Sentenza Sentenza Cassazione Civile n. 26333 del 19/11/2020

Cassazione civile sez. trib., 19/11/2020, (ud. 07/07/2020, dep. 19/11/2020), n.26333

LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE

SEZIONE TRIBUTARIA

Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:

Dott. PERRINO Angelina Maria – Presidente –

Dott. CATALLOZZI Paolo – Consigliere –

Dott. SUCCIO Roberto – Consigliere –

Dott. GORI Pierpaolo – rel. Consigliere –

Dott. GALATI Vincenzo – Consigliere –

ha pronunciato la seguente:

ORDINANZA

sul ricorso iscritto al n. 1239/2013 R.G. proposto da:

GIOIELLI D’ANNA S.R.L. IN LIQUIDAZIONE, in persona del legale

rappresentante p.t., rappresentata e difesa dall’Avv. Pischedda

Ennio, con domicilio eletto in Roma, via Pompeo Trogo 21 presso lo

studio dell’Avv. Casanova Stefania;

– ricorrente –

contro

AGENZIA DELLE ENTRATE, in persona del Direttore pro tempore,

rappresentata e difesa dall’Avvocatura Generale dello Stato, con

domicilio eletto in Roma, via Dei Portoghesi, n. 12;

– controricorrente –

avverso la sentenza della Commissione Tributaria Regionale della

Liguria, n. 99/1/2012 depositata il 9 agosto 2012, e notificata l’8

novembre 2012.

Udita la relazione svolta nell’adunanza camerale del 7 luglio 2020

dal consigliere Gori Pierpaolo.

 

Fatto

RILEVATO

Che:

– Con sentenza n. 99/1/12 depositata in data 9 agosto 2012 la Commissione tributaria regionale della Lombardia rigettava l’appello proposto da Gioielli D’Anna S.r.l. in liquidazione avverso la sentenza n. 133/03/10 della Commissione tributaria provinciale di Genova che aveva respinto il ricorso della contribuente contro l’avviso di accertamento per IVA, IRPEF e IRAP 2002 e sanzioni emesso in conseguenza di accertamento di reddito di impresa non dichiarato, condotto ai sensi del D.P.R. n. 600 del 1973, art. 32 nei confronti della società, a ristretta base sociale.

– La CTR riteneva di confermare la decisione di primo grado, considerando in via preliminare regolare la notifica dell’avviso e, nel merito, riconducibili alla società le movimentazioni bancarie di cui al processo verbale di constatazione alla base dell’accertamento. La CTR riteneva inoltre non obbligatorio il ricorso al metodo di accertamento induttivo ai sensi del D.P.R. n. 600 del 1973, art. 39, comma 1, lett. d), dell’art. 39 pur in presenza di inattendibilità della documentazione contabile della società, e conseguentemente riteneva legittima l’esclusione della determinazione forfetaria di costi invocata dalla contribuente. Più in generale i criteri seguiti dai verbalizzanti venivano ritenuti dal giudice d’appello non censurabili, e condivisibili i rilievi sulla base delle risultanze delle movimentazioni accertate, senza necessità di nomina di CTU.

– Avverso tale decisione ha proposto ricorso per cassazione la contribuente deducendo cinque motivi. L’Agenzia delle entrate resiste con controricorso

Diritto

CONSIDERATO

Che:

– In data 7 luglio 2020 si tiene l’adunanza camerale nell’aula d’udienza della sezione V civile del palazzo della Corte di Cassazione alla presenza dei magistrati pres. del collegio Angelina-Maria Perrino, cons. Paolo Catallozzi, cons. Vincenzo Galati e con la presenza in collegamento remoto attraverso la piattaforma Microsoft Teams – individuata con decreto dirigenziale adottato ai sensi del D.L. n. 18 del 2020, art. 83, convertito in L. n. 24 del 2020 dal direttore generale per i sistemi informativi automatizzati del Ministero della giustizia e pubblicato sul portale dei servizi telematici in data 20 marzo 2020 dei magistrati cons. Roberto Succio e cons. Pierpaolo Gori, ai quali è assicurata la disponibilità agli atti attraverso la medesima piattaforma.

– Il ricorso è improcedibile. In presenza di sentenza della CTR che si assume essere stata notificata l’8.11.2012, il ricorrente si è avvalso del termine breve per notificare il ricorso, in data 2.1.2013, ma non ha depositato copia della sentenza munita di relata di notifica. Va rammentato al proposito che: “In tema di giudizio di cassazione, deve escludersi la possibilità di applicazione della sanzione della improcedibilità, ex art. 369 c.p.c., comma 2, n. 2, al ricorso contro una sentenza notificata di cui il ricorrente non abbia depositato, unitamente al ricorso, la relata di notifica, ove quest’ultima risulti comunque nella disponibilità del giudice perchè prodotta dalla parte contro-ricorrente ovvero acquisita mediante l’istanza di trasmissione del fascicolo di ufficio.” (Sez. U -, Sentenza n. 10648 del 02/05/2017, Rv. 643945 – 01). Agli atti non risulta che la sentenza che si assume essere stata notificata sia stata deposita in copia munita di relata da alcuna delle parti, e da ciò discende l’improcedibilità del ricorso.

