Sentenza Sentenza Cassazione Civile n. 26346 del 20/12/2016


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Cassazione civile, sez. lav., 20/12/2016, (ud. 04/10/2016, dep.20/12/2016),  n. 26346

LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE

SEZIONE LAVORO

Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:

Dott. NAPOLETANO Giuseppe – Presidente –

Dott. TORRICE Amelia – Consigliere –

Dott. BLASUTTO Daniela – rel. Consigliere –

Dott. DI PAOLANTONIO Annalisa – Consigliere –

Dott. TRICOMI Irene – Consigliere –

ha pronunciato la seguente:

SENTENZA

sul ricorso 26879-2013 proposto da:

C.A. C.F. (OMISSIS), in proprio e quale titolare della

omonima impresa individuale, poi incorporata nella IMPRESA

COSTRUZIONI GEOM. C.A. S.R.L. C.F. (OMISSIS), AUTIFINANZ

S.R.L. C.F. (OMISSIS), AUTIMMOBIL S.R.L. C.F. (OMISSIS), CELIDONIA

S.R.L. C.F. (OMISSIS), IMMOBILIARE DELL’ARTE S.R.L. C.F. (OMISSIS),

OLYMPIA S.R.L. C.F. (OMISSIS), tutti elettivamente domiciliati in

ROMA, VIA S. VALENTINO 10, presso lo studio dell’avvocato GIOVANNI

DE ROSIS, rappresentati e difesi dall’avvocato CRISTINA ROMANO’,

giusta delega in atti;

– ricorrenti –

contro

B.S.;

– intimata –

avverso la sentenza n. 354/2013 della CORTE D’APPELLO di MILANO,

depositata il 04/04/2013 R.G.N. 2518/2010 più altre;

udita la relazione della causa svolta nella pubblica udienza del

04/10/2016 dal Consigliere Dott. BLASUTTO DANIELA;

udito l’Avvocato CRISTINA ROMANO’;

udito il P.M. in persona del Sostituto Procuratore Generale Dott.

MASTROBERARDINO PAOLA che ha concluso per l’inammissibilità del

ricorso, in subordine rigetto.

Fatto

SVOLGIMENTO DEL PROCESSO

1. La Corte di appello di Milano, con sentenza n. 354/2013, rigettava l’appello proposto da C.A., in qualità di titolare della omonima ditta individuale, e da Autimmobil s.r.I., Olympia s.r.l., Immobiliare dell’Arte s.r.l., Celidonia s.r.l., Autifinanz s.r.l., Impresa Costruzioni Geom. C.A. s.r.l., avverso la sentenza del Tribunale di Varese che, in accoglimento della domanda proposta da B.S., aveva dichiarato illegittimo il licenziamento intimato il 13 luglio 2005 dal C., quale titolare dell’Impresa Costruzioni geom. C.A. s.r.l., ed aveva disposto la reintegrazione della B. nel posto di lavoro, con condanna in solido delle società convenute al risarcimento dei danni, compreso quello biologico.

2. Per quanto ancora rileva nella presente sede, la Corte territoriale, sulla base delle risultanze istruttorie e dell’interrogatorio formale dello stesso C., ravvisava l’esistenza di un gruppo di imprese con unico centro di imputazione dei rapporti giuridici. Osservava che il geom. C., unitamente alla moglie S.T., costituivano un unico soggetto direttivo, al quale facevano capo le attività delle singole imprese; queste si avvalevano in modo fungibile del personale addetto a ciascuna di esse; l’interscambiabilità era poi agevolata dal fatto che tutte le società avevano la medesima sede. Le prove testimoniali avevano evidenziato l’utilizzazione contemporanea delle prestazioni lavorative dei vari dipendenti, compresa la B., presso le varie imprese appellanti e una notevole integrazione tra le attività esercitate dalle società del gruppo, con un unico sostanziale coordinamento tecnico e amministrativo.

3. Quanto alla legittimità del licenziamento intimato per giustificato motivo oggettivo, osservava la Corte di appello che, pur essendo provate la riduzione dell’attività dell’azienda e l’esigenza di una riorganizzazione, non era stata articolata alcuna prova in ordine alla circostanza, allegata dalla società in giudizio, della ripartizione delle mansioni già affidate alla B. tra gli altri lavoratori addetti.

4. Per la cassazione di tale sentenza ricorrono C.A., già titolare della omonima ditta individuale, poi incorporata nella Impresa Costruzioni Geom. C.A. s.r.l., nonchè Autimmobil s.r.l., Olympia s.r.l., Immobiliare dell’Arte s.r.I., Celidonia s.r.l., Autifinanz s.r.l., affidandosi a due motivi. L’intimata non ha svolto attività difensiva.

Diritto

MOTIVI DELLA DECISIONE

1. Il ricorso denuncia violazione e falsa applicazione dell’art. 2359 c.c., in relazione ai requisiti occorrenti perchè possa configurarsi un “gruppo di imprese”. Sulla base dei medesimi presupposti giuridici denuncia omesso esame della effettiva sussistenza nella fattispecie di un gruppo di imprese come normativamente qualificato.

