Sentenza Sentenza Cassazione Civile n. 2636 del 30/01/2019

Cassazione civile sez. trib., 30/01/2019, (ud. 19/12/2018, dep. 30/01/2019), n.2636

LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE

SEZIONE TRIBUTARIA

Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:

Dott. CIRILLO Ettore – Presidente –

Dott. CRUCITTI Roberta – Consigliere –

Dott. D’ORAZIO Luigi – Consigliere –

Dott. DELL’ORFANO Antonella – Consigliere –

Dott. GHITTI Italo Mario – rel. Consigliere –

ha pronunciato la seguente:

ORDINANZA

sul ricorso iscritto al n. 18021/2012 R.G. proposto da:

EQUITALIA NORD S.P.A.- incorporante per fusione di EQUITALIA NOMOS

S.P.A.- in persona dell’A.D. Sig. R.G. e per esso del

Responsabile della Unità Organizzativa Legale Corporate

-Istituzionale, Avv. Andrea Umberto Daglia, assistita e difesa dagli

Avv.ti Maurizio Cimetti del Foro di Verona e Avv. Sante Ricci del

Foro di Roma, elettivamente domiciliata presso lo studio di

quest’ultimo in Roma via delle Quattro Fontane n. 161;

– ricorrente –

Contro

M.M., residente in Grugliasco(TO) via Frejus n.21,

rappresentata e difesa dall’Avv. Fabio Cramarossa;

– controricorrente –

Avverso la Sentenza n. 4/36/12 della Commissione Tributaria Regionale

del Piemonte, pronunciata il 22 novembre 2011 e depositata il 12

gennaio 2012.

Udita la relazione svolta nella camera di consiglio del 19/12/2018

dal Consigliere Italo Mario Ghitti.

Fatto

RILEVATO

che:

EQUITALIA NORD S.P.A., incorporante per fusione l’originario agente della riscossione EQUITALIA NOMOS S.P.A., propone ricorso per la cassazione della Sentenza n. 4/36/12 della Commissione Tributaria Regionale del Piemonte pronunciata il 22.11.11 e depositata il 12.1.2012. La predetta CTR, confermando la sentenza della CTP di Torino, annulla la cartella di pagamento n. (OMISSIS) emessa nei confronti di M.M. e a lei notificata il 29.9.2009, relativa all’IRPEF dovuta per gli anni 2003 e 2004, per un importo totale di Euro 48.936,82.

La CTR rileva innanzi tutto che i ” vizi opposti dalla contribuente sono relativi esclusivamente alla cartella” di pagamento, senza peraltro compiere alcuna valutazione in ordine a tali vizi. Quanto alla carenza di legittimazione passiva dell’Agente della riscossione, eccepita fin dall’atto di costituzione nel giudizio di primo grado e ribadita nell’atto di appello, ed alla conseguente domanda di integrazione del contradditorio nei confronti dell’Ente impositore formulata da EQUITALIA NORD S.P.A., il Giudice del gravame sostiene che il concessionario della riscossione “in sede di costituzione doveva verbalizzare la chiamata in causa dell’ufficio imposte per comporre la perfezione del contradditorio e comunque doveva in costituzione del presente grado notificare anche all’ufficio”.

A sostegno della sua decisione la CTR sottolinea infine che la contribuente “è socia accomandante e pertanto responsabile fino a concorrenza del capitale conferito di Euro 51,65”, di conseguenza la cartella notificatale “non è dovuta se non per importo esiguo nei confronti di quanto addebitato”.

Avverso tale decisione EQUITALIA NORD S.P.A. propone ricorso per Cassazione deducendo due motivi, di cui il secondo condizionato.

La contribuente resiste con controricorso.

Diritto

CONSIDERATO

che:

1.Con il primo motivo – violazione dell’art. 360 c.p.c., comma 1, n. 3, per violazione e falsa applicazione del D.Lgs. 31 dicembre 1992, n. 546, art. 23, comma 3 e dell’art. 101 c.p.c.- la ricorrente lamenta, nella sentenza impugnata, la sussistenza di travisamento dei fatti, carenza di motivazione e violazione di legge. La contribuente infatti nell’impugnazione non aveva proposto solo censure relative al contenuto della cartella di pagamento, ma aveva anche formulato un’eccezione relativa al merito della pretesa impositiva rispetto alla quale la stessa ricorrente, come Agente della Riscossione, aveva eccepito, fin dal giudizio di primo grado, la propria carenza di legittimazione passiva ed aveva richiesto l’integrazione del contradditorio con la chiamata in causa dell’Ente impositore (Agenzia delle Entrate di Rivoli) che aveva formato il ruolo relativo alla cartella impugnata. In proposito, i Giudici del gravame avevano rigettato l’eccezione proposta e la conseguente domanda, in quanto non c’era stata la verbalizzazione in udienza di tale eccezione e il ricorso in appello non era stato notificato all’ufficio impositore, in tal modo violando il chiaro disposto del D.Lgs. n. 546 del 1992, art. 23, comma 3.

