Sentenza Sentenza Cassazione Civile n. 26336 del 17/10/2019

Cassazione civile sez. III, 17/10/2019, (ud. 26/09/2019, dep. 17/10/2019), n.26336

LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE

SEZIONE TERZA CIVILE

Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:

Dott. SCODITTI Enrico – rel. Presidente –

Dott. FIECCONI Francesca – Consigliere –

Dott. DELL’UTRI Marco – Consigliere –

Dott. PORRECA Paolo – Consigliere –

Dott. GORGONI Marilena – Consigliere –

ha pronunciato la seguente:

ORDINANZA

sul ricorso 11160-2018 proposto da:

COMUNE DI SANT’ANTIOCO, in persona del Sindaco pro tempore,

elettivamente domiciliato in ROMA, VIA DEL CASALE STROZZI 33, presso

lo studio dell’avvocato POTITO FLAGELLA, rappresentato e difeso

dall’avvocato GIOVANNI LUIGI MACHIAVELLI;

– ricorrente –

contro

C.G., iure proprio e nella qualità di coerede del

genitore C.R., il quale era coniuge e genitore di

B.D. e C.M.P., elettivamente domiciliata in ROMA, VIA

ALESSANDRIA, 88, presso lo studio dell’avvocato DOMENICA SILECCHIA,

rappresentata e difesa dall’avvocato ANTONIO MARCO AMADIO;

C.G. iure proprio e nella qualità di coerede del

genitore C.R., il quale era coniuge e genitore di

B.D. e C.M.P., elettivamente domiciliata in ROMA, VIA

ALESSANDRIA, 88, presso lo studio dell’avvocato DOMENICA SILECCHIA,

rappresentata e difesa dall’avvocato ANTONIO MARCO AMADIO;

C.P., B.D. in proprio e quale erede di

C.R., domiciliate ex lege in ROMA, presso la CANCELLERIA DELLA CORTE

DI CASSAZIONE, rappresentata e difesa dall’avvocato MARCO TOMBA;

C.P., B.D. in proprio e quale erede di

C.R., domiciliate ex lege in ROMA, presso la CANCELLERIA DELLA CORTE

DI CASSAZIONE, rappresentata e difesa dall’avvocato MARCO TOMBA;

– controricorrenti –

e contro

REGIONE AUTONOMA SARDEGNA, AGENZIA DEL DEMANIO;

– intimati –

Nonchè da:

AGENZIA DEL DEMANIO, in persona del Direttore Generale pro tempore,

elettivamente domiciliata in ROMA, VIA DEI PORTOGHESI 12, presso

l’AVVOCATURA GENERALE DELLO STATO cui è difeso per legge;

– ricorrente incidentale –

contro

COMUNE DI SANT ANTIOCO, REGIONE AUTONOMA SARDEGNA, C.P.,

C.G., B.D.;

– intimati –

avverso la sentenza n. 932/2017 della CORTE D’APPELLO di CAGLIARI,

depositata il 09/11/2017;

udita la relazione della causa svolta nella camera di consiglio del

26/09/2019 dal Consigliere Dott. ENRICO SCODITTI.

Fatto

RILEVATO

che:

C.R., B.D. e C.P. convennero in giudizio innanzi al Tribunale di Cagliari il Comune di Sant’Antioco, la Regione Autonoma della Sardegna e l’Agenzia del Demanio chiedendo il risarcimento dl danno derivato dal sinistro stradale nel quale aveva perso la vita il congiunto Co.Pi.. Esposero che quest’ultimo, alla guida della propria autovettura, a causa di un’errata indicazione del cartello stradale era arrivato in un tratto sterrato a ridosso del canale portuale ove poi il veicolo era precipitato. Si costituirono i convenuti, chiedendo il rigetto della domanda, ed intervenne C.G., chiedendo anch’essa il risarcimento del danno. Il Tribunale adito accolse la domanda e, ritenendo la responsabilità concorsuale di Agenzia del Demanio e conducente del veicolo, condannò l’Agenzia del Demanio, reputata responsabile ai sensi dell’art. 2051 c.c., al pagamento in favore di C.R. e B.D. della somma di Euro 73.620,00 ciascuno e al pagamento in favore di C.P. e C.G. della somma di Euro 24.540,00 ciascuna.

