Sentenza Sentenza Cassazione Civile n. 26335 del 20/12/2016


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Cassazione civile, sez. I, 20/12/2016, (ud. 07/10/2016, dep.20/12/2016),  n. 26335

LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE

SEZIONE PRIMA CIVILE

Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:

Dott. RAGONESI Vittorio – Presidente –

Dott. CRISTIANO Magda – Consigliere –

Dott. BISOGNI Giacinto – Consigliere –

Dott. DI MARZIO Mauro – Consigliere –

Dott. FALABELLA Massimo – rel. Consigliere –

ha pronunciato la seguente:

SENTENZA

sul ricorso 5289/2013 proposto da:

D.M.G., (c.f. (OMISSIS)), elettivamente domiciliato in

ROMA, CIRCONVALLAZIONE NOMENTANA 162, presso l’avvocato FABIO FOCI,

rappresentato e difeso dall’avvocato GIUSEPPE MARIO MEREU, giusta

procura a margine del ricorso;

– ricorrente –

contro

M.G., domiciliata in ROMA, PIAZZA CAVOUR, presso la

CANCELLERIA CIVILE DELLA CORTE DI CASSAZIONE, rappresentata e difesa

dall’avvocato CORRADO MURRU, giusta procura a margine del

controricorso;

– controricorrente –

avverso la sentenza n. 465/2012 della CORTE D’APPELLO di CAGLIARI,

depositata il 17/10/2012;

udita la relazione della causa svolta nella pubblica udienza del

07/10/2016 dal Consigliere Dott. MASSIMO FALABELLA;

udito, per il ricorrente, l’Avvocato FABIO FOCI, con delega, che ha

chiesto l’accoglimento del ricorso;

udito il P.M., in persona del Sostituto Procuratore Generale Dott. DE

RENZIS Luisa, che ha concluso per il rigetto del ricorso.

Fatto

SVOLGIMENTO DEL PROCESSO

Con citazione notificata il 19 novembre 2001, D.M.G., in proprio e quale liquidatore di Europauto s.a.s. di D.M.R. & C. s.a.s., conveniva in giudizio avanti al Tribunale di Lanusei M.G. proponendo opposizione avverso il decreto ingiuntivo con il quale era stato intimato, alla società e alla persona fisica, il pagamento della somma di Lire 83.875.000, oltre interessi e spese. Tale importo era stato preteso in forza di cinquantanove effetti cambiari e di tre assegni bancari, tutti girati all’ingiungente e rimasti insoluti. A fondamento dell’opposizione veniva eccepito il difetto di legittimazione attiva di M.G., rilevandosi come il rapporto obbligatorio in base al quale erano stati emessi i titoli azionati era intercorso esclusivamente tra Europauto s.a.s. e Euromarke s.r.l., della quale la stessa M. era mera dipendente; era pure eccepita, da parte di D.M., la propria carenza di legittimazione passiva: lo stesso, infatti, assumeva di non aver mai rivestito la qualità di socio accomandatario di fatto di Europauto. Nel merito, l’opponente assumeva essere insussistente il credito, estinto mediante la consegna, a Euromarke, di sedici autoveicoli del valore complessivo di Lire 190.500.000, in adempimento di accordi conclusi in tal senso tra le due società il (OMISSIS). Con la citazione era dunque richiesta la revoca del decreto ingiuntivo e, in via riconvenzionale, la condanna dell’intimante al risarcimento dei danni per l’uso illecito dei titoli, oltre che per la temerarietà della lite. D.M. chiedeva anche l’autorizzazione alla chiamata in giudizio di Euromarke, al fine di essere tenuto indenne, in caso di accoglimento delle domande avversarie.

M.G., nel costituirsi, contestava il fondamento dell’opposizione e deduceva di aver azionato la pretesa creditoria nella sua qualità di girataria delle cambiali e degli assegni, e pertanto in forza del rapporto cartolare; assumeva poi che, in ogni caso, gli autoveicoli erano stati consegnati a Europauto non già ai fini della estinzione del debito, ma a scopo di garanzia.