Il motivo non è fondato.

Non vi è dubbio che nel caso di specie la contribuente ha impugnato l’atto esponendo, oltre a vizi inerenti alla cartella di pagamento, un motivo che riguarda la pretesa impositiva, avendo eccepito la illegittimità della pretesa tributaria alla luce della norma di cui all’art. 2313 c.c..

Per tale prospettata illegittimità il concessionario, non essendo titolare del credito tributario e non volendo rispondere delle conseguenze della lite, aveva richiesto, tempestivamente, l’integrazione del contradditorio con la chiamata in causa dell’ente creditore, anche ai sensi del D.Lgs. 13 aprile 1999, n. 112, art. 39. In ciò seguendo il consolidato orientamento affermato da questa Corte, con riguardo all’impugnazione della cartella esattoriale: “la tardività della notificazione della cartella non costituisce vizio proprio di questa, tale da legittimare in via esclusiva il concessionario a contraddire nel relativo giudizio. La legittimazione passiva spetta pertanto all’ente titolare del credito tributario e non già al concessionario, al quale, se è fatto destinatario dell’impugnazione, incombe l’onere di chiamare in giudizio l’ente predetto, se non vuole rispondere all’esito della lite, non essendo il giudice tenuto a disporre d’ufficio l’integrazione del contraddittorio, in quanto non è configurabile nella specie un litisconsorzio necessario” (Cass. S.U., 03/07/2007, n. 16412/2007, Cass. n. 22939/2007, Cass. n. 1532/2012, Cass. n. 16990/2012, Cass. n. 10646/2013, Cass. n. 10528/2017).

Tuttavia, sempre secondo l’orientamento di questa Corte: “La chiamata in causa di un terzo, a differenza dell’ordine di integrazione del contraddittorio ex art. 102 c.p.c., involge valutazioni circa l’opportunità di estendere il contraddittorio ad altro soggetto ed è sempre rimessa alla discrezionalità del giudice di primo grado, onde il relativo potere, comunque esercitato, in senso positivo o negativo, non può essere oggetto di censura con il mezzo dell’appello o del ricorso per cassazione” (così Cass., 28/3/2014, n. 7406/2014 e Cass. 22 maggio 1997, n. 4568).

2. Con il secondo motivo – violazione dell’art. 360 c.p.c., comma 1, n. 3, – la ricorrente lamenta violazione e falsa applicazione dell’art. 2313 c.c. in quanto la CTR ritiene, come del resto la CTP di Torino aveva già ritenuto, che la pretesa tributaria di cui alla cartella di pagamento notificata alla Minardi sia inerente ad una debenza nei confronti del fisco della Società in accomandita semplice “FCM S.A.S. DI G.C.” e che la contribuente, quale socia accomandante di tale società, debba risponderne limitatamente all’ammontare della quota conferita, nel caso specifico, pari ad Euro 51,65 (lire 100.000 di cui all’atto costitutivo redatto il 24 febbraio 2000 dal Notaio C.C. di Torino) e non nella ben più ampia misura portata dalla cartella impugnata (Euro 48.936,82), perchè, secondo l’assunto della difesa della M., per tale somma soggetto passivo d’imposta sarebbe la società.

Il motivo è fondato ed il ricorso per tale motivo va accolto.

La sentenza impugnata ha infatti erroneamente applicato la disposizione normativa di cui all’art. 2313 c.c.; infatti dall’estratto di ruolo prodotto in copia dalla odierna ricorrente – come del resto era stato prodotto nei due gradi di giudizio di merito (doc. 2 fascicolo di parte Equitalia Nomos S.P.A. nel giudizio avanti alla CTP di Torino e doc. 3 allegato al ricorso in appello) – nella “legenda dei tributi” si desume chiaramente che i tributi iscritti a ruolo non attengono in alcun modo alla “FCM S.A.S. DI G.C.” della quale la M. è socia accomandante, ma ad imposte IRPEF e quindi a tributi di natura strettamente personale della contribuente, pari a complessivi Euro 46.756,76, oltre interessi e sanzioni.

Alla luce delle considerazioni sin qui svolte, in accoglimento del secondo motivo di ricorso con rigetto del primo motivo, la sentenza impugnata deve essere cassata, con rinvio alla CTR del Piemonte in diversa composizione, anche per il regolamento delle spese.

PQM

La Corte accoglie il secondo motivo di ricorso, rigetta il primo. Cassa la sentenza impugnata in relazione al motivo accolto e rinvia alla CTR del Piemonte in diversa composizione, alla quale demanda di provvedere anche sulle spese del giudizio di legittimità.

Così deciso in Roma, nella Camera di Consiglio, il 19 dicembre 2018.

Depositato in Cancelleria il 30 gennaio 2019

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