Sentenza Sentenza Cassazione Civile n. 26354 del 25/11/2013


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Civile Sent. Sez. 3 Num. 26354 Anno 2013
Presidente: RUSSO LIBERTINO ALBERTO
Relatore: VINCENTI ENZO

SENTENZA
sul ricorso 31121-2007 proposto da:
CINCOTTA ANGELA (CNCNGL38C45E606D), elettivamente domiciliata
in ROMA, VIA ETTORE ROMAGNOLI 3, presso lo studio
dell’avvocato BOTTA ANDREA, rappresentata e difesa
dall’avvocato SCALISI VINCENZO giusta delega in atti;
– ricorrente contro

ENEL DISTRIBUZIONE S.P.A. (05779711000) – società con unico
socio, soggetta a direzione e coordinamento da parte di ENEL
S.P.A. – in persona dell’ing. MAURIZIO MAZZOTTI suo
procuratore, elettivamente domiciliata in ROMA, VIA A.
GRAMSCI 36, presso lo studio dell’avvocato CATAUDELLA
ANTONINO, che la rappresenta e difende giusta delega in atti;
– controricorrente –

avverso la sentenza n. 427/2006 della CORTE D’APPELLO di
MESSINA, depositata il 30/10/2006, R.G.N. 687/2004;

1

Data pubblicazione: 25/11/2013

udita la relazione della causa svolta nella pubblica udienza
del 26/09/2013 dal Consigliere Dott. ENZO VINCENTI;
udito l’Avvocato CERNIGLIA senza delega scritta;
udito l’Avvocato ANTONIO STANIZZI per delega;
udito il P.M., in persona del Sostituto Procuratore Generale
Dott. GIUSEPPE CORASANITI, che ha concluso per il rigetto del
ricorso.

l. – Angela Cincotta conveniva in giudizio l’ENEL
Distribuzione S.p.A. deducendo che il proprio dante causa,
Antonino Cincotta, aveva stipulato con la società convenuta
un contratto – denominato “Convenzione di cessione in uso di
locali per fornitura di energia elettrica in B.T. e
costituzione di servitù di elettrodotto” – con il quale
concedeva alla controparte l’uso, essenzialmente gratuito (e
cioè per un canone simbolico di lire 1.000 all’anno, mai
corrisposto), di un locale di sua proprietà per
l’installazione di una cabina idonea a fornire l’energia
elettrica all’albergo “Cincotta”. Sosteneva, altresì,
l’attrice che tale concessione costituiva un comodato senza
previsione di termine finale, la cui finalità “era venuta
meno, in quanto altre strutture alberghiere fruivano del
medesimo servizio senza fornire a tal fine alcun locale”. La
Cincotta chiedeva, pertanto, la condanna dell’ENEL al
rilascio dell’immobile, ai sensi dell’art. 1810 cod. civ. o,
in subordine, la risoluzione del contratto per eccessiva
onerosità, salvo, in ogni caso, il risarcimento del danno per
l’illegittima detenzione.
1.1. – Nel corso del giudizio, in cui si costituiva
l’ENEL convenuto, l’attrice “rinunciava ad ogni domanda,
salvo quella di risarcimento del danno, conseguente alla
disparità del trattamento ad essa riservato rispetto a quello
degli altri utenti della zona di Panarea”.
1.2. – La domanda risarcitoria veniva accolta dall’adito
Tribunale di Barcellona Pozzo di Gotto con sentenza del 9
2

RITENUTO IN FATTO

giugno 2003, con condanna della società convenuta alla
corresponsione di un canone annuo di euro 2.500,00 “per l’uso
del cespite con decorrenza dalla messa in mora”.
1.2.1. – Il giudice di primo grado osservava che,
all’epoca del contratto tra il Cincotta e l’ENEL (anno 1981),
l’utenza attribuita all’albergatore era la prima nell’isola e
non vi era prova che la fornitura di energia elettrica

