex art. 2901 c.c., condannando i convenuti alle spese di giudizio. Con atto di citazione notificato il 7.05.2002 sia alla CARIPLO s.p.a. che all’Intesa Gestione Crediti s.p.a., i coniugi B. – C. proponevano appello avverso detta sentenza, deducendo i seguenti motivi di impugnazione: a) nullità della dichiarazione di contumacia di essi convenuti e conseguente nullità dell’intero giudizio e della sentenza appellata, per non avere ricevuto la comunicazione del provvedimento di anticipazione dell’udienza di prima comparizione in violazione del disposto dell’art. 168 bis c.p.c.; b) difetto di legittimazione attiva della CARICAL s.p.a. al momento della notifica della citazione introduttiva, poichè l’atto di fusione per incorporazione del 21.12.1998, faceva retroagire i propri effetti al 30.11.1998; c) prescrizione dell’azione in quanto proposta con citazione notificata oltre il quinquennio dal momento della stipula del rogito; d) infondatezza della domanda ex art. 2901 c.c. per carenza di diversi presupposti, e precisamente la mancanza del danno, in quanto l’atto di disposizione era intervenuto un anno dopo che la CARICAL s.p.a. aveva accettato la revoca della fideiussione, laddove i beni oggetto di disposizione erano stati acquistati ben dopo il sorgere del debito garantito; validità della garanzia fideiussoria unicamente per i debiti sorti prima dell’entrata in vigore della L. n. 154 del 1992; decadenza della CARICAL s.p.a. dalla garanzia fideiussoria ex art. 1957 c.c., avendo la Banca accettato il recesso del B. dalla fideiussione e limitato l’ammontare del suo impegno, ed essendo decorsi oltre sei mesi previsti da quella norma;

nonchè per non aver comunicato al B. l’aggravamento del debito in violazione degli arti 1175 e 1375 c.c. Gli appellanti chiedevano, quindi, il rigetto delle domande tutte proposte dalla società attrice e dall’intervenuta, con vittoria delle spese dell’intero giudizio.

Si costituiva la sola Intesabci Gestione Crediti s.p.a (nuova denominazione assunta da Intesa Gestione Crediti s.p.a.), che concludeva per il rigetto dell’appello e la conferma della sentenza appellata.

Con sentenza del 28.01- 14,07.2005, la Corte di appello di Roma, nella contumacia della Cariplo S.p.a., rigettava l’appello e condannava gli appellanti in solido alla rifusione in favore della Banca appellata delle spese del secondo grado. La Corte territoriale osservava e riteneva:

1. che il primo motivo di gravame, pur essendo fondato nella parte in cui evidenziava la nullità di alcuni atti del processo di primo grado, non poteva essere accolto nella parte in cui tendeva ad ottenere la declaratoria di nullità della dichiarazione di contumacia dei convenuti e, conseguentemente, della sentenza impugnata.

2. che, infatti, l’anticipazione dell’udienza di prima comparizione dal 15.02.2000 (data fissata nella citazione introduttiva) al 7.07.1999 non era stata notificata nè comunicata ai convenuti.

3. che poteva ragionevolmente sostenersi che un provvedimento di anticipazione dell’udienza di prima comparizione, non avrebbe potuto essere emesso d’ufficio dal Giudice.

4. che in tale situazione la parte convenuta non costituita, non era stata posta in condizione di espletare tempestivamente le proprie difese, non potendo esserle imposto l’obbligo di verificare periodicamente e frequentemente la non disposta anticipazione dell’udienza di la comparizione per non incorrere nelle decadenze stabilite dalla legge.

5. che, peraltro, due circostanze avevano impedito che la sentenza fosse inficiata di nullità per la consumata violazione: la mancata costituzione dei convenuti, nel termine originariamente concesso con la citazione introduttiva e la notifica, su ordine del G.I., della comparsa di intervento della Intesa Gestione Crediti s.p.a.

6. che poichè l’atto di citazione introduttiva era perfettamente valido e completo di ogni elemento essenziale ed era stato ritualmente notificato (nè in appello era stato dedotto alcun vizio della notificazione), se i convenuti si fossero costituiti nel termine previsto dall’art. 166 c.p.c. calcolato rispetto all’udienza originariamente assegnata dall’attore, avrebbero potuto far rilevare la violazione compiuta e proporre tutte le loro difese ed eccezioni, anche eventualmente in via riconvenzionale; non essendosi, invece, costituiti nel termine loro assegnato dalla legge (sessanta giorni prima del 15.02.2000) avevano confermato la volontarietà dell’atteggiamento di contumacia, poichè la causa era ancora nella fase di trattazione e non erano state precisate le conclusioni (precisate la prima volta all’udienza del 4.05.2000) e da quel momento in avanti, ai sensi dell’art. 159 c.p.c., l’attività svolta dalle parti e dal Giudice doveva considerarsi regolare e non più dipendente dall’atto originariamente nullo.