Avverso detta sentenza proposero appello C.R., B.D. e C.P.. Proposero appello incidentale l’Agenzia del Demanio e C.G.. Con sentenza di data 9 novembre 2017 la Corte d’appello di Cagliari dichiarò l’Agenzia del Demanio ed il Comune di Sant’Antioco responsabili nella misura del 50% ciascuno e li condannò in solido fra di loro al pagamento in favore di B.D. in proprio della somma di Euro 130.849,90 e quale erede di C.R. della somma di Euro 43.616,63, nonchè al pagamento in favore di C.P. e C.G. in proprio di Euro 29.311,89 ciascuna e di Euro 43.616,63 ciascuna quali erede di C.R..

Osservò la corte territoriale, per quanto qui rileva, che non risultava provato che l’area sterrata prossima alla banchina fosse stata oggetto di concessione dal Demanio al Comune di Sant’Antioco, ma che ciò non esimeva da responsabilità il Comune, stanti le gravissime carenze della segnaletica stradale del lungomare di pertinenza comunale e che la responsabilità del sinistro doveva essere ascritta in pari misura al Comune ed all’Agenzia del Demanio per le gravi carenze ad essi imputabili nella gestione dello stato dei luoghi teatro dell’incidente. Aggiunse che doveva escludersi l’apporto causale della vittima circa la verificazione dell’evento perchè, premesso che il limite di velocità nel tratto urbano in questione era pari a 50 km/h, in base alla CTU la velocità che si sarebbe dovuto tenere per poter arrestare in tempo l’autovettura avrebbe dovuto essere inferiore a 40 km/h, velocità inesigibile dal C. tenuto conto della percorrenza di un tratto di strada completamente in periferia, ben illuminato, senza che la vittima fosse stata messa sull’avviso del pericolo rappresentato dal canale non protetto e non segnalato, circostanza per il C. imprevedibile (il CTU aveva comunque stimato in 60 km/h il più probabile ordine di grandezza della velocità massima di percorrenza del veicolo). Concluse sul punto che la velocità del veicolo non aveva offerto alcun apporto causale al verificarsi del sinistro, data la non esigibilità, in relazione allo stato dei luoghi ed ai limiti operanti, della velocità che avrebbe evitato la caduta in mare e l’imprevedibilità dell’evento.

Ha proposto ricorso per cassazione il Comune di Sant’Antioco sulla base di tre motivi e resistono con distinti controricorsi B.D. e C.M.P. da una parte e C.G. dall’altra, nonchè l’Agenzia del Demanio, che ha proposto altresì ricorso incidentale sulla base di due motivi. Resistono avverso il ricorso incidentale con distinti controricorsi B.D. e C.M.P. da una parte, C.G. dall’altra. E’ stato fissato il ricorso in camera di consiglio ai sensi dell’art. 380 bis.1 c.p.c.. E’ stata presentata memoria.

Diritto

CONSIDERATO

che:

con il primo motivo del ricorso principale si denuncia violazione e falsa applicazione degli artt. 2051 e 2043 c.c., artt. 112,333,334,342,345 e 346 c.p.c., ai sensi dell’art. 360 c.p.c., comma 1, n. 3. Osserva il ricorrente in via principale, premesso che il Tribunale aveva qualificato l’azione proposta dagli attori ai sensi dell’art. 2051 c.c., come invocato nella comparsa conclusionale di parte attrice, che il motivo di appello era relativo all’esclusione di responsabilità del Comune di Sant’Antioco ai sensi dell’art. 2051 per la violazione del dovere di custodia, senza impugnazione della qualifica in termini di art. 2051 e senza mai affermare che l’azione fosse da qualificare ai sensi dell’art. 2043 e che, qualora una domanda ai sensi dell’art. 2043 (azione diversa per petitum e causa petendi da quella relativa all’art. 2051) fosse stata proposta in primo grado, comunque non era stata riproposta in appello. Aggiunge, quanto al riferimento all’art. 2043 nell’appello incidentale adesivo proposto da C.G., che tardivo era l’appello proposto nei venti giorni prima dell’udienza posto che l’art. 334 c.p.c., comma 1, è applicabile solo all’impugnazione incidentale in senso stretto e non a quella adesiva.