cioè “previa concessione del locale ove installare la
cabina”. Tuttavia, la situazione era successivamente mutata,
con la presenza nell’isola di altri albergatori che fruivano
della fornitura di energia elettrica “senza essere
assoggettati ad analoghe limitazioni”. Peraltro, rilevava
ancora il Tribunale, la delibera CIP n. 42/86 aveva previsto
la possibilità che, in caso di nuovi allacci, gli utenti
“mettessero a disposizione della società (a titolo di
acquisto, di locazione, di servitù) locali o porzioni di
terreno adeguate per l’installazione di cabine di
trasformazione, previo obbligo della società medesima di
corrispondere un compenso commisurato al loro valore di
mercato”; di qui, la violazione della parità di trattamento
in danno della Cincotta, per cui l’ENEL era tenuto a
risarcire il danno nella misura di un compenso periodico per
il godimento dell’immobile.
2. – Avverso tale sentenza proponevano appello
principale la Cincotta (per conseguire una maggiorazione del
quantum debeatur) e l’ENEL (sull’an debeatur).
2.1. – Con sentenza resa pubblica il 30 ottobre 2006, la
Corte di appello di Messina, in accoglimento dell’appello
incidentale proposto dall’ENEL Distribuzione S.p.A.,
rigettava la domanda avanzata da Angela Cincotta per il
risarcimento dei danni patiti in conseguenza della disparità
di trattamento ad essa riservato dall’ENEL rispetto agli
altri utenti della zona di Panarea.

3

potesse avvenire a condizioni diverse da quelle praticate e

2.1.1.

La Corte

territoriale,

nell’esaminare

pregiudizialmente l’appello incidentale sull’an, osservava
che l’art. 2597 cod. civ. – sulla cui violazione il primo
giudice aveva fondato l’accoglimento della domanda attorea al fine di temperare la posizione del monopolista, imponeva a
quest’ultimo l’obbligo di “contrattare con chiunque richieda
le prestazioni …, osservando la parità di trattamento”. La

“osservando”, correlava strettamente i due obblighi, facendo
sì che gli stessi operassero nella medesima fase contrattuale
e cioè quella della conclusione del contratto, per cui “il
monopolista è tenuto ad osservare la parità di trattamento
tra gli utenti che appartengono a categorie omogenee all’atto
di contrattare”, pur sempre “nel rispetto dei criteri di
economicità cui deve essere improntata ogni attività
economica, anche se svolta in regime di monopolio”.
La Corte di appello di Messina evidenziava, quindi, che
costituiva circostanza pacifica quella per cui “il contratto
di fornitura intercorso tra l’ENEL ed Antonino Cincotta sia
stato il primo stipulato in Panarea”, per cui “non vi erano
precedenti contrattazioni cui adeguarsi”, con la conseguenza
che “l’obbligo di parità di trattamento … non è in radice
configurabile allorquando, come nella specie, non sussistano
contratti precedenti ai quali fare riferimento”.
2.1.2. – Peraltro, il giudice di gravame osservava che,
nella fattispecie, la questione che avrebbe dovuto essere
posta era, piuttosto, quella “se, nella situazione in esame,
sia configurabile un obbligo di rinegoziazione del
monopolista, al fine di adeguare i contratti pregressi a
quelli, più favorevoli agli utenti, successivamente
stipulati”. Tuttavia, concludeva la Corte territoriale, “tale
questione non poteva trovare ingresso in questo giudizio
perché non prospettata dalla parte interessata: con la
pronuncia impugnata, è stato liquidato il danno per
violazione dell’obbligo di parità di trattamento e su tale
4

lettera della legge, con l’utilizzo del gerundio

impostazione non sono state sollevate contestazioni, sia pure
condizionate”.
3. – Per la cassazione di tale sentenza ricorre Angela
Cincotta sulla base di un unico motivo, illustrato da
memoria.
Resiste con controricorso l’ENEL Distribuzione S.p.A.
CONSIDERATO IN DIRITTO

applicazione, ai sensi dell’art. 360, primo comma, n. 3, cod.
proc. civ., dell’art. 2597 cod. civ., nonché vizio di
motivazione ai sensi dell’art. 360, primo comma, n. 5, cod.
proc. civ.
La Corte territoriale avrebbe errato nell’interpretare
l’art. 2597 cod. civ., ancorando l’obbligo di parità di
trattamento, ivi contemplato a carico del monopolista, alla
sola fase genetica del rapporto contrattuale, così da
escluderne la cogenza allorquando, in siffatto momento, “non
dovessero sussistere precedenti o coeve contrattazioni con
utenti appartenenti a categorie omogenee cui fare
riferimento, come appunto non sussistevano nel caso deciso”.
Invero, la stessa giurisprudenza di legittimità (Cass.,
sez. un., 11 novembre 1998, n. 11350) avrebbe chiarito che
l’obbligo a contrarre del monopolista riguarda anche la fase
funzionale del rapporto contrattuale, siccome da riferirsi
alla “esecuzione della prestazione che egli è tenuto ad
effettuare all’utente”, per l’appunto, in condizioni
paritarie. Di qui la conseguenza per cui, se tra il momento
della conclusione del contratto e quello della esecuzione
della prestazione “circostanze sopravvenute abbiano
modificato la originaria situazione” (come nella specie), “è
alla sopravvenuta situazione venutasi a determinare che
occorre fare riferimento per valutare e verificare la
osservanza della parità di trattamento da parte del
monopolista legale”. Ciò, soggiunge ancora la ricorrente,
massimamente in relazione ad un contratto di durata, come
5