7. che non minore rilevanza aveva l’avvenuta notifica, in data 17.01.2001, della comparsa di intervento della Intesa Gestione Crediti s.p.a., con distinte copie: detto atto conteneva infatti espressa menzione degli estremi dell’atto di citazione introduttiva, dell’atto di costituzione del fondo patrimoniale impugnato, della parte attrice; e la relata di notifica indicava anche il numero di iscrizione del medesimo processo nel R.G.C.C. del Tribunale, consentendo l’inequivoca correlazione dell’intervento al processo precedentemente instaurato con la citazione già notificata e ponendo i convenuti in condizione, ove lo avessero voluto, di costituirsi e far valere (ancora) tempestivamente i propri diritti (previsti anche dall’art. 293 c.p.c.).

8. che il non giustificato atteggiamento processuale di contumacia (anche se tale solo dopo il 15.02.2000) dei convenuti in primo grado comportava che questi non potessero proporre nel processo d’appello le eccezioni che avrebbero potuto e dovuto sollevare, costituendosi, nel primo grado: tra queste l’eccezione di prescrizione proposta con il terzo motivo di appello e quella di decadenza della Banca creditrice ex art. 1957 c.c. dall’azione di regresso contro i fideiussori, sollevata nell’ultimo complesso motivo d’appello.

9. che andava inoltre respinto il secondo motivo di gravame con il quale si contestava la legittimazione dell’originaria attrice Carical S.p.A., poichè sebbene il 1. 12.1998, giorno della notifica della citazione introduttiva, la CARICAL s.p.a. avesse già perduto la titolarità dei crediti ceduti e la legittimazione a farli valere, tuttavia la verifica della legittimazione ad causam doveva avvenire sulla scorta della prospettazione dei fatti proposta dall’attore (o dal convenuto) e delle allegazioni poste a fondamento della i domanda (o delle eccezioni), il relativo difetto non poteva essere rilevato d’ufficio e doveva essere eccepito dalla parte interessata.

10. che del resto la legittimazione ad agire, nel senso sopra definito, costituiva condizione dell’azione e doveva sussistere al momento della decisione della causa, poichè la sua sopravvenienza rendeva proponibile l’azione fin dall’origine, nella specie, peraltro, nel giudizio era stato esercitato intervento dal successore universale della cessionaria dei crediti di cui alla scrittura privata 30.11.1998, e la comparsa di intervento era stata notificata ai convenuti già contumaci; sicchè la presenza in giudizio della parte che fin dall’origine sarebbe stata legittimata (rectius: era titolare del diritto) aveva completamente sanato ogni vizio concernente la regolare costituzione del rapporto processuale.

11. che le contestazioni di merito mosse dagli appellanti in ordine sia alla scientia damni che all’inesistenza del credito della CARICAL s.p.a. (o della cessionaria) nei confronti del B. erano infondate.

Avverso questa sentenza il B. e la C. hanno proposto ricorso per cassazione affidato a cinque motivi e notificato il 14.07.2006 a Intesa Bci Gestione Crediti S.p.A. (già denominata Intesa Gestione Crediti S.p.A. e, prima ancora, Carisal e Cassa di Risparmio Salernitana S.P.A.) ed a Intesa Bci S.p.A. (quale incorporante della Cariplo S.p.A.) rappresentata da Intesa BCI Gestione Crediti S.p.A.. La società Italfondiario S.p.A. quale società incorporante per fusione la Castello Gestione Crediti S.p.a.

a sua volta procuratrice di Castello Finance S.r.l., cessionaria del credito controverso, ha resistito con controricorso notificato il 6- 9.10.2006 ai due ricorrenti, a Intesa Bci Gestione Crediti S.p.A. e a Intesa BCI S.p.A.. Intesa Bci Gestione Crediti S.p.A. e Intesa BCI S.p.A. non hanno svolto attività difensiva. Le altre parti hanno depositato memoria.