1.1. I giudici di merito si erano limitati ad affermare l’esistenza di un “Gruppo C.” senza considerare il disposto di cui all’art. 2359 c.c., per il quale si ha l’esistenza di un gruppo solo quando una società, detta capogruppo o holding, con riferimento ad una o più società controllate, dispone nelle stesse della maggioranza dei voti sufficienti per avere un’influenza dominate nell’assemblea ordinaria ovvero quando esercita un’influenza dominate in virtù di particolari vincoli contrattuali con le stesse. Nel caso in esame, non era stato dedotto nè provato quale sarebbe stata, tra le sette resistenti, la holding; in che cosa sarebbe consistita l’unitarietà della politica economica e dell’interesse sociale; quale sarebbe stata la mente direttiva e quale la comune fonte finanziaria.

2. Il ricorso è infondato.

3. Quanto al presunto error in iudicando, deve rilevarsi che la Corte di appello ha fatto corretta applicazione della giurisprudenza di questa Corte in materia, cui resta estranea, perchè non conferente, ogni questione vertente sul tipo di collegamento societario esistente tra le società convenute ai fini di cui all’art. 2359 c.c.. L’unico collegamento rilevante, in relazione alla domanda proposta e all’oggetto del giudizio, è quello economico – funzionale per l’identificazione del centro di imputazione del rapporto di lavoro.

3.1. Occorre ribadire in questa sede che il collegamento economico – funzionale tra imprese gestite da società del medesimo gruppo non è di per sè solo sufficiente a far ritenere che gli obblighi inerenti ad un rapporto di lavoro subordinato, formalmente intercorso fra un lavoratore ed una di esse, si debbano estendere anche all’altra, a meno che non sussista una situazione che consenta di ravvisare – anche all’eventuale fine della valutazione di sussistenza del requisito numerico per l’applicabilità della cosiddetta tutela reale del lavoratore licenziato un unico centro di imputazione del rapporto di lavoro. Tale situazione deve essere accertata in modo adeguato, ovviamente nella sede propria di merito, attraverso l’esame delle attività di ciascuna delle imprese gestite formalmente da soggetti diversi, e deve rivelare l’esistenza dei seguenti requisiti: a) unicità della struttura organizzativa e produttiva; b) integrazione tra le attività esercitate dalle varie imprese del gruppo e il correlativo interesse comune; c) coordinamento tecnico e amministrativo – finanziario tale da individuare un unico soggetto direttivo che faccia confluire le diverse attività delle singole imprese verso uno scopo comune; d) utilizzazione contemporanea della prestazione lavorativa da parte delle varie società titolari delle distinte imprese, nel senso che la stessa sia svolta in modo indifferenziato e contemporaneamente in favore dei vari imprenditori (Cass. n. 3136 del 1999, n. 11033 del 2000, n. 14609 del 2001).

3.2. Trattasi di valutazione di fatto rimessa al giudice di merito e sindacabile in sede di legittimità solo per vizi di motivazione (cfr. sent. cit.).

4. Nel caso in esame, la Corte di appello ha valutato, sulla base delle risultanze istruttorie, che le società appellanti facevano tutte capo al geom. C. e alla di lui moglie S.T., i quali costituivano un unico centro direttivo; che le diverse attività delle singole imprese appellanti convergevano verso un scopo comune e si avvalevano in modo fungibile del personale assunto da ciascuna di esse; che l’utilizzazione promiscua del personale era facilitata dal fatto che tutte le società avevano la medesima sede.

4.1. I giudici di merito hanno fatto corretta applicazione dei principi indicati da questa Corte nel richiamato indirizzo – qui condiviso e ribadito -, individuando nel “gruppo C.” il centro di imputazione del rapporto di lavoro della B.. Sono infatti pervenuti a tale conclusione mediante valorizzazione dei seguenti elementi: l’unicità del centro direttivo, l’integrazione tra le attività economiche delle diverse imprese, l’utilizzazione indifferenziata del personale assunto da ciascuna società, il coordinamento tecnico ed amministrativo desumibile dalla compresenza delle società in un’unica sede e dalla stessa utilizzazione promiscua del personale dipendente.

5. Quanto al vizio di motivazione, deve rilevarsi che esso denuncia sostanzialmente l’omesso accertamento dei presupposti di cui all’art. 2359 c.c., disciplina che non viene direttamente in considerazione nella presente sede, come già detto in precedenza.

6. Il ricorso va dunque rigettato. Nulla va disposto quanto alle spese del giudizio, non avendo l’intimata svolto attività difensiva.

6.1. Sussistono i presupposti processuali (nella specie, il rigetto del ricorso) per il versamento, da parte di C.A. e delle società ricorrenti, dell’ulteriore importo a titolo di contributo unificato, previsto dal D.P.R. 30 maggio, art. 13, comma 1 quater, introdotto dalla L. 24 dicembre 2012, n. 228, art. 1, comma 17, (legge di stabilità 2013).

PQM

La Corte rigetta il ricorso. Nulla per le spese. Ai sensi del D.P.R. n. 115 del 2002, art. 13, comma 1 – quater, dà atto della sussistenza dei presupposti per il versamento, da parte di C.A. e delle società ricorrenti, dell’ulteriore importo a titolo di contributo unificato pari a quello dovuto per il ricorso, a norma dello stesso art. 13, comma 1 – bis.

Così deciso in Roma, nella Camera di Consiglio, il 4 ottobre 2016.

Depositato in Cancelleria il 20 dicembre 2016

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