Sentenza Sentenza Cassazione Civile n. 26338 del 17/10/2019

Cassazione civile sez. III, 17/10/2019, (ud. 26/09/2019, dep. 17/10/2019), n.26338

LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE

SEZIONE TERZA CIVILE

Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:

Dott. SCODITTI Enrico – rel. Presidente –

Dott. FIECCONI Francesca – Consigliere –

Dott. DELL’UTRI Marco – Consigliere –

Dott. PORRECA Paolo – Consigliere –

Dott. GORGONI Marilena – Consigliere –

ha pronunciato la seguente:

ORDINANZA

sul ricorso 7109-2018 proposto da:

B.R., in proprio nonchè quale socia della cessata REAL

GELATI S.N.C. D.N.D., quale socio e già amministratore

della cessata società REAL GELATI S.N.C., elettivamente domiciliata

in ROMA, VIA LAURA MANTEGAZZA 24, presso lo studio dell’avvocato

MARCO GARDIN, rappresentata e difesa dall’avvocato RAFFAELE GARGANO;

– ricorrente –

contro

ENEL DISTRIBUZIONE SPA, (OMISSIS), GENERALI ITALIA SPA (OMISSIS);

– intimati –

avverso la sentenza n. 249/2017 della CORTE D’APPELLO di BARI,

depositata il 20/03/2017;

udita la relazione della causa svolta nella camera di consiglio del

26/09/2019 dal Consigliere Dott. ENRICO SCODITTI.

Fatto

RILEVATO

che:

B.R. e Real Gelati s.n.c. di D.N.D. & C. convennero in giudizio innanzi al Tribunale di Bari ENEL s.p.a. chiedendo il risarcimento del danno. Espose la parte attrice che la convenuta, dovendo eseguire lavori alle linee elettriche, aveva effettuato l’allacciamento temporaneo della linea ad alta potenza a servizio dello stabilimento per la produzione di gelati, di proprietà della società attrice, ad una potenza inferiore, con danneggiamento di alcuni macchinari e perdita del prodotto. La convenuta chiamò in causa la società assicuratrice. Il Tribunale adito rigettò la domanda. Avverso detta sentenza proposero appello le parti attrici. Con sentenza di data 20 marzo 2017 la Corte d’appello di Bari rigettò l’appello.

Osservò la corte territoriale che il contratto con l’ENEL era stato stipulato dalla B. a proprio nome, senza spendere il nome della società, nè dichiarando di agire in sua rappresentanza senza averne i poteri, e che non ricorreva il presupposto della ratifica tacita se, come nella specie, i fatti e comportamenti idonei ad evidenziarla non fossero stati percepiti o comunque conosciuti dalla controparte, mentre la raccomandata del 21/24 luglio 1995, con cui la B. aveva comunicato all’ENEL l’evento dannoso, sollecitando il risarcimento dei danni “all’impianto dell’azienda Nuova Real Gelati”, risultava sottoscritta solo dalla suddetta e non pure dalla società in persona dell’amministratore. Aggiunse, premessa la fondatezza del motivo di appello secondo cui con la domanda era stata esperita anche l’azione per responsabilità extracontrattuale, che la prova degli elementi costitutivi della fattispecie (nesso causale, danno ingiusto e imputabilità soggettiva) non era stata raggiunta, essendo emerso dalle testimonianze che il capo della squadra incaricata di effettuare i lavori aveva preavvertito i titolari dell’attività circa l’intervento alle linee elettriche, e che difettava altresì la prova dell’evento dannoso, posto che i testi di parte attrice si erano limitati a riferire di vibrazioni di macchinari e puzza di fumo, mentre la relazione di A.T.P. descriveva uno stabilimento in stato di abbandono.

Hanno proposto ricorso per cassazione B.R., in proprio e quale socia della cessata società Real Gelati s.n.c., e D.N.D., quale socio e già amministratore della cessata società Real Gelati s.n.c., sulla base di sei motivi. E’ stato fissato il ricorso in camera di consiglio ai sensi dell’art. 380 bis.1 c.p.c..

