Sentenza Sentenza Cassazione Civile n. 26358 del 19/11/2020

Cassazione civile sez. II, 19/11/2020, (ud. 24/09/2020, dep. 19/11/2020), n.26358

LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE

SEZIONE SECONDA CIVILE

Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:

Dott. MANNA Felice – Presidente –

Dott. GORJAN Sergio – rel. Consigliere –

Dott. CARRATO Aldo – Consigliere –

Dott. PICARONI Elisa – Consigliere –

Dott. BESSO MARCHEIS Chiara – Consigliere –

ha pronunciato la seguente:

SENTENZA

sul ricorso 23142/2016 proposto da:

C.R., elettivamente domiciliato in ROMA, VIA

FLAMINIA, 35, presso lo studio dell’avvocato GIOVANNA COSENZ,

rappresentato e difeso dall’avvocato MATTEO NOTARO, giusta procura

in calce al ricorso;

– ricorrente –

contro

DALMINE S.P.A., elettivamente domiciliata in ROMA, VIALE CARSO, 77,

presso lo studio dell’avvocato LUCIANO ALBERINI, rappresentata e

difesa unitamente agli avvocati MICHELE BRIAMONTE, FILIPPO

DISERTORI, PAOLO GRANDE;

– controricorrente –

e contro

P.G.B., P.S., P.M.,

U.G., B.M., A.G.;

– intimati –

avverso l’ordinanza n.rg. 413283/2015 del TRIBUNALE di BERGAMO,

depositata il 19/03/2016;

udita la relazione della causa svolta nella pubblica udienza del

24/09/2020 dal Consigliere Dott. SERGIO GORJAN;

udito il P.M., in persona del Sostituto Procuratore Generale Dott.

CAPASSO Lucio, che ha concluso per il rigetto del ricorso;

udito l’Avvocato MATTEO NOTARO, difensore del ricorrente, che ha

chiesto di riportarsi agli atti depositati, insistendo per

l’accoglimento dei motivi;

udito l’Avvocato PAOLO GRANDE, difensore del controricorrente, che ha

chiesto di riportarsi agli atti depositati.

 

Fatto

FATTI DI CAUSA

L’ing. Dott. C.R. ebbe ad espletare l’attività di consulente tecnico d’ufficio nell’ambito di un procedimento civile tra P.G.B. ed altri contro la spa Dalmine in essere avanti il Tribunale di Bergamo.

Ad esito dell’incarico affidato, il consulente ebbe a richiedere la liquidazione del suo compenso ed il rimborso delle spese, ma il Giudice del giudizio di merito riconobbe solamente le spese, rigettando la liquidazione del compenso poichè il consulente rimosso dall’incarico per ricusazione.

L’ing. Dott. C. propose opposizione D.P.R. n. 115 del 2002, ex art. 170, ed il Tribunale di Bergamo rigettò la sua impugnazione, osservando come l’argomentazione critica svolta si fondasse principalmente sulla contestazione del provvedimento che accoglieva l’istanza di ricusazione del consulente, questione che esulava dall’ambito previsto dal D.P.R. n. 115 del 2002, art. 170 e come nulla poteva esser riconosciuto a titolo di esborso per l’opera del coadiutore, posto che proprio la condotta di detto professionista era stata la ragione posta alla base del provvedimento di ricusazione.

Avverso detta ordinanza ha proposto ricorso per cassazione l’ing. Dott. C. articolando due motivi.

La spa Dalmine s’è costituita ritualmente a resistere con controricorso, mentre P.G.B. ed altri sono rimasti intimati.

All’odierna udienza pubblica, sentite le conclusioni del P.G – rigetto – e dei difensori delle parti costituite, questa Corte ha adottato soluzione siccome illustrato nella presente sentenza.

Diritto

RAGIONI DELLA DECISIONE

Il ricorso proposto dal C. risulta fondato e va accolto.

Con il primo mezzo d’impugnazione sviluppato, il ricorrente denunzia violazione delle regole di diritto portate nel D.P.R. n. 115 del 2002, artt. 51,52 e 53, in relazione alle norme ex art. 192 c.p.c., u.c. e art. 196 c.p.c., in quanto il Giudice orobico ha ritenuto erroneamente esulasse dall’ambito della sua cognizione la questione – fondante il diniego del compenso – afferente all’illegittimità del provvedimento di sua ricusazione – non altrimenti impugnabile da parte del consulente – adottato contrariamente alle modalità prescritte dal codice di rito.

La censura svolta coglie nel segno in quanto l’ambito della cognizione riservata al Giudice, individuato dal D.P.R. n. 115 del 2002, art. 170, è correlato alla liquidazione del compenso compresa l’ipotesi di denegato riconoscimento dello stesso, salvo che sia stata dichiarata nullità della consulenza da parte del Giudice del merito della controversia – Cass. sez. 2 n. 5200/17 -.

In tal ultima ipotesi la certa inutilità nell’ambito del giudizio di merito dell’attività espletata dal consulente tecnico – Cass. sez. 2 n. 234/11, Cass. sez. 2 n. 7632/06 -, a seguito della declaratoria di nullità della consulenza, comporta la non liquidazione di alcun compenso da parte del Giudice che ebbe ad incaricare il professionista.

Nella specie, tuttavia la conseguenza della non utilizzabilità dell’opera espletata dal Dott. ing. C. consegue all’accoglimento dell’istanza di ricusazione, siccome precisa nel provvedimento impugnato il Giudice orobico.