Autorizzata la chiamata in causa, Euromarke costituitasi, chiedeva il rigetto della domanda di manleva, sostenendo di non aver avuto rapporti con Europauto: rilevava, in particolare, che il debito era stato contratto dalla opponente con M.A. in proprio, e non quale legale rappresentante di essa Euromarke.

Il Tribunale, con sentenza del 26 marzo 2009, in parziale accoglimento dell’opposizione, revocava il decreto ingiuntivo opposto e condannava gli opponenti, in solido, al pagamento della minor somma di Euro 20.978,69, oltre interessi; rigettava la domanda di garanzia proposta dall’attrice. In sintesi, il giudice di prime cure riteneva che M.G. non risultava essere nè prenditrice, ne girataria, di molti dei titoli cambiari azionati e disattendeva le ulteriori eccezioni di parte opponente.

Interponevano gravame sia Europauto e D.M.G., sia, in via incidentale, M.G..

La Corte di appello di Cagliari, con sentenza pubblicata il 17 ottobre 2012, rigettava l’impugnazione principale e accoglieva quella incidentale: per l’effetto, in riforma della sentenza gravata, respingeva l’opposizione a decreto ingiuntivo, ritenendo integralmente fondata la pretesa azionata in via monitoria.

Contro detta sentenza ricorre per cassazione D.M.G., il quale articola la propria impugnazione in quattro motivi, illustrati da memoria. Resiste con controricorso M.G..

Diritto

MOTIVI DELLA DECISIONE

Con il primo motivo è denunciata omessa, insufficiente e contraddittoria motivazione circa un fatto controverso e decisivo per il giudizio, nonchè violazione o falsa applicazione dell’art. 2735 c.c., in relazione agli artt. 2699 e 2702 c.c.. Si deduce che la Corte territoriale, nel valutare quanto dichiarato da M.A. in data 16 marzo 2004, avanti alla sezione di polizia giudiziaria presso la Procura della Repubblica di Lanusei, aveva ignorato dichiarazioni determinanti ai fini del giudizio; infatti, lo stesso aveva redatto un proprio elenco, consegnato all’autorità di polizia giudiziaria, che forniva indicazioni circa il rapporto obbligatorio intercorso tra Europauto e Euromarke, cui erano stati intestati alcuni veicoli. Per esplicita ammissione di M.A., dalla vendita di alcuni degli autoveicoli contenuti nell’elenco era stata poi incassata la somma di Lire 46.000.000. Nel complesso, Euromarke aveva riscosso la somma di Lire 83.500.000, sicchè la domanda di controparte doveva ritenersi priva di fondamento. D’altro canto, per il ricorrente l’elenco redatto e prodotto da M.A. aveva il “valore di un atto pubblico o della scrittura privata autenticata, essendo stato esibito è consegnato ai pubblici ufficiali che procedevano all’interrogatorio su delega del p.m. ed incorporato al relativo verbale”.

Il motivo non ha fondamento.

Esso è anzitutto carente di autosufficienza. Il ricorrente richiama le dichiarazioni rese da M.A. avanti alla sezione di polizia giudiziaria presso la Procura della Repubblica di Lanusei e l’elenco nella circostanza da lui depositato relativo alle autovetture di Europauto che erano state consegnate a Euromarke (autovetture che la Corte di merito ha ritenuto essere state oggetto di una dazione in garanzia). L’istante non precisa, però, la localizzazione dei documenti all’interno dei fascicoli di causa e non opera la trascrizione, in ricorso, del contenuto degli scritti in questione. Non risulta pertanto assolto l’onere, prescritto dall’art. 366 c.p.c., comma 1, n. 6, di indicare esattamente nel ricorso in quale fase processuale siano stati acquisiti i documenti in questione ed in quale fascicolo di parte essi si trovino: incombente che assolve al fine di consentire al giudice di legittimità di valutare la fondatezza del motivo, senza dover procedere all’esame dei fascicoli, d’ufficio o di parte (Cass. 12 dicembre 2014, n. 26174; Cass. 7 febbraio 2011, n. 2966; Cass. 3 luglio 2009, n. 15628). Inoltre i documenti avrebbero dovuto essere trascritti nella loro integrità in modo da consentire alla Corte una compiuta valutazione circa la loro decisività (sul punto cfr. Cass. 28 febbraio 2006, n. 4405; in senso sostanzialmente conforme, tra le tante: Cass. 28 giugno 2006, n. 14973; Cass. 8 settembre 2006, n. 19305; Cass. 20 febbraio 2007, n. 3920; Cass. 16 febbraio 2007, n. 3651; Cass. 11 giugno 2007, n. 13619; Cass. 30 luglio 2010, n. 17915; Cass. 31 luglio 2012, n. 13677; Cass. 3 gennaio 2014, n. 48).

