Sentenza Sentenza Cassazione Civile n. 26354 del 20/12/2016


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Cassazione civile, sez. lav., 20/12/2016, (ud. 25/10/2016, dep.20/12/2016),  n. 26354

LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE

SEZIONE LAVORO

Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:

Dott. D’ANTONIO Enrica – Presidente –

Dott. CURCIO Laura – Consigliere –

Dott. BERRINO Umberto – Consigliere –

Dott. GHINOY Paola – rel. Consigliere –

Dott. RIVERSO Roberto – Consigliere –

ha pronunciato la seguente:

SENTENZA

sul ricorso 22130-2011 proposto da:

I.N.P.S. ISTITUTO NAZIONALE DELLA PREVIDENZA SOCIALE, C.F. (OMISSIS),

in persona del legale rappresentante pro tempore, elettivamente

domiciliato in ROMA, VIA CESARE BECCARIA 29, presso l’Avvocatura

Centrale dell’Istituto, rappresentato e difeso dagli avvocati LUIGI

CALIULO, CARLA D’ALOISIO, ANTONINO SGROI, LELIO MARITATO, giusta

delega in atti;

– ricorrente –

contro

LAGHI DI POLLENZO – SOCIETA’ SEMPLICE AGRICOLA (già LAGHI DI

POLLENZO – SOCIETA’ SEMPLICE), C.F. (OMISSIS), in persona del legale

rappresentante pro tempore, elettivamente domiciliata in ROMA, VIA

DEI MONTI PARIOLI 48, presso lo studio dell’avvocato GIUSEPPE

MARINI, che la rappresenta e difende unitamente agli avvocati DIEGO

DIRUTIGLIANO, ERNESTINA POLLAROLO, giusta delega in atti;

– controricorrente –

avverso la sentenza n. 1156/2010 della CORTE D’APPELLO di TORINO,

depositata il 20/01/2011 r.g.n. 933/2009;

udita la relazione della causa svolta nella pubblica udienza del

25/10/2016 dal Consigliere Dott. PAOLA GHINOY;

udito l’Avvocato D’ALOISIO CARLA;

udito l’Avvocato POLLAROLO ERNESTINA;

udito il P.M. in persona del Sostituto Procuratore Generale Dott.

SOLDI Anna Maria, che ha concluso per: cassazione con rinvio, con

applicazione ius superveniens.

Fatto

SVOLGIMENTO DEL PROCESSO

Con ricorso al Tribunale di Cuneo, la Laghi di Pollenzo società semplice agricola agiva nei confronti dell’Inps per la condanna dell’Istituto previdenziale alla restituzione del 90 % dei contributi pagati negli anni 1994/1997. Esponeva di essere soggetto colpito dall’ alluvione verificatasi in Piemonte nel novembre 1994 e di avere diritto al richiesto rimborso ai sensi del combinato disposto della L. n. 289 del 2002, art. 9, comma 17, L. n. 350 del 2003, art. 4, comma 90, del D.L. 28 dicembre 2006, n. 300, art. 3 quater, comma 1 (conv. in L. n. 17 del 2007).

Il giudice del lavoro accoglieva la domanda.

La Corte d’appello di Torino, con sentenza n. 1156 del 2010, rigettava l’appello dell’Inps. A sostegno della decisione, recepiva l’interpretazione fatta propria da questa Corte di legittimità, secondo la quale il D.L. n. 300 del 2006, art. 3-quater, cit., nel prorogare al 31.7.2007 il termine di presentazione delle domande di cui alla L. n. 350 del 2003, art. 4, comma 90, che a sua volta aveva esteso ai soggetti colpiti dagli eventi alluvionali del novembre 1994 e destinatari di provvedimenti agevolativi in materia di versamento di somme dovute a titolo di tributi, contributi e premi, i benefici di cui alla L. n. 289 del 2002, art. 9, comma 17, aveva fugato ogni dubbio in ordine all’applicabilità delle disposizioni recate dalla norma ult. cit. anche ai contributi previdenziali; sotto altro ma connesso profilo, considerava che, sempre secondo l’interpretazione di questa Corte di legittimità, non potevano distinguersi, ai fini dell’accesso ai benefici in questione, la posizione di coloro che a tale data non avessero ancora provveduto al pagamento dei contributi e quella di coloro che, come le imprese in epigrafe, vi avessero già provveduto, dovendo in tale caso riconoscersi il loro diritto a ripetere quanto versato in eccesso rispetto al dovuto.