– Fermo restando quanto precede, per completezza vengono scrutinati i motivi di ricorso. Con il primo mezzo – senza indicazione del pertinente paradigma dell’art. 360 c.p.c., comma 1, ragionevolmente individuabile nel n. 4 -, la società ricorrente deduce la violazione del D.Lgs. n. 546 del 1992, art. 36 per mancanza della data della deliberazione della sentenza impugnata, con conseguente sua asserita nullità.

– Il motivo è destituito di fondamento. La giurisprudenza della Corte è salda nell’affermare che “La data di deliberazione della sentenza, a differenza della data di pubblicazione (che ne segna il momento di acquisto della rilevanza giuridica), non è un elemento essenziale dell’atto processuale, sicchè tanto la sua mancanza, quanto la sua erronea indicazione, non integrano alcuna ipotesi di nullità, ma costituiscono fattispecie di mero errore materiale,come tale emendabile ex artt. 287 e 288 c.p.c.” (Cass. Sez. 5 -, Ordinanza n. 21806 del 20/09/2017, Rv. 645625 – 01; Cass. Sez. 3, Sentenza n. 8942 del 12/04/2013, Rv. 625804 – 01). Non vi sono ragioni per discostarsi nel caso di specie dal riportato insegnamento giurisprudenziale.

– Con il secondo motivo, articolato senza precisazione del parametro ai sensi dell’art. 360 c.p.c., comma 1, la contribuente lamenta la nullità dell’accertamento per presunta nullità della notificazione dell’avviso di accertamento, in quanto la relata è stata apposta sul frontespizio dell’atto, anzichè come per legge in calce, senza pos-sibiltà di sanatoria ex art. 156 c.p.c..

– Il motivo, previa sua qualificazione ai sensi del n. 4 del paradigma normativo dell’art. 360 c.p.c., comma 1, è infondato. Va rammentato infatti che: “L’inesistenza della notificazione del ricorso per cassazione è configurabile, in base ai principi di strumentalità delle forme degli atti processuali e del giusto processo, oltre che in caso di totale mancanza materiale dell’atto, nelle sole ipotesi in cui venga posta in essere un’attività priva degli elementi costitutivi essenziali idonei a rendere riconoscibile un atto qualificabile come notificazione, ricadendo ogni altra ipotesi di difformità dal modello legale nella categoria della nullità. Tali elementi consistono: a) nell’attività di trasmissione, svolta da un soggetto qualificato, dotato, in base alla legge, della possibilità giuridica di compiere detta attività, in modo da poter ritenere esistente e individuabile il potere esercitato; b) nella fase di consegna, intesa in senso lato come raggiungimento di uno qualsiasi degli esiti positivi della notificazione previsti dall’ordinamento (in virtù dei quali, cioè, la stessa debba comunque considerarsi, “ex lege”, eseguita), restando, pertanto, esclusi soltanto i casi in cui l’atto venga restituito puramente e semplicemente al mittente, così da dover reputare la notificazione meramente tentata ma non compiuta, cioè, in definitiva, omessa.” (Cass. Sez. U, Sentenza n. 14916 del 20/07/2016, Rv. 640603 – 01). Orbene, nel caso di specie non si può certo parlare di inesistenza della notifica, dal momento che l’atto ha raggiunto gli esiti positivi indicati dalla giurisprudenza citata.

-Tanto premesso, va ribadito che: “La notifica dell’avviso di accertamento, la cui relata sia stata apposta sul frontespizio di quest’ultimo anzichè in calce ad esso, non può dichiararsi nulla qualora non siano oggetto di specifica contestazione la completezza e conformità dell’atto notificato contenente, in ogni foglio, il numero della pagina e l’indicazione del numero complessivo di esse, atteso che, in tale modo, viene garantita all’interessato l’integrità dell’atto notificato, con il conseguente prodursi degli effetti sananti del raggiungimento dello scopo.” (Cass. Sez. 6 – 5, Ordinanza n. 23175 del 14/11/2016, Rv. 642020 – 01). Nel caso di specie la contribuente non allega nemmeno la circostanza che l’atto notificatole non sarebbe stato completo e, anzi, afferma esplicitamente che la violazione è stata meramente formale, per cui trova applicazione l’art. 156 c.p.c. e la sanatoria del vizio conseguente al raggiungimento dello scopo.

– Con il terzo motivo di ricorso – ex art. 360 c.p.c., comma 1, n. 3 -, la ricorrente deduce la violazione e falsa applicazione del D.P.R. n. 600 del 1973, art. 14 quanto ai giroconti, alle operazioni aventi valuta 2001 e data operazione 2002 e alla conciliazione di assegni emessi in lire.