Ma è insegnamento di questa Corte – Cass. sez. 2 n. 28103/18 – cui questo Collegio intende dar conferma, che la questione afferente l’emissione di un provvedimento di ricusazione quando già avviata l’attività del consulente, ossia fuori dai termini perentori ex art. 192 c.p.c. – Cass. sez. 1 n. 3657/98 Cass. sez. 2 n. 8184/02 -, è pertinente proprio al procedimento speciale di liquidazione del compenso nei limiti dell’opera effettivamente prestata – arg. ex art. 2237 c.c., comma 1.

Difatti la disciplina processuale civile non conosce l’autonoma categoria dell’inutilizzabilità di dati probatori – siccome invece la disciplina del processo penale ex art. 191 c.p.p. -, bensì della nullità con conseguente esclusione di ogni valenza processuale dell’atto viziato.

Ma la regolamentazione codicistica della ricusazione del consulente non prevede alcuna nullità dell’opera da questi prestata, posto che la ricusazione è possibile esclusivamente entro il termine ex art. 192 c.p.c., ossia prima dell’affido incarico con conseguente impossibilità fattuale di esecuzione d’opera professionale da parte dell’ausiliario.

Dunque all’adozione di un provvedimento di ricusazione del consulente tecnico, assunto fuori dal termine prescritto, non consegue alcuna nullità positivamente prevista poichè emanato in contrasto con le disposizioni della legge processuale. Come insegna l’arresto del 2018, cui s’intende dar continuità, è possibile al Giudice del procedimento speciale, D.P.R. n. 150 del 2011, ex art. 15, giuridicamente inquadrare più correttamente il provvedimento di rimozione del consulente, adottato dal Giudice della lite nel cui ambito era espletata la consulenza, una volta accertato che il provvedimento di ricusazione risulta emesso al di fuori dei casi di legge.

Successivamente all’avvio dell’attività d’indagine peritale – come insegna costantemente questo Supremo Collegio – la parte interessata, anche se venuta tardivamente a conoscenza di causa di ricusazione, può solo sollecitare il Giudice ad avvalersi della facoltà di sostituzione a sensi dell’art. 196 c.p.c..

Dunque una volta correttamente qualificato il provvedimento di rimozione del consulente, adottato successivamente al termine stabilito dall’art. 192 c.p.c., lo stesso non può che esser ricondotto allo schema ex art. 196 c.p.c., cui non consegue alcuna nullità dell’attività svolta dall’ausiliario.

Quindi non v’è ragione acchè la questione circa la regolarità della ricusazione – motivo direttamente incidente sul diritto alla liquidazione del compenso nell’ambito del procedimento speciale -, sotto il profilo della corretta qualificazione del provvedimento di rimozione adottato, non possa esser esaminata dal Giudice adito D.P.R. n. 115 del 2002, ex art. 170, siccome nella specie rettamente richiesto dal ricorrente e negato dal Giudice orobico.

Peraltro questo Supremo Collegio già reputa possibile che il consulente tecnico, quando non soddisfatto del suo compenso con decreto adottato nel corso del procedimento in cui svolse la sua opera, proponga domanda in sede ordinaria – Cass. sez. 2 n. 20478/17, Cass. sez. 3 n. 18204/08 – mediante azione fondata sul diritto del professionista al compenso nei riguardi delle parti, che ebbero a godere della sua opera, nella quale inevitabilmente sarà oggetto di discussione la legittimità della ragione fondante il rifiuto del Giudice di riconoscere il compenso. Appare soluzione maggiormente in linea con l’esigenza di evitare una superfetazione di procedure giudiziarie consentire già in sede di procedimento D.P.R. n. 150 del 2011, ex art. 15, l’esame della questione afferente il provvedimento di ricusazione tardivamente adottato, che si risolve – come visto – nel suo corretto inquadramento giuridico ai soli fini della liquidazione del compenso al consulente senza effetto riflesso alcuno sulla causa, nel cui ambito detto provvedimento fu adottato.

Pertanto, nella specie, posto che è dato pacifico che l’istanza di ricusazione venne proposta dopo che il consulente aveva da tempo avviato la sua attività, risulta errata la conclusione del Tribunale che la questione dell’esatto inquadramento giuridico del formale provvedimento di ricusazione adottato non rientra nell’ambito della sua cognizione.

Con la seconda ragione di doglianza il C. lamenta violazione della disposizione D.P.R. n. 115 del 2002, ex art. 56, comma 3, in relazione agli artt. 192 e 196 c.p.c., poichè negatogli anche il diritto al rimborso degli esborsi conseguiti per noleggiare dal suo collaboratore, ritualmente autorizzato dal Giudice del procedimento di merito, gli apparati necessari all’espletamento dell’opera professionale commessa sull’osservazione che proprio l’ausiliario era stato la ragione della ricusazione.

La censura risulta fondata una volta ritenuto che era compito del Giudice del procedimento speciale comunque rettamente qualificare il provvedimento, denominato formalmente, di ricusazione, posto che il Giudice orobico ha fondato la sua statuizione di rigetto proprio sull’osservazione che proprio condotta del collaboratore era stata la ragione fondante della ricusazione accolta.

L’ordinanza impugnata va quindi cassata e la causa rimessa al Tribunale di Bergamo che, in persona di altro Magistrato, provvederà a nuovo esame della richiesta di pagamento del compenso dovutogli, per l’attività concretamente svolta, formulata dall’ing. Dott. C. secondo la regola di diritto dianzi enunciata.

Il Giudice del rinvio provvederà anche a disciplinare le spese di lite per questo giudizio di legittimità, ex art. 385 c.p.c., comma 3.

P.Q.M.

Accoglie il ricorso, cassa l’ordinanza impugnata e rinvia per nuovo esame al Tribunale di Bergamo, in persona di altro Magistrato, che anche provvederà a regolare le spese di questo giudizio di legittimità.

Così deciso in Roma, il 24 settembre 2020.

Depositato in Cancelleria il 19 novembre 2020

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