1. – Con l’unico mezzo è denunciata violazione e falsa

quello di somministrazione di energia elettrica, che, sebbene
caratterizzato dall’unicità del contratto, è però
funzionalmente costituito non già da un’unica prestazione, ma
“da una pluralità di prestazioni in relazione al ripetersi
periodico, o continuativo nel tempo, del bisogno del
creditore”. Pertanto, l’osservanza della parità di
trattamento da parte del monopolista legale “non può essere

momento di per sé anodino e poco significante della
conclusione del contratto) sibbene di volta in volta con
riferimento al momento della erogazione delle singole
prestazioni”.
Viene, quindi, formulato conclusivamente il seguente
quesito: “Se trattandosi di contratti di durata con pluralità
di prestazioni periodiche o continuative, l’osservanza della
parità di trattamento da parte del monopolista legale a norma
dell’art. 2597 cod. civ. debba essere valutata con
riferimento alla situazione esistente al tempo della
erogazione di ogni singola prestazione, anche quando tale
situazione risulti diversa rispetto a quella esistente al
momento della conclusione del contratto”.
2. – Il motivo, come reso palese dal relativo tenore, si
concentra nella denuncia di violazione di norme di diritto,
essendo espressa una doglianza rivolta essenzialmente
all’applicazione di una regula iuris, di natura sostanziale,
diversa da quella ritenuta dal giudice del merito e non già a
censurare un vizio intrinseco alla motivazione che sorregge
la decisione.
Del resto, ciò è ancor più evidente dalla portata del
formulato quesito, tutto orientato a sostenere una censura di
error in iudicando,

posto che altrimenti – diversamente da

quanto in esso viene espresso – avrebbe dovuto chiaramente
indicare, a pena di inammissibilità, con una formulazione
separata (imposta dalla congiunta denuncia di più vizi: tra
le altre, Cass., 12 settembre 2012, n. 15242), in modo
6

decisa una volta per tutte (tanto meno con riferimento al

sintetico, evidente ed autonomo, il fatto controverso
rispetto al quale la motivazione si assume omessa o
contraddittoria, così come le ragioni per le quali la dedotta
insufficienza della motivazione la rende inidonea a
giustificare la decisione, a tal fine necessitando,
segnatamente, la enucleazione conclusiva e riassuntiva di uno
specifico passaggio espositivo del ricorso nel quale tutto

3. – Dunque, nella prospettiva per cui il mezzo in esame
si rende scrutinabile, in quanto ammissibile ai sensi
dell’art. 366-bis cod. proc. civ., esso è fondato per quanto
di ragione.
3.1. – La ratio decidendi della impugnata sentenza si
incentra sul postulato per cui l’obbligo di parità di
trattamento del monopolista, di cui all’art. 2597 cod. civ.,
attiene alla fase genetica del vincolo negoziale e cioè opera
al momento della conclusione del contratto, correlandosi
all’obbligo di contrattare imposto allo stesso monopolista.
Sulla scorta di siffatto presupposto la Corte di appello
ha limitato il proprio esame alla situazione di fatto
esistente nell’isola di Panarea al momento della conclusione
del contratto di fornitura di energia elettrica stipulato
dall’ENEL con il Cincotta, dante causa della attuale
ricorrente, escludendo che vi fosse violazione dell’obbligo
di parità di trattamento in assenza di precedenti
contrattazioni del medesimo tipo, rivolte a destinazione
alberghiera.
Il giudice del merito ha, altresì, affermato che il tema
decisorio al quale la Cincotta avrebbe dovuto dare rilievo
era quello dell’obbligo di rinegoziazione del monopolista,
“al fine di adeguare i contratti pregressi a quelli, più
favorevoli agli utenti, successivamente stipulati”; tuttavia,
una siffatta questione si è ritenuto che non fosse stata
prospettata dalla parte attrice, alla quale – ha soggiunto la
stessa Corte di merito – “è stato liquidato il danno per
7

ciò risalti in modo inequivoco.

violazione dell’obbligo di parità di trattamento e su tale
impostazione non sono state sollevate contestazioni, sia pure
condizionate”.
3.2.

