Sentenza Sentenza Cassazione Civile n. 26344 del 07/12/2011
Cassazione civile sez. trib., 07/12/2011, (ud. 16/11/2011, dep. 07/12/2011), n.26344
LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE
SEZIONE TRIBUTARIA
Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:
Dott. LUPI Fernando – Presidente –
Dott. BOGNANNI Salvatore – Consigliere –
Dott. CAPPABIANCA Aurelio – Consigliere –
Dott. GRECO Antonio – Consigliere –
Dott. BOTTA Raffaele – rel. Consigliere –
ha pronunciato la seguente:
ordinanza
sul ricorso proposto da:
Agenzia delle Entrate, in persona del Direttore pro tempore,
elettivamente domiciliata in Roma, via dei Portoghesi 12, presso
l’Avvocatura Generale dello Stato, che la rappresenta e difende per
legge;
– ricorrente –
contro
BNP Paribas Lease Group Holding S.p.A., in persona del legale
rappresentante pro tempore, elettivamente domiciliata in Roma, via
Lima 15, presso l’avv. Verino Mario Ettore che, unitamente all’avv.
Marco Brighenti la rappresenta e difende, giusta delega a margine del
controricorso;
– controricorrente –
avverso la sentenza della Commissione Tributaria Regionale della
Lombardia (Milano), Sez. 16, n. 43/16/06 del 16 marzo 2006,
depositata il 23 giugno 2006, non notificata;
Vista la relazione ex art. 380-bis c.p.c. della causa svolta nella
Camera di Consiglio del 16 novembre 2011 dal Relatore Cons. Raffaele
Botta;
Preso atto che nessuno è presente per le parti;
Preso atto che il P.G. non ha presentato proprie osservazioni sulla
relazione ex art. 380-bis c.p.c. notificatagli.
Fatto
FATTO E DIRITTO
Considerato che il ricorso – che concerne una controversia relativa alla determinazione del valore finale ai fini INVIM al 31 dicembre 1992 di un immobile in leasing venduto nel 2000 alla società utilizzatrice – poggia su un cinque motivi, con i quali sotto diversi profili di violazione di legge si contestano le conclusioni del giudice di merito che confermavano il valore finale dichiarato giudicando il bene soggetto a leasing fuori mercato. Richiamato il principio affermato da questa Corte secondo cui: “In tema di INVIM, nel caso di alienazione a titolo oneroso di un bene immobile già concesso in locazione finanziaria a seguito dell’esercizio dell’opzione di riscatto da parte dell’utilizzatore, l’imponibile deve essere determinato in modo differenziato, a seconda che il presupposto d’imposta si sia verificato entro il o dopo il 31 dicembre 1992. Nella prima ipotesi, infatti, l’incremento di valore dev’essere determinato, ai sensi del D.P.R. 26 ottobre 1972, n. 643, art. 6, comma 2, secondo periodo, assumendo come valore finale il totale dei corrispettivi costituiti non solo dal cosiddetto “prezzo di riscatto”, ma anche da tutte le somme versate nel corso del rapporto a titolo di “canone” o di “maxicanone”, le quali rappresentano un anticipato pagamento rateale assoggettato ad IVA. Nel secondo caso, invece, dovendosi fare riferimento al “valore in comune commercio del bene” al 31 dicembre 1992, ai sensi del D.Lgs. 30 dicembre 1992, n. 504, art. 17, comma 7, lett. a), il valore finale non può essere astrattamente determinato mediante comparazione con quello posseduto alla stessa data da immobili del medesimo genere, ma liberi da vincoli, dovendo invece procedersi ad una valutazione caso per caso che tenga conto tanto delle utilità e dei pregi posseduti dal bene, quanto di tutti i fattori (vincoli ed oneri) che concorrono ad impedirne o limitarne il godimento, ivi compreso il vincolo derivante dal contratto di locazione finanziaria, senza che assuma alcun rilievo la circostanza che ad acquistare l’immobile sia stato lo stesso utilizzatore anzichè un terzo, in quanto, essendo l’imposta finalizzata a colpire l’effettivo incremento patrimoniale conseguito dall’alienante, la determinazione del valore venale deve essere oggettivamente riferita al bene” (Cass. n. 12594 del 2006; v. anche Cass. nn. 1242 e 13006 del 2007,11480 del 2009).
Ritenuto che il giudice di merito non ha compiuto alcuna valutazione concreta del bene, affermando che “il vincolo della locazione finanziaria pone il bene fuori mercato non potendosi applicare la relativa legge economica”.
Ritenuto, pertanto, che il ricorso deve essere accolto con rinvio della causa ad altra Sezione della Commissione Tributaria Regionale della Lombardia, che provvederà anche in ordine alle spese della presente fase del giudizio.
P.Q.M.
LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE Accoglie il ricorso, cassa la sentenza impugnata e rinvia, anche per le spese, ad altra Sezione della Commissione Tributaria della Lombardia.
Così deciso in Roma, nella Camera di Consiglio, il 16 novembre 2011.
Depositato in Cancelleria il 7 dicembre 2011