Il motivo è infondato. Va rammentato che il giudice ha il potere-dovere di qualificare giuridicamente i fatti posti a base della domanda o delle eccezioni e di individuare le norme di diritto conseguentemente applicabili, anche in difformità rispetto alle indicazioni delle parti, incorrendo nella violazione del divieto di ultrapetizione soltanto ove sostituisca la domanda proposta con una diversa, modificandone i fatti costitutivi o fondandosi su una realtà fattuale non dedotta e allegata in giudizio dalle parti (fra le tante da ultimo Cass. 21 febbraio 2019, n. 5153). Nella citazione di primo grado (trascritta per la parte rilevante nell’odierno ricorso) era stato allegato il fatto del cartello di segnalazione stradale, che il C. aveva seguito giungendo poi nell’area che ne aveva determinato la caduta in acqua, ed era stata richiamata la responsabilità del Comune quale “proprietario e gestore del viale che confluiva nel canale”. Nell’atto di appello poi (ritrascritto a pag. 8 della sentenza impugnata) era stata richiamata la responsabilità del Comune non solo quale co-custode per concessione dell’area ove era avvenuto il sinistro, ma anche “per aver apposto un cartello stradale equivoco”, che aveva indirizzato il C. verso il canale. Dunque non solo nell’atto di appello la responsabilità per l’apposizione di segnaletica stradale erronea era stata esplicitamente invocata, ma anche, va evidenziato, nella citazione di primo grado il fatto dell’esistenza di una siffatta segnaletica era elemento costitutivo della causa petendi. Tale fatto è stato qualificato dalla corte territoriale come elemento costitutivo di una responsabilità ascrivibile alla fattispecie di cui all’art. 2043.

Inutile aggiungere che del tutto fuori luogo è il riferimento nel motivo di censura ad una mancata impugnazione della qualificazione dell’azione ai sensi dell’art. 2051. In tali termini il Tribunale aveva classificato la responsabilità dell’Agenzia del Demanio, escludendola nei confronti del Comune, ed interesse degli appellanti non era certo impugnare tale qualificazione, ma conseguire l’estensione della responsabilità ai sensi dell’art. 2051 nei confronti del Comune nella qualità di co-custode per concessione dell’area ove era avvenuto il sinistro, ovvero ottenere il riconoscimento della responsabilità per il diverso titolo dell’apposizione di erronea segnaletica stradale, che è quanto emerge dai motivi di appello.

Con il secondo motivo si denuncia violazione e falsa applicazione degli artt. 2043,2697 e 1227 c.c., ai sensi dell’art. 360 c.p.c., comma 1, n. 3, nonchè omesso esame del fatto decisivo e controverso ai sensi dell’art. 360 c.p.c., comma 1, n. 5. Osserva il ricorrente che la corte territoriale, tenuta a verificare la sussistenza di tutti gli elementi della responsabilità ai sensi dell’art. 2043, non ha tenuto conto delle prove e degli argomenti offerti dal Comune, i quali hanno provato la possibilità per l’utente della strada di percepire con l’ordinaria diligenza l’anomalia stradale e dunque il contributo causale costituito dalla condotta del danneggiato, che aveva affrontato un tratto di strada curvilineo ad una velocità non consentita (circa 60 km/h).

Il motivo è inammissibile. L’accertamento dei presupposti di fatto del concorso colposo del creditore integra un’indagine di fatto di competenza del giudice di merito, insindacabile in sede di legittimità se non nei limiti della denuncia di vizio motivazionale. Nella rubrica del motivo vi è in effetti un richiamo all’art. 360 c.p.c., comma 1, n. 5, ma poi nell’articolazione della censura manca la rituale deduzione di un fatto storico, controverso e decisivo, il cui esame sarebbe stato omesso dal giudice di merito.

Quanto al resto la censura resta estranea alla ratio decidendi. Il ricorrente afferma che il creditore non avrebbe rispettato il limite di velocità. La corte territoriale ha però svolto un’indagine controfattuale in base alla quale se il conducente avesse rispettato il limite di velocità di 50 km/h l’evento comunque si sarebbe verificato in quanto, come evidenziato dalla CTU, la velocità che si sarebbe dovuto tenere per poter arrestare in tempo l’autovettura avrebbe dovuto essere inferiore a 40 km/h, velocità che il giudice di merito ha reputato, in base al proprio giudizio di fatto, inesigibile tenuto conto della percorrenza di un tratto di strada completamento in periferia, ben illuminato, senza che la vittima fosse stata messa sull’avviso del pericolo rappresentato dal canale non protetto e non segnalato. Appellandosi al mancato rispetto del limite di velocità di 50 km/h il ricorrente non intercetta tale ratio decidendi e dunque il motivo resta privo di decisività.

