Sentenza Sentenza Cassazione Civile n. 2635 del 30/01/2019

Cassazione civile sez. trib., 30/01/2019, (ud. 19/12/2018, dep. 30/01/2019), n.2635

LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE

SEZIONE TRIBUTARIA

Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:

Dott. CIRILLO Ettore – Presidente –

Dott. CRUCITTI Roberta – rel. Consigliere –

Dott. D’ORAZIO Luigi – Consigliere –

Dott. DELL’ORFANO Antonella – Consigliere –

Dott. VENEGONI Andrea – Consigliere –

ha pronunciato la seguente:

ORDINANZA

sul ricorso iscritto proposto da:

BERTINI s.r.l., in persona del legale rappresentante pro tempore,

elettivamente domiciliata in Roma, via Crescenzio 19 presso lo

studio dell’Avv. Lucilla Lenti e rappresentata e difesa, per procura

a margine del ricorso dall’Avv. Giuseppe Fattori.

– ricorrente –

contro

AGENZIA DELLE ENTRATE, in persona del Direttore pro tempore,

elettivamente domiciliato in Roma, via dei Portoghesi 12 preso gli

Uffici dell’Avvocatura Generale di Stato dalla quale è

rappresentato e difeso.

– controricorrente –

per la cassazione della sentenza n. 307/44/2011 della Commissione

tributaria regionale della Campania, depositata il 7 ottobre 2011.

Udita la relazione della causa svolta nella Camera di consiglio del

19 dicembre 2018 dal relatore Cons. Roberta Crucitti.

Fatto

RILEVATO

che:

nella controversia, originata dall’impugnazione da parte della Bertini s.r.l. di avviso di accertamento relativo a IRPEG, IRAP e IVA dell’anno di imposta 2003, la Commissione tributaria regionale della Campania (d’ora in poi C.T.R.), con la sentenza indicata in epigrafe, rigettava l’appello principale proposto dalla contribuente avverso la decisione di primo grado (che, in parziale accoglimento del ricorso introduttivo del giudizio, aveva ridotto il reddito accertato);

in particolare, la C.T.R. rilevava che la Società non avesse formulato specifiche censure alla sentenza di primo grado, (essendosi limitata a sollevare ulteriormente doglianze sull’avviso di accertamento) e che aveva, erroneamente, lamentato la mancanza di un contraddittorio preventivo svoltosi, invece, in due incontri, come era rimasto accertato;

avverso la sentenza ricorre, su due motivi, la Società;

l’Agenzia delle entrate resiste con controricorso;

il ricorso è stato fissato in Camera di consiglio, ai sensi dell’art. 375, comma 2 e dell’art. 380 bis 1 c.p.c., introdotti dal D.L. 31 agosto 2016, n. 168, art. 1 bis, convertito, con modificazioni, dalla L. 25 ottobre 2016, n. 197.

Diritto

CONSIDERATO

che:

1. con il primo motivo si deduce la violazione e falsa applicazione del D.P.R. n. 600 del 1973, art. 39 e del D.L. n. 331 del 1993, art. 62 sexies, laddove la C.T.R., confermando l’abbattimento parziale del reddito accertato e riconoscendo, implicitamente, corretto l’avviso di accertamento, basato su percentuali di ricarico dello studio di settore, aveva, sempre implicitamente ritenuto tali percentuali potessero assurgere alla qualificazione di presunzioni gravi, precise e concordanti;

2. con il secondo motivo si denunzia la sentenza impugnata di motivazione illogica e insufficiente sul fatto decisivo costituito dalla inidonea valenza probatoria delle percentuali dello studio di settore;

3. il ricorso è inammissibile in quanto inconducente rispetto al decisum. Il Giudice di appello ha, infatti, rilevato che la contribuente, con l’atto di impugnazione, non aveva evidenziato specifici difetti della sentenza impugnata, essendosi limitata a censurare nuovamente in appello l’avviso di accertamento. La conferma della decisione di primo grado è stata giustificata dalla C.T.R. sul presupposto dell’insussistenza di motivi che il Collegio possa valutare per eventualmente censurare la sentenza impugnata;

3.1. tale ratio decidendi, con la quale sostanzialmente la C.T.R. ha ritenuto l’appello inidoneo allo scopo per mancanza di specificità dei motivi, non ha formato oggetto di censura;

3.2. anche l’altro argomento adoperato dalla C.T.R., ovvero l’avvenuto espletamento del contraddittorio precontenzioso degli studi di settore (che, come statuito da C.G.U.E. 22.11.2018, C648/16, legittima l’accertamento presuntivo anche in ambito IVA) non risulta idoneamente attinto dal ricorso per cassazione per genericità dei motivi in punto di fatto;

4. ne consegue l’inammissibilità del ricorso e la condanna della ricorrente, soccombente, alla refusione in favore dell’Agenzia delle entrate delle spese processuali come liquidate in dispositivo.

PQM

Dichiara il ricorso inammissibile;

condanna la ricorrente, in persona del legale rappresentante pro tempore, al pagamento in favore dell’Agenzia delle entrate delle spese processuali che si liquidano in complessivi Euro 5.600,00 oltre spese prenotate a debito.

Così deciso in Roma, nella Camera di consiglio, il 19 dicembre 2018.

Depositato in Cancelleria il 30 gennaio 2019

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