Diritto

CONSIDERATO

che:

con il primo motivo si denuncia violazione e falsa applicazione degli artt. 1398 e 1399 c.c., nonchè artt. 115 e 116 c.p.c., ai sensi dell’art. 360 c.p.c., comma 1, n. 3. Osserva la parte ricorrente che l’esistenza della ratifica si presumeva dalla circostanza che la società aveva fatto propria la richiesta risarcitoria contenuta della missiva della B., nonchè dal ricorso per accertamento tecnico preventivo, con cui la società aveva fatta propria l’iniziativa risarcitoria. Aggiunge che la conoscenza da parte dell’ENEL della coincidenza della B. con la società si desumeva dalla circostanza che nel verbale intervento ENEL era indicata la società quale soggetto richiedente in relazione alla segnalazione del guasto nonchè del pagamento dell’indennizzo di Lire 8.500.000 per i danni alle attrezzature da parte della società assicuratrice.

Con il secondo motivo si denuncia omessa motivazione su fatti decisivo, ai sensi dell’art. 360 c.p.c., comma 1, n. 5. Osserva la parte ricorrente che proprio la lettera del 21/24 luglio 1995 conferma che la B. aveva agito, pur difettandone i poteri, in nome della società, lamentando i danni subiti da quest’ultima, e che con il successivo ricorso per A.T.P. la società aveva ratificato l’atto compiuto dal falsus procurator portando a conoscenza della controparte la volontà di far proprio il contratto. Conclude nel senso che vi è stato travisamento delle prove.

I due motivi, da valutare unitariamente in quanto connessi, sono inammissibili. Le censure, sia pure formulate sub specie di denuncia di violazione di legge, attengono al giudizio di fatto, il quale non è sindacabile nella presente sede di legittimità se non nei limiti del vizio motivazionale, nella specie non specificatamente denunciato. La missiva del 21/24 luglio 1995 è stata oggetto di specifica valutazione da parte del giudice di merito circa la sua portata al livello di accertamento dei fatti ed a tale valutazione con i motivi di ricorso si oppone un apprezzamento di merito di segno diverso.

La stessa parte ricorrente nel secondo motivo parla espressamente di erroneo apprezzamento delle prove. Il cattivo esercizio del potere di apprezzamento delle prove non legali da parte del giudice di merito non dà luogo ad alcun vizio denunciabile con il ricorso per cassazione, non essendo inquadrabile nel paradigma dell’art. 360 c.p.c., comma 1, n. 5 (che attribuisce rilievo all’omesso esame di un fatto storico, principale o secondario, la cui esistenza risulti dal testo della sentenza o dagli atti processuali, abbia costituito oggetto di discussione tra le parti e presenti carattere decisivo per il giudizio), nè in quello del precedente n. 4, disposizione che – per il tramite dell’art. 132 c.p.c., n. 4, – dà rilievo unicamente all’anomalia motivazionale che si tramuta in violazione di legge costituzionalmente rilevante (Cass. 10 giugno 2016, n. 11892, ribadita in motivazione da Cass., Sez. Un., n. 16598 del 2016, oltre che da numerose conformi).

E’ appena il caso di evidenziare l’inconferenza degli argomenti della parte ricorrente rispetto alla ratio decidendi, la quale verte sulla questione se sia configurabile la ratifica della conclusione del contratto, mentre i motivi vertono su circostanze relative non alla stipulazione del contratto ma alla richiesta di risarcimento del danno.

Con il terzo motivo si denuncia nullità della sentenza ai sensi dell’art. 360 c.p.c., comma 1, n. 4. Osserva la parte ricorrente che il giudice di appello non ha tenuto in conto una serie di documenti (la ratifica contenuta nella lettera del 21 luglio 1995, la quietanza relativa al pagamento dell’indennizzo assicurativo, il verbale di intervento ENEL) che, se esaminati, avrebbero condotto la Corte a ritenere sussistente la ratifica del contratto di somministrazione di energia elettrica.

Il motivo è inammissibile. La censura, formulata in termini di nullità della sentenza, ha in realtà ad oggetto l’omesso esame di documenti. Sotto questo aspetto la censura potrebbe essere rilevante dal punto di vista del vizio motivazionale, ma è carente del presupposto di ammissibilità. L’omesso esame di elementi istruttori, in quanto tale, non integra l’omesso esame circa un fatto decisivo previsto dalla norma, quando il fatto storico rappresentato sia stato comunque preso in considerazione dal giudice, ancorchè questi non abbia dato conto di tutte le risultanze probatorie astrattamente rilevanti (Cass. s.u. 7 aprile 2014, n. 8053). A parte il rilievo che la lettera del 21 luglio 1995 è stata oggetto di esame da parte del giudice di merito, il fatto storico della effettiva titolarità del contratto di somministrazione dell’energia elettrica è stato valutato dal giudice. Peraltro le circostanze che emergerebbero dai documenti in discorso paiono anche prive di decisività, in quanto non attinenti alla conclusione del contratto ma all’istanza risarcitoria.