– L’eccezione di inammissibilità articolata in controricorso non può trovare accoglimento, in quanto a pag.4 della sentenza impugnata, in calce, la CTR prende chiaramente posizione sulla questione delle “operazioni” contestate, tra cui gli assegni bancari, assegni emessi in lire e operazioni con valuta 2001 e incasso 2002, operazioni tra cui devono ritenersi ricompresi anche i giroconti.

– Il motivo è nondimeno inammissibile per altra ragione. Il mezzo è afflitto da una non sanabile eterogeneità della sua formulazione, in quanto contempla aspetti di violazione di legge, ma, al tempo stesso, sostanzialmente censura la motivazione, chiedendo una rivalutazione delle statuizioni di merito. Inoltre, il mezzo è anche afflitto da un non sanabile difetto di autosufficienza, dal momento che, a fronte dell’accertamento contenuto in sentenza secondo cui è astrattamente possibile che alcune delle operazioni indicate nei tabulati bancari come operazione 2002 a valuta 2001 si riferiscano ad operazioni svolte nel 2001, la contribuente non ha analiticamente indicato quali delle operazioni contestate sarebbero state eseguite effettivamente nel 2001, sostanziando l’allegazione con adeguata prova ritualmente introdotta nel processo.

– Con il quarto motivo di ricorso – ex art. 360 c.p.c., comma 1, n. 3 -, la ricorrente deduce la violazione e falsa applicazione di non precisate norme di diritto “sotto il profilo dell’inversione dell’onere della prova in quanto a fronte di una presunzione legale non (può) contrapporsi una presunzione semplice (pag.4 della sentenza)”; in sostanza la contribuente ritiene di aver offerto prova liberatoria del fatto che i maggiori ricavi accertati non siano riconducibili alla società sulla base di una prova logica.

– Il motivo non può trovare ingresso. In disparte dal profilo di inammissibilità eccepito in controricorso per mancata indicazione delle previsioni di legge censurate, va osservato come l’accertamento sia fondato sulla presunzione prevista dal D.P.R. n. 600 del 1973, art. 32 in conseguenza delle analitiche emersioni di maggiori ricavi per effetto dei singoli accertamenti bancari. Orbene, al proposito il collegio reitera che “In tema di accertamenti bancari, poichè il contribuente ha l’onere di superare la presunzione posta dal D.P.R. n. 600 del 1973, artt. 32 e del D.P.R. n. 633 del 1972, art. 51, dimostrando in modo analitico l’estraneità di ciascuna delle operazioni a fatti imponibili, il giudice di merito è tenuto ad effettuare una verifica rigorosa in ordine all’efficacia dimostrativa delle prove fornite dallo stesso, rispetto ad ogni singola movimentazione, dandone compiutamente conto in motivazione.” (Cass. Sez. 6 – 5, Ordinanza n. 10480 del 03/05/2018, Rv. 648064 – 01).

– Non c’è dunque alcuna inversione dell’onere della prova nella fattispecie, come denunciato dalla ricorrente, dal momento che la presunzione è fondata sulla legge e comporta il conseguente riparto del canone dell’onere della prova, analitica, che grava sulla contribuente (Cass. Sez. 5 -, Ordinanza n. 7758 del 20/03/2019, Rv. 653517 01; Sez. 6 – 5, Ordinanza n. 1898 del 01/02/2016).

– Con il quinto motivo, articolato senza precisazione del parametro ai sensi dell’art. 360 c.p.c., comma 1 ma individuabile nel n. 3, la contribuente lamenta la violazione di legge per aver l’Agenzia, in presenza di contabilità ritenuta inattendibile, erroneamente fatto riferimento all’art. 32, in luogo del D.P.R. n. 600 del 1973, art. 39, comma 2, lett. d), norma che se applicata le avrebbe imposto di riconoscere in favore della contribuente i costi correlati ai ricavi, da determinarsi forfettariamente.

-Il motivo non può essere accolto. Si ribadisce che “In tema di accertamento, la considerazione dell’incidenza percentualizzata dei costi corrispondenti alla ricostruzione dei ricavi è applicabile alla rettifica induttiva e non anche a quella fondata su indagini bancarie, atteso che, in questa ipotesi, ai sensi del D.P.R. n. 600 del 1973, art. 32 (e, per l’IVA, del D.P.R. n. 633 del 1972, art. 51, comma 2, n. 2), opera a favore dell’Amministrazione finanziaria una presunzione legale rispetto ai dati emergenti dalle movimentazioni bancarie, che il contribuente ha l’onere di superare.” (Cass. Sez. 5 -, Ordinanza n. 24422 del 05/10/2018, Rv. 650526 – 02; nello stesso senso Sez. 5 -, Sentenza n. 18934 del 17/07/2018, Rv. 649719 01; Sez. 5, Sentenza n. 12904 del 21/05/2008, Rv. 603177 – 01).

P.Q.M.

La Corte dichiara l’improcedibilità del ricorso e condanna la ricorrente alla rifusione alla controricorrente delle spese di lite, liquidate in Euro 13.200,00 oltre spese prenotate a debito.

Così deciso in Roma, il 8 luglio 2020

Depositato in Cancelleria il 19 novembre 2020

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