Diritto

MOTIVI DELLA DECISIONE

A sostegno del ricorso il B. e la C. denunziano:

1. “Art. 360 c.p.c., n. 4. Censurano la sentenza:

– perchè oblitera la nullità assoluta dell’anticipazione della prima udienza ex officio;

– perchè erroneamente ritiene che l’intervento in causa di un terzo, nella specie la Intesa Gestione Crediti (poi Intesabci), avesse reso edotti i coniugi B. dell’anticipazione di udienza, circostanza non vera, in atto: giacchè nell’atto di intervento notificato anche ai B. non poteva trarsi nè per esplicito, nè per implicito, alcuna notizia dell’anticipazione della prima udienza e, comunque, la notizia non avrebbe avuto alcuna efficacia, essendo l’anticipazione, dal momento in cui era stata disposta, radicalmente nulla; perchè, infine, addossa ai convenuti un obbligo di costituzione che, stante la già intervenuta nullità, non poteva nemmeno ipotizzarsi.

Sostengono che l’errore fondamentale della Corte di merito riguarda la quaestio dell’anticipazione ex officio della prima udienza e le sue conseguenze, che a fronte dell’errore commesso dal Giudice di primo grado all’inizio, con l’anticipare ex officio (cioè senza istanza di parte) il giorno della prima udienza, quale fissata in citazione, la medesima Corte ha, per un verso, constatato che l’art. 168 bis c.p.c. prevedeva ipotesi di spostamento ex officio della prima udienza (indicata in citazione), ma solo quanto al differimento richiesto dal calendario ufficiale o da esigenze dell’Ufficio, e non anche nel senso di permettere, come nella specie, l’anticipazione;

dall’altro verso, si è palesemente contraddetta, assumendo che, nel caso di specie, l’anticipazione, non poteva giudicarsi rituale e non aveva prodotto gli effetti di ablazione di tutti gli atti compiuti: e ciò in palese violazione dell’art. 168 bis c.p.c., del diritto di difesa e del principio del contraddittorio (già di “ordine pubblico” e da rilevare ufficio, e oggi costituzionalmente presidiato).

2. Art. 360 c.p.c., n. 4, – Deducono che non può certo ritenersi che al giudice d’appello spettasse, piuttosto che quello di annullare e concludere l’intero processo, il dovere di rinviarlo al primo Giudice: tale dovere essendo imposto dalla legge in casi tassativi e non certo in ipotesi di nullità assoluta dell’intero processo e che, comunque, anche tale denegata soluzione avrebbe privato il giudice di ogni potere di proseguire e decidere: e metterebbe in evidenza la violazione, da parte sua, dell’art. 354 c.p.c..

3. Art. 360 c.p.c., n. 4, – Sostengono che qualora mai in appello si fosse potuto optare per la prosecuzione del processo, sarebbe parimenti ovvio che, ferma la nullità del processo di primo grado, la Corte di merito avrebbe dovuto in subordine riconoscere agli appellanti il potere di svolgere in secondo grado ogni eccezione e difesa, senza preclusioni di sorta: pena la perdurante violazione diritto di difesa e del principio del contraddittorio. Pertanto, in questa non creduta ipotesi, dovrebbe ritenersi erroneo l’avviso di quel Giudice che l’eccezione di prescrizione dell’azione revocatoria per scadenza del termine di cui all’art. 2903 c.c., era inaccoglibile in sede d’appello per tardività (si ricorda che la costituzione del fondo patrimoniale era del 15.11.1993, la scadenza di quel termine era del 15.11.1998, la citazione della Caricai S.P.A è del 1.12.1998: dunque l’azione revocatoria esercitata da parte Carical era, nella data della notifica della citazione, già perenta…). Nè poteva il giudice d’appello ritenere, come invece erroneamente ha fatto, che l’intervento del successore di Carical, Soc. Gestione Crediti, bastasse a sanare il difetto di legittimazione ad causam, dal momento che la prescrizione aveva privato dell’azione revocatoria il dante causa e non era stata, perciò, trasmessa al successore.

4) Art. 360 c.p.c., n. 4, – Per la stessa non creduta ipotesi che il giudice d’appello potesse proseguire il giudizio, risulterebbe il suo errore di aver ritenuto che il thema disputato e decidendum fosse la legittimazione ad processum (per la quale basta la sola “prospettazione” della parte), e non la legittimatio ad causam (per ritenere la quale e poter pervenire alla decisione nel merito occorre che essa risulti, alla fine, dagli atti di causa): nella specie è emerso che l’azione revocatoria si era prescritta quindici giorni prima della cessione, per cui nè cedente nè cessionaria potevano più, successivamente (e precisamente il 30 novembre 1998), disporre di tale azione, art. 360 c.p.c., n. 5, – Infine, sempre nella denegata ipotesi che il giudice d’appello potesse giudicare nel merito, andrebbe constatato il suo errore di omessa motivazione sul fatto, controverso e decisivo: che in data 29.03.1991 B. aveva ceduto gratuitamente al consocio di maggioranza, Sig. T., la quota di sua proprietà (pari al 10.937%) del capitale sociale della PRASS s. r.l. nello stato di fatto in cui si trovava), con conseguente revoca delle fideiussioni bancarie dallo stesso Sig. B. sottoscritte a suo tempo nella qualità di socio della PRASS s. r. l., revoca accettata da Carital.