Con il quarto motivo si denuncia violazione e falsa applicazione dell’art. 112 c.p.c., ai sensi dell’art. 360 c.p.c., comma 1, n. 4. Osserva la parte ricorrente che il giudice di appello ha omesso di esaminare il motivo di appello relativo alla responsabilità contrattuale, essendo stata proposta l’impugnazione sia per l’ingiusto rigetto della domanda per responsabilità contrattuale, sia per l’omesso esame della domanda per responsabilità extracontrattuale.

Con il quinto motivo si denuncia violazione e falsa applicazione degli artt. 1218 e 2697 c.c. ai sensi dell’art. 360 c.p.c., comma 1, n. 3. Osserva la parte ricorrente che laddove la domanda fosse stata esaminata dal punto di vista della responsabilità contrattuale l’onere della prova sarebbe stato a carico della società erogatrice l’energia elettrica.

I motivi quarto e quinto, da valutare unitariamente in quanto connessi, sono inammissibili. Una volta che sia stata esclusa la titolarità del rapporto contrattuale in capo alla società vi è carenza di interesse a proporre i motivi di censura in esame. In ogni caso il quarto motivo appare inammissibile anche per violazione dell’art. 366 c.p.c., comma 1, n. 6. La parte ricorrente non ha specificatamente indicato la parte dell’atto di appello contenente il motivo che sarebbe stato pretermesso e si tratta di esigenza tanto più avvertita una volta che si consideri che nella sentenza impugnata viene dato atto della proposizione di due motivi di appello, l’uno afferente alla carenza del potere di rappresentanza della B. e l’altro per omesso esame dell’azione extracontrattuale, dai quali si evince che la questione della responsabilità contrattuale risulta assorbita dalla questione della titolarità del contratto in capo alla società sul presupposto del potere rappresentativo della B..

Con il sesto motivo si denuncia violazione e falsa applicazione degli artt. 1218,1988 e 2697 c.c. ai sensi dell’art. 360 c.p.c., comma 1, n. 3. Osserva la parte ricorrente che l’onere della prova incombeva sull’ENEL e non sul soggetto danneggiato perchè la quietanza relativa al pagamento dell’indennizzo da parte della società assicuratrice aveva natura di ricognizione di debito.

Il motivo è inammissibile. E’ pur vero che la ricognizione di debito può offrire elementi di prova anche nei confronti di un soggetto diverso da quello dal quale proviene ove contenga un espresso riferimento al rapporto fondamentale, del quale il primo sia parte, nonchè la menzione di fatti da cui possa evincersi, in concorso con altri elementi istruttori, la dimostrazione della pretesa azionata (Cass. n. 20689 del 2016). In violazione dell’art. 366 c.p.c., comma 1, n. 6 la parte ricorrente non ha però indicato lo specifico contenuto dell’atto in questione in modo da apprezzare se vi fossero gli elementi rilevanti ai fini di una ricognizione di debito. In ogni caso la parte ricorrente intende con il motivo di censura collegare all’eventuale ricognizione di debito nei confronti del terzo l’efficacia tipica dell’art. 1988 laddove invece l’efficacia è limitata ad eventuali elementi di prova.

Nulla per le spese del giudizio di cassazione, stante la mancata partecipazione della parte intimata.

Poichè il ricorso è stato proposto successivamente al 30 gennaio 2013 e viene disatteso, sussistono le condizioni per dare atto, ai sensi della L. 24 dicembre 2012, n. 228, art. 1, comma 17, che ha aggiunto il comma 1 – quater al testo unico di cui al D.P.R. 30 maggio 2002, n. 115, art. 13 della sussistenza dell’obbligo di versamento, da parte della parte ricorrente, dell’ulteriore importo a titolo di contributo unificato pari a quello dovuto per la stessa impugnazione.

P.Q.M.

Dichiara inammissibile il ricorso.

Ai sensi del D.P.R. n. 115 del 2002, art. 13, comma 1 quater, inserito dalla L. 24 dicembre 2012, n. 228, art. 1, comma 17, dà atto della sussistenza dei presupposti per il versamento, da parte dei ricorrenti, dell’ulteriore importo a titolo di contributo unificato pari a quello dovuto per il ricorso, a norma dello stesso art. 13, comma 1 bis.

Così deciso in Roma, il 26 settembre 2019.

Depositato in Cancelleria il 17 ottobre 2019

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