L’Inps ha proposto ricorso per la cassazione di tale sentenza, affidandosi ad un unico motivo, cui ha resistito con controricorso la Laghi di Pollenzo società semplice agricola, che ha depositato anche memoria ex art. 378 c.p.c..

Diritto

MOTIVI DELLA DECISIONE

1. Con l’unico motivo di ricorso, l’Inps denunzia violazione e falsa applicazione del D.L. n. 300 del 2006, art. 3 quater, comma 1 conv. in L. n. 17 del 2007; della L. n. 350 del 2003, art. 4, comma 90 per avere la Corte territoriale escluso che l’impresa in epigrafe fosse decaduta dai benefici di cui alla L. n. 350 del 2003, art. 4, comma 90, cit., pur avendo la società presentato la domanda di restituzione con lettera raccomandata a/r spedita in data 31 luglio 2007 e ricevuta dall’istituto successivamente.

2. Il motivo di ricorso non è fondato, pur dovendo la motivazione della Corte territoriale essere corretta nel senso di seguito precisato.

2.1. Ripercorrendo il percorso motivazionale già effettuato da questa Corte in numerosi recenti arresti sulla medesima questione (v. tra le altre da ultimo Cass. n. 21379, 21380 e 21381 del 2016), occorre premettere che la L. n. 350 del 2003, art. 4, comma 90, ha esteso ai soggetti colpiti dagli eventi alluvionali del novembre 1994 e già destinatari dei provvedimenti agevolativi in materia di versamento delle somme dovute a titolo di tributi, contributi e premi, di cui al D.L. n. 646 del 1994, art. 6, commi 2, 3 e 7-bis, (conv. con L. n. 22 del 1995), le disposizioni sulla regolarizzazione automatica delle imposte previste dalla L. n. 289 del 2002, art. 9, comma 17, in favore delle imprese colpite dal sisma del 1990 in Sicilia orientale, prevedendo che tali soggetti potessero regolarizzare la propria posizione relativa agli anni 1995, 1996 e 1997 versando il 10% dell’importo dovuto entro il 31.7.2004 (termine successivamente differito al 31.7.2007 dal D.L. n. 300 del 2006, art. 3-quater, comma 1, conv. con L. n. 17 del 2007). Nessun rilievo presentando, ai fini qui in discorso, la successiva norma di interpretazione autentica della L. n. 350 del 2003, art. 4, comma 90, contenuta nel D.L. n. 78 del 2010, art. 12, comma 12 trattandosi di disposizione soppressa dalla legge di conversione.

2.2. Nei richiamati arresti, questa Corte di legittimità ha chiarito che la L. n. 350 del 2003, art. 4, comma 90, nell’estendere l’applicazione delle disposizioni della L. n. 289 del 2002, art. 9, comma 17, ai soggetti colpiti dagli eventi alluvionali del novembre 1994 si riferisce espressamente ai provvedimenti agevolativi concernenti i versamenti di quanto dovuto “a titolo di tributi, contributi e premi”, restando privo di rilievo il mancato rinvio, nel testo della norma, anche alla disposizione di cui al D.L. n. 646 del 1994, art. 7 in quanto il richiamo dell’art. 6, commi 2, 3 e 7-bis D.L. ult. cit., da parte della L. n. 350 del 2003, art. 4, comma 90, è funzionale esclusivamente all’individuazione della categoria dei destinatari del beneficio e non già all’individuazione della tipologia dei tributi a cui riferire l’agevolazione, e – precisando che tale interpretazione trova espressa e letterale conferma nel D.L. n. 300 del 2006, art. 3 quater (conv. con L. n. 17 del 2007), che ha esplicitamente stabilito l’operatività dell’agevolazione “per i contributi previdenziali, i premi assicurativi e i tributi riguardanti le imprese relativi all’alluvione del Piemonte del 1994” – ha fugato ogni dubbio sulla legittimità costituzionale della norma ult. cit., sulla scorta dell’insegnamento di Corte cost. n. 274 del 2006, in considerazione della piena legittimità in materia civile di leggi retroattive non solo interpretative ma anche innovative con efficacia retroattiva, quando la disposizione trovi adeguata giustificazione sul piano della ragionevolezza (come nel caso in cui l’interpretazione della disciplina richiamata rappresenti una delle possibili letture del dato normativo) e non contrasti con altri valori ed interessi costituzionalmente protetti (Cass. nn. 11133 e 11247 del 2010).