Occorre,

anzitutto,

premettere

che

l'”impostazione” cui fa riferimento la Corte di appello è
quella adottata dal primo giudice, il quale – alla stregua di
quanto riportato nella stessa sentenza impugnata – aveva dato

per violazione dell’obbligo di parità di trattamento svolta
dalla Cincotta (e che era residuata come unica domanda ancora
in essere nel corso del giudizio), al fatto che “in epoca
successiva … la situazione si era indubbiamente modificata,
essendo incontestato che vi erano altri utenti (fra i quali
alcune strutture alberghiere) nell’isola, che usufruivano
della fornitura senza essere assoggettati ad analoghe
limitazioni”. Inoltre, lo stesso giudice di primo grado come ancora messo in evidenza nella sentenza di appello rilevava che “la delibera CIP n. 42/86 aveva previsto la
possibilità che, in caso di nuovi allacci, gli utenti
mettessero a disposizione della società (a titolo di
acquisto, di locazione, di servitù) locali o porzioni di
terreno adeguate per l’installazione di cabine di
trasformazione, previo obbligo della società medesima di
corrispondere un compenso commisurato al loro valore”.
Tale è, dunque, l’impostazione che, secondo quanto
ritenuto dalla stessa sentenza impugnata, delimitava il
decidàndum

thema

ancora coltivato in giudizio dalla Cincotta;

impostazione dalla quale, del resto, non si discosta neppure
la censura veicolata con il ricorso per cassazione, con cui
si ribadisce il particolare risalto che si deve attribuire,
anche dopo la conclusione del contratto, a “circostanze
sopravvenute”, le quali “abbiano modificato la originaria
situazione, come appunto era avvenuto nel caso di specie”;
sicché, “è alla sopravvenuta situazione venutasi a
determinare che occorre fare riferimento per valutare e

8

risalto, ai fini dell’accoglimento della pretesa risarcitoria

verificare la osservanza della parità di trattamento da parte
del monopolista legale” (pp. 4 e 5 del ricorso).
Censura, questa, che è orientata dalla proposta azione
risarcimento del danno per violazione dell’obbligo di parità
di trattamento (e, come tale, suscettibile di esame in questa
sede) e non già da pretese di adeguamento del contratto a
diverse e mutate condizioni, non pertinenti all’oggetto del

3.3. – E’ principio più volte enunciato da questa Corte
quello per cui l’obbligo di contrarre – stabilito dalla legge
a carico degli imprenditori che esercitino servizi di
interesse generale in regime di monopolio giuridico (come
l’ENEL all’epoca dei fatti rilevanti ai fini della presente
controversia) – comporta che l’imprenditore debba stipulare
il contratto con chiunque faccia richiesta del servizio,
usando parità di trattamento a tutti i contraenti in ciascun
gruppo di contratti omogenei, secondo le condizioni generali
all’uopo previste e risultanti o direttamente dalla legge,
ovvero dall’atto di concessione ovvero dalla predisposizione,
da parte del monopolista, di schemi contrattuali
standardizzati rispondenti al meccanismo di cui agli artt.
1341 e 1342 cod. civ., onde è necessario che la richiesta
dell’utente si adegui alle condizioni suddette, imposte da
esigenze di programmazione ed economicità che caratterizzano
la posizione del monopolista stesso (tra le altre, Cass., 7
agosto 2002, n. 11918).

contendere consolidatosi nel corso del giudizio.

Con la sentenza n. 1232 del 23 gennaio 2004, le Sezioni
Unite civili – mutando orientamento rispetto a quanto già
ritenuto dalle stesse Sezioni Unite con la sentenza n. 11350
dell’il novembre 1998 (sulla quale decisione fonda i propri
assunti la ricorrente), nell’ambito del tema relativo alla
possibilità di agire in forza di azione revocatoria di cui
all’art. 67, secondo comma, della legge fallimentare, nei
confronti del monopolista per recuperare, a tutela della
posizione degli altri creditori, il pagamento del debito
9
0////’