Con il terzo motivo si denuncia violazione e falsa applicazione degli artt. 2043,2051 e 2055 c.c., ai sensi dell’art. 360 c.p.c., comma 1, n. 3. Osserva il ricorrente, con riferimento alla ripartizione di responsabilità al 50% fra l’Agenzia del Demanio ed il Comune, che la condotta ascrivibile alla prima, proprietaria dell’area in cui si è verificato il sinistro, è ictu oculi ben più grave di quella ascrivibile al secondo. Aggiunge che deve escludersi la responsabilità solidale ai sensi dell’art. 2055 in quanto l’evento dannoso è la conseguenza di plurime condotte, asseritamente lesive, ciascuna integrante una catena causale autonoma, sicchè l’obbligazione risarcitoria è parziaria.

Il motivo è infondato. La censura si articola in due sub-motivi. Con il primo sub-motivo si denuncia un malgoverno dei criteri di ripartizione della responsabilità. La censura è inammissibile perchè resta riservata al giudice del merito la determinazione del grado delle colpe concorrenti, in base ad una valutazione complessiva dei fatti e dell’efficienza causale del comportamento colposo di ciascuno dei corresponsabili.

Con il secondo sub-motivo si denuncia l’incompatibilità fra responsabilità solidale ed indipendenza causale delle azioni o omissioni concorrenti. Si tratta di affermazione errata. I coautori di un danno aquiliano colposo rispondono sempre in solido nei confronti del danneggiato, quand’anche le rispettive condotte siano state tra loro indipendenti, a condizione che esse abbiano concorso in modo efficiente alla produzione dell’evento (fra le tante Cass. n. 2558 del 1999).

Passando al ricorso incidentale, con il primo motivo si denuncia violazione e falsa applicazione dell’art. 1227 c.c., ai sensi dell’art. 360 c.p.c., comma 1, n. 3, nonchè omesso esame del fatto decisivo e controverso ai sensi dell’art. 360 c.p.c., comma 1, n. 5. Osserva la ricorrente in via incidentale che il danneggiato procedeva ad una velocità di 60 km/h, oltre il limite consentito, e che le circostanze concrete avrebbero imposto al C. di tenere quella velocità minima che la corte territoriale ha considerato “non esigibile” e che invece gli avrebbe evitato di precipitare nel canale, consentendogli di avvistarlo in tempo. Aggiunge che si sarebbe dovuto comunque diminuire l’ammontare del risarcimento ai sensi dell’art. 1227 c.c.. Conclude nel senso che si sarebbe dovuta affermare la concorrente responsabilità del Comune e del danneggiato, se non l’esclusiva responsabilità di quest’ultimo.

Il motivo è inammissibile. In relazione al concorso del fatto colposo del creditore va richiamato quanto evidenziato a proposito del secondo motivo del ricorso principale, con la precisazione che la valutazione di inesigibilità della condotta è riservata al giudice di merito ed è sindacabile in sede di legittimità se non in presenza di rituale denuncia di vizio motivazionale, nella specie mancante. Circa la riduzione del risarcimento, in violazione dell’art. 366 c.p.c., comma 1, n. 6 la ricorrente non ha specificatamente indicato se abbia proposto l’eccezione in senso stretto ai sensi dell’art. 1227, comma 2. Infine il motivo integra un’inammissibile confutazione del giudizio di fatto quanto all’attribuzione della responsabilità dell’evento.

Con il secondo si denuncia violazione e falsa applicazione dell’art. 1227 c.c., ai sensi dell’art. 360 c.p.c., comma 1, n. 3. Osserva la ricorrente che la motivazione circa la responsabilità del danneggiato è apparente.