Si osserva, poi,che, con specifico riguardo all’interrogatorio di M.A., la Corte di Cagliari ha richiamato l’affermazione del giudice di prime cure secondo cui la produzione del relativo verbale era inammissibile, in quanto tardiva, per poi prendere in esame il contenuto di tale atto per l’ipotesi in cui volesse essere considerata tempestiva l’attività processuale diretta a far refluire lo scritto che lo documentava nel materiale di causa. In tal modo, la decisione è sorretta da una doppia ratio, sicchè il ricorrente avrebbe dovuto dirigere la propria impugnazione anche contro la statuizione processuale di inammissibilità. Come è ben noto, infatti, ove la sentenza sia sorretta da una pluralità di ragioni, distinte ed autonome, ciascuna delle quali giuridicamente e logicamente sufficiente a giustificare la decisione adottata, l’omessa impugnazione di una di esse rende inammissibile, per difetto di interesse, la censura relativa alle altre, la quale, essendo divenuta definitiva l’autonoma motivazione non impugnata, non potrebbe produrre in nessun caso l’annullamento della sentenza (per tutte: Cass. S.U. 29 marzo 2013, n. 7931; Cass. 4 marzo 2016, n. 4293; Cass. 3 novembre 2011, n. 22753).

Peraltro, la Corte di merito ha motivato in ordine all’operazione consistente nella consegna degli autoveicoli e tanto basta a precludere, in questa sede, la prospettazione del denunciato vizio motivazionale. Infatti, nella vigenza della formulazione dell’art. 360 c.p.c., n. 5, risultante dalla modifica apportata dal D.L. n. 83 del 2012, art. 54, convertito in L. n. 134 del 2012, l’omesso esame di elementi istruttori non integra, di per sè, il vizio di omesso esame di un fatto decisivo qualora il fatto storico, rilevante in causa, sia stato comunque preso in considerazione dal giudice, ancorchè la sentenza non abbia dato conto di tutte le risultanze probatorie (Cass. S.U. 7 aprile 2014, n. 8053).

Nè – anche a voler prescindere da quanto sopra rilevato con riferimento alla mancata autosufficienza del motivo e alla doppia ratio della decisione – risulta fondata la censura basata sulla violazione o falsa applicazione dell’art. 2735 c.c., visto che M.A. è soggetto diverso rispetto all’odierna controricorrente, onde le sue dichiarazioni non potevano comunque avere il valore di una confessione riferibile a quest’ultima.

Col secondo motivo è lamentata violazione o falsa applicazione dell’art. 2320 c.c., nonchè omessa, insufficiente, contraddittoria motivazione circa un fatto controverso e decisivo per il giudizio. La Corte territoriale aveva erroneamente ritenuto che esso ricorrente avesse assunto la qualifica di socio accomandatario di Europauto per aver posto in essere attività di gestione della medesima. Solo a partire dal (OMISSIS), data in cui era stato nominato liquidatore della società, egli aveva stipulato contratti di vendita di autovetture in nome e per conto della stessa. La circostanza risultava da una dichiarazione che era stata confermata testimonialmente.

Il motivo va disatteso.