2.3. Ha inoltre chiarito questa Corte che la definizione automatica della posizione previdenziale può avvenire, per chi non ha ancora pagato, mediante il pagamento del solo 10 % del dovuto e, per chi ha già pagato, attraverso il rimborso del 90% di quanto versato, dovendo ritenersi, nel silenzio del legislatore circa la posizione di coloro che, all’entrata in vigore della normativa recante il beneficio, avessero già ottemperato al pagamento dell’obbligazione contributiva, che un’interpretazione che escludesse costoro dalla possibilità di richiedere la restituzione di quanto versato in eccesso si porrebbe in contrasto con la costante giurisprudenza della Corte costituzionale circa l’irragionevolezza di disposizioni legislative che sopprimano o riducano la prestazione dovuta per obbligazioni pubbliche già perfezionatesi, prevedendo al contempo l’irripetibilità delle somme già versate in esecuzione del rapporto obbligatorio siccome conformato in precedenza (Cass. n. 11247 del 2010, cit.).

2.4. Così ricostruita la portata oggettiva e soggettiva del beneficio in questione, deve poi darsi continuità alla recente sentenza di questa Corte n. 12603 del 17 giugno 2016, che ha escluso che l’imposizione del termine del 31.7.2007 sia collegata soltanto ad un’ipotesi di versamento non effettuato, per modo che l’impresa che abbia effettuato il versamento possa invece ripeterlo nei (soli) termini di prescrizione: al contrario, deve ritenersi che una differenziazione tra la posizione di chi abbia provveduto al versamento dei contributi e chi non vi abbia provveduto non è sostenibile nè su un piano testuale, nè su un piano logico-sistematico. Sotto il profilo testuale, si è rilevato che la L. n. 350 del 2003, art. 4, comma 90, nel prevedere che le disposizioni di cui alla L. n. 289 del 2002, art. 9, comma 17, si applicassero anche ai soggetti colpiti dagli eventi alluvionali del novembre 1994 che fossero stati destinatari dei provvedimenti agevolativi in materia di versamento delle somme dovute a titolo di tributi, contributi e premi, ha previsto che costoro “possono regolarizzare la propria posizione relativa agli anni 1995, 1996 e 1997, entro il 31 luglio 2004, ovvero secondo le modalità di rateizzazione previste, dalla L. n. 289 del 2002, art. 9, comma 17 cit.”: ed è evidente che, se il riferimento alle “modalità di rateizzazione” è logicamente da intendersi come correlato all’ipotesi di versamenti non effettuati, la locuzione “regolarizzare la propria posizione” è invece suscettibile di riferirsi ad entrambe le ipotesi, presupponendo semplicemente la pendenza di termini entro i quali conformare al ius superveniens il fatto considerato dal legislatore (id est, il pagamento dei tributi, dei contributi e dei premi da parte delle imprese destinatarie dei provvedimenti agevolativi previsti a seguito dell’alluvione). Tanto è vero che questa Corte ha già avuto modo di chiarire che la L. n. 289 del 2002, art. 9, comma 17, nel prevedere che la posizione dell’interessato si definisca “in maniera automatica” con il versamento “dell’intero ammontare dovuto … diminuito al 10 per cento”, si riferisce ad un importo non contestato (o non più contestato) dal privato e/o, a fortiori, ad una somma determinata in via definitiva a seguito di sentenza passata in giudicato, con ciò attribuendo al giudicato sulla determinazione dell’importo dovuto la natura di mero presupposto di fatto per la corretta quantificazione dell’agevolazione e non già di ostacolo alla sua fruizione (cfr. Cass. n. 11133 del 2010, cit.).