Il primo motivo del ricorso e la prima parte del terzo motivo nella parte inerente alla remissione in termini degli appellanti, meritano favorevole apprezzamento; al conseguente accoglimento segue anche l’assorbimento delle ulteriori censure contenute nel terzo motivo e l’assorbimento di tutti gli altri motivi del ricorso.

Nei procedimenti contenziosi che iniziano con la notificazione dell’atto di citazione, le disposizioni di cui all’art. 175 c.p.c., comma 2, e all’art. 168 bis c.p.c., commi 4 e 5, non consentono che l’udienza fissata nell’atto introduttivo sia d’ufficio anticipata rispetto a quella stabilita nell’atto di citazione, sicchè il provvedimento anticipatorio, non previsto dal sistema normativo ed impediente se non notificato al convenuto, come nella specie è avvenuto, l’instaurazione di un rapporto processuale tra le parti, è nullo. Ai sensi dell’art. 159 c.p.c., la nullità di detto provvedimento anticipatorio non si riflette sulla editto actionis e la vocatio in ius, di cui all’anteriore ed indipendente atto di citazione introduttivo che risulta essere stato validamente notificato, e travolge, invece, in caso di mancata costituzione del convenuto, gli atti processuali successivamente compiuti in violazione del contraddittorio con quest’ultima parte (in tema, cfr.

Cass. n. 1402 del 1996). Se poi, il convenuto dichiarato contumace impugni la sentenza di primo grado, come nel caso in discussione, il giudice d’appello, stante la nullità del provvedimento anticipatorio e gli effetti caducatori ad essa conseguiti, ivi inclusi quelli inerenti all’erronea declaratoria di contumacia del convenuto ed alla sentenza conclusiva del giudizio di primo grado, non deve, esulando il caso da quelli previsti dall’art. 353 c.p.c. e segg., rimettere la causa al giudice di primo grado, nè deve porre termine all’intero giudizio a causa di detta nullità, ma – dopo aver dichiarato la nullità del procedimento di primo grado e avere consentito le attività dalla stessa impedite – deve decidere nel merito (salvo che nessuna delle parti gli abbia richiesto una pronuncia di merito, assumendo rilievo in tal caso il principio della necessaria corrispondenza tra il chiesto e il pronunciato), considerata la mancanza di una garanzia costituzionale del principio del doppio grado di giurisdizione e il carattere eccezionale del potere del giudice di appello di rimettere la causa al primo giudice (potere che, concretandosi in una deroga al principio per il quale i motivi di nullità si convertono in motivi di gravame, può essere esercitato solo nei casi tassativamente previsti dagli artt. 353 e 354 cod. proc. civ.).

Nè diversa conclusione poteva essere legittimata tramite l’addebito ai convenuti B. e C. della violazione del dovere di attivazione e di lealtà processuale in rapporto alla mancata individuazione della diversa data di comparizione, a fronte della ricevuta notificazione dell’atto di citazione introduttivo e, su ordine del G.I., della comparsa d’intervento della Intesa Gestione Crediti s.p.a., giacchè la conoscenza da parte loro dell’illegittima anticipazione non li avrebbe posti in grado di sanarne gli effetti invalidanti conseguenti alla violazione del contraddittorio, sia pure con riguardo al caso in cui avessero scelto, come era loro diritto, di rimanere legittimamente contumaci.

Conclusivamente si deve accogliere il primo motivo del ricorso e nei limiti di cui in motivazione il terzo motivo, dichiarare assorbiti ulteriori censure e motivi, cassare la sentenza impugnata e rinviare alla Corte di appello di Roma, in diversa composizione cui di demanda anche la pronuncia sulle spese del giudizio di legittimità.

P.Q.M.

La Corte accoglie il primo motivo del ricorso e nei limiti di cui in motivazione il terzo motivo, dichiara assorbiti ulteriori censure e motivi, cassa la sentenza impugnata e rinvia, anche per le spese del giudizio di legittimità, alla Corte di appello di Roma, in diversa composizione.

Così deciso in Roma, il 19 ottobre 2011.

Depositato in Cancelleria il 7 dicembre 2011

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