Sentenza Sentenza Cassazione Civile n. 26341 del 17/10/2019

Cassazione civile sez. VI, 17/10/2019, (ud. 09/05/2019, dep. 17/10/2019), n.26341

LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE

SEZIONE SESTA CIVILE

SOTTOSEZIONE 3

Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:

Dott. FRASCA Raffaele – Presidente –

Dott. DE STEFANO Franco – Consigliere –

Dott. TATANGELO Augusto – Consigliere –

Dott. D’ARRIGO Cosimo – Consigliere –

Dott. PORRECA Paolo – rel. Consigliere –

ha pronunciato la seguente:

ORDINANZA

sul ricorso 10637-2018 proposto da:

M.S., elettivamente domiciliato in ROMA, PIAZZA CAVOUR,

presso la CORTE DI CASSAZIONE, rappresentato e difeso dagli avvocati

MARA MANFREDI, FERDINANDO EMILIO ABBATE;

– ricorrente –

contro

PRESIDENZA DEL CONSIGLIO DEI MINISTRI, in persona del Presidente del

Consiglio dei Ministri pro tempore, elettivamente domiciliato in

ROMA, VIA DEI PORTOGHESI 12, presso l’AVVOCATURA GENERALE DELLO

STATO, che lo rappresenta e difende ope legis;

– controricorrente –

avverso la sentenza n. 17633/2017 del TRIBUNALE di ROMA, depositata

il 21/09/2017;

udita la relazione della causa svolta nella camera di consiglio non

partecipata del 09/05/2019 dal Consigliere Relatore Dott. PAOLO

PORRECA.

Fatto

CONSIDERATO

che:

M.S. conveniva in giudizio la Presidenza del consiglio chiedendo il risarcimento dei danni per violazione della Dir. n. 98/83(CE che aveva stabilito i limiti di arsenico nell’acqua destinata al consumo umano;

il giudice di pace accoglieva la domanda con pronuncia riformata dal tribunale;

avverso questa decisione ricorre per cassazione M.S. formulando un motivo, avversato da controricorso.

Diritto

RITENUTO

che:

con l’unico motivo si prospetta la violazione o falsa applicazione dell’art. 91 c.p.c., in uno al D.M. n. 140 del 2012 e al D.M. n. 55 del 2014, poichè il tribunale avrebbe errato nel condannare il deducente alla rifusione delle spese processuali del doppio grado applicando, con riferimento alle prime cure, il decreto ministeriale del 2014 invece dell’allora applicabile decreto del 2012, e, comunque, superando i valori medi cui si era richiamato il giudice di appello, che, infine, aveva, quanto al suo grado, in ogni caso superato anche i valori massimi;

Vista la proposta formulata del relatore ai sensi dell’art. 380 bis c.p.c..

Rilevato che:

il motivo di ricorso è parzialmente fondato;

quanto alla censura afferente al primo grado questa Corte ha ritenuto che in tema di spese processuali, i parametri ministeriali in parola, cui devono essere commisurati i compensi dei professionisti, trovano applicazione ogni qual volta la liquidazione giudiziale intervenga in un momento successivo alla data di entrata in vigore dei relativi decreti, ancorchè la prestazione abbia avuto inizio e si sia in parte svolta nella vigenza della pregressa regolamentazione, purchè a tale data la prestazione professionale non sia stata ancora completata (Cass., Sez. U., 12/10/2012, n. 17405, Cass., 04/07/2018, n. 17577, Cass., 10/12/2018, n. 31884);

qualora il giudizio di primo grado si sia concluso con sentenza prima della entrata in vigore del singolo decreto, non operano, dunque, i nuovi parametri di liquidazione, dovendo le prestazioni professionali ritenersi esaurite con la sentenza, sia pure limitatamente a quel grado; nondimeno, secondo un orientamento, in caso di riforma della decisione, il giudice dell’impugnazione, investito ai sensi dell’art. 336 c.p.c. anche della liquidazione delle spese del grado precedente, deve applicare la disciplina vigente al momento della sentenza d’appello, atteso che l’accezione omnicomprensiva di “compenso” evoca la nozione di un corrispettivo unitario per l’opera prestata nella sua interezza (Cass., n. 31884 del 2018, cit.); mentre, secondo altro orientamento, nel caso della liquidazione delle spese relative ad un grado o fase precedente, da parte del giudice dell’impugnazione o del rinvio, dovrebbe ritenersi sussistente l’esaurimento dell’attività difensiva (Cass., n. 17577 del 2018, cit., peraltro in “obiter”);

qualunque sia l’ermeneutica riguardo al profilo appena evidenziato, nel caso di specie la liquidazione è stata, secondo il decreto del 2014, tra i valori medi e quelli massimi, e, ove si valutasse applicabile il decreto del 2012, ancora più prossima ai valori medi, tenuto conto della pretesa avanzata, cui ancorare il valore della causa definita con rigetto;

va precisato che la fase di trattazione ovvero istruttoria rilevano anche quando quest’ultima sia stata solo documentale, atteso che non vi è una limitazione normativa applicabile alle prove costituende e al relativo esame;

ciò posto, non trova fondamento normativo un vincolo alla determinazione secondo i valori medi ivi indicati, dovendo il giudice solo quantificare il compenso tra il minimo e il massimo dei parametri, a loro volta derogabili con apposita motivazione (Cass., 31/01/2017, n. 2386, riferita al D.M. n. 55 del 2014; cfr. Cass., 16/09/2015, n. 18167, sulla portata non vincolante dei parametri, in quanto tali differenti dalle tariffe, introdotti con il D.M. n. 140 del 2012);

la censura, parte “qua”, è pertanto infondata;

la censura afferente alle spese del secondo grado è invece fondata, poichè, senza motivazione (v. anche Cass., 14/05/2018, n. 11601), risultano superati i valori massimi -naturalmente relativi al tribunale sia pure in grado di appello e non all’ufficio “corte di appello”- come indicato in ricorso e infatti non specificatamente contestato in controricorso;

va evidenziato che, come riportato in ricorso, la domanda iniziale è stata contenuta nel massimo di 900 Euro, sicchè non può essere venuta in gioco pretesa per importi superiori e relativi al limite massimo di competenza dell’ufficio adito in prime cure;

non essendo necessari ulteriori accertamenti, può decidersi nel merito, condannando l’odierno ricorrente alla rifusione delle spese processuali del grado di appello liquidate in Euro 900,00;

le spese del presente grado si compensano stante la reciproca soccombenza in cui si risolve il parziale accoglimento.

P.Q.M.

La Corte, accoglie parzialmente il ricorso e, decidendo, nel merito, condanna M.S. alla rifusione, in favore dell’amministrazione appellante, delle spese processuali del secondo,00 oltre a spese prenotate a debito.

Compensa le spese del giudizio di legittimità.

Così deciso in Roma, il 9 maggio 2019.

Depositato in Cancelleria il 17 ottobre 2019

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