2.5. Si è poi aggiunto che sotto il profilo logico-sistematico, rilevano le medesime considerazioni già svolte da questa Corte a sostegno dell’ interpretazione del testo normativo che estende la provvidenza anche alle imprese che avevano già provveduto al pagamento dei contributi: una volta acclarata la struttura unitaria dell’agevolazione, se è irragionevole ex art. 3 Cost., comma 1, ritenere esclusi quanti hanno già pagato (v. al riguardo Cass. n. 11247 del 2010, cit.), altrettanto irragionevole è ritenere che essi possano beneficiarne al di fuori dei termini di decadenza previsti per coloro che non hanno ancora pagato, non essendovi per il legislatore differenza alcuna tra la “definizione” (o “regolarizzazione”) della posizione previdenziale mediante il pagamento del solo 10% del dovuto o attraverso il rimborso del 90% di quanto versato.

3. Una volta risolta in diritto la questione della decadenza, con soluzione difforme da quella adottata dalla Corte territoriale, occorre tuttavia rilevare che la stessa Corte correttamente ha ritenuto che la decadenza nel caso non sia maturata, in quanto la domanda amministrativa di ripetizione (pg. 11, della sentenza gravata) è stata consegnata all’ufficio postale per la spedizione in data 30.7.2007.

Soccorre infatti quanto già affermato da questa Corte di Cassazione (ord., n. 10768 del 27/06/2012) per cui in tema di sgravi contributivi a richiesta, per verificare l’osservanza dell’eventuale termine di decadenza, vale il principio secondo il quale, nell’ambito dei rapporti con la P. A., l’istanza è tempestiva qualora venga presentata all’ufficio postale per la spedizione entro il termine, non rilevando che essa sia pervenuta all’ente dopo la scadenza del termine medesimo. La soluzione è basata sul rilievo che, poichè gli atti impeditivi della decadenza vengono in considerazione in funzione delle conseguenze che sono chiamate a determinare sul diritto che deve essere esercitato, per legge o per contratto, entro un dato termine, il verificarsi di tale effetto non può essere subordinato alla ricezione di tali atti da parte del destinatario, essendo la qualifica di atti recettizi correlata ad esigenze di tutela del destinatario, non sussistenti in caso di decadenza.

3.1. Tale soluzione è confortata dalla sentenza delle Sezioni Unite n. 24822 del 09/12/2015 che, nell’ estendere agli atti processuali con effetti sostanziali la scissione degli effetti della notificazione per il notificante e per il destinatario, sancita dalla giurisprudenza costituzionale con riguardo agli atti processuali – in specie, si discuteva dell’effetto interruttivo della prescrizione dell’atto di citazione – ha argomentato che il principio affermato dalla Corte costituzionale nella sentenza n. 477 del 2002 ha una portata espansiva potenzialmente applicabile a tutti gli atti (processuali e negoziali), in quanto il parametro di costituzionalità utilizzato dalla Corte costituzionale non è solo il diritto di difesa, ma soprattutto il principio di ragionevolezza, sotto il profilo che un effetto di decadenza sarebbe fatto dipendere dal ritardo di un’attività non imputabile al notificante , in quanto del tutto estranea alla sua sfera di disponibilità.

4. Occorre quindi dare atto della decisione n. 195/2016 che, in subiecta materia, ha adottato la Commissione Europea in data 14.8.2015 (notificata con il n. C (2015) 5549 e pubblicata in G.U.U.E. del 18.2.2016). Con tale decisione, infatti, la Commissione ha ritenuto che le misure legislative che istituiscono i benefici in questione nel presente giudizio siano state adottate in violazione dell’art. 108, paragrafo 3, del Trattato sul funzionamento dell’Unione Europea (TFUE) e, di conseguenza, ha concluso che esse “costituiscono aiuti di Stato incompatibili con il mercato interno” (punto 133), aggiungendo, in punto di conseguenze (punti 134-136):

a) che una decisione negativa in merito ad un regime di aiuti non pregiudica la possibilità che determinati vantaggi concessi nel quadro dello stesso regime non costituiscano di per sè aiuti di Stato o configurino, interamente o in parte, aiuti compatibili con il mercato interno (ad esempio perchè il beneficio individuale è concesso a soggetti che non svolgono un’attività economica e che pertanto non vanno considerati come imprese, oppure perchè il beneficio è in linea il regolamento c.d. de minimis applicabile, oppure perchè è concesso in conformità di un regime di aiuto approvato od ad un regolamento di esenzione);

b) che l’Italia è tenuta ad annullare tutti i pagamenti di aiuti in essere, con effetto alla data di adozione della decisione, e a partire dalla data della decisione nessuna delle norme in esame nel presente giudizio può essere usata come base di riferimento per la futura concessione o il futuro pagamento di aiuti;