Il motivo è inammissibile. La ricorrente denuncia la carenza del requisito motivazionale ma, considerati gli argomenti adoperati dalla corte territoriale per escludere il concorso del fatto colposo del creditore, si tratta di denuncia priva di specificità in quanto non illustra le particolari ragioni per le quali i detti argomenti integrerebbero una motivazione apparente.

Le spese del giudizio di cassazione, liquidate come in dispositivo, seguono la soccombenza. Spettano in favore di B.D. e C.M.P. da una parte, e C.G. dall’altra, anche le spese, liquidate come in dispositivo, relative al procedimento di sospensione dell’esecuzione della sentenza impugnata ai sensi dell’art. 373 c.p.c., comma 2, da porre a carico del Comune e dell’Agenzia del Demanio in solido fra di loro. Quanto al rapporto processuale fra i due ricorrenti, la soccombenza, anche reciproca, di entrambi, costituisce ragione di compensazione delle spese processuali.

Poichè il ricorso è stato proposto successivamente al 30 gennaio 2013 e viene disatteso, sussistono le condizioni per dare atto, ai sensi della L. 24 dicembre 2012, n. 228, art. 1, comma 17, che ha aggiunto il comma 1 – quater al testo unico di cui al D.P.R. 30 maggio 2002, n. 115, art. 13 della sussistenza dell’obbligo di versamento, da parte della parte ricorrente, dell’ulteriore importo a titolo di contributo unificato pari a quello dovuto per la stessa impugnazione.

P.Q.M.

Rigetta il ricorso principale e dichiara inammissibile il ricorso incidentale.

Compensa integralmente le spese processuali fra il Comune di Sant’Antioco e l’Agenzia del Demanio.

Condanna il Comune di Sant’Antioco al pagamento, in favore di B.D. e C.M.P., delle spese del giudizio di legittimità, con distrazione in favore del procuratore anticipatario e che liquida in Euro 7.000,00 per compensi, oltre alle spese forfettarie nella misura del 15 per cento, agli esborsi liquidati in Euro 200,00, ed agli accessori di legge.

Condanna il Comune di Sant’Antioco al pagamento, in favore di C.G., delle spese del giudizio di legittimità, con distrazione in favore del procuratore anticipatario e che liquida in Euro 7.000,00 per compensi, oltre alle spese forfettarie nella misura del 15 per cento, agli esborsi liquidati in Euro 200,00, ed agli accessori di legge.

Condanna l’Agenzia del Demanio al pagamento, in favore di B.D. e C.M.P., delle spese del giudizio di legittimità, con distrazione in favore del procuratore anticipatario e che liquida in Euro 7.000,00 per compensi, oltre alle spese forfettarie nella misura del 15 per cento, agli esborsi liquidati in Euro 200,00, ed agli accessori di legge.

Condanna l’Agenzia del Demanio al pagamento, in favore di C.G., delle spese del giudizio di legittimità, con distrazione in favore del procuratore anticipatario e che liquida in Euro 7.000,00 per compensi, oltre alle spese forfettarie nella misura del 15 per cento, agli esborsi liquidati in Euro 200,00, ed agli accessori di legge.

Condanna l’Agenzia del Demanio ed il Comune di Sant’Antioco in solido fra di loro al pagamento, in favore di B.D. e C.M.P., delle spese del procedimento di cui all’art. 373 c.p.c., comma 2, con distrazione in favore del procuratore anticipatario e che liquida in Euro 6.500,00 per compensi, oltre accessori di legge.

Condanna l’Agenzia del Demanio ed il Comune di Sant’Antioco in solido fra di loro al pagamento, in favore di C.G., delle spese del procedimento di cui all’art. 373 c.p.c., comma 2, con distrazione in favore del procuratore anticipatario e che liquida in Euro 6.500,00 per compensi, oltre accessori di legge.

Ai sensi del D.P.R. n. 115 del 2002, art. 13, comma 1 quater, inserito dalla L. 24 dicembre 2012, n. 228, art. 1, comma 17, dà atto della sussistenza dei presupposti per il versamento, da parte del ricorrente principale e della ricorrente incidentale, dell’ulteriore importo a titolo di contributo unificato pari a quello dovuto per il ricorso principale e per il ricorso incidentale, a norma dello stesso art. 13, comma 1-bis.

Così deciso in Roma, il 26 settembre 2019.

Depositato in Cancelleria il 17 ottobre 2019

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