liquido ed esigibile effettuato dal somministrato o
dall’utente nell’anno che precede la rispettiva dichiarazione
di fallimento – hanno affermato che l’obbligo di legge di cui
all’art. 2597 cod. civ. è espressamente riferito “alla
stipulazione, cioè al momento genetico del contratto”. In
tale prospettiva, con la stessa pronuncia si è ulteriormente
precisato che della “fase di esecuzione del contratto, dopo

dal monopolista alla generalità degli utenti, non si occupa
né l’art. 2597 cod. civ., né altra disposizione codicistica”,
soggiungendosi che “per i rapporti di natura privatistica
(come quello avente ad oggetto l’erogazione di energia
elettrica ai sensi dell’art. 3 n. 11 della legge 6 dicembre
1962 n. 1643), salva eventuale previsione contraria da parte
della legge speciale che introduce e disciplina il monopolio
(o da parte dei provvedimenti concessori che ne diano
attuazione), la fase funzionale del rapporto rimane regolata
dalle norme generali sui contratti a prestazioni
corrispettive, anche con riguardo alla protezione del
contraente adempiente o pronto all’adempimento, ove tali
norme non risultino incompatibili con l’obbligo del
monopolista di aderire alla richiesta di stipulazione a
prescindere dalle condizioni economiche del richiedente”.
3.4. – Appare evidente come la sentenza impugnata abbia
seguito l’orientamento espresso dalla ricordata pronuncia n.
1232 del 2004, peraltro invocato anche dalla difesa della
società controricorrente.
Tuttavia, nell’ottica stessa nella quale si colloca la
citata sentenza delle Sezioni Unite del 2004, deve ritenersi
che il principio per cui l’obbligo di parità di trattamento
da parte del monopolista – che è parità di trattamento
giuridico – rimane circoscritto alla fase genetica del
rapporto con il consumatore utente/somministrato, e non
riguarda la successiva fase di esecuzione del medesimo
rapporto, trovi una siffatta contenuta applicazione solo in
10

la sua doverosa conclusione secondo le condizioni praticate

quanto le condizioni giuridiche di trattamento del
consumatore rimangano quelle del rapporto in essere e non
mutino attraverso il mutamento della disciplina generale di
utenza/somministrazione da applicare uniformemente a tutti i
consumatori interessati.
Ove, infatti, mutino le condizioni giuridiche del
rapporto di utenza/somministrazione, le quali siano imposte

riferimento,

ratione temporis,

all’assetto normativo in

essere nel corso della vicenda oggetto di controversia), con
rinvio alle determinazioni del C.I.P.E. e del C.I.P. in forza
di quanto previsto dall’art. 3 della legge n. 1643 del 1962 si pone il problema dell’inserzione automatica della nuova
disciplina imperativa ai sensi dell’art. 1339 cod. civ. (cui,
per l’appunto, è da ricondursi anche l’attività dell’ENEL:
tra le altre, Cass., 28 novembre 1984, n. 6178; Cass., 28
dicembre 1990, n. 12196; Cass., 11 settembre 1992, n. 10376);
inserzione dell’anzidetta disciplina che non si dubita possa
realizzarsi anche nel corso del rapporto contrattuale, in
assenza di diverse determinazioni (in senso delimitativo
della portata e/o dell’efficacia della disciplina
sopravvenuta ovvero di ultrattività della disciplina
previgente) provenienti dalla fonte che la prevede ed impone
sul regolamento contrattuale in svolgimento (Cass., 5 giugno
2009, n. 12996).
Sicché, un siffatto nuovo assetto regolamentativo
determina, in linea di principio, un obbligo di applicazione
uniforme nei confronti di tutti gli utenti/somministrati, ove
la fonte stessa che lo introduce non detti specifiche regole,
anche transitorie, che ne conforminino altrimenti

l’an, il

quomodo e/o il quando.

Del resto, in questa prospettiva appare porsi anche la
già citata sentenza n. 1232 del 2004 delle Sezioni Unite,
allorquando, nel delimitare l’operatività dell’art. 2597 cod.
civ. alla fase genetica del rapporto contrattuale,
11

ovvero influenzate dalla legge – come nel caso dell’ENEL (in

puntualizza, però, che rimane “salva” la “eventuale
previsione contraria da parte della legge speciale che
introduce e disciplina il monopolio (o da parte dei
provvedimenti concessori che ne diano attuazione)”.
Può affermarsi, pertanto, che il mutamento della
disciplina giuridica interferente sul contratto di
utenza/somministrazione, in quanto derivante da norma capace