c) che, per quanto attiene agli aiuti individuali già versati prima della data di avvio della decisione e dell’ingiunzione di sospensione, il regime va considerato compatibile con il mercato interno, ai sensi dell’art. 107, par. 2, lett. b) TFUE, a condizione che possa essere stabilito un nesso chiaro e diretto tra i danni subiti dalla singola impresa in seguito alla calamità naturale e l’aiuto di Stato concesso, evitando i casi di sovracompensazione rispetto ai danni subiti dalla impresa; inoltre, ogni compensazione relativa a tali danni, ottenuta da una qualsiasi fonte, deve essere dedotta ed è necessario escludere ogni tipo di cumulo tra gli aiuti previsti dal regime qui in esame ed eventuali aiuti previsti da altre misure per i medesimi costi.

La Commissione, infine, ha esentato l’Italia dall’obbligo di recuperare gli aiuti relativi a regimi illegali concessi per le calamità naturali risalenti ad oltre dieci anni prima della sua decisione, con l’unica eccezione degli aiuti fruiti da beneficiari non aventi, ai momento della calamità, una sede operativa nell’area colpita.

5. Ciò posto, va ricordato che le decisioni adottate dalla Commissione della Comunità europea, nell’ambito delle funzioni ad essa conferite dal Trattato CE sull’attuazione e lo sviluppo della politica della concorrenza nell’interesse comunitario, ancorchè prive dei requisiti della generalità e dell’astrattezza, costituiscono fonte di produzione di diritto comunitario, e quindi vincolano il giudice nazionale nell’ambito dei giudizi portati alla sua cognizione, obbligandolo a darvi attuazione, se necessario attraverso la disapplicazione delle norme interne che siano in contrasto con esso (v. da ult. Cass. n. 15354 del 2014).

Nel caso di specie, recando una normativa che, all’evidenza, detta una nuova disciplina del rapporto controverso, la decisione della Commissione costituisce ius superveniens, sopravvenuto alla proposizione del ricorso per cassazione.

6. Non osta alla valutazione degli effetti del richiamato ius superveniens il fatto che il motivo di doglianza proposto dal ricorrente attenesse solo esplicitamente allo specifico profilo della decadenza sostanziale per la proposizione della domanda amministrativa tesa al riconoscimento dei benefici previdenziali, e non in generale alla disciplina regolatrice gli aiuti di stato in rassegna.

6.1. E difatti, occorre rilevare in primo luogo che sulla questione della spettanza o meno degli aiuti de quo non è sceso il giudicato. Le Sezioni Unite di questa Corte nella sentenza n. 21691/2016 – che ha affrontato il problema dell’applicazione dello ius superveniens nei casi nei quali esso sia sopravvenuto tra le pubblicazione della sentenza d’appello e la proposizione del ricorso per Cassazione – con affermazione di carattere generale hanno chiarito che se la sentenza si compone di più parti connesse tra loro in un rapporto per il quale l’accoglimento dell’impugnazione nei confronti della parte principale determinerebbe necessariamente anche la caducazione della parte dipendente, la proposizione dell’impugnazione nei confronti della parte principale impedisce il passaggio in giudicato anche della parte dipendente, pur in assenza di impugnazione specifica di quest’ultima.

6.2. Ciò è quanto avviene nel caso che ci occupa, in cui la decisione sulla questione pregiudiziale della decadenza sostanziale, che attiene all’ esercitabilità del diritto in questione e che viene espressamente proposta dall’Inps, incide sulla sorte dell’intero bene oggetto della domanda azionata in giudizio, nel senso che se il ricorso dell’Inps fosse stato fondato, nessun beneficio previdenziale avrebbe potuto essere riconosciuto. In applicazione del principio posto dalle Sezioni Unite, deve quindi ritenersi che nessun giudicato sia sceso sulla questione della spettanza o meno degli aiuti in questione.

6.3. Passando ad individuare l’ambito della cognizione devoluta a questo giudice di legittimità, si rileva che nella materia degli aiuti di stato è assoluta la primazia del diritto dell’Unione europea, tanto che la Corte di Giustizia ha affermato che il principio che l’autorità di cosa giudicata di cui all’art. 2909 c.c. non può essere invocato come motivo di impossibilità di recupero di un aiuto di stato dichiarato incompatibile dalla Commissione (Corte di Giustizia CE, sentenza del 18 luglio 2007, C-119/05, Ministero dell’Industria, del Commercio e dell’Artigianato c Lucchini SpA).