Nonostante la rubricazione, esso non veicola la censura di cui all’art. 360 c.p.c., n. 3. Il vizio di violazione di legge consiste nella deduzione di un’erronea ricognizione, da parte del provvedimento impugnato, della fattispecie astratta recata da una norma di legge e quindi implica necessariamente un problema interpretativo della stessa; viceversa, l’allegazione di un’erronea ricognizione della fattispecie concreta a mezzo delle risultanze di causa è esterna all’esatta interpretazione della norma di legge e inerisce alla tipica valutazione del giudice di merito, la cui censura è possibile, in sede di legittimità, sotto l’aspetto del vizio di motivazione: il discrimine tra l’una e l’altra ipotesi – violazione di legge in senso proprio a causa dell’erronea ricognizione dell’astratta fattispecie normativa, ovvero erronea applicazione della legge in ragione della carente o contraddittoria ricostruzione della fattispecie concreta – è segnato dal fatto che solo quest’ultima censura, e non anche la prima, è mediata dalla contestata valutazione delle risultanze di causa (Cass. S.U. 5 maggio 2006, n. 10313; in senso conforme, ad es., Cass. 4 aprile 2013, n. 8315). Nel caso in esame l’istante basa la censura sulla mancata valorizzazione della dichiarazione resa da una testimone (Odierna Generoso) e sugli elementi desumibili dal raffronto tra la detta deposizione e l’elenco predisposto da M.A.. E’ evidente, pertanto, che si faccia questione del solo vizio motivazionale.

Ciò posto, l’accoglimento del mezzo trova anzitutto ostacolo nella sua carenza di specificità e autosufficienza.

In secondo luogo, esso investe l’accertamento di fatto riservato al giudice di merito, il quale – sulla scorta di plurimi elementi (girata di titoli cambiari emessi a favore di Europauto, stipulazione dei contratti di compravendita di autovetture della società, in nome e per conto della stessa) – ha dato atto di come D.M.G. abbia compiuto una pluralità di operazioni sociali e di attività di gestione per conto di Europauto, presentandosi ai terzi come amministratore di fatto di essa (sentenza impugnata, pag. 12). E’ evidente, specie alla luce della modifica legislativa introdotta dal cit. D.L. n. 83 del 2012, che la censura svolta nei confronti del detto passaggio motivazionale sfugga al sindacato di questa Corte.

Il terzo motivo denuncia violazione o falsa applicazione dell’art. 112 c.p.c.. Il ricorrente si duole dell’omessa pronuncia sulla domanda riconvenzionale e sulla domanda risarcitoria per lite temeraria da lui proposte.

Nemmeno tale emotivo merita accoglimento.

La Corte distrettuale ha infatti correttamente osservato che la decisione di tali domande risultava assorbita, stante l’integrale rigetto dell’opposizione spiegata avverso il decreto ingiuntivo emesso nei confronti dell’odierno ricorrente.

Con il quarto motivo, infine, si censura la sentenza per omessa, insufficiente e contraddittoria motivazione circa un fatto controverso e decisivo per il giudizio. Si assume che il giudice dell’impugnazione aveva erroneamente accolto l’appello incidentale proposto da M.G., laddove un attento esame dei titoli indicati dal giudice di primo grado avrebbe consentito di escludere che la controparte ne fosse prenditrice o girataria.

Il motivo deve essere respinto.

La formulazione della censura è del tutto generica e il mezzo risulta preordinato a un riesame del materiale probatorio di causa: attività, questa, notoriamente preclusa al giudice di legittimità.

In conclusione, il ricorso va rigettato.

Le spese del giudizio di cassazione seguono la soccombenza. Deve darsi atto, ai sensi del D.P.R. n. 115 del 2002, art. 13, comma 1 quater, dell’obbligo, da parte dei ricorrenti, di procedere al versamento dell’ulteriore importo a titolo di contributo unificato pari a quello dovuto per il ricorso principale a norma dello stesso art. 13, comma 1 bis.

PQM

La Corte rigetta il ricorso; condanna parte ricorrente al pagamento delle spese processuali, che liquida in Euro 6.000,00 per compensi ed Euro 200,00 per esborsi, oltre accessori di legge e rimborso spese generali; dichiara parte ricorrente tenuta a procedere, ai sensi del D.P.R. n. 115 del 2002, art. 13, comma 1 quater, al versamento dell’ulteriore importo a titolo di contributo unificato pari a quello dovuto per il ricorso principale a norma del dello stesso art. 13, comma 1 bis.

Così deciso in Roma, nella Camera di consiglio della Sezione Prima Civile, il 7 ottobre 2016.

Depositato in Cancelleria il 20 dicembre 2016

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