meccanismo previsto dall’art. 1339 cod. civ., introduce un
nuovo

momento

genetico

del

rapporto

di

utenza/somministrazione (in relazione al segmento
contrattuale oggetto della clausola integrativa o sostitutiva
ex

art. 1339 citato), che segna anche un nuovo momento

genetico dell’obbligo di parità di trattamento, in forza del
quale il monopolista è tenuto ad applicare uniformemente, in
situazione omogenee, a tutti i consumatori le medesime
condizioni, ove richieste.
In tale ottica non si pone, però, come indefettibile una
azione diretta ad ottenere gli effetti della rinegoziazione
del contratto e, dunque, l’operatività del rapporto
contrattuale in base alla disciplina uniforme sopravvenuta
(ossia, come ritenuto dalla Corte territoriale, conseguire il
fine “di adeguare i contratti pregressi a quelli, più
favorevoli agli utenti, successivamente stipulati”); effetti
che, del resto, non potrebbero che realizzarsi pro futuro.
Nulla vieta, infatti, che l’utente/somministrato, ove si
sia previamente e congruamente attivato nei confronti del
monopolista, invocando l’applicazione delle nuove condizioni
generali di utenza/somministrazione, possa limitarsi a
chiedere solo il risarcimento del danno ove sussista (e venga
accertata) in concreto la violazione del principio della
parità di trattamento da parte dello stesso monopolista, che
avrebbe comportato “la conseguente sostituzione automatica
della clausola illegittima con quella prevista dalla legge”
(così Cass. n. 12196 del 1990, cit.).
12

di integrare il regolamento contrattuale tramite il

3.5. – Quanto sopra richiede però un’indagine sull’an
del mutamento della clausola generale di trattamento, sulla
sua puntuale portata precettiva, nonché sulla decorrenza dei
relativi effetti, la quale è riservata al giudice di merito,
posto che la fonte immediata del rapporto di
utenza/somministrazione è di origine contrattuale e quella
che la viene ad integrare, in base alla legge autorizzante,

regolamentare normativo (Cass., sez. un., 27 giugno 2002, n.
9338), non potendo, dunque, questa Corte conoscere
direttamente le predette fonti conformative del rapporto
negoziale (Cass., 5 marzo 2007,n. 5062).
3.6. – Il ricorso va, dunque, accolto nei termini sopra
precisati e la sentenza impugnata cassata con rinvio alla
stessa Corte di appello di Messina, ma in diversa
composizione, la quale si atterrà al seguente principio di
diritto: “Il mutamento della disciplina giuridica
interferente sui singoli contratti di utenza/somministrazione
(nella specie di energia elettrica), in quanto derivante da
fonte legittimata ed idonea ad integrare il regolamento
contrattuale tramite il meccanismo previsto dall’art. 1339
cod. civ., introduce un nuovo momento genetico del rapporto
di utenza/somministrazione (in relazione al segmento
contrattuale oggetto della clausola integrativa o sostitutiva
ex

art. 1339 citato), che segna anche un nuovo momento

genetico dell’obbligo di parità di trattamento, in forza del
quale il monopolista è tenuto, ove specificamente richiesto
dall’interessato, ad applicare uniformemente, in situazione
omogenee, a tutti i consumatori le medesime nuove condizioni
generali di utenza/somministrazione”.
A tal riguardo, il giudice di rinvio, in applicazione
del principio di diritto sopra enunciato, dovrà valutare, ai
soli limitati fini della delibazione di fondatezza, o meno,
dell’azione risarcitoria svolta dalla Cincotta,

13

ha natura di provvedimento amministrativo generale e non

circostanze indicate al punto 3.5 che precede, nonché se, nel
caso di specie, la concessione di locale per l’allacciamento
della rete elettrica (quale fattore indefettibile per
attivare la fornitura di energia) rientri, o meno, tra le
clausole, sopravvenute, che stabiliscono obblighi di parità
di trattamento.
Anche il regolamento delle spese processuali del

rinvio.
PER QUESTI MOTIVI
LA CORTE
accoglie il ricorso;
cassa la sentenza impugnata e rinvia la causa alla Corte
di appello di Messina, in diversa
provvederà anche alla regolamentazione

composizione, che
delle spese del

presente giudizio di legittimità.
Così deciso in Roma, nella

Camera di consiglio della

Sezione Terza civile della Corte suprema
data 26 settembre 2013.

di Cassazione, in

presente giudizio di legittimità è rimesso al giudice del

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