6.4 Al fine di dare compiuta attuazione a tale principio, deve affermarsi che nella materia degli aiuti di stato, la decisione della Commissione Europea sopravvenuta nel corso del giudizio di cassazione costituisce ius superveniens che dev’ essere applicato, anche d’ufficio, quando la questione della spettanza o meno dei benefici sia stata comunque devoluta all’esame di legittimità, non importa in quale forma nè in virtù di quale profilo di doglianza (v. in tal senso anche Cass. n. 11642 del 2010, n. 21637 del 2010).

7. La decisione della Commissione determina nel caso la necessità di accertamenti in fatto incompatibili con il giudizio di legittimità e quindi la cassazione con rinvio della sentenza impugnata.

Il giudice del rinvio dovrà infatti verificare la sussistenza del diritto dell’azienda in epigrafe a fruire dei benefici di cui alla L. n. 350 del 2003, art. 4, comma 90, e successive modifiche e integrazioni, accertando a tal fine, anzitutto, l’eventuale ricorrenza dei presupposti di fatto per l’applicabilità del regolamento de minimis (la cui prova è a carico dei soggetto che invoca il beneficio e non può essere ritenuta sussistente soltanto in ragione dell’essere l’importo oggetto della domanda inferiore alla soglia prevista dalla disciplina comunitaria: arg. ex Cass. nn. 6756 dei 2012 e 6780 del 2013) e tenendo conto che la regola de minimis, stabilendo una soglia di aiuto al di sotto della quale l’art. 107, n. 1 TFUE, può considerarsi inapplicabile, costituisce un’eccezione alla generale disciplina relativa agli aiuti di Stato, per modo che, quando la soglia dell’irrilevanza dovesse essere superata, il beneficio dovrà essere negato nella sua interezza (arg. ex Cass. n. 11228 del 2011).

7.1. Qualora la prova dei presupposti per l’applicapilità del regolamento de minimis non venga fornita, il giudice del rinvio dovrà verificare la compatibilità con il mercato interno del beneficio costituente aiuto di Stato, ex art. 107, par. 2, lett. b) TFUE, e dunque, da un lato, quale sia stato l’importo del danno diretto subito dall’impresa per effetto dell’alluvione, da accertare a livello della stessa impresa (cfr. punto 132 della decisione), e dall’altro, nell’ambito del danno così individuato, quale importo sia stato già compensato da altre fonti (assicurazioni o altre misure di aiuto: cfr. punto 148 della decisione della Commissione), dovendo, in particolare, tenersi conto anche dei benefici previsti dalla stessa normativa in materia di tributi e premi, giacchè l’aiuto oggetto dell’attuale controversia potrà essere riconosciuto nei limiti della compensazione del danno residuo.

7.2. Nell’accertare tali circostanze, inoltre, il giudice del rinvio dovrà attenersi all’ulteriore principio secondo cui, posto che l’applicazione dello ius superveniens e il giudizio positivo sulla idoneità della nuova disciplina giuridica ad incidere sulla decisione della lite costituiscono fattori sufficienti e determinanti per la cassazione della sentenza, dev’essere consentita, in sede di rinvio, l’esibizione di quei documenti prima non ottenibili ovvero l’accertamento di quei fatti che in base alla precedente disciplina non erano indispensabili, ma che costituiscono il presupposto per l’applicazione della nuova regola giuridica (cfr. in tal senso già Cass. n. 5224 del 1998, cit.).

8. In ragione dei principi di diritto dianzi esposti, la sentenza impugnata va conclusivamente cassata e la causa rinviata ad altro giudice, che si individua nella Corte d’appello di Torino, in diversa composizione, che provvederà anche sulle spese del presente giudizio di cassazione.

PQM

La Corte, provvedendo sul ricorso, cassa la sentenza impugnata e rinvia, anche per le spese, alla Corte d’appello di Torino in diversa composizione.

Così deciso in Roma, nella Camera di consiglio, il 25 ottobre 2016.

Depositato in Cancelleria il 20 